N. 924 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 1995

                                N. 924
  Ordinanza emessa il 2 ottobre 1995 dalla corte d'appello  di  Milano
 sull'istanza  proposta  da  Tino Angelo nei confronti di Dameno Maria
 Luisa ed altro
 Processo penale - Dibattimento - Giudice che,  quale  componente  del
    tribunale   della   liberta',   ha   concorso   a  pronunciare  un
    provvedimento sulla liberta' personale nei confronti degli  stessi
    imputati  (nella  specie:  impugnazione  di  ordinanza  di  misura
    cautelare personale) - Incompatibilita' ad esercitare le  funzioni
    di giudice del dibattimento - Omessa previsione - Compressione del
    diritto  di  difesa  -  Richiamo  ai principi espressi dalla Corte
    costituzionale nella sentenza n.  432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34).
 (Cost., art. 24).
(GU n.3 del 17-1-1996 )
                          LA CORTE D'APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  di
 ricusazione  proposto  dall'imputato  Angelo Tino nei confronti della
 dott.ssa M.  L.  Dameno  e  del  dott.  V.  Colombo,  rispettivamente
 presidente  e  componente  del  Collegio  davanti  al  quale pende il
 giudizio a carico del Tino;
   Vista la richiesta del p.g. di dichiarare la  predetta  ricusazione
 inammissibile  perche'  non  relativa  ad uno dei casi tassativamente
 previsti dal  c.p.p.,  oltre  che  manifestamente  inammissibile  per
 tardivita';
   Decidendo in sede di valutazione dell'ammissibilita';
                             O s s e r v a
   La  ricusazione  e'  stata  proposta con riferimento al fatto che i
 giudici ricusati hanno fatto parte, prima del giudizio, del tribunale
 del riesame che ha respinto la impugnazione proposta dal Tino  contro
 un  provvedimento  restrittivo  della liberta' personale adottato dal
 g.i.p. di Milano nei suoi confronti. Non vi e' dubbio che, secondo la
 giurisprudenza costituzionale  (cfr.  C.  cost.  n.  502/1991),  tale
 ipotesi  non ricade sotto il divieto di cui all'art. 34 c.p.p.; sotto
 tale profilo la  ricusazione  risulterebbe  senz'altro  inammissibile
 stante  la tassativita' dei casi in cui essa e' prevista dalla legge,
 mentre non puo' aver alcun rilievo la tardivita'  invocata  dal  p.g.
 posto  che  il  termine di tre giorni non ha mai iniziato a decorrere
 per la inesistenza  del  momento  iniziale,  ravvisato  dall'art.  38
 c.p.p.      nel  sorgere  ovvero  nella  conoscenza  della  causa  di
 ricusazione, nella specie, come si e' rilevato, inesistente.
   La  Corte  non  puo'  tuttavia  esimersi  dal  considerare  che  la
 ricusazione  in  esame  e'  stata proposta sulla base di una invocata
 incostituzionalita' della norma che, nella ricordata interpretazione,
 non ravvisa incompatibilita' fra la partecipazione al  tribunale  del
 riesame  e  quella  del  tribunale  del  merito:  infatti  se venisse
 ravvisata tale illegittimita' costituzionale sorgerebbe, dal  momento
 della  pronuncia  in  proposito  della Corte costituzionale, un nuovo
 motivo di incompatibilita' avente effetto sul processo in  corso  (in
 quanto norma processuale-ordinamentale).
   La   questione  risulta  gia'  sollevata  in  altre  sedi,  con  la
 conseguente possibilita' che il giudizio a carico del Tino  ne  venga
 comunque  influenzato,  poiche' in tale processo la questione e' gia'
 stata posta) a seguito della sentenza della Corte  costituzionale  n.
 432/1995   la   quale,   decidendo   un  caso  diverso,  ha  comunque
 espressamente  mutato  in   maniera   significativa   il   precedente
 orientamento  in materia di incompatibilita' di funzioni giudiziarie,
 nell'intento di garantire la piu' ampia esplicazione del  diritto  di
 difesa  e  di  tenere  conto  della ratio legis della recente legge 8
 agosto 1995, n. 332; significativo, in particolare, e' il  fatto  che
 la   Corte   citi,   tra   le  decisioni  antecedenti  alla  "diversa
 conclusione" cui oggi essa perviene, proprio la sentenza 502 del 1991
 in tema di art. 309 del  c.p.p.,  che  appare  quindi  superata,  nel
 giudizio della Corte, in base alle nuove argomentazioni.
   Ritiene  in  sostanza  la Corte costituzionale che il magistrato il
 quale abbia giudicato in una fase antecedente al giudizio  di  merito
 non  possa partecipare a quest'ultimo quando la sua prima valutazione
 non  sia  stata  la  mera  legittimita'  ma  si  sia  estesa  ad  una
 valutazione,  sia  pure parziale, del merito "circa l'idoneita' delle
 risultanze delle  indagini  preliminari  a  fondare  un  giudizio  di
 responsabilita' dell'imputato".
   Nella  sentenza  della  Corte  costituzionale sono utilizzati anche
 altri argomenti piu' strettamente riferibili al caso allora in  esame
 (che  riguarda  la  incompatibilita'  del g.i.p.), ma il principio di
 fondo  sopra  enunciato  pare  decisamente  dotato  di  una   portata
 estensibile  ad ogni caso di duplicazione nell'esercizio, da parte di
 un solo magistrato,  di  funzioni  attinenti  al  merito  in  momenti
 diversi.  Tale  considerazione,  ad  avviso di questa Corte, dimostra
 all'evidenza la non manifesta infondatezza della questione, mentre la
 rilevanza di essa nel caso  in  esame  e'  gia'  stata  ricordata  in
 precedenza,  e  deriva  comunque  dal  fatto  che,  in  concreto,  il
 tribunale del riesame di cui facevano parte  i  due  magistrati  oggi
 ricusati  compi'  pregnanti  valutazioni sul merito del giudizio, per
 cui, qualora la Corte costituzionale ritenesse fondata la  questione,
 la ricusazione proposta dal Tino diverrebbe ammissibile.
   La   Corte  deve  quindi  rimettere  la  decisione  sulla  indicata
 questione alla  Corte  costituzionale,  sospendendo  il  procedimento
 incidentale (pronuncia sulla ricusazione) pendente davanti ad essa.
                                P. Q. M.
   Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, ritiene non
 manifestamente infondata e rilevante  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 34 del c.p.p. nella parte in cui non prevede
 la   incompatibilita'   del   giudizio  che  abbia  partecipato  alla
 decisione, interferente  nel  merito,  da  parte  del  tribunale  del
 riesame  a  prendere  parte al successivo dibattimento di merito, per
 contrasto con l'art. 24 della Costituzione, e conseguentemente ordina
 la immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 sospendendo il giudizio incidentale pendente davanti a questa Corte;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  la presente ordinanza sia
 comunicata alla Presidenza delle due  Camere  del  Parlamento  e  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri, al procuratore
 generale in sede, al  proponente  la  ricusazione  ed  ai  magistrati
 ricusati.
     Milano, addi' 2 ottobre 1995
                Il presidente estensore:  Sciacchitano
 96C0006