N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 novembre 1995

                                 N. 31
   Ordinanza  emessa  il  29 novembre 1995 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Novara nel procedimento  penale  a
 carico di Lazzareschi Bruno ed altro
 Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Giudice per le indagini
    preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei
    confronti dello stesso imputato - Incompatibilita'  ad  esercitare
    le  funzioni  giudicanti  nel  suddetto  rito  speciale  -  Omessa
    previsione - Ingiustificata disparita' di  trattamento  -  Lesione
    del  principio del giusto processo - Richiamo ai principi espressi
    dalla Corte costituzionale nelle  sentenze  nn.  401  e  502/1991,
    124/1992 e 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.6 del 7-2-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  visti  gli  atti  del
 procedimento penale n. 656/95 r.g.n.r. a carico di Lazzareschi  Bruno
 +  20  per  i  reati  di concussione, corruzione, riciclaggio e false
 informazioni al p.m. rispettivamente ascritti.
                            Osserva in fatto
   Durante la fase delle indagini preliminari del procedimento  penale
 indicato  questo giudice ha emesso ordinanze di custodia cautelare in
 carcere  nei   confronti   di   appartenenti   alla   G.d.F.   e   di
 professionisti.
   Successivamente ha provveduto sulle relative istanze di revoca sino
 alla   rimessione   in   liberta'   dei  medesimi  o  a  seguito  dei
 provvedimenti dell'organo collegiale del riesame o d'appello,  o  per
 decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare.
   L'udienza preliminare si e' conclusa con n. 5 richieste di rinvio a
 giudizio, in relazione alle quali e' stato emesso decreto di rinvio a
 giudizio  per  4  imputati  e  pronunciata  sentenza  di  n.l.p.  nei
 confronti di uno; n. 12 sentenze di patteggiamento e n. 4 istanze  di
 ammissione al rito abbreviato.
   In  sede di giudizio abbreviato questo giudice si trova ora a dover
 giudicare quegli stessi imputati Lazzareschi Bruno e Modellato Pietro
 Angelo nei cui confronti  ha  emesso  ordinanze  di  applicazione  di
 misure cautelari, ed in relazione a capi di imputazione contestati ad
 altri  coimputati che hanno definito le loro posizioni processuali ai
 sensi dell'art. 444 c.p.p..
   Il  difensore  di  Lazzareschi  Bruno  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 34 c.p.p. con riferimento agli
 artt. 3 e 24, comma secondo, Costituzione, sotto un duplice  profilo:
 da  un  lato  ritenendo  tale  norma  incostituzionale per la mancata
 previsione di incompatibilita' nell'ipotesi in  cui  il  g.i.p.,  che
 abbia  gia'  emesso  sentenza  ex art. 444 c.p.p. nei confronti di un
 imputato, giudichi poi, con il rito  abbreviato,  un  coimputato  del
 medesimo   reato;   e   dall'altro,   la   medesima   norma   sarebbe
 incostituzionale nella  parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  giudizio  abbreviato  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari che ha adottato misure  cautelari  personali  durante  la
 fase delle indagini preliminari. La difesa di Modellato Pietro Angelo
 si e' associata nella predetta eccezione.
   Il P.M. si e' opposto alla prima eccezione in quanto manifestamente
 infondata, ritenendo non manifestamente infondata la seconda.
                               In diritto
   La   prima   questione   di  illegittimita'  costituzionale  appare
 manifestamente infondata. In modo costante la Corte Costituzionale ha
 rigettato la questione sollevata nei medesimi termini:  infatti  gia'
 con  la sentenza n. 186 del 1992 era stata esclusa l'incompatibilita'
 a partecipare al giudizio a carico di altri concorrenti nel  medesimo
 reato  del  giudice  che,  nei  confronti  di  uno  di  essi,  avesse
 pronunciato sentenza di applicazione della pena  concordata  ex  art.
 444  c.p.p.,  "cio'  in  quanto  in  tal  caso  manca  il  necessario
 presupposto dell'identita' dell'oggetto  del  giudizio  perche'  alla
 comunanza   dell'imputazione   fa   necessariamente   riscontro   una
 pluralita' di  condotte  distintamente  ascrivibili  a  ciascuno  dei
 concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilita' devono
 formare  oggetto  di  autonome  valutazioni  sotto  il  profilo tanto
 materiale che psicologico,  e  ben  possono  quindi  sfociare  in  un
 accertamento  positivo  per  l'uno  e negativo per l'altro" (sent. n.
 42/1994).
   La  seconda  questione  di  illegittimita'  costituzionale  appare,
 invece,  rilevante  nell'ambito  del  procedimento in corso, rispetto
 alle  posizioni  degli  imputati  Lazzareschi  e  Modellato,  e   non
 manifestamente infondata.
   Rilevante   poiche'   questo   giudice   ha   emesso  ordinanze  di
 applicazione di misure cautelari personali nei confronti dei predetti
 imputati che hanno chiesto (ed ottenuto) di essere giudicati con rito
 abbreviato.
   Non manifestamente infondata per le ragioni che  ci  accingiamo  ad
 esporre.
   Nella "convinzione di dover affermare un piu' pregnante significato
 dei  valori  costituzionali  del  giusto  processo  (e del diritto di
 difesa che ne e' componente essenziale), ed all'intervenuto mutamento
 del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto  1995  n.
 332"  la Corte costituzionale con la sentenza n. 432/1995 e' giunta a
 conclusioni che si discostano, dalla sua precedente giurisprudenza in
 tema  di  "incompatibilita'  determinata   da   atti   compiuti   nel
 procedimento"  (art.  34  c.p.p.),  sulla base di una motivazione che
 rende legittimo il dubbio di legittimita' costituzionale del medesimo
 articolo anche con riferimento al giudizio abbreviato.
   La Corte ha dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 34,  comma  secondo,  c.p.p.  nella  parte in cui non prevede che non
 possa partecipare  al  giudizio  dibattimentale  il  giudice  per  le
 indagini   preliminari  che  abbia  applicato  una  misura  cautelare
 personale nei confronti dell'imputato, sostenendo che la  valutazione
 del  g.i.p.    in  sede  cautelare  "comporta  la  formulazione di un
 giudizio non di mera legittimita' ma di  merito  (sia  pure  di  tipo
 prognostico   e   allo   stato   degli   atti)   sulla   colpevolezza
 dell'imputato", e quindi tale  da  "determinare  un'anticipazione  di
 giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice".
   Nelle  numerose pronuncie che hanno preceduto la n. 432/95 la Corte
 ha avuto modo di enucleare  dei  principi,  utilizzati  quali  canoni
 interpretativi  per  il  vaglio  di  costituzionalita', in materia di
 incompatibilita'. In particolare:
     la  ratio  della  disciplina  delle incompatibilita' e' quella di
 evitare che la valutazione di merito  del  giudice  possa  essere  (o
 possa   ritenersi   che   sia)   condizionata  dallo  svolgimento  di
 determinate attivita' nelle precedenti fasi del procedimento o  della
 previa  conoscenza  dei  relativi  atti  processuali (sent. 496/1990,
 401/1991, 124/1992), convertendosi in una duplicita' di  giudizio  di
 merito sul medesimo oggetto;
     l'incompatibilita'  ha  rilievo solo rispetto al "giudizio" cioe'
 rispetto alla decisione sul merito della regiudicanda, e non anche  a
 decisioni  assunte  ad, altri fini (sent. 401/1991), come nel caso di
 adozione  di  misure  cautelari:  i  provvedimenti   sulla   liberta'
 personale  non  comportano  una  valutazione  che  si  traduca  in un
 giudizio  della  res  judicanda  (sent.  502/1991);  in  sostanza  le
 decisioni  deliberate comportano una valutazione puramente indiziaria
 che mira alla (e si esaurisce nella) verifica  delle  condizioni  che
 legittimano  la  provvisoria  restrizione  di  tale  liberta'  (sent.
 502/1991 e 124/1992);
     per "giudizio" deve intendersi "qualsiasi tipo di giudizio, cioe'
 ogni processo che in base ad un esame delle  prove  pervenga  ad  una
 decisione  di  merito,  compreso  quello  che  si  svolge con il rito
 abbreviato" (sent. 401/1991, e sent. 124/1992);
     in  sintesi  "il  rischio  che  la  valutazione   conclusiva   di
 responsabilita' sia, o possa, apparire condizionata dalla propensione
 del  giudice  a  confermare una propria precedente decisione e' cosi'
 pregnante da  poter  concretamente  incidere  sulla  garanzia  di  un
 giudizio  che  sia  il  frutto genuino ed esclusivo degli elementi di
 valutazione e di prova assunti nel processo e del  dispiegarsi  della
 difesa delle parti" (sent. 124/1992).
   Nella  prospettiva  che  ora interessa (misure cautelari e giudizio
 abbreviato) mentre la Corte aveva sinora  respinto  le  eccezioni  di
 incostituzionalita'   riguardo   alla   valutazione  svolta  in  sede
 cautelare (da parte dell'organo  del  riesame  ex  art.  309  c.p.p.)
 ritenendola  coerentemente  una  valutazione puramente indiziaria che
 mira alla (e  si  esaurisce  nella)  verifica  delle  condizioni  che
 legittimano  la  provvisoria  restrizione  di  tale  liberta'  (sent.
 502/1991e 124/1992); con la  sentenza  432/1995  la  valutazione  del
 g.i.p. in sede di accoglimento della richiesta di misura cautelare da
 parte del p.m. e' stata ritenuta non piu' puramente indiziaria ma "di
 contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa, cui si aggiunge una
 valutazione,  anch'essa  di merito, come le citate sentenze nn. 124 e
 186 del  1992  hanno  sottolineato,  sull'inesistenza  di  condizioni
 legittimanti il proscioglimento".
   In  sostanza  alle  ipotesi  (gia'  prese  in esame dalla Corte) di
 imputazione coattiva, e di rigetto di una richiesta  di  applicazione
 di  pena concordata, la Corte equipara la valutazione (contenutistica
 e con identico oggetto) effettuata dal g.i.p. in sede  cautelare  che
 lo rende incompatibile come giudice del dibattimento.
   Identita'  d'oggetto  che  non  viene  scalfita - sempre secondo la
 Corte - neppure dalla incompletezza delle  indagini  svolte  sino  al
 momento   dell'adozione  della  misura  cautelare,  sulla  scorta  di
 un'argomentazione di pura  eventualita':  "in  linea  generale  dando
 l'ordine  di  formulare  l'imputazione  o  rigettando la richiesta di
 patteggiamento (che peraltro puo' essere formulata anche  durante  le
 indagini  preliminari)  il g.i.p.   esamina un quadro tendenzialmente
 completo delle indagini stesse,  ma  non  e'  detto  che  allorquando
 adotti  un  provvedimento  di  custodia  cautelare ne abbia un quadro
 necessariamente incompleto: questo dipende solo dal  momento  in  cui
 vengono  ravvisate  da  parte del p.m. le esigenze cautelari indicate
 nell'art. 274 c.p.p.; il che puo' accadere  dopo  notevole  lasso  di
 tempo dall'inizio delle indagini, o anche al termine delle stesse".
   Una  tale ratio decidendi espressa dalla Corte (sent. 432/1995) con
 specifico riferimento al giudizio dibattimentale, ed ispirata al fine
 di evitare  "che  la  valutazione  conclusiva  sulla  responsabilita'
 dell'imputato  sia,  o  possa apparire, condizionata dalla cosiddetta
 forza della prevenzione,  e  cioe'  da  quella  naturale  tendenza  a
 mantenere  un  giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto
 in altri momenti decisionali dello stesso procedimento", appare ancor
 piu' calzante per l'ipotesi di giudizio abbreviato,  nell'ambito  del
 quale  "i  medesimi  elementi  che  nella  fase  delle indagini erano
 semplici indizi vengono sostanzialmente apprezzati come prove" (sent.
 432/1995), elementi indiziari che il  g.i.p.  ha  gia'  valutato  nel
 momento in cui ha emesso la misura cautelare.
   E  rende  pienamente  fondata  la prospettazione della questione di
 costituzionalita' della norma anche con riguardo al rito  abbreviato,
 in quanto in contrasto sia con riferimento all'inviolabile diritto di
 difesa,  quale  espressione  del  valore  costituzionale  del  giusto
 processo (art. 24), sia al principio  d'uguaglianza  (art.  3,  comma
 secondo),   posto   che   per   casi   analoghi   e'   gia'  prevista
 l'incompatibilita' alla funzione di giudizio per il giudice ha  abbia
 gia' svolto una valutazione di merito delle risultanze delle indagini
 preliminari.
   La  necessita'  di  chiarire  le ipotesi di incompatibilita' che la
 stessa Corte  ha  definito  tassative  (con  conseguente  divieto  di
 interpretazione analogica - sent. 502/1991), ha provocato l'immediata
 sollevazione  del dubbio costituzionale dell'art. 34 c.p.p. anche con
 riferimento alla composizione dell'organo del  riesame  e  di  quello
 dibattimentale, oltre all'ipotesi ora in esame, gia' pendente dinanzi
 al giudice delle leggi.
   La  fondatezza  del  dubbio  costituzionale,  nel  caso  di specie,
 parrebbe confortata  dalla  costante  giurisprudenza  della  medesima
 Corte   costituzionale   che   ha   sempre  ritenuto  che  non  fosse
 sufficiente, ai fini dell'incompatibilita', una  mera  duplicita'  di
 valutazioni  di  merito da parte dello stesso giudice (i.e. decisione
 di merito),  ma  occorresse  un  giudizio  di  merito,  inteso  quale
 cognizione  del  materiale  processuale  che  sfoci  nell'alternativa
 decisoria del proscioglimento o della condanna.   In assenza  di  una
 tale  limitazione  (duplicita'  di  giudizi  di  merito)  la Corte ha
 affermato che "ne risulterebbe una radicale  negazione  del  concetto
 stesso  di  procedimento,  inteso  quale  ordinata  sequenza di atti,
 ciascuno dei quali legittima, prepara e condiziona quello successivo;
 e  di  conseguenza,  poiche'   ogni   provvedimento   ordinatorio   o
 istruttorio  implica  o puo' implicare una delibazione del merito, ne
 deriverebbe   un'assurda   frammentazione   del   procedimento,   con
 l'attribuzione di ciascun segmento di esso ad un giudice diverso".
   Non ci si puo' esimere, peraltro, dall'evidenziare che l'intervento
 della  Corte costituzionale appare quanto mai auspicabile, poiche' il
 giudizio abbreviato presenta peculiarita' di  cui  non  si  puo'  non
 tener  conto,  se non scolorando la sua tipicita', prima fra tutte il
 fatto di essere frutto di una scelta di  strategia  processuale  (nel
 pieno esercizio del diritto di difesa) lasciata alla discrezionalita'
 dell'imputato  che  lo  chiede,  (seppure  con la garanzia del doppio
 filtro del consenso del p.m. e della decidibilita' allo  stato  degli
 atti),  ben  sapendo che verra' giudicato dallo stesso giudice che ha
 emesso l'ordinanza cautelare durante le indagini preliminari,  e  che
 ha  a  disposizione  l'intera  sequela degli atti raccolti durante la
 fase istruttoria, anche di quelli che non  potrebbero  entrare  nella
 piattaforma probatoria dibattimentale.
   Senza   considerare,   poi,   che   sono   le  stesse  disposizioni
 dell'ordinamento giudiziario che  individuano  il  giudice  del  rito
 abbreviato nello stesso giudice che ha emesso provvedimenti nel corso
 delle indagini preliminari (art. 7-ter ord. giud.).
   Alla  luce  di  quanto  sinora  esposto  va,  pertanto, disposta la
 sospensione, previa separazione, degli atti del presente procedimento
 ex art.   23 legge n.  87/1953.  La  separazione  riguarda  tutte  le
 imputazioni  ascritte  ai  predetti imputati, per evidenti ragioni di
 economia processuale.
   Le medesime ragioni di  rilevanza  della  questione  sollevata  non
 possono  valere, invece, in ordine agli imputati Giovannelli Gianni e
 Sormani Gina in quanto  questo  giudice  non  ha  adottato  nei  loro
 confronti  alcuna  misura  cautelare  personale,  e  pertanto  non e'
 prospettabile alcuna questione di legittimita' costituzionale, che si
 presenta irrilevante nei loro confronti.
   La  stessa  Corte  Costituzionale  avalla  questa  valutazione  nel
 momento  in  cui esplicitamente afferma che non sussiste un'identita'
 di giudizio "... nell'ipotesi di concorso  di  persone  nel  medesimo
 reato,  perche'  alla  comunanza della imputazione fa necessariamente
 riscontro una pluralita'  di  condotte  distintamente  ascrivibili  a
 ciascuno   dei  concorrenti,  le  quali,  ai  fini  del  giudizio  di
 responsabilita', devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto
 il profilo tanto materiale che psicologico, e  ben  possono,  quindi,
 sfociare  in  un  accertamento  positivo  per  l'uno  e  negativo per
 l'altro".
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Dichiara manifestamente infondata la questione di costituzionalita'
 dell'art. 34 c.p.p. con riferimento agli artt. 3, comma primo  e  24,
 comma  secondo,  della  Costituzione,  nella parte in cui non prevede
 l'incompatibilita' a partecipare al giudizio abbreviato a  carico  di
 altri  concorrenti  nel medesimo reato del giudice che, nei confronti
 di uno di essi, abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena
 concordata ex art. 444 c.p.p.;
   Con riguardo alle posizioni degli imputati Modellato Pietro  Angelo
 e Lazzareschi Bruno dichiara rilevante e non manifestamente infondata
 la   questione   di'   costituzionalita'   dell'art.  34  c.p.p.  con
 riferimento agli artt. 3, comma  primo  e  24,  comma  secondo  della
 Costituzione,   nella   parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  giudizio  abbreviato  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia  applicato una misura cautelare nei confronti
 dell'imputato;
   Dispone la separazione degli  atti  relativi  agli  imputati  sopra
 indicati con formazione di nuovo fascicolo, trasmissione del medesimo
 alla Corte costituzionale, e sospensione del giudizio in corso;
   Dispone  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata integralmente al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,
 nonche' sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento;
   Dispone la prosecuzione del giudizio abbreviato nei confronti degli
 imputati Giovannelli Gianni e Sormani Gina.
     Novara, addi' 29 novembre 1995
            Il giudice per le indagini preliminari:  Bossi
 96C0076