N. 29 SENTENZA 30 gennaio - 10 febbraio 1997

 
 
 Giudizio sulla ammissibilita' della richiesta di referendum popolare.
 
 Costituzione della Repubblica italiana - Referendum -  Partecipazioni
 statali  -  Procedure  di dismissione di partecipazione dello Stato e
 degli enti pubblici in societa' per azioni - Esclusione di un  legame
 della norma oggetto del quesito referendario con la legge di bilancio
 che  aveva  motivato la declaratoria di inammissibilita' di richiesta
 referendaria di cui alla sentenza n. 2 del 1994 - Ammissibilita'.
 
 (D.-L. 31 maggio 1994, n.  332,  art.  2,  convertito  in  legge  con
 modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474).
(GU n.7 del 12-2-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott. Cesare RUPERTO, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
  Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per  l'abrogazione del d.-l. 31 maggio 1994, n.
 332,  recante  "Norme  per   l'accelerazione   delle   procedure   di
 dismissione  di  partecipazioni  dello Stato e degli enti pubblici in
 societa' per azioni", convertito in legge, con  modificazioni,  dalla
 legge  30 luglio 1994, n. 474, limitatamente all'articolo 2, iscritto
 al n. 97 del registro referendum;
   Vista l'ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 con la  quale  l'Ufficio
 centrale   per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione  ha
 dichiarato legittima la richiesta;
   Udito nella camera di consiglio  dell'8  gennaio  1997  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Uditi  gli  avvocati  Roberto Nania e Beniamino Caravita di Toritto
 per i presentatori Bernardini Rita e Sabatano Mauro.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  L'Ufficio centrale per il referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352,  e  successive  modificazioni  -  esaminata  la   richiesta   di
 referendum  popolare presentata il 5 gennaio 1996 da Stanzani Ghedini
 Sergio Augusto  e  altri  quattro  cittadini  sul  seguente  quesito:
 "Volete voi che sia abrogato il d.-l. 31 maggio 1994, n. 332, recante
 ''Norme   per  l'accelerazione  delle  procedure  di  dismissione  di
 partecipazioni dello Stato e degli  enti  pubblici  in  societa'  per
 azioni'',  convertito  in  legge,  con  modificazioni, dalla legge 30
 luglio  1994,  n.  474,  limitatamente  all'articolo  2?"  -  ha  con
 ordinanza  in  data  11  dicembre 1996 dichiarato la richiesta stessa
 conforme alle disposizioni di cui all'art. 27 della legge n. 352  del
 1970,  stabilendone  altresi'  la seguente denominazione: "Abolizione
 dei poteri speciali riservati al Ministro del  tesoro  nelle  aziende
 privatizzate".
   2.  -  Ricevuta  la  comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di
 questa Corte ha fissato il giorno 8 gennaio 1997 per  la  conseguente
 deliberazione in camera di consiglio, dandone comunicazione, ai sensi
 dell'art.  33,  secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, ai
 presentatori della richiesta  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.
   3.  - I promotori del referendum hanno depositato in data 3 gennaio
 1997 una memoria, sostenendo  le  ragioni  dell'ammissibilita'  della
 suddetta  richiesta,  poi  ribadita  dai  difensori  nella  camera di
 consiglio.
                         Considerato in diritto
   1. -  La richiesta di referendum abrogativo concerne l'art.  2  del
 d.-l.  31  maggio  1994,  n.  332, recante "Norme per l'accelerazione
 delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e  degli
 enti pubblici in societa' per azioni", convertito, con modificazioni,
 nella legge 30 luglio 1994, n. 474.
   La  disposizione  oggetto della richiesta stessa s'inserisce, senza
 alcun rapporto d'accessorieta' necessaria, in un quadro  d'intervento
 volto a definire stabilmente le regole generali della privatizzazione
 delle   imprese   partecipate   dallo  Stato  e  articolantesi  nella
 fissazione di procedure atte a consentire la massima diffusione delle
 azioni delle societa'  privatizzate  tra  il  pubblico,  convogliando
 almeno  una  parte  del risparmio verso tale investimento e, insieme,
 agevolando  la  creazione  di  nuclei  stabili  che  permettano   una
 continuita'  nella  gestione  delle  imprese  e  ne  garantiscano  la
 redditivita'.
   Nel comma 1 del predetto art. 2 si dispone infatti che con  decreto
 del   Presidente   del   Consiglio   sono  individuate  le  "societa'
 controllate direttamente o indirettamente dallo  Stato"  operanti  in
 taluni  specifici  settori,  negli  statuti  delle  quali  dev'essere
 introdotta con deliberazione dell'assemblea straordinaria - "prima di
 ogni atto che determini la perdita del controllo",  conseguente  alla
 dismissione  delle  partecipazioni  pubbliche  -  "una  clausola  che
 attribuisca al Ministero del tesoro la titolarita' di uno o piu'  dei
 seguenti poteri speciali da esercitare d'intesa" con altri Ministeri:
 "a)  gradimento,  da  rilasciarsi  espressamente,  all'assunzione, da
 parte dei soggetti  nei  confronti  dei  quali  opera  il  limite  al
 possesso  azionario  di  cui all'art. 3, di partecipazioni rilevanti,
 ..; b) gradimento, da rilasciarsi espressamente, quale condizione  di
 validita',  alla  conclusione  di patti o accordi di cui all'art. 10,
 comma  4,  della  legge  18  febbraio  1992,  n.  149  ..;  c)   veto
 all'adozione  delle  delibere  di  scioglimento  della  societa',  di
 trasferimento   dell'azienda,   di   fusione,   di   scissione,    di
 trasferimento   della   sede   sociale   all'estero,  di  cambiamento
 dell'oggetto sociale, di modifica  dello  statuto  che  sopprimono  o
 modificano  i poteri di cui al presente articolo; d) nomina di almeno
 un amministratore o di un numero di amministratori non  superiore  ad
 un quarto di membri del consiglio o di un sindaco".
   Nel  comma  1-bis  si  precisa  poi che il contenuto della suddetta
 clausola e' individuato  con  decreto  del  Ministro  del  tesoro  di
 concerto  con altri due Ministri e, nel comma 2, si riconosce ai soci
 dissenzienti dalle deliberazioni che introducono i poteri speciali di
 cui al comma 1, lettera c), il diritto di recesso ai sensi  dell'art.
 2437  cod.    civ; mentre il comma 3 dispone in ordine all'estensione
 della sfera di societa' cui si applicano le disposizioni dello stesso
 articolo.
   2. - La richiesta referendaria  e'  intesa  a  far  venir  meno  la
 riserva  allo  Stato  dei  rilevanti  poteri  speciali previsti dalla
 suddescritta disposizione, lasciando in vigore la restante  normativa
 della  legge,  rispetto alla quale l'art. 2 presenta piena autonomia,
 non  sminuita  dai  riferimenti  contenuti  nelle  disposizioni   del
 successivo  art.    3,  atteso  che la individuazione del significato
 normativo che tali riferimenti verrebbero ad assumere in  conseguenza
 dell'eventuale  esito abrogativo della consultazione referendaria, e'
 problema   meramente   interpretativo,   da   risolvere    in    sede
 d'applicazione della normativa residua. Tale finalita' e' oggettivata
 nel  quesito, che pone un'alternativa netta all'elettore, il quale e'
 in grado di percepire immediatamente e  con  esattezza  le  possibili
 conseguenze del suo voto.
   3.  -  Proprio la valutazione della prospettata radicale ed univoca
 soppressione di tutto il suddescritto complesso di  poteri,  consente
 di  mettere  ancor  meglio  a  fuoco  il  disegno legislativo, per il
 riscontro anche dell'omogeneita' del quesito.
   Trattasi in verita' di poteri speciali essenzialmente  diversi  fra
 loro, sicche' l'elettore potrebbe volere la permanenza di alcuni e la
 rimozione di altri. Tuttavia essi trovano una matrice unificante, non
 solo   nell'unicita'   della   clausola   attributiva  degli  stessi,
 legislativamente prevista, ed un comune denominatore nel non derivare
 dalla  qualita'  di  socio  del loro titolare (il quale infatti ne e'
 attributario soltanto quale Ministro del tesoro, e senza alcun limite
 di tempo per non esser stato mantenuto nella legge di conversione  il
 gia' previsto termine di tre anni), ma anche e soprattutto nella loro
 finalizzazione  allo scopo comune di conservare in capo allo Stato un
 certo livello di ingerenza e di controllo sulla vita  e  la  gestione
 delle imprese privatizzate.
   L'opzione legislativa che si mira a sopprimere per via referendaria
 e'  appunto  quella  di  aver  sottratto in via permanente al diritto
 societario comune la  posizione  dello  Stato,  caratterizzata  dalla
 particolarita'  che i rilevanti suoi poteri, inseriti nella struttura
 delle societa', non sono riconducibili al  possesso  di  una  o  piu'
 azioni  (privilegiate,  in  quanto  attributive  di  piu'  estesi  ed
 incisivi  diritti  rispetto  a  quelli  che  competono   agli   altri
 azionisti).  Sul  mantenimento  o  non  di tale scelta di fondo, e di
 tutte le conseguenze che ne derivano, e' chiamato a  pronunciarsi  il
 corpo  elettorale,  con un quesito dotato di perfetta chiarezza nella
 struttura come nella finalita'.
   4. - Da quanto sopra descritto risulta  inoltre  evidente  come  la
 disposizione  oggetto  dell'iniziativa referendaria non rientri nelle
 categorie di leggi, per le quali  l'art.  75,  secondo  comma,  della
 Costituzione  espressamente  esclude l'ammissibilita' del referendum,
 ne'   tra   quelle   ad   esse   strettamente    collegate    secondo
 l'interpretazione  logico-sistematica piu' volte effettuata da questa
 Corte.
   In particolare va osservato che  non  ricorre  alcun  rapporto  tra
 l'incremento  delle  entrate dello Stato, che si stima conseguano dal
 processo dismissivo delle societa' da privatizzare, e la eliminazione
 dei poteri speciali in argomento. Cio' esclude che si possa ravvisare
 quel  legame  con  la  legge  di  bilancio,  che  aveva  motivato  la
 declaratoria  d'inammissibilita' della richiesta referendaria in tema
 di alienazione  dei  beni  patrimoniali  dello  Stato,  di  cui  alla
 sentenza   n.   2   del   1994,  o  un  qualunque  altro  vincolo  di
 strumentalita'.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione  del  d.-l.  31 maggio 1994, n. 332, recante "Norme per
 l'accelerazione delle  procedure  di  dismissione  di  partecipazioni
 dello Stato e degli enti pubblici in societa' per azioni", convertito
 in  legge,  con  modificazioni,  dalla  legge 30 luglio 1994, n. 474,
 limitatamente  all'art.  2,  richiesta   dichiarata   legittima   con
 ordinanza n. 97 dell'11-13 dicembre 1996 dall'Ufficio centrale per il
 referendum costituito presso la Corte di cassazione.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 96C0158