N. 33 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 1995
N. 33 Ordinanza emessa il 26 settembre 1995 dal tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Varriale Giuseppe Reati militari - Diserzione - Mancata previsione dell'esimente del "giusto motivo" nell'ipotesi di allontanamento dal servizio senza autorizzazione - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto all'ipotesi analoga del mancato rientro da una legittima assenza. (C.P.M.P., art. 148, n. 1). (Cost., art. 3).(GU n.6 del 7-2-1996 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Varriale Giuseppe, nato il 24 luglio 1975 a Pozzuoli (Napoli), atto di nascita n. 1172/A/I; residente in via Quinto Fabio Massimo n. 62; soldato nel reparto comando della R.M.N.E. in Padova, celibe, incensurato, libero imputato di diserzione (art. 148 n. 2 c.p.m.p.) perche' si allontanava il 15 agosto 1994 senza autorizzazione dal reparto militare di Padova permanendo arbitrariamente assente dal servizio fino al 13 gennaio 1995 quando si presentava al distretto militare di Napoli. Fatto e diritto A conclusione del dibattimento, il p.m. ha chiesto l'assoluzione di Varriale Giuseppe, perche' il fatto non sussiste. La difesa si e' associata. Il tribunale, pur essendo stato accertato che il militare Varriale e' rimasto assente dal 15 agosto 1994 al 13 gennaio 1995 per poter provvedere in qualche modo alla famiglia (padre senza uno stabile lavoro, madre ammalata e fratelli tossicodipendenti o ammalati), non puo' condividere le conclusioni delle parti, dal momento che il reato attribuibile al militare non e' quello p. e p. dell'art. 148 n. 2 c.p.m.p., consistente nel mancato rientro da una legittima assenza, delineato cosi' da dare rilievo come "giusto motivo" a situazioni personali e familiari del tipo sopra descritto, bensi' quello p. e p. dell'art. 148 n. 1 c.p.m.p., consistente nell'allontanamento non autorizzato dal servizio, cosi' delineato da poter essere giustificato solamente in presenza di situazioni ancor piu' cogenti, inquadrabili nella "forza maggiore" o nello "stato di necessita'". La giurisprudenza d'appello e regolatrice ha infatti anche recentemente ribadito il tradizionale insegnamento, secondo cui il mancato rientro dalla libera uscita (per il Varriale scadente alle ore 23 del 15 agosto 1994 ) non da' luogo a mancata riassunzione del servizio al termine di una legittima assenza, bensi' costituisce un allontanamento non autorizzato. L'argomento addotto a sostegno di questa concezione e' una nozione di assenza e presenza in servizio di natura amministrativo-cartolare, per cui ai fini del reato di diserzione e' comunque presente il militare in libera uscita, anche se la maggiore liberta' accordatagli a seguito dei principi introdotti con la legge n. 382/1978, l'allungamento dell'orario di libera uscita ed i moderni mezzi di trasporto gli consentono (a differenza che in passato) di allontanarsi in quelle ore dalla caserma anche di centinaia di chilometri. Questo essendo il dato di diritto vivente, e' chiaro che non puo' giustificarsi, alla stregua del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), che per la diserzione dell'art. 148 n. 1 c.p.m.p. (c.d. propria) non sia prevista l'esimente del "giusto motivo", alla pari della diserzione dell'art. 148 n. 2 (c.d. impropria). La differente regolamentazione aveva infatti il suo presupposto nella vicinanza con il superiore, nell'onnipresenza per cosi' dire dello stesso, sul quale il militare poteva comunque contare anche in orario di libera uscita (di cui si poteva fruire solamente nel ristretto ambito del presidio), per rappresentare esigenze personali tali da consigliare l'autorizzazione ad allontanarsi dal servizio e dal reparto. Ma, essendo venuto meno questo dato, e' piuttosto irrazionale ed artificioso, di fronte a situazioni familiari del tipo sopra descritto, che la disciplina penalistica sia differenziata, a seconda che il militare non sia rientrato in caserma al termine di una licenza o di un permesso, piuttosto che al termine della libera uscita. Pertanto, questo Tribunale ritiene di dover sollevare questione di legittimita' dell'art. 148 n. 1 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede l'esimente del "giusto motivo", in relazione all'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 148 n. 1 c.p.m.p., in relazione all'art. 3 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che l'ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Padova, addi' 26 settembre 1995. Il presidente estensore: Rosin 96C0078