N. 78 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 1995

                                 N. 78
   Ordinanza emessa il 13  novembre  1995  dalla  corte  d'appello  di
 Genova nel procedimento penale a carico di Beghe' Massimo ed altri
 Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Giudice per le indagini
    preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei
    confronti dello stesso imputato  - Incompatibilita' ad  esercitare
    le  funzioni  giudicanti  nel  suddetto  rito  speciale  -  Omessa
    previsione - Lesione del principio di eguaglianza  -  Compressione
    del  diritto di difesa - Violazione del principio di imparzialita'
    del  giudice  -  Richiamo  ai  principi   espressi   dalla   Corte
    costituzionale nelle sentenze nn.  401/1991 e 432/1995 - Eccezione
    di   illegittimita'  costituzionale  prospettata  dalla  Corte  di
    appello nel corso di procedimento di ricusazione.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.7 del 14-2-1996 )
                          LA CORTE D'APPELLO
   Sciogliendo la riserva formulata all'odierna udienza in ordine alle
 dichiarazioni di  ricusazione  proposte  da  Beghe'  Massimo,  Beghe'
 Giuseppina,  Aliboni Filippo, Arrighi Emilio e Arrighi Luca, imputati
 e difesi  come  in  atti,  nei  confronti  del  giudice  dell'udienza
 preliminare dott.ssa Alba Dova, del tribunale di Massa;
                           Rilevato in fatto
   Beghe'  Massimo e Giuseppina, Aliboni Filippo ed Arrighi Luca hanno
 proposto dichiarazione di ricusazione ai sensi dell'art. 37 lett.  a)
 del primo comma, in relazione al 36, lett. g) del primo comma, a  sua
 volta in relazione al 34, intendesi secondo comma, c.p.p., in quanto:
     all'udienza  preliminare,  dinnanzi alla dott.ssa Alba Dova, essi
 hanno chiesto il giudizio abbreviato, con il consenso del p.m.;
     il giudice era lo stesso che,  in  funzione  di  giudice  per  le
 indagini  preliminari,  aveva  emesso nei loro confronti ordinanza di
 custodia cautelare;
     la difesa ha, nell'udienza, sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  circa  la  compatibilita',  a  celebrare  il giudizio
 abbreviato,  del  giudice  che,  appunto,  abbia  emesso  durante  le
 indagini preliminari il provvedimento coercitivo;
     il   g.u.p.   si  e'  pronunciato  disattendendo  l'incidente  di
 costituzionalita'.
   Essi si richiamano alla giurispmdenza costituzionale intervenuta in
 materia di incompatibilita' ed  in  particolare  alla  sentenza  6-15
 settembre  1995  n.  432,  sostenendo  che  non  si possa limitare la
 portata di questa pronuncia al solo giudizio dibattimentale, ma la si
 debba considerare estensibile al giudizio abbreviato,  posto  che  la
 stessa  Corte  costituzionale, con la sentenza n. 401 del 12 novembre
 1991, ha  equiparato  i  due  tipi  processuali,  comprendendoli  nel
 termine generale di "giudizio".
    Fanno  presente,  documentandolo,  che,  peraltro, la questione di
 legittimita' costituzionale  specifica  e'  gia'  stata  recentemente
 sollevata  da  un  g.u.p.  del  tribunale  di Genova; ed in subordine
 chiedono che questa Corte, ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza
 della  questione,  sottoponga,  a sua volta, la questione stessa alla
 Consulta.
   Arrighi Emilio, sulle medesime premesse in fatto e diritto, oltre a
 riproporre, egli pure, la questione di  legittimita'  costituzionale,
 ha,  nella  non  creduta  ipotesi  che  questa  Corte  non ravvisi la
 rimettibilita' della questione alla Corte costituzionale,  dichiarato
 di  ricusare  la persona del g.u.p. ai sensi della lett. b) dell'art.
 37,  in  quanto  il  giudice,  in   funzione   di   g.i.p.,   avrebbe
 reiteratamente  espresso,  in  provvedimenti  relativi  allo stato di
 liberta' personale di esso Arrighi ed anche di  coindagati,  indebite
 valutazioni  costituenti  sostanziali  anticipazioni  del giudizio di
 merito nei confronti di esso attuale ricusante.
   All'odierna udienza, il sost. p.g. si e' riportato al  parere  gia'
 espresso per iscritto dal proprio ufficio, contrario all'accoglimento
 delle istanze degli imputati.
   La difesa ha insistito nelle istanze.
                         Osservato in diritto
   1.  -  Allo  stato  attuale  del  diritto  positivo  la  denunciata
 incompatibilita' non e' configurata.
   La sentenza n. 432/1995 della Corte  costituzionale  ha  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 34, comma secondo. c.p.p.,
 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio
 dibattimentale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari che abbia
 applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato.
   L'incidenza della pronuncia di parziale  incostituzionalita'  della
 norma  non  puo'  che  essere  circoscritta  alla  fattispecie legale
 esaminata.
   La norma, di stretta interpretazione,  resta  tuttora  priva  della
 previsione  di  una attivita' provvedimentale cautelare personale del
 giudice in funzione di g.i.p. come  attivita'  incompatibile  con  la
 celebrazione  del  giudizio abbreviato da parte dello stesso giudice;
 l'effetto indirettamente  integrativo  della  pronuncia  della  Corte
 cotituzionale  -  una pronuncia di tipo additivo: il meccanismo della
 dichiarata  incostituzionalita'  della   non   previsione   normativa
 dell'ulteriore  causa  di  incompatibilita'  comporta sostanzialmente
 l'acquisizione alla norma, in positivo, della previsione  medesima  -
 ha   come   attuale   termine   correlativo   soltanto   il  giudizio
 dibattimentale, perche' questa era  la  fattispecie  rassegnata  alla
 Corte  costituzionale,  e  limitatamente  ad  essa  la  pronuncia  ha
 l'efficacia indirettamente innovativa.
   Le  ricusazioni   sarebbero,   sotto   tale   primo   profilo,   da
 disattendere.
   2.  -  E'  sul  tappeto,  pero', l'istanza di rimessione alla Corte
 costituzionale  della  questione   gia'   ritenuta   (manifestamente)
 infondata dal g.u.p.
   Che  l'eccezione  di incostituzionalita' possa essere sollevata, o,
 come nel presente caso  riproposta davanti al  giudice  competente  a
 decidere  sulle  ricusazioni  -  o  dal  detto  giudice  possa essere
 sollevata   d'ufficio   -,   ingenera   delle    perplessita',    ma,
 meditatamente, superabili.
   L'art.  23  della  legge  11  marzo 1953 n. 87, invero, sancisce la
 facolta' di sollevare le questioni di legittimita' costituzionale nel
 corso del giudizio  davanti  ad  un'autorita'  giurisdizionale  e  la
 facolta' di questa di sollevarle d'ufficio.
   Sebbene  inteso  in  senso  ampio,  come  sinonimo di procedimento,
 articolato, il "giudizio", nel significato e per  gli  effetti  della
 norma,  non  sembrerebbe  comprendere  uno stadio incidentale qual e'
 quello riservato alla decisione sulle dichiarazioni di ricusazione.
   A questo avviso indurrebbe, in particolare, la considerazione della
 sospensione del giudizio  in  corso  che  deve  essere  ordinata  dal
 giudice   remittente   in   attesa   della   pronuncia   della  Corte
 costituzionale, a cui  devono  essere  trasmessi  gli  atti;  il  che
 sembrerebbe  postulare il potere, diretto, di disposizione degli atti
 stessi e soprattutto quello di gestione sostanziale del procedimento,
 il potere, cioe',  proprio  ed  esclusivo  del  giudice  dominus  del
 procedimento nel "merito" anche se limitatamente ad una fase di esso,
 in  quel  determinato  stato e grado; posizione che non e' quella del
 giudice della ricusazione, bensi', nella fase attuale, unicamente del
 g.u.p., con i limiti transitori di ulteriore impulso dipendenti dalla
 pendenza dell'incidente di ricusazione stesso.
   Va osservato che la dichiarazione di ricusazione  del  giudice  non
 presenta  i  caratteri  categoriali  dell'impugnazione, con la tipica
 devoluzione revisionale, entro pur differenziati schemi e  limiti  di
 legge,  della giurisdizione gia' esercitata dal giudice a quo e/o dei
 presupposti di tale esercizio.
   Tuttavia si pone, preminente e  risolvente  nel  senso  affermativo
 della  proponibilita', la considerazione basilare, per absurdum, che,
 negativamente opinando, a  fronte  della  facolta'  del  giudice  del
 "merito"  di  rimettere  egli  stesso  l'insorta questione relativa a
 norma incidente sulla propria regolare costituzione, il giudice della
 ricusazione, investito, con tale strumento,  dell'applicazione  della
 norma  di  eccepita  incostituzionalita' - per omissione -, in quanto
 fosse  privo  della  facolta'   di   rimessione,   sarebbe   astretto
 all'applicazione   di   una   norma   finanche  nell'ipotesi  in  cui
 l'incostituzionalita' di questa gli apparisse  addirittura  in  tutta
 evidenza.
   3.   -   Il   presupposto   della   rilevanza  della  questione  di
 incostituzionalita'  agli  effetti  della  decisione  sulla  proposta
 ricusazione    e'   chiaro:      l'accoglimento   dell'eccezione   di
 incostituzionalita' determinerebbe  la  sussunzione,  tra  le  figure
 normative  di  incompatibilita',  anche della situazione sotto esame,
 nella quale il g.u.p.  "ricusato" dovrebbe  definitivamente  decidere
 sulla   richiesta,  assentita  dal  p.m.  di  giudizio  abbreviato  -
 definizione del processo "allo stato degli atti" -, per poi, in  caso
 affermativo,  procedere  personalmente  al giudizio medesimo (si noti
 che il g.u.p. nell'ordinanza 19 ottobre 1995 con cui ha  disposto  il
 rinvio,  ha  rilevato  che  il  processo  si dovrebbe necessariamente
 concludere con sentenza).
   4.  -  Quanto  al  merito,  la  non  manifesta  infondatezza  dell'
 eccezione  -  di  contro  all'avviso  espresso dal g.u.p. con propria
 ordinanza - si evince  dalla  stessa  elaborazione  giurisprudenziale
 gia'  compiuta  dalla  Corte costituzionale sulle tematiche per cosi'
 dire contigue delle quali essa e' stata investita.
   Sul carattere pregnante del vaglio, attribuito al  g.i.p.  ai  fini
 dell'  emissione  della  misura cautelare personale, degli elementi a
 carico dell'indagato  -  sussistenza  o  meno  di  "gravi  indizi  di
 colpevolezza"  -,  non  v'e'  che  da richiamare la motivazione della
 citata  sent.  432/1995,  della  quale  un'enunciazione  saliente  e'
 questa:  "Tali essendo, in sintesi, le valutazioni che il giudice per
 le indagini preliminari deve compiere allorquando disponga una misura
 cautelare, si  deve  riconoscere  che  detta  attivita'  comporta  la
 formulazione  di  un  giudizio non di mera legittimita', ma di merito
 (sia pure prognostico e allo stato  degli  atti)  sulla  colpevolezza
 dell'imputato,  giudizio  analogo,  ai fini che qui interessano, alle
 ipotesi gia' esaminate da questa Corte nelle sentenze n.n. 124 e  186
 del 1992".
   Una  valutazione,  quella  incombente  al g.i.p. a tali fini, cosi'
 penetrante da far ritenere alla Corte costituzionale l'ingenerarsi di
 una   "forza   della   prevenzione"   condizionante,   o   quantomeno
 apparentemente  condizionante,  la  successiva valutazione conclusiva
 sulla responsabilita' che lo stesso giudice sia chiamato ad esprimere
 nel giudizio dibattimentale.
   Resta da esaminare l'equiparabilita'  o  meno,  per  i  profili  di
 costituzionalita'  in  argomento,  del  giudizio  abbreviato a quello
 dibattimentale.
   Ebbene,  al  riguardo  basta  citare  altra   sent.   della   Corte
 costituzionale,   la   n.   401   del   12   novembre   1991:  "(...)
 l'interpretazione secondo cui per "giudizio"  debba  intendersi  solo
 quello  che si estrinseca nel dibattimento contrasta con la lettera e
 con la ratio della disposizione medesima" (l'art. 34, c. 2); "con  la
 prima, in quanto per "giudizio" deve intendersi ogni processo che, in
 base ad un esame delle prove, pervenga ad una decisione di merito, si
 che  vi  risulta  compreso  anche  quello  che  si svolge con il rito
 abbreviato; con la seconda, in quanto sarebbe illogico  ritenere  che
 la  ragione  dell'incompatibilita' stabilita dalla norma ricorra solo
 per il dibattimento e non anche per il  giudizio  abbreviato,  quando
 entrambi seguono alla richiesta di giudizio immediato".
   5.  -  Deve,  pertanto,  pronunciarsi ordinanza di rimessione della
 questione alla Corte costituzionale.
   In  quanto  proposta  dall'Arrighi  Emilio  in  via subordinata, la
 dichiarazione di ricusazione ai sensi della lett.  b)  dell'art.  37,
 primo  comma,  restera'  da  esaminare  solo  qualora  l'eccezione di
 illegittimita'  costituzionale  della   norma   sull'incompatibilita'
 dovesse essere dalla Corte costituzionale rigettata.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
 sollevata questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli
 artt.  3, 24 e 25 della Costituzione, dell'art.  34,  comma  secondo,
 del c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa celebrare il
 giudizio  abbreviato il giudice per le indagini preliminari che abbia
 applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale;
   Sospende  il  giudizio  in  corso  relativo agli imputati di cui in
 motivazione;
   Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  venga
 notificata  al  g.u.p.  presso  il  tribunale di Massa, dott.ssa Alba
 Dova, alle parti processuali, al p.m. presso quel tribunale,  nonche'
 al  sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai sigg.
 Presidenti delle due Camere del Parlamento, oltre che al p.g.  presso
 questa Corte.
     Genova, addi' 13 novembre 1995
                       Il presidente:  La Mantia
                                        Il consigliere est.:  Petrillo
 96C0123