N. 372 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 1994

                                N. 372
 Ordinanza emessa il 29 settembre 1994 dal tribunale  di  Lanusei  sul
 reclamo  proposto  da  Chillotti  Angela  nei  confronti di Chillotti
 Antonio
 Processo civile - Procedimenti possessori - Fase sommaria  -  Reclamo
    contro  i  provvedimenti  decisori  - Ritenuta omessa previsione -
    Disparita' di trattamento  rispetto  alla  normativa  relativa  ai
    procedimenti  cautelari  -  Compressione  del  diritto di difesa -
    Richiamo ai principi della sentenza n. 253/1994.
 (C.P.C., art. 669-terdecies).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.26 del 21-6-1995 )
                             IL TRIBUNALE
     Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  reclamo  ex   art.
 669-terdecies  del  c.p.c.,  iscritto  al  n.  3/1994 ruolo gen. reg.
 reclami, proposto da Chillotti Angela, residente in Baunei, fraz.  S.
 Maria  Navarrese,  rappresentata  e  difesa dal dott. proc.   Antonio
 Orru', giusta procura  14  settembre  1994  a  margine  dell'atto  di
 reclamo  ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo studio legale del
 medesimo in Lanusei, via Umberto n. 11, nei  confronti  di  Chillotti
 Antonio,   residente   in  Baunei,  fraz.  S.  Maria  Navarrese,  non
 costituito.
                           PREMESSO IN FATTO
    Con ricorso al pretore di Lanusei, sez. distaccata di Tortoli', in
 data 31 agosto 1994, Chillotti Angela esponeva:  che  sin  dall'epoca
 della  costruzione  della  propria  abitazione in S. Maria Navarrese,
 avvenuta nel 1981, i relativi scarichi, sia delle acque  bianche  che
 fognari,  erano  stati  collegati  alla fossa asettica realizzata nel
 terreno del Germano Antonio con il consenso di quet'ultimo, il  quale
 ricevette  in  tale  occasione  dal  defunto marito dell'esponente la
 somma di lire 250.000; che, da allora, il  deflusso  delle  acque  di
 scarico  era  avvenuto  regolarmente e mai il fratello Antonio si era
 lamentato di  alcunche';  che,  peraltro,  recentemente  quest'ultimo
 aveva  minacciato  di  provvedere  personalmente a chiudere i tubi di
 scarico e di intraprendere al  riguardo  azioni  legali;  che  il  28
 agosto  1994  il  medesimo  aveva effettivamente ostruito le predette
 tubazioni di scarico impedendo il  deflusso  dei  liquami;  che  tale
 situazione   impediva   alla  ricorrente  l'utilizzo  degli  impianti
 igienici oltre  a  creare  "forti  miasmi  pericolosi  anche  per  la
 salute";  che il fratello Antonio si era rifiutato di ripristinare il
 collegamento e di consentire che l'esponente vi provvedesse a proprie
 spese.  Tanto premesso, la Chillotti chiedeva che venisse ordinato al
 fratello Antonio di  rimuovere  le  ostruzioni  o  gli  ostacoli  che
 impedivano  il  regolare  deflusso  dei liquami e di astenersi per il
 futuro dal turbare il pacifico possesso dell'esponente.
    Il convenuto non si costituiva in giudizio.
    Il pretore, istruita la causa con l'audizione delle  parti  e  con
 l'assunzione  di  sommarie informazioni a mezzo dei Carabinieri di S.
 Maria  Navarrese,  sulla  scorta  della   documentazione   acquisita,
 rigettava il ricorso con ordinanza del 12 settembre 1994, compensando
 integralmente le spese tra le parti.
    Avverso  l'ordinanza  pretorile  proponeva  reclamo al Collegio la
 Chillotti, con ricorso del 16 settembre  1994,  chiedendo  la  revoca
 della  stessa  e  l'adozione dei provvedimenti gia' invocati in prima
 istanza.
    All'udienza odierna, fissata per la convocazione delle  parti,  il
 procuratore   della   reclamante  si  richiamava  integralmente  alle
 deduzioni  contenute  nell'atto  di  reclamo;  le   parti,   comparse
 personalmente,  confermavano  quanto  gia' rispettivamente affermato,
 richiamandosi alle dichiarazioni rese innanzi al pretore.
    Il tribunale si riservava la decisione.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    Osserva il Collegio, sciogliendo la riserva, che,  preliminarmente
 all'esame  del  merito, e' necessario verificare l'ammissibilita' del
 proposto reclamo  ex  art.  669-terdecies  avverso  il  provvedimento
 pretorile di rigetto in data 12 settembre 1994.
    Sotto un primo profilo, e' noto che una parte della giurisprudenza
 (cfr.  Trib.  Roma, ord. 26 marzo 1993, in Foro It. 1993, I, 1677) ed
 alcuni cultori della materia negano che  i  provvedimenti  possessori
 interdittali  siano  suscettibili di reclamo, ritenendo inapplicabili
 ai  procedimenti  possessori  gli  articoli  669-  ter,   669-quater,
 669-septies, 669-octies e 669-terdecies del c.p.c. A tale conclusione
 si   perviene   sulla  base  di  una  lettura  in  chiave  fortemente
 restrittiva della norma di  cui  all'art.  703,  comma  secondo,  del
 c.p.c. (come modificata dall'art. 77 della legge n. 353/1990) che non
 pare  condivisibile,  anche  alla  luce delle osservazioni svolte sul
 punto da autorevole dottrina la quale ha evidenziato le  incongruenze
 e   le   gravi  lacune  nel  dettato  normativo  di  riferimento  cui
 inevitabilmente condurrebbe detta opzione ermeneutica.
    Altra parte della giurisprudenza  (fra  Pretura  di  Napoli,  sez.
 dist.  di Castellammare di Stabia, ord. 15 dicembre 1993, in Foro It.
 1994, I, 623) e della dottrina  riconosce,  invece,  l'applicabilita'
 anche  ai  procedimenti possessori dell'art. 669-terdecies del c.p.c.
 Tale orientamento  interpretativo  appare,  per  molteplici  ragioni,
 nettamente  preferibile;  ed  in  particolare  il Collegio ritiene di
 dover aderire, con il conforto di autorevoli studiosi, a quella  tesi
 che,  facendo  leva sulla diversa natura e funzione dei provvedimenti
 possessori urgenti rispetto a quelli  cautelari,  giunge  a  ritenere
 applicabili,  tra  le  norme richiamate dall'art. 703, comma secondo,
 del c.p.c., solo quelle compatibili con  la  peculiare  funzione  dei
 provvedimenti  possessori.  Sulla base di tale premessa, si prospetta
 pertanto una ricostruzione del  procedimento  possessorio  la  quale,
 mentre non prevede l'applicabilita' dell'art. 669-octies e novies del
 c.p.c.  (non  essendo configurabile un autonomo giudizio a cognizione
 piena  sul  c.d.  "merito  possessorio"),   riconosce   pacificamente
 l'ammissibilita'  del  reclamo  al  Collegio  avverso i provvedimenti
 possessori.
    Sotto un secondo ed  ulteriore  profilo,  e'  peraltro  necessario
 rilevare  che  l'art. 669-terdecies del c.p.c. limita la possibilita'
 di reclamo al solo provvedimento concessivo della tutela invocata;  a
 tale  riguardo,  com'e'  noto,  va  rammentato che con sentenza 20-23
 giugno 1994,  n.  253  (pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica  n.  27,  prima  serie  speciale, dell'anno 1994) la Corte
 costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
 dell'art.  669-terdecies  del  c.p.c.  "  ..  nella  parte in cui non
 ammette il reclamo ivi previsto anche avverso l'ordinanza con cui sia
 stata rigettata la domanda di provvedimento  cautelare  ..".  Orbene,
 nel  caso  di  specie  (sottoposto  all'esame  di  questo  Collegio),
 trattasi di provvedimento  in  materia  possessoria  e,  dunque,  non
 propriamente    "cautelare":   e',   infatti,   opinione   pressoche'
 unanimemente condivisa che i  provvedimenti  possessori  non  abbiano
 natura   e   funzione  cautelare.  Escluso,  dalla  piu'  accreditata
 dottrina,  che  la  tutela  sommaria  possessoria   svolga   funzione
 cautelare  rispetto  al giudizio petitorio, si esclude, altresi', che
 oggetto    della    tutela    possessoria    sia    una     posizione
 giuridico-soggettiva  (bensi' una mera situazione fattuale, destinata
 sempre a cedere di fronte all'accertamento di contrastanti ragioni di
 diritto); e dunque, non essendo individuabile nel nostro  ordinamento
 un  diritto che costituisca oggetto del processo a cognizione piena e
 della cui  soddisfazione  il  provvedimento  possessorio  costituisca
 anticipazione,   deve   concludersi  che  difetta,  nel  procedimento
 possessorio,  quel  carattere  di  strumentalita'  che  e'   elemento
 essenziale e distintivo dei provvedimenti cautelari.
    Le   sopraesposte  considerazioni  portano,  a  questo  punto,  il
 Collegio  a  interrogarsi  sulla  portata  e  sulla  ampiezza   della
 declaratoria  di  incostituzionalita'  contenuta  nella surrichiamata
 pronuncia n. 253/1994 della Corte; occorre cioe' chiedersi  se  dalle
 espressioni usate o dai concetti in essa esplicitati possa ricavarsi,
 in  termini  di  certezza,  un preciso dato di riferibilita' anche ai
 provvedimenti possessori.
    A questo interrogativo, a parere del Collegio,  non  e'  possibile
 rispondere   affermativamente,  posto  che  nella  motivazione  della
 sentenza non pare rinvenibile alcun riferimento,  neppure  indiretto,
 al   procedimento   possessorio   e   che   il   dictum  della  Corte
 costituzionale non e' assoggettabile ad interpretazioni  estensive  o
 analogiche.
    Sembra,  pertanto, doversi escludere che la pronuncia in questione
 (concernente, come gia' chiarito, i soli  provvedimenti  "cautelari")
 riguardi  anche  i provvedimenti "possessori", ditalche' resta ancora
 esclusa  la  possibilita',  per  il  ricorrente  in  possessoria,  di
 avvalersi  della revisio prioris instantiae ex art. 669-terdecies del
 c.p.c. avverso i provvedimenti di rigetto della domanda dal  medesimo
 proposta.
    Siffatta  conclusione  induce il Collegio a sollevare d'ufficio la
 questione di legittimita' costituzionale della norma  teste'  citata,
 interpretata  nei  suddetti  termini, dovendosi ritenere la questione
 rilevante e non manifestamente infondata.
    La  rilevanza  e'  evidente:  il reclamo de quo non puo', infatti,
 essere esaminato e deciso nel merito se prima non  viene  risolta  la
 questione di legittimita' costituzionale.
    Quanto  al  secondo  aspetto  (non manifesta infondatezza), appare
 sufficiente  richiamare  qui  le  osservazioni  esposte  dalla  Corte
 costituzionale  nella  citata  sentenza  n. 253/1994, atteso che esse
 sembrano valere anche per  i  procedimenti  possessori.    Non  pare,
 infatti,   che   la  diversita'  di  disciplina  normativa  circa  la
 possibilita' di impugnazione, ex art. 669-terdecies del  c.p.c.,  dei
 provvedimenti  negativi  in  materia cautelare e di quelli in materia
 possessoria sia giustificabile  sulla  base  della  diversita'  della
 situazioni  dedotte in giudizio (situazione assunta come lesiva di un
 diritto soggettivo, nel primo caso, e di una  semplice  relazione  di
 fatto, nel secondo).
    Ed  invero,  paiono  valere  anche nel procedimento possessorio le
 seguenti considerazioni svolte dalla Corte costituzionale:
       a)  il  principio  sancito  dall'art.  3,  primo  comma,  della
 Costituzione  implica  anche  la  piena  uguaglianza  delle parti nel
 processo civile,  nel  quale  esse  si  contrappongono  in  posizione
 paritaria,  con  la  conseguenza  che il legislatore e' tenuto a " ..
 disciplinare la distribuzione di poteri, doveri ed oneri  processuali
 secondo criteri di equilibrio";
       b)   "L'equivalenza  nell'attribuzione  dei  mezzi  processuali
 esperibili  dalle  parti  ..  e'  in  un   rapporto   di   necessaria
 strumentalita'  con  le  garanzie  di  azione  e  di  difesa  sancite
 dall'art.  24  della  Costituzione,   si'   che   una   distribuzione
 squilibrata  dei  mezzi  di  tutela, riducendo la possibilita' di una
 delle  parti  di  far   valere   le   proprie   ragioni,   condiziona
 impropriamente in suo danno ed a favore della controparte l'andamento
 e l'esito del processo".
    E'  da  notare  che, anche nell'ambito del procedimento introdotto
 dalle domande di reintegrazione o manutenzione nel possesso, le parti
 si trovano in posizione  simmetricamente  equivalente  nei  confronti
 dell'ordinamento   processuale,   sicche'   non   e'   giustificabile
 l'attribuzione di maggiori possibilita'  di  far  valere  le  proprie
 ragioni  a  chi  resiste alla domanda possessoria rispetto a chi tale
 domanda ha proposto. A cio' va  aggiunto  che,  neppure  in  subiecta
 materia,  vi  e'  possibilita'  logica  di  ritenere  a  priori  piu'
 probabile  il  fondamento  giuridico  dei  provvedimenti  di  rigetto
 rispetto a quelli di accoglimento.
    Alla  luce  di  tali considerazioni, deve concludersi che anche in
 materia di procedimento possessorio valgono le medesime ragioni poste
 alla  base  della   piu'   volte   citata   pronuncia   della   Corte
 costituzionale.
    In  sintesi,  il  reclamo secundum eventum litis si risolve in una
 compressione del principio di parita' delle parti  del  procedimento,
 talche' l'art. 669-terdecies del codice di procedura civile appare in
 contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  della Costituzione: il presente
 procedimento va, pertanto, sospeso e gli atti devono essere trasmessi
 alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 669-terdecies del c.p.c., in relazione  agli
 artt.  3  e  24 della Costituzione, nella parte in cui non ammette il
 reclamo ivi previsto anche avverso  l'ordinanza  con  cui  sia  stata
 rigettata la domanda di provvedimento possessorio;
    Sospende   il   procedimento   in   corso  e  dispone  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costitituzionale;
    Ordina che la presente ordinanza venga notificata,  a  cura  della
 cancelleria,  alle  parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Ordina, infine,  che  la  presente  ordinanza  sia  comunicata  ai
 Presidenti delle due camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Lanusei, addi' 29 settembre 1994.
                        Il presidente: LO CURTO
    Depositata il 6 ottobre 1994
                                      Il giudice estensore: DE BORTOLI
 95D0740