N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 1995- 15 gennaio 1996
N. 44 Ordinanza emessa il 4 maggio 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale il 15 gennaio 1996) dalla Commissione tributaria di secondo grado di Vicenza sul ricorso proposto dall'Ufficio IVA di Vicenza contro la Finco Domenico S.r.l. Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborsi d'imposta - Diritto alle somme pagate in eccedenza compresi gli interessi maturati sulle stesse - Esclusione degli interessi anatocistici - Disparita' di trattamento dei creditori d'imposta rispetto alla generalita' degli altri creditori - Incidenza sul diritto di difesa, per la limitazione della tutela in giudizio di un diritto patrimoniale e sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., per la facolta' concessa alla amministrazione finanziaria di decidere ad libitum il tempo del pagamento del debito senza obbligo di corresponsione degli interessi anatocistici. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38-bis, primo comma; c.c., art. 1283). (Cost., artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 97, primo comma).(GU n.6 del 7-2-1996 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello prodotto dall'Ufficio Iva di Vicenza e la Domenico Finco S.r.l., via SS. Fortunato e Lazzaro, 91, Bassano del Grappa, avverso la decisione n. 156 del 22 febbraio 1991 della Commissione tributaria di primo grado di Vicenza. O s s e r v a 1. - La Commissione tributaria di primo grado di Vicenza ha accolto il ricorso del contribuente diretto ad ottenere il rimborso di somme IVA pagate in eccedenza, nonche' gli interessi nella misura stabilita dall'art. 38-bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633 e gli ulteriori interessi maturati su questi ultimi, ai sensi dell'art. 1283 c.c. Appella l'amministrazione finanziaria dinanzi a questa Commissione tributaria di secondo grado, limitatamente al capo della decisione con cui si stabilisce l'obbligo di corresponsione degli interessi cd. anatocistici (art. 1283 c.c.), invocando il principio di autonomia del diritto tributario e quindi la specialita' della materia che implicherebbe la non applicabilita' al suo ambito di norme ed istituti relativi ad altri settori del diritto. 2. - Cio' premesso, questo organo giudicante non puo' non rilevare come pressoche' costante e prevalente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., SS. UU. n. 5461/1990) affermi la natura "speciale" delle norme relative ad i rimborsi d'imposta, le quali, proprio perche' prevedono le conseguenze patrimoniali del ritardo, sono ritenute esaustive rispetto ad altri tipi di responsabilita' collegate al carattere di obbligazione pecuniaria in cui l'obbligo in questione consiste. Corollario della enuciata tesi e' l'inapplicabilita' - oltre che di altri istituti o disposizioni del codice civile (artt. 1224 e 2033 c.c.) - dell'art. 1283 c.c., che afferma che, ricorrendo determinate condizioni, gli interessi maturati ne possono produrre ulteriori - (Cass., sez. 1, n. 13137/1991 e Commissione tributaria centrale n. 5109/1984). Al riguardo, si e' argomentato che "in materia tributaria la disciplina generale deve cedere a quella specifica di settore, sia sotto il profilo meramente procedimentale, sia sotto quello di merito" (Cass., sez. 1, n. 2214/1990 e Cass., sez. 1, n. 2700/1990). 3. - Questa Commissione non puo' percio' discostarsi dal ricordato orientamento giurisprudenziale - secondo cui, come detto, non e' applicabile ai rimborsi Iva l'art. 1283 c.c. - in quanto esso costituisce ormai diritto vivente, data la ripetuta affermazione in sede di legittimita'. Eppure, non puo' non sottolinearsi come anche l'obbligazione pecuniaria consistente nel pagamento di somme dovute a titolo di rimborso Iva - e, piu' in genere, di altre imposte - si presenti con catatteristiche uguali alle altre obbligazioni pecuniarie e, seppur astrattamente, sia percio' sussumibile nella disciplina dell'art. 1283 c.c. In particolare, per quanto attiene al requisito dell'avvenuta scadenza degli interessi dell'obbligazione pecuniaria, condizione, questa, posta per la produttivita' di ulteriori interessi della disciplina civilistica - appare che, essendo il termine commisurato, secondo l'art. 38-bis d.P.R. cit., all'anno, esso si deve intendere scaduto allo spirare di tale unita' temporale, anche se per motivi di organizzazione della pubblica amministrazione, il relativo pagamento finisce con l'essere differito ad un tempo successivo. Relativamente, poi, al requisito della proposizione della domanda giudiziale, va rilevato che tale elemento va individuato nella richiesta fatta formalmente al giudice di ottenere soddisfazione in ordine ad una propria pretesa. La richiesta avanzata al giudice tributario diretta ad avere il rimborso di somme fiscali corrisposte in eccedenza, con i relativi interessi semplice ed anatocistici, costituisce equipollente della domanda giudiziale menzionata nell'art. 1283 c.c. La giurisdizione del giudice tributario, - vale la pena di aggiungere - si desume, tra l'altro, dall'art. 20, comma terzo, d.P.R. n. 636/1972, secondo cui: "La Commissione tributaria, in ogni grado del giudizio, quando accerta un credito del ricorrente, puo' su richiesta, condannare l'amministrazione al pagamento". 4. - Premesso, pertanto, che l'obbligazione pecuniaria relativa al pagamento di interessi su somme dovute a titolo di rimborso Iva presenta gli stessi caratteri delle altre obbligazioni pecuniarie, e' parere della Commissione che la diversita' di trattamento ravvisabile nella non computabilita' degli interessi anatocistici nell'ambito in questione, non abbia fondamento razionale e violi pertanto il principio di uguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione, traducendosi in una disparita' di trattamento a danno del cittadino che vanti un credito nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, rispetto a quello che abbia la medesima pretesa nei confronti di soggetto privato o di altro ramo della p.a. Invero, la disposizione di cui all'art. 1283 c.c. mira alla tutela del creditore dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione pecuniaria ed, in particolare, alla salvaguardia del credito sia nell'originario ammontare, che nella potenzialita' di capitalizzazione o, comunque, di adeguamento finanziario conseguente al decorso del tempo. Tale ratio - ravvisabile in riferimento alla generalita' della obbligazione pecuniaria, anche se a carico della pubblica amministrazione - non puo' non valere anche in campo tributario, nel quale anche deve ottenere tutela il diritto del cittadino di ottenere la corresponsione di un credito non depurato ed espropriato della capacita' di espansione e crescita, pur riconosciuta dall'art. 38-bis, d.P.R. cit., con riferimento all'art. 1283 c.c. per le altre obbligazioni pecuniarie. Sotto tale profilo, l'attuale disciplina prevista dall'art. 38-bis, d.P.R. cit., con riferimento all'art. 1283 c.c., appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 5. - Inoltre, si deve rilevare che la mancata previsione della facolta' di proporre domanda giudiziale per il riconoscimento degli interessi anatocistici conseguenti a crediti nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, appare lesivo anche dell'art. 24, comma primo, della Costituzione, finendo con l'incidere la delineata situazione sostanziale anche sull'aspetto dinamico del potere di azione per la tutela in giudizio di un proprio diritto patrimoniale. 6. - Infine non puo' sottacersi un ultimo profilo, che riguarda il principio costituzionale fissato nell'art. 97, comma primo, della Costituzione, secondo cui: "I pubblici uffici sono organizzati .... in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione". La norma intende garantire il cittadino il quale deve poter contare su un'organizzazione interna alla p.a. che si ispiri a criteri di celerita', efficienza e buna amministrazione, tale da non comportare lesioni di posizioni soggettive - anche di mero fatto - a carico di chi venga a trovarsi in una condizione di sottoposizione - ancorche' sporadica ed episodica - alla pubblica potesta' autoritativa. La ratio appena indicata deve a fortiori ritenersi operante nell'ipotesi in cui la posizione soggettiva sia vantata dal contribuente e consista in un diritto di credito di natura pecuniaria nei confronti della p.a. In questo caso, non appare conforme al principio di buon andamento ed imparzialita' della p.a., che quest'ultima possa ad libitum decidere il tempo della corresponsione del credito, pur certo nell'an e nel quantum, senza che al ritardo siano connesse le piu' ampie conseguenze patrimoniali previste per le rimanenti obbligazioni di natura pecuniaria. La previsione dell'obbligo di corrisponsione a carico della p.a. di interessi moratori semplici - commisurati all'anno - non e' infatti, come detto, sufficiente, se disgiunto dall'obbligo di corresponsione degli interessi anatocistici, a garantire in modo pieno il diritto del cittadino. Quest'ultimo infatti finisce con il subire le conseguenze dell'inefficienza della p.a. la quale, anche perche' manca la previsione di una piena responsabilita' patrimoniale per il suo operato, e' libera di ispirarsi a criteri dilatori nel rimborso del credito d'imposta, con evidente lesione del principio stabilito nell'art. 97 della Costituzione. Si rimette, percio', la questione di legittimita' istituzionale dell'art. 38-bis, comma primo, d.P.R. n. 633/1972 - che nella specie e' rilevante - in riferimento all'art. 1283 c.c., nei termini indicati, alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38-bis, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in riferimento all'art. 1283 del c.c., in relazione agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 97, primo comma, della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Vicenza, addi' 4 maggio 1995 Il presidente estensore: Block 96C0089