N. 915 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 1995

                                N. 915
 Ordinanza  emessa  il  4  ottobre  1995  dal   giudice   dell'udienza
 preliminare  presso  il  tribunale  militare di Roma nel procedimento
 penale a carico di Locci Alessandro
 Tribunali militari - Cognizioni di  reati  militari  -  Esperibilita'
 dell'azione  civile  per  le  restituzioni  e per il risarcimento del
 danno - Esclusione - Conseguente impossibilita' di costituirsi  parte
 civile  anche nel caso in cui, come nella specie, il reato sia lesivo
 degli interessi della persona - Ingiustificata  residua  deroga  alla
 procedura   penale   comune   -  Incongruenza  rispetto  all'avvenuta
 evoluzione dell'ordinamento della giustizia militare - Disparita'  di
 trattamento tra la persona offesa nel procedimento ordinario e quella
 nel procedimento militare - Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.M.P., art. 270).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.2 del 10-1-1996 )
                  IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza all'udienza del 4 ottobre 1995
 nel  proc.  pen.  n.  361/A/95  a  carico di Locci Alessandro, nato a
 Cagliari il 26 settembre 1975, residente a Quartu S. Elena (Cagliari)
 in via Brigata Sassari n. 23, imputato di "lesione  personale  grave"
 (artt. 223 e 224 c.p.m.p. in relazione all'art. 583, primo comma n. 1
 c.p.)  perche', cagionava al commilitone Sivieri Cristiano colpendolo
 al volto con  un  pugno  una  lesione  personale  diagnosticata  come
 "frattura  angolo  mandibolare  sinistro" malattia dalla quale deriva
 un'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo
 superiore ai 40 giorni. Il 12 aprile 1994 in Monterotondo.
 
                            Fatto e diritto
   1. - Al termine delle indagini  preliminari  il  p.m.  chiedeva  il
 rinvio  a  giudizio  di  Locci  Alessandro  per il   reato di lesione
 personale grave di cui in rubrica.
   All'odierna udienza, preliminarmente  il  difensore  della  persona
 offesa  esibisce documentazione dalla quale risulta che per lo stesso
 fatto   e'   iniziato   un   procedimento   penale,   nei   confronti
 dell'imputato, anche presso l'autorita' giudiziaria ordinaria. Questo
 giudice,  ritenendo  la  propria  competenza e rilevando un conflitto
 positivo di giurisdizione emana quindi apposita ordinanza  disponendo
 la   trasmissione  di  copia  degli  atti  rilevanti  alla  Corte  di
 cassazione per la risoluzione del conflitto. Nel seguito dell'udienza
 (non avendo l'ordinanza con cui  e'  rilevato  il  conflitto  effetto
 sospensivo,  ex  art. 30, comma 3, c.p.p.) il difensore della persona
 offesa  presenta  dichiarazione  di  costituzione  di  parte   civile
 rappresentando  che  il  Siviero  e' gia' costituito parte civile nel
 procedimento presso l'autorita' giudiziaria ordinaria. Il p.m.  preso
 atto  dell'orientamento  negativo  espresso dalle Sezioni unite della
 Corte di cassazione in ordine alla costituzione di parte  civile  nel
 processo  penale  militare,  chiede  che  sia  sollevata questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.   270  c.p.m.p.,  in  relazione
 agli atti 3 e 24 Cost.; il difensore dell'imputato non si oppone alla
 proposizione della questione di legittimita' costituzionale.
   2. - Secondo l'art. 270 c.p.m.p. "azione civile per le restituzioni
 e  per  il risarcimento del danno non puo' essere proposta davanti ai
 tribunali militari". Dopo l'entrata in vigore  del  nuovo  codice  di
 procedura  penale  molto  si  e' discusso sulla perdurante vigenza di
 questa disposizione. La controversia e' stata  infine  risolta  dalle
 Sezioni  unite  della Corte di cassazione, che (con sent. 14 dicembre
 1994,   Trombetta)   hanno   affermato    l'inammissibilita'    della
 costituzione  di  parte  civile  nel  procedimento  penale  militare,
 ritenendo che tale deroga alla normativa comune non sia in  contrasto
 con  le linee fondamentali tracciate dal legislatore nel nuovo codice
 di procedura penale.
   Poiche', dopo l'intervento delle Sezioni unite,  la  questione  non
 appare  suscettibile  di ulteriore disamina sul piano interpretativo,
 questo  giudice  ritiene  debba  essere  proposta  la  questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  270  del  c.p.m.p.,  che non
 ammette la costituzione di parte civile nel processo penale militare.
   La rilevanza della questione, anzitutto, non  appare  dubbia,  dato
 che,   in   applicazione  dell'art.  270  c.p.m.p.,  dovrebbe  essere
 dichiarata l'inammissibilita' della costituzione di parte civile.
   La  questione  appare  inoltre  non  manifestamente  infondata  per
 violazione degli artt. 2 e 24 Cost. E' vero che una analoga questione
 di costituzionalita' e' stata ritenuta  infondata  (Corte  cost.,  22
 febbraio  1989, n. 78), per la ragione che non sussisterebbe "vincoli
 costituzionali che vietino o  impongano  l'esperibilita'  dell'azione
 civile  per le restituzioni ed il risarcimento del danno nel processo
 penale militare".
   E' tuttavia da considerare che il contesto  normativo  in  base  al
 quale la questione va esaminata e' mutato con l'entrata in vigore del
 nuovo  codice  di  procedura  penale  (avvenuta dopo la pubblicazione
 della predetta sentenza della Corte): uno degli obiettivi  del  nuovo
 codice   e'  costituito  infatti  proprio  dalla  salvaguardia  della
 posizione della persona offesa dal reato (il cui principale strumento
 di intervento nel processo penale e' dato dalla costituzione di parte
 civile:  cfr.    Relaz.  al  prog.  prel.  del  c.c.p.,  in  Gazzetta
 Ufficiale, 24 ottobre 1988, suppl. ord., p. 41).
   E'  certo  che  le  principali  innovazioni in tema di tutela della
 persona offesa sono state stabilite dal codice in relazione alla fase
 delle indagini  preliminari  (sulla  particolare  valorizzazione  del
 ruolo  della  persona  offesa,  soprattutto nella fase delle indagini
 preliminari, avutasi  con  il  nuovo  c.p.p.,  cfr.  Corte  cost.  n.
 353/1991  e  n.  413/1994),  ma cio' proprio perche', in relazione al
 processo, e' con la costituzione  di  parte  civile  che  la  persona
 offesa si inserisce a pieno titolo fra le parti processuali.
   La  contemporanea  vigenza,  per il processo penale militare, delle
 norme riguardanti i diritti  di  iniziativa  e  di  intervento  della
 persona  offesa  e  la  norma  preclusiva di cui all'art. 270 c.p.p.,
 conduce quindi ad una situazione normativa paradossale: alla  persona
 offesa militare sono infatti riconosciuti specifici poteri nella fase
 delle  indagini prliminari (es. art. 410 e 413 c.p.p.), mentre invece
 la stessa persona offesa nelle fasi successive puo' esercitare solo i
 diritti previsti in generale dall'art. 90  c.p.p.  (presentazione  di
 memorie  e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicazione di
 elementi di prova).
   La compressione dei diritti di  difesa  della  persona  offesa  nel
 processo  penale  militare  (derivante  dalla  inammissibilita' della
 costituzione di parte civile), e la  disparita'  di  trattamento  fra
 persona   offesa   nel  procedimento  ordinario  e  nel  procedimento
 militare, sembrano quindi irragionevoli, anche perche' non  risultano
 fondate  sulla  esigenza  di  tutela di alcun interesse meritevole di
 considerazione.
   Secondo  autorevole  dottrina  l'esclusione  della   parte   civile
 troverebbe  la  sua sola reale ragione nella pretesa dell'istituzione
 militare di non consentire ad estranei di penetrare  all'interno  del
 processo  penale  militare  e  di  avervi  os ad loquendum, e darebbe
 quindi luogo ad una distorsione palese e macroscopica.
   Dopo la riforma della giustizia militare  avvenuta  a  partire  dal
 1981,  palesemente  non  hanno infatti piu' attualita' le ragioni che
 hanno portato il legislatore, nel 1941, a stabilire la regola di  cui
 all'art.   270   cit.:   ovvero   che   i   tribunali   militari   si
 configurerebbero  come  giudici  prevalentemente  del  fatto,   senza
 capacita'  per l'apprezzamento di questioni di carattere patrimoniale
 (cfr. Rel. della Commiss.  Reale ai prog. prel. del  c.p.m.p.  e  del
 c.p.m.g.,  p.  200).  Tali  considerazioni  venivano infatti espresse
 quando  nei tribunali militari la presidenza e la prevalenza numerica
 nei collegi giudicanti era attribuita a ufficiali delle Forze  armate
 e  non  a  magistrati  (sulla evoluzione complessiva dell'ordinamento
 giudiziario militare di pace, diretta  a  perseguire  l'assimilazione
 della  magistratura militare a quella ordinaria, cfr. Corte cost., 22
 febbraio 1995, n. 71).
   L'intervento della parte civile nel processo penale non e'  d'altro
 canto  limitato  strettamente  alla  valutazione  delle  questioni di
 carattere patrimoniale. Basti ricordare che, ai sensi  dell'art.  577
 c.p.p.,  la  persona  offesa,  sole  se  costituita parte civile puo'
 proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro le  sentenze
 di   condanna  e  di  proscioglimento  per  i  reati  di  ingiuria  e
 diffamazione. Inoltre si e' ritenuto che sussistono utili margini  di
 intervento della parte civile a tutela dei propri diritti anche nelle
 udienze  fissate  a  seguito  di richiesta di applicazione di pena ex
 art. 444 c.p.p., avendo la  parte  civile  interesse  a  interloquire
 anche in ordine alle questioni inerenti la congruita' della pena o la
 sospensione  condizionale  della pena patteggiata (Cass., 26 novembre
 1991, Di Maulo: lo stesso art. 444 e' stato d'altro canto  dichiarato
 costituzionalmente  illegittimo dalla Corte cost., sent. n. 443/1990,
 nella parte in cui  non  prevede  che  il  giudice  possa  condannare
 l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte
 civile).
   3.  -  La  disparita'  di  trattamento  nella tutela dei diritti di
 difesa della  persona  offesa  militare  appare  poi  particolarmente
 evidente  in  ordine  ai  reati,  come quello contestato nel presente
 procedimento, che sono lesivi in modo specifico  in  interessi  della
 persona,  piuttosto  che  di  interessi  attinenti  il  servizio e la
 disciplina militare.  Cio' e' reso evidente dalla pena edittale,  che
 e'  maggiore per il reato comune di lesione personale grave (da tre a
 sette anni), piuttosto che per il corrispondente reato  militare  (da
 due  a  sette  anni):  pare  davvero singolare che un reato, ritenuto
 offensivo, oltre che dallo stesso bene  giuridico  comune,  anche  di
 ulteriori  interessi  di  carattere  militare, sia poi punito con una
 pena nel minimo notevolmente piu' lieve.
   Secondo una recente decisione della Corte costituzionale (26 giugno
 1995, n. 298) e' costituzionalmente legittima  la  configurazione  di
 reati  militari (e la sottoposizione alla giurisdizione militare) per
 fatti commesi al di fuori delle condizioni di cui all'art.  5,  terzo
 comma, legge n. 382/1978.
   Nel  caso  di specie il fatto e' avvenuto durante la libera uscita,
 non in luogo militare, al di fuori della presenza di altri  militari,
 per  cause  non  direttamente  connesse al servizio o alla disciplina
 militare. La configurazione  del  fatto  come  reato  militare  e  la
 appartenenza  alla  giurisdizione dei tribunali militari deriva dalla
 circostanza  che  l'elemento  specializzante  posto   dall'art.   223
 c.p.m.p.,  rispetto  all'art.  582 c.p., e' dato esclusivamente dalla
 qualita' militare del soggetto  attivo  del  reato  e  della  persona
 offesa.
   Appare  quindi  del  tutto  privo di giustificazione che mentre nel
 procedimento per il reato comune sia ammessa la costituzione di parte
 civile (come di fatto e' avvenuto nel caso in esame), i diritti della
 persona offesa non abbiano una corrispondente protezione nel processo
 per il reato militare.
   D'Altro  canto  puo' ritenersi che l'ordinamento delle Forze Armate
 sia informato allo spirito democratico  della  Repubblica  (art.  52,
 comma 3, Cost.) solo se al cittadino militare siano garantiti tutti i
 diritti  previsti, per il cittadino, dalla Costituzione e dalla legge
 (salve le limitazioni poste per garantire l'assolvimento dei  compiti
 propri  delle  Forze  armate:  art.  3  legge  n.  382/1978. E' cosi'
 inammissibile, ad esempio, che il militare, che  subisca  una  offesa
 all'onore  o  alla  integrita'  fisica, ad esempio perche' vittima di
 fenomeni di nonnismo, non possa esercitare nel processo penale contro
 l'aggressore tutti i diritti riconosciuti nel  processo  penale  alla
 persona   offesa,   ivi   compreso   quello,   che   appare  il  piu'
 significativo, concernente la  facolta'  di  costituirsi  come  parte
 civile.
 
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 270
 del codice penale militare di pace, in relazione agli artt.  3  e  24
 della   Costituzione,   ritenendo  tale  questione  rilevante  e  non
 manifestamente infondata;
   Dispone la sospensione del procedimento in corso e la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata alle parti e al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
     Roma, addi' 4 ottobre 1995
  Il giudice dell'udienza preliminare:  Mazzi
 95C1614