N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1995

                                N. 130
   Ordinanza  emessa  il  20  novembre  1995 dalla corte di appello di
 Ancona nel procedimento di ricusazione proposto da Longarini Edoardo
 Processo penale - Dibattimento - Giudice che,  quale  componente  del
    tribunale   della   liberta',   ha   concorso   a  pronunciare  un
    provvedimento sulla liberta' personale nei confronti degli  stessi
    imputati  -  Incompatibilita' ad esercitare le funzioni di giudice
    del dibattimento - Omessa previsione - Lesione  del  principio  di
    parita'   di   trattamento   normativo   di  situazioni  simili  -
    Compressione del diritto di difesa -  Violazione  del  diritto  ad
    avere  un  giudice  imparziale ed un giusto processo - Richiamo ai
    principi espressi dalla Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.
    432/1995  -  Eccezione  di  legittimita'  costituzionale sollevata
    dalla corte di appello nel corso di procedimento di ricusazione.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma).
(GU n.8 del 21-2-1996 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha  pronunziato  la  seguente   ordinanza   nel   procedimento   di
 ricusazione  proposto  da Longarini Edoardo, imputato di art. 629 nel
 giudizio in corso dinanzi al tribunale di Ancona, nei  confronti  del
 dott.      Antonio  Frisina  e  della  dott.ssa  Francesca  Giaquinto
 componenti  il  collegio  del  tribunale  di   Ancona,   chiamato   a
 giudicarlo,  perche'  gli  stessi sono stati componenti del tribunale
 del riesame, che ha confermato la misura cautelare  emessa  nei  suoi
 confronti  dal Giudice per le indagini preliminari, per le ragioni di
 incompatibilita' di cui all'art.  37,  primo  comma,  lettera  a)  in
 relazione  all'art. 36, primo comma, lettera g) c.p.p., sollevando in
 subordine questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,
 secondo  comma,  c.p.p.    nella  parte  in  cui non prevede anche la
 situazione  di  incompatibilita',  determinata  da   una   precedente
 partecipazione del magistrato ricusato al procedimento di riesame, in
 contrasto  con  le  garanzie  costituzionali  di uguaglianza (art. 3,
 primo comma, Cost.) sotto il profilo della disparita' di  trattamento
 rispetto  a  situazioni  analoghe  per le quali l'incompatibilita' e'
 stata gia' riconosciuta dalla  Corte  costituzionale,  e  del  giusto
 processo (art. 24, secondo comma, Cost.) per la considerazione che le
 precedenti  valutazioni  in  ordine alla sussistenza delle condizioni
 legittimanti  il  provvedimento  custodiale  sono   suscettibili   di
 compromettere  (o  far  apparire  compromessa)  la  genuinita'  e  la
 correttezza del processo formativo del convincimento del giudice;
   Ritenuto che l'art. 34 c.p.p. non contempla la predetta ipotesi tra
 le cause di incompatibilita' del giudice, e che  va  escluso  che  ad
 essa possa adattarsi la previsione dell'art. 37, primo comma, lettera
 b) del medesimo codice, concepita quale causa di ricusazione (l'avere
 il  giudice  manifestato  indebitamente  il proprio convincimento sui
 fatti oggetto dell'imputazione), donde  la  rilevanza  della  dedotta
 questione di legittimita' costituzionale nel procedimento in corso;
   Ritenuto  che  con  la  sentenza n. 502 del 19-30 dicembre 1991 (in
 Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1992, prima serie  speciale,  n.  2)  la
 Corte  costituzionale  ha  dichiarato  non fondata analoga questione,
 sollevata pero' in riferimento agli artt. 25 e 77 della Costituzione,
 rilevando "che i provvedimenti sulla liberta' personale  (e,  tra  di
 essi,  il riesame di misure cautelari qui specificamente considerato)
 non comportano una valutazione che si traduca - pur nei limiti  della
 funzione propria della fase processuale di volta in volta considerata
 -  in  un  giudizio  sulla  res  judicanda  idoneo  a  determinare un
 pregiudizio che mini l'imparzialita' della decisione conclusiva sulla
 responsabilita' dell'imputato";
   Rilevato che, successivamente alla  sentenza  sopra  riportata,  il
 quadro  normativo  di riferimento ha subito importanti modificazioni,
 che hanno portato di recente la Corte costituzionale a ritenere  che,
 con  il provvedimento che dispone una misura cautelare personale, che
 si  basa  tra  l'altro  sulla  sussistenza  di   "gravi   indizi   di
 colpevolezza",  il  giudice  per  le  indagini preliminari compie per
 l'appunto una valutazione di merito, sia pure in  via  prognostica  e
 allo  stato  degli  atti,  circa la colpevolezza dell'imputato e, per
 l'effetto, ha dichiarato l'incompatibilita' del predetto giudice alla
 funzione dibattimentale  (sent.  6-15  settembre  1995,  n.  432,  in
 Gazzetta Ufficiale 20 settembre 1995, n. 39, prima serie speciale);
   Ritenuto  che  la predetta sentenza si pone in netta controtendenza
 rispetto a precedenti  pronunce  della  stessa  Corte  costituzionale
 (sent.  nn.  502/1991,  124/1992,  516/1991)  in  quanto e' affermato
 definitivamente il  principio  secondo  il  quale  l'incompatibilita'
 sussiste  tutte  le  volte  che  il  giudice ha compiuto nello stesso
 procedimento, sulla base dei  risultati  complessivi  delle  indagini
 preliminari,  una  valutazione  contenutistica  circa  la consistenza
 dell'ipotesi accusatoria, e cio' risponde all'esigenza di evitare che
 la decisione conclusiva in ordine alla responsabilita'  dell'imputato
 possa   essere   (o   possa  apparire  che  sia)  condizionata  dallo
 svolgimento di attivita' nelle fasi precedenti;
   Ritenuto  che  la  medesima  ratio  di  incompatibilita'  si  pone,
 rispetto alla funzione dibattimentale, per il componente del collegio
 che abbia in precedenza fatto parte del tribunale del riesame, che e'
 in posizione sostanzialmente equiparabile a quella del giudice per le
 indagini preliminari che applica la misura cautelare,  specie  quando
 l'ordinanza  oggetto  del  riesame viene confermata "anche sulla base
 degli elementi addotti dalle  parti  nel  corso  dell'udienza"  (art.
 309,  nono  comma, c.p.p.), come e' avvenuto nel procedimento de quo.
 A cio'  si  aggiunga  che  la  stessa  disposizione  prevede  che  il
 provvedimento   restrittivo  possa  essere  confermato  "per  ragioni
 diverse  da  quelle  indicate  nella  motivazione  del  provvedimento
 stesso"  in particolare, analogo e' il giudizio sulla "gravita' degli
 indizi" che richiede per l'appunto una  valutazione  di  merito,  sia
 pure   in   via  prognostica  e  allo  stato  degli  atti,  circa  la
 colpevolezza dell'imputato e, nel caso in  esame,  tale  giudizio  e'
 stato  particolarmente  penetrante, atteso infatti che nella predetta
 ordinanza dell'11 novembre 1994 il  tribunale  del  riesame  ha,  tra
 l'altro,  scritto:  "Non e' chi non veda, pertanto, come le emergenze
 probatorie (pur a livello indiziario) raccolte siano qualitativamente
 e quantitativamente  valutabili  nella  loro  essenza  e  nella  loro
 coordinazione,  come  idonee  (pur  senza  raggiungere  il  grado  di
 certezza richiesto per la condanna) a ritenere, fondatamente, che  il
 reato  di  estorsione  contestato sia stato effettivamente commesso e
 che sia altresi' attribuibile agli odierni indagati ...";
   Ritenuto che, se le valutazioni  che  il  giudice  del  riesame  e'
 chiamato  a  compiere non sono dissimili da quelle del giudice per le
 indagini preliminari che applica  la  misura  cautelare,  la  mancata
 previsione  dell'incompatibilita'  alle  funzioni  dibattimentali del
 giudice del riesame contrasterebbe sia con il principio di parita' di
 trattamento normativo di situazioni  simili  (art.  3,  primo  comma,
 Cost.),  essendo  prevista  l'incompatibilita'  del  giudice  per  le
 indagini preliminari, sia con il diritto di difesa (art. 24,  secondo
 comma,  Cost.) e sia con il diritto ad avere un giudice imparziale ed
 un giusto  processo  (art.  24,  primmo  comma,  Cost.),  potendo  il
 giudizio  sulla  colpevolezza  essere  condizionato dalla c.d. "forza
 della prevenzione, cioe' dalla naturale tendenza a mantenere fermo un
 giudizio gia' espresso in  sede  di  impugnazione  del  provvedimento
 restrittivo della liberta' personale;
   Atteso,   quindi,   che   la   dedotta  questione  di  legittimita'
 costituzionale non e' manifestamente infondata;
   Atteso che e' opportuno, ai  sensi  dell'art.  41,  secondo  comma,
 c.p.p.,  per  ragioni di economia processuale, disporre con la stessa
 ordinanza  che  il  Tribunale  di  prime   cure   ricusato   sospenda
 temporaneamente  ogni attivita' processuale o si limiti al compimento
 degli atti urgenti (es. art. 18, primo comma, lettera b) c.p.p.);
   Sentito il procuratore generale che ha  ritenuto,  articolatamente,
 l'eccezione  non  manifestamente infondata, con richiesta espressa di
 investire della questione sollevata il giudice delle leggi;
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante nel procedimento di ricusazione in corso  e  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 34, secondo comma,  del  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non
 prevede   l'incompatibilita'   alla   funzione   dibattimentale   del
 componente o dei componenti del collegio che  abbiano  in  precedenza
 fatto  parte del tribunale del riesame per contrasto con gli artt. 3,
 primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione;
   Sospende  il  procedimento  di ricusazione, per l'effetto, ai sensi
 dell'art. 41, secondo comma, del c.p.p. dispone che il  tribunale  di
 Ancona,  chiamato  a giudicare il Longarini Edoardo nella sua attuale
 composizione oggetto della  dichiarazione  di  ricusazione,  sospenda
 temporaneamente  ogni attivita' processuale o si limiti al compimento
 degli atti urgenti ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale;
   Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti,  ai
 difensori  dell'imputato,  al  presidente del tribunale di Ancona, al
 procuratore della  Repubblica  presso  il  tribunale  di  Ancona,  al
 procuratore  generale  in  sede  ed  al  Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata a cura della cancelleria  ai  Presidenti  delle
 due Camere del Parlamento.
     Ancona, addi' 20 novembre 1995
                       Il presidente:  D'Addezio
                                     Il consigliere relatore:  Finucci
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