N. 139 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 novembre 1995

                                N. 139
   Ordinanza  emessa  l'8  novembre  1995  dal  pretore  di Milano nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra Panizzardi Angelina ed altri
 e l'INPS
 Pensioni - Pensioni previdenziali - Controversie  -  Sostituzione  al
    termine  di dieci anni per la proposizione dell'azione giudiziaria
    del piu' breve termine di tre anni  dalla  data  di  comunicazione
    della  decisione  del ricorso o dalla data di scadenza del termine
    stabilito per la pronuncia della decisione in sede  amministrativa
    -  Previsione  dello  stesso  a  pena  di  decadenza - Conseguente
    incisione sul diritto alle prestazioni  pensionistiche  -  Mancata
    previsione  di  un  diverso  regime  transitorio  che non solo non
    sopprima  i  diritti,  ma  non  ne  renda  neppure  eccessivamente
    difficoltoso l'esercizio - Incidenza sul diritto di difesa e sulla
    garanzia  previdenziale  -  Riferimenti  alle sentenze della Corte
    costituzionale nn. 246/1992 e 20/1994.
 (D.-L.  19  settembre  1992,  n.  384,  art.   4,   convertito,   con
    modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438).
 (Cost., artt. 24 e 38, secondo comma).
(GU n.9 del 28-2-1996 )
                              IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva contenuta nel verbale di udienza dell'8
  novembre 1995;
                             O s s e r v a
   L'I.N.P.S.  ha  eccepito la decadenza di parti attrici dalle azioni
 proposte,  ex  art.  4  d.-l.  n.  384  del  1992,  convertito,   con
 modificazioni, nella legge n. 438 dello stesso anno.
   Secondo  tale  norma,  infatti, che ha sostituito i commi secondo e
 terzo dell'art. 47 del d.P.R. n. 639 del  1970,  opera  la  decadenza
 triennale   per   le   controversie   in   materia   di   trattamenti
 pensionistici, a decorrere:
     a) dalla  data  di  comunicazione  della  decisione  del  ricorso
 pronunziata dai competenti organi dell'istituto;
     b)  dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia
 della predetta decisione;
     c)  dalla  data  di   scadenza   dei   termini   prescritti   per
 l'esaurimento  del procedimento amministrativo, computati a decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione
   Ebbene, nella specie e' accaduto  che  al  momento  di  entrata  in
 vigore  del decreto citato (che gia' prima della legge di conversione
 conteneva le regole predette) siffatto termine fosse appunto decorso.
 Da un lato, infatti, il ricorso amministrativo non era stato proposto
 (la proposizione e' infatti avvenuta successivamente);  da  un  altro
 lato,  come  pure  e'  previsto nelle regole stesse, erano ampiamente
 scaduti i termini (300 giorni)  per  l'esaurimento  del  procedimento
 amministrativo,  computati,  sempre  secondo  le  stesse, a decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
   Ne', d'altra parte, puo' applicarsi alla specie la deroga  prevista
 dall'ultimo  comma  dell'art.  4,  cit. per i procedimenti instaurati
 anteriormente alla data di entrata in vigore  del  decreto  stesso  e
 ancora  in  corso  alla  medesima data: siffatti procedimenti, pur se
 intesi  come amministrativi secondo quanto ritenuto dal giudice delle
 leggi (che nell'interpretazione della  regola  ha  tenuto  conto  del
 "ricorso  amministrativo  proposto anteriormente alla data di entrata
 in vigore del decreto": Corte cost. 3 febbraio 1994 n. 20,  par.  6),
 erano   appunto   gia'  esauriti  a  tale  momento;  se  intesi  come
 giudiziari, non erano ancora stati instaurati.
   Si pone pero' il problema della legittimita'  costituzionale  della
 normativa   prima  richiamata,  naturalmente  sotto  il  profilo  del
 criterio della non manifesta infondatezza. La  questione  e'  infatti
 sicuramente rilevante nel caso in esame.
   Ed   invero,  l'art.  6,  primo  comma,  d.-l.  n.  103  del  1991,
 convertito, con modificazioni, nella legge n. 166 dello  stesso  anno
 recita testualmente:
   "1.  -  I termini previsti dall'art. 47, commi secondo e terzo, del
 decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639,  sono
 posti   a   pena  di  decadenza  per  l'esercizio  del  diritto  alla
 prestazione previdenziale. La decadenza  determina  l'estinzione  del
 diritto   ai   ratei  pregressi  delle  prestazioni  previdenziali  e
 l'inammissibilita' della relativa  domanda  giudiziale.  In  caso  di
 mancata  proposizione  di ricorso amministrativo, i termini decorrono
 dall'insorgenza dei singoli ratei".
   E Corte cost. 20 maggio 1992 n. 246, Foro it. 1992,  I,  2601,  nel
 dichiarare  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 della norma, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 38 Cost.,  l'ha
 interpretata sottolineando che la estinzione ivi prevista colpisce il
 diritto  ai  ratei  maturati, non quello alla pensione. Del resto, il
 prevalente e piu' recente indirizzo ha sostenuto che  il  termine  di
 cui  all'art.  47  cit. aveva semplicemente la funzione di delimitare
 l'efficacia  temporale  della  condizione  di  procedibilita'   della
 domanda  giudiziale: cfr., da ult. Cass. 26 aprile 1993 n. 4864, Dir.
 e pratica lav., 1993, 1844 (m.).
   Con la precedente normativa, quindi, i diritti vantati dalla  parte
 ricorrente  nell'  ambito  del  decennio  precedente  la istanza, non
 sarebbero estinti, mentre lo  sarebbero  per  effetto  dell'eccezione
 preliminare di decadenza sollevata dall'istituto. Di qui la rilevanza
 della  questione  che attiene alla prima domanda (la sola proposta da
 Poledri), peraltro potendo riflettersi -  determinando  l'importo  da
 "cristallizzare" - anche sull'altra.
   Passando   allora  all'esame  del  requisito  della  non  manifesta
 infondatezza, il pretore ritiene  che  la  nuova  disciplina  sia  in
 collisione  con l'art. 24 Cost.. Essa, infatti, si risolve, in questo
 caso, nel sacrificio di diritti che sino al giorno della sua  entrata
 in vigore esistevano e potevano essere azionati.
   In  sostanza,  la  modifica  legislativa,  che  prevede  un  regime
 transitorio limitatissimo (v. antea) e  non  comprendente  situazioni
 come quella in questione - certo peraltro le piu'  numerose - viene a
 comportare  una  sorta di espropriazione di diritti patrimoniali, per
 di piu'
  di valenza costituzionale (art. 38, secondo comma, Cost.).
   Dubbio non manifestamente infondato di  costituzionalita'  si  pone
 quindi anche con riferimento a tale norma.
   Diverso,  naturalmente,  sarebbe stato se la legge avesse stabilito
 un regime transitorio diverso per le vecchie situazioni, che non solo
 non  sopprimesse  i  diritti,  ma  ne  rendesse  non   eccessivamente
 difficoltoso l'esercizio attraverso il giudizio.
   In  definitiva,  il  pretore  ritiene  di  sollevare d'ufficio, per
 essere   non    manifestamente    infondata,    la    questione    di
 costituzionalita' dell'art.  4 d.-l. n. 384 del 1992, convertito, con
 modificazioni,  nella  legge n. 438 dello stesso anno, in riferimento
 agli artt. 24 e 38, secondo comma, Cost..
                                P. Q. M.
   A  norma  dell'art.  23  della  legge  n.   87/53,   dichiara   non
 manifestamente  infondata la questione di costituzionalita' dell'art.
 4 del d.-l.  n. 384 del 1992, convertito,  con  modificazioni,  nella
 legge  n.  438  dello  stesso anno, in riferimento ali artt. 24 e 38,
 secondo comma, della Costituzione; sospende il presente  procedimento
 e ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, notificarsi
 il  provvedimento  alle  parti  e  al  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri e comunicarsi lo  stesso  ai  Presidenti  della  Camera  dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
     Milano, addi' 8 novembre 1995
                      Il presidente:  De Angelis
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