N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 1995

                                 N. 62
   Ordinanza  emessa il 29 settembre 1995 dal tribunale di Bolzano nel
 procedimento civile vertente tra Staffler Othmar e Staffler Anton
 Provincia autonoma di Bolzano -  Maso  chiuso  -  Espropriazione  per
    pubblica utilita' - Divisione suppletoria della massa ereditaria -
    Obbligazione  dell'assuntore  verso  i  coeredi - Conferimento del
    ricavo derivante dell'espropriazione sul prezzo  di  assunzione  -
    Omessa  previsione  -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento
    rispetto alle ipotesi di  alienazione volontaria e di  vendita  in
    esecuzione   forzata   -   Richiamo   alla  sentenza  della  Corte
    costituzionale n. 505/1988.
 (Decreto del presidente della provincia di Bolzano 30 dicembre  1978,
    n.  32, art. 29 e 29-a; legge della provincia di  Bolzano 26 marzo
    1982, n. 10, art. 9).
 (Cost., art. 3).
(GU n.7 del 14-2-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento  n.  598/1991
 r.g.  vertente tra: attore: Staffler Othmar, con l'avv. Hans Egger di
 Bolzano per procura a margine dell'atto di citazione, domiciliatario;
 e convenuto Staffler Anton, con l'avv. Otto Tiefenbrunner di Bolzano,
 per procura a margine della comparsa di risposta, domiciliatario.
                           Premesso in fatto
   Che Staffler Othmar ha convenuto in giudizio  il  di  lui  fratello
 Anton, esponendo:
     che quest'ultimo, in base a disposizioni testamentarie del padre,
 era  divenuto  assuntore del maso chiuso "Triangl", in P.T. 30/I C.C.
 Dodiciville;
     che in base agli artt. 29 e 29a del t.u. sui  masi  chiusi  (art.
 30, legge provinciale 29 marzo 1954, n. 1, art. 36, legge provinciale
 25 dicembre 1959, n. 10 e, limitatamente al primo comma dell'art.  29
 t.u.,  art.  7,  legge  provinciale  26  marzo 1982, n. 10, confluiti
 nell'art. 29 t.u. delle leggi provinciali sull'ordinamento  dei  masi
 chiusi; art. 9, legge provinciale 26 marzo 1982, n. 10, inserito come
 art. 29-a) nel t.u. delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi
 chiusi),  in  caso  di  vendita (totale o parziale), o espropriazione
 forzata  del  maso  chiuso  a  meno  di  10   anni   dall'assunzione,
 l'assuntore  e'  obbligato  a  versare  alla massa ereditaria, per la
 divisione suppletoria, l'eccedenza del ricavo  della  vendita  o  del
 valore di assegnazione sul prezzo di assunzione;
     che  in  seguito ad espropriazioni per pubblica utilita' avvenute
 nel biennio 1985-1987, il convenuto aveva conseguito un'indennita' di
 esproprio pari a circa un miliardo di lire;
     che  il  sollecito  a  questi  rivolto, di pagare quanto previsto
 dagli articoli del t.u. sui masi chiusi sopracitati non  aveva  alcun
 esito;
     che  benche'  i  citati  articoli  non  prevedevano espressamente
 l'ipotesi dell'espropriazione per pubblica utilita', logica  vorrebbe
 che  essi  trovino  applicazione anche in tale caso, perche' trattasi
 pur sempre di trasferimento coattivo  e  salva  rimarrebbe  la  ratio
 legis;
     che  nell'ipotesi  in  cui  il  tribunale  non  dovesse  ritenere
 applicabile al caso in esame le disposizioni sopracitate, si pone  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  citati articoli per
 disparita' di trattamento stante l'identita' di situazione  e  quindi
 violazione del principio di uguaglianza;
   Concludeva  pertanto l'attore chiedendo la condanna del convenuto a
 versare  alla  massa  ereditaria,  per  la   divisione   suppletoria,
 l'eccedenza  del  ricavo  derivante dall'espropriazione sul prezzo di
 assunzione; in subordine, dovessero ritenersi inapplicabili gli artt.
 29 e 29a del t.u. sui masi chiusi anche all'assuntore del maso che ha
 percepito indennita' di esproprio eccedenti il valore di  assunzione,
 chiedeva   che   il   tribunale  trasmettesse  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale per la proposizione della questione di  illegittimita'
 costituzionale  degli  articoli  citati in relazione all'art. 3 della
 Costituzione,  nella  parte  in  cui  limitano  ai  casi  di  vendita
 volontaria   o   esecuzione   forzata   e   non   estende   a  quello
 dell'espropriazione per pubblica  utilita'  l'obbligo  dell'assuntore
 come sopra specificato.
   Il convenuto ha contestato questi assunti e sostenuto:
     B1) che non vi era stata da parte convenuta alcuna assunzione del
 maso per essere stato questo acquistato per atto inter vivos a titolo
 oneroso mediante contratto di compravendita;
     B2)  che  non  essendovi  stata assunzione del maso in seguito ad
 acquisto mortis causa non vi era stata apertura della successione;
     B3) che non  vi  era  stata  divisione  ereditaria  primaria,  da
 considerarsi logico presupposto della chiesta divisione supplentoria;
     B4)  che controparte difettava di legittimazione attiva dovendosi
 questi  considerare  beneficiario  di  legato  in   sostituzione   di
 legittima   non  rinunziato  e  pertanto  non  coerede,  come  invece
 richiesto in via esclusiva dall'art. 29,  secondo  comma,  t.u.  masi
 chiusi;
     B5)  che  comunque,  secondo quanto previsto dall'art. 29, quinto
 comma, t.u. masi chiusi, il richiesto pagamento  non  sarebbe  potuto
 avvenire  perche'  la  conseguita  indennita'  di esproprio era stata
 totalmente  utilizzata  per  l'acquisto  di  terreni  ed   opere   di
 ristrutturazione e miglioramento del maso;
     B6)  che  la  pretesa  fatta  valere in giudizio doveva ritenersi
 prescritta in quanto  di  natura  ereditaria,  e  cosi'  soggetta  al
 termine  prescrizionale  decennale  decorrente  dalla morte del padre
 avvenuta in data 28 febbraio 1980;
      B7) che dovendo trovare applicazione  nel  caso  di  specie  gli
 istituti  previsti dall'art. 551 c.c. e dagli artt. 713 e segg. c.c.,
 un'eventuale divisione suppletoria che  avvenisse  ex  art.  29  t.u.
 masi  chiusi  in  difetto  della  previa  rinunzia  al legato ed alla
 collazione, non potrebbe che  rendere  l'invocata  norma  affetta  da
 indubbia  illegittimita' costituzionale in relazione all'art. 3 della
 Costituzione  e  all'art.    4  dello  Statuto speciale della Regione
 Trentino A.A. in quanto con essa si verrebbero a stravolgere,  da  un
 lato,  i  principi  del  diritto  civile  regolanti  i  diritti e gli
 obblighi  in  materia  successoria  e  dall'altro   la   disposizione
 statutaria  che  riserva  alla potesta' legislativa esclusiva la sola
 materia dei masi chiusi e non anche quella ereditaria;
     B8) che non poteva darsi applicazione alle invocate  disposizioni
 in  quanto queste contemplano atti - quali la vendita o la esecuzione
 forzata - che a differenza dell'espropriazione per pubblica  utilita'
 sono  riconducibili  ad  una  attivita' volontaria dell'assuntore del
 maso e che quindi l'eccezione di  incostituzionalita'  era  infondata
 per la palese diversita' della fattispecie in esame, che giustificava
 il diverso trattamento.
                         Osserva il tribunale
   Le  eccezioni  e  contestazioni  del  convenuto  volte  a negare la
 rilevanza della questione di legittimita' costituzionale per  difetto
 delle  condizioni  di  applicabilita'  dell'art.  29 t.u. delle leggi
 provinciali sui masi chiusi, approvato con D.P.G.P. del  28  dicembre
 1978,  n.    32 (art. 30, legge provinciale 29 marzo 1954, n. 1, art.
 36, legge provinciale 25 dicembre 1959, n.  10  e,  limitatamente  al
 primo  comma  dell'art.  29  t.u., art. 7, legge provinciale 26 marzo
 1982, n. 10, confluiti nell'art.  29  t.u.  delle  leggi  provinciali
 sull'ordinamento  dei  masi chiusi) e dell'art. 29-a) del citato t.u.
 (art. 9, legge provinciale 26 marzo 1982, n. 10, inserito  come  art.
 29-a))  per  difetto  delle  condizioni  di applicabilita' non paiono
 suscettibili di accoglimento in quanto:
     ad B1), il difetto di assunzione del maso da parte del  convenuto
 appare  smentito da quanto accertato dal C.T.U. Il prezzo di acquisto
 a suo tempo corrisposto dal convenuto deve intendersi  correlato  non
 al  valore di mercato del maso, bensi' al suo valore reddituale. Tale
 commisurazione del corrispettivo e' indice di  volonta'  di  dare  il
 maso   in   "assunzione";   ad  B2),  B3)  e  B4),  l'apertura  della
 successione, nel senso che il de cuius sia deceduto,  sussiste  senza
 contestazione,  ne'  dubbio,  non  invece  nel senso che - per quanto
 risulta - vi  sia  stata  una  massa  ereditaria  da  ripartire,  con
 conseguente divisione.
   L'esistenza  di  beni  al  tempo  dell'apertura della successione e
 l'avvenuta ripartizione divisionale tra coeredi non  appare  peraltro
 necessaria  al fine dell'applicazione della divisione suppletoria; la
 finalita' della relativa  norma  appare  di  generale  ristabilimento
 dell'equilibrio  nella  ripartizione  anche  se  la  massa fosse gia'
 interamente ripartita con donazioni in vita o con legati.
   La legittimazione attiva alla divisione suppletoria data al coerede
 appare da intendere come riferita a chi, chiamato, intenda  accettare
 e   chiedere   l'attribuzione   delle   sue   spettanze  sulla  massa
 separatamente (differenza di valore);
     ad B5), quanto affermato da parte covenuta  non  trova  riscontro
 nelle risultanze della C.T.U.: sono stati effettuati investimenti per
 miglioria  ed  acquisto macchinari per sole L. 54.534.124, mentre gli
 ulteriori acquisti di terreni non appaiono di valore  equivalente  ed
 immessi nel maso chiuso;
     ad  B6),  puo'  replicarsi  agevolmente  che  nessun  termine  di
 prescrizione puo' iniziare a decorrere anteriormente  al  momento  in
 cui diviene esercitabile il diritto soggetto a prescrizione. Nel caso
 in esame tale termine non potra' farsi decorrere dalla apertura della
 successione,  bensi' dal momento del subito esproprio, ovverossia dal
 sorgere, in capo all'assuntore -  naturalmente  in  caso  di  vigenza
 dell'art.     29  per  il  caso  di  specie  -  dell'obbligazione  di
 conferimento alla massa ereditaria di quanto dovuto;
     ad B7), non si comprende la ragione di un'eventuale  applicazione
 degli  artt.  551-713  e  segg.  c.c.,  non  rivestendo  l'attore  la
 qualifica di legatario, per  aver  acquistato  dal  padre  quanto  di
 spettanza a titolo inter vivos;
   Neppure   appare   fondata   la  contestazione  della  presenza  di
 ragionevole dubbio  sulla  fondatezza  della  proposta  questione  di
 illegittimita' costituzionale.
    Infatti:
      ad  B8),  e'  ben  vero  che  l'art.  29  in  esame prevedeva la
 spettanza della divisione suppletoria in rapporto  ad  un'alienazione
 volontaria;   che   l'estensione   all'esecuzione  forzata  e'  stata
 argomentata dalla Corte nella  sentenza  n.  505/1988  anche  con  la
 giustificazione  di  fungere  da deterrente ad operazioni speculative
 dell'assuntore o ad una conduzione negligente o fraudolenta del  maso
 tale da provocare l'esecuzione forzata. Purtuttavia, non pare potersi
 negare  come l'istituto della divisione suppletoria risponda anche ad
 esigenze di equita' distributiva, volta al riequilibrio  delle  sfere
 patrimoniali  dei  coeredi  (si  noti in ogni caso che la sentenza n.
 505/1988 della Corte ha esteso l'applicabilita' al  trasferimento  in
 esecuzione   forzata  senza  condizionare  cio'  all'accertamento  di
 condotta fraudolenta).  Tale esigenza non pare poter venire  smentita
 dall'apposizione del termine decennale decorrente dall'apertura della
 successione,  tale  da  rendere irrilevante, ai fini di cui trattasi,
 ogni arricchimento, anche consistente, goduto dall'assuntore del maso
 oltre tale termine.   Questo sembrerebbe  essere  stato  apposto  non
 tanto  a  sostegno dell'estraneita' all'istituto de quo delle ragioni
 equitative e di riequilibrio dei  valori  patrimoniali  sopra  viste,
 quanto  allo  scopo  di non ostacolare eccessivamente la circolazione
 dei beni immobiliari ivi contemplati.   Il consistente  arricchimento
 patrimoniale che l'erede assuntore acquisti nei confronti degli altri
 coeredi  qualora  il  proprio  maso,  per  ragioni  spesso  del tutto
 casuali,  venga  ad  acquistare  un  valore  di  mercato  decisamente
 superiore   rispetto   al   momento  dell'assunzione,  non  puo'  non
 coinvolgere innegabili principi di giustizia sostanziale, qualora  il
 meccanismo   di  riequilibrio  sopravisto  sia  destinato  a  trovare
 applicazione solamente in  alcuni  casi  (alienazione  od  esecuzione
 forzata)  e  non in altri (espropriazione per pubblica utilita'), pur
 in  presenza  di  effetti  economici   del   tutto   identici,   che'
 l'indennita'  di  esproprio  viene commisurata al valore di mercato e
 non a quello di assunzione del maso.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1 e
 l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenuto   che   il   giudizio   non    possa    essere    definito
 indipendentemente  dalla  risoluzione  della  proposta  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 29 e 29-a) del t.u. sui  masi
 chiusi (art. 30 legge provinciale 29 marzo 1954, n. 1, art. 36, legge
 provinciale  25  dicembre 1959, n. 10 e, limitatamente al primo comma
 dell'art. 29 t.u., art. 7, legge provinciale 26 marzo  1982,  n.  10,
 confluiti nell'art. 29 t.u.  delle leggi provinciali sull'ordinamento
 dei  masi  chiusi;  art.  9,  legge provinciale 26 marzo 1982, n. 10,
 inserito  come  art.  29-a)  nel   t.u.   delle   leggi   provinciali
 sull'ordinamento  dei  masi  chiusi),  in  relazione all'art. 3 della
 Costituzione, nella parte in  cui  non  prevedono  che  l'obbligo  di
 versamento  alla  massa  ereditaria da parte dell'assuntore del maso,
 per la divisione suppletoria - previsto in ipotesi di  alienazione  o
 di  esecuzione  forzata  -  si  estenda  anche all'espropriazione per
 pubblica utilita';
   Ritenuto  che  la  questione  sollevata  non   sia   manifestamente
 infondata;
   Dispone l'immediata trasmissione degli atti della causa n. 598/1991
 r.g.   del   Tribunale  di  Bolzano  alla  Corte  costituzionale;  la
 sospensione del giudizio n. 598/1991 r.g.;
   Ordina che a cura  della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  a:  Staffler Othmar, presso l'avv. Hans Egger di Bolzano,
 domiciliatario; Staffler Anton, presso l'avv. Otto  Tiefenbrunner  di
 Bolzano,  domiciliatario;  presidente  della Giunta provinciale della
 provincia autonoma di Bolzano;
   Ordina che  la  cancelleria  comunichi  la  presente  ordinanza  al
 presidente  del  Consiglio  provinciale  della  provincia Autonoma di
 Bolzano.
     In Bolzano, cosi' deciso il 29 settembre 1995
                        Il presidente:  Delerba
                                          Il giudice relatore:  Zancan
 96C0107