N. 143 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 1995- 29 gennaio 1996

                                N. 143
   Ordinanza  emessa  l'11   maggio   1995   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  29  gennaio  1996) dal tribunale di Catanzaro nel
 procedimento penale a carico di Foscaldi Gianfranco
 Processo penale - Misure cautelari personali (nella specie:  custodia
    cautelare in carcere) - Consentita omissione della motivazione del
    provvedimento  applicativo  di detta misura in ordine al requisito
    della "gravita' indiziaria di colpevolezza" dopo  l'emissione  del
    decreto di rinvio a giudizio - Conseguente impossibilita', in sede
    di riesame di tale atto, del controllo sia formale che sostanziale
    - Violazione dell'obbligo di motivazione degli atti dell'autorita'
    giudiziaria  incidenti sulla liberta' personale - Mancata garanzia
    della tutela di legittimita' contro  detti  atti  -  Irragionevole
    disparita'  di  trattamento  tra indagati ed imputati, nonche' tra
    imputati a seconda della fase processuale  in  cui  si  trovino  -
    Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, artt. 309,  292, secondo comma, e 425).
 (Cost., artt. 3, 13, secondo comma, 24, secondo comma, e 111, secondo
 comma).
(GU n.9 del 28-2-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  deliberato  la  seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 numero 301 del registro delle  impugnazioni  delle  misure  cautelari
 personali  dell'anno  1995,  riservato  per la decisione alla udienza
 camerale dell'11 maggio 1995;
   Sulla richiesta di  riesame  proposta  nell'interesse  di  Foscaldi
 Gianfranco,  nato  a  Cassano  Jonio  il  18  agosto  1957 ed in atto
 detenuto  presso  la  casa  circondariale  di  Cosenza,  avverso   la
 ordinanza  applicativa  della  misura  cautelare  della  custodia  in
 carcere, emessa dal giudice per le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale di Catanzaro in data 12 aprile 1995;
   Sentiti i difensori, avvocati Lucio Esbardo e Filippo Cinnante, del
 foro di Cosenza;
   Esaminati gli atti di causa;
   Udito il relatore;
                            P R E M E T T E
   Con  ordinanza  del  12  aprile  1995  il  g.i.p.  presso il locale
 tribunale  ha  disposto  la  applicazione  della  misura   custodiale
 carceraria   nei  confronti  di  ventisette  imputati  (tra  i  quali
 l'odierno  riesaminante),  per  il  delitto   di   associazione   per
 delinquere  di  stampo  mafioso e per altri delitti specifici, reati,
 tutti, relativamente ai quali e' stato  disposto  rinvio  a  giudizio
 dinanzi  al tribunale di Castrovillari, dallo stesso giudice, come da
 decreto indicato in atti.
   Avverso detta ordinanza e' stata proposta richiesta di  riesame  da
 parte dei difensori, con atto del 19 aprile 1995.
   Con  nota  in data 4 maggio 1995 il pubblico ministero ha trasmesso
 gli atti.
   Alla odierna udienza  camerale,  fissata  per  la  trattazione  del
 riesame,  celebrata  in  assenza  del  p.m.,  la  difesa  ha concluso
 insistendo per la declaratoria di nullita' della ordinanza  impugnata
 (con   parziale   bis   in   idem)   e   ha  sollevato  questione  di
 costituzionalita'.
   All'esito il tribunale ha riservato la decisione.
                              R I L E V A
   A) E' infondata la eccezione di incompetenza del primo giudice.
   Pacifici  i  presupposti  di  fatto  (di  adozione   della   misura
 successivamente  al  disposto  rinvio  a giudizio e di disponibilita'
 degli atti del processo), e'  indubbio  che  la  competenza  rispetto
 all'esercizio del potere cautelare e' determinabile secondo la regola
 del  criterio funzionale e della disponibilita' materiale e giuridica
 del procedimento.
    Anche se il quadro normativo in materia non sembra esauriente  dal
 momento che:
     a) l'art. 279 fissa la competenza in capo al giudice che procede;
     b)  in  materia  reale,  quanto  al  sequestro  conservativo,  e'
 statuito, in particolare, che "prima che gli atti siano trasmessi  al
 giudice  competente, provvede il giudice per le indagini preliminari"
 e,  quanto  al  sequestro  preventivo,  che  provvede   "il   giudice
 competente a pronunciarsi nel merito";
     c)  l'art.  91  disp.  att. individua il giudice competente dalla
 fase degli  atti  preliminari  al  dibattimento  in  poi,  fino  alla
 pronuncia  finale,  la  competenza  e'  regolata,  per il profilo che
 interessa, nel senso che, nel transito da un giudizio  ad  un  altro,
 spetta   al  giudice  che  ha  provveduto  fino  a  che  mantiene  la
 disponibilita' degli atti processuali.
   La soluzione, univoca e coerente, perche' espressiva  di  un  ovvio
 principio  (ereditato, tra l'altro dal vecchio sistema), e' stata, da
 ultimo, ribadita dalle sezioni riunite della Cassazione  (sent.    n.
 34752/94  in  data  24 marzo 1995, risolutiva di conflitto tra questo
 tribunale ed il locale ufficio g.i.p).
   B) Sotto il profilo di "gravita'  indiziaria  di  colpevolezza"  la
 ordinanza  impugnata  si astiene espressamente dal motivare in ordine
 alla ricorrenza del detto requisito, sul presupposto (pacifico) della
 avvenuta emissione del decreto dispositivo del giudizio.
   Orbene,  e'  evidente  come  la  ordinanza,   lungi   dal   potersi
 qualificare  come  "nulla"  ai  sensi dell'art. 2972.2, lett. c), del
 codice di rito, avvalori la correttezza (enunciativa  e  sostanziale)
 del   suo   porsi,   in   correlazione   con  il  fermo  orientamento
 giurisprudenziale, secondo il quale: "Attesa  l'intervenuta  modifica
 dell'art.  425  del  c.p.p., dal cui testo, per effetto della legge 8
 aprile 1993 n. 105, e' stata eliminata la parola "evidente" (riferita
 alla   presenza   delle   condizioni   che,   all'esito  dell'udienza
 preliminare, debbono dar  luogo  al  proscioglimento  dell'imputato),
 deve  ritenersi nuovamente vigente il principio, gia' affermato nella
 vigenza  del  codice  abrogato,  secondo  il  quale,   in   tema   di
 provvedimenti   riguardanti   la  liberta'  personale  dell'imputato,
 l'avvenuto rinvio a  giudizio  di  costui  si  pone  come  motivo  di
 preclusione in ordine alla proposizione e all'esame di ogni questione
 attinente  alla  sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza" (cfr.,
 da ultimo, Cass., sez. V, 5 maggio 1994 n. 1652, Bonifati ed altri, a
 conferma di un orientamento prevalente della  Cassazione,  in  specie
 dopo  la abolizione del requisito della "evidenza" probatoria ai fini
 del rinvio a giudizio; cfr., anteriormente e  tra  le  piu'  recenti,
 Cass.,  sez. V, 17 marzo 1994, Morando e, sez. I, 12 febbraio 1994 n.
 5196, Russo).
   In linea con il citato indirizzo (ed in relazione a  casi  diversi,
 ma ugualmente significativi), le due pronunce che seguono:
     A)  "Detto  principio  non soffre deroga nemmeno nel caso in cui,
 intervenuta sentenza di condanna, questa, in  sede  di  legittimita',
 sia  stata  annullata  con  rinvio  per  difetto  di motivazione, non
 comportando  una  tale  pronuncia  il  venir  meno  degli  indizi  di
 colpevolezza  che  a  suo  tempo  avevano  determinato  il  rinvio  a
 giudizio" (Cass., sez.  I, 7 gennaio 1994 n. 5120, Bontempo Scavo);
     B) "E'  invece  possibile,  anche  successivamente  al  rinvio  a
 giudizio,  rimettere  in discussione il principio, allorquando si sia
 in presenza di fatti nuovi o sopravvenuti che, per cio'  stesso,  non
 vengono  ad essere in contrasto con la intervenuta decisione" (Cass.,
 sez. I, 4 febbraio 1994, n. 5257 Mancion).
   La forza  dell'evidenziato  principio  trova,  dunque,  il  proprio
 fondamento in due argomenti di non trascurabile rilievo:
     1)  la  introduzione  della  modifica  legislativa alla regola di
 giudizio per l'emissione del decreto dispositivo del giudizio, con la
 conseguenza che la soppressione dell'inciso "evidente" (dopo il verbo
 "risulta") postulando "la insussistenza  di  elementi  denotanti  una
 situazione  di incolpevolezza o di impunita' dell'imputato", comporta
 che "gli elementi di colpevolezza, la cui sussistenza per definizione
 normativa, costituisce motivo di legittimazione del provvedimento  di
 rinvio   a   giudizio,  si  rendono  valutabili  nuovamente  soltanto
 all'esito delle indagini dibattimentali";
     2) la rivalutazione della disciplina del rinvio  a  giudizio  nei
 termini  fissati  dall'art.  374  del  c.p.p.  abrogato,  laddove  la
 giurisprudenza era consolidata nell'escludere, una volta  emanata  la
 ordinanza  di rinvio a giudizio, qualsiasi discussione sul fondamento
 dell'accusa,  sulla  qualificazione  giuridica  del  fatto  e   sulla
 sufficienza   degli   indizi:   conseguentemente,   le  contestazioni
 contenute in tale ordinanza non  erano  modificabili  ai  fini  della
 pronuncia  sulla  liberta'  personale  e quindi non erano sindacabili
 neppure in sede di riesame del relativo provvedimento.
   La forza del principio rende necessitato il ricorso  alla  verifica
 di costituzionalita'.
   La  questione  e'  rilevante  poiche' la norma di cui si segnala la
 incostituzionalita' (il disposto  dell'art.  309  in  relazione  agli
 artt.  292.2  e  425  del  c.p.p.  nella  parte  in cui, alla stregua
 dell'orientamento esaminato, e' consentito  omettere  la  motivazione
 sul   requisito   di   "gravita'   indiziaria   di  colpevolezza"  e,
 correlativamente,   e'  precluso  ogni  controllo,  sia  formale  che
 sostanziale, sul punto, in sede di riesame) e' di immediata e diretta
 applicazione nel procedimento.
    La questione non e' manifestamente infondata, in relazione:
     a) al disposto dell'art. 13.2 della Costituzione, che  pone  come
 imprescindibile   la   presenza   di  "atto  motivato  dell'autorita'
 giudiziaria", quale idoneo titolo  detentivo,  mentre,  nel  caso  in
 esame, la motivazione sarebbe ex lege superflua;
     b)   al   disposto   dell'art.   111.2  della  Costituzione,  che
 salvaguardia la tutela di legittimita', contro i provvedimenti  sulla
 liberta'   personale,   per   "violazione   di   legge",   violazione
 riscontrabile vieppiu' nel preliminare controllo  di  merito,  eppure
 preclusa, nel caso in esame, in virtu' di una presunzione assoluta di
 "probabile colpevolezza" insita nel decretato rinvio a giudizio;
     c)  al  disposto dell'art. 3 della Costituzione, per una evidente
 disparita' di trattamento, in contrasto con ogni coerenza sistematica
 e ragionevolezza normativa, sul tema primario di tutela  del  diritto
 di  liberta',  tra  indagati ed imputati ed anche tra imputati, avuto
 riguardo alla fase processuale  precedente  la  decisione  finale  di
 udienza  preliminare  e  quella  immediatamente successiva, fino alla
 emissione della sentenza conclusiva del grado, in specie, laddove:
      la scelta operata dal p.m., del momento procedimentale nel quale
 azionare la pretesa cautelare, e' insindacabile e non e' motivata  da
 specifiche  ragioni  o  dalla sopravvenienza di elementi nuovi che ne
 sollecitino l'esercizio di un potere prima non ritenuto cogente;
      detta scelta si coordina con una decisione preliminare, a  tasso
 garantistico  non ben definito perche' un errore di prospettiva sulla
 utilita'  del  dibattimento   si   ripercuote   inevitabilmente   sul
 condizionato potere cautelare e senza che sia ammesso un controllo di
 merito,   ne'   sul   decreto  di  rinvio  a  giudizio,  notoriamente
 inoppugnabile,  eppure  del  tutto  immotivato  (a  differenza  della
 parallela  ordinanza  dell'abrogato  regime  processuale),  ne' sulla
 ordinanza  cautelare,   come   si   e'   gia'   notato,   altrettanto
 insindacabile  nel  primario  e  fondante  requisito  sostanziale  di
 "probabile colpevolezza";
      dal combinarsi delle due  incontrollabili  potesta'  (di  azione
 cautelare  e  di  provvedimento  conseguente)  puo' derivare, come e'
 certo quanto al caso in esame (posto che gli  elementi  fattuali  non
 erano  mutati  dopo la richiesta di rinvio a giudizio), un verosimile
 "aggiramento" dell'istituto del riesame, effettivo nel  controllo  di
 merito  solo  su  provvedimenti restrittivi antecedenti al decreto ex
 art. 429 del c.p.p.;
     d) al disposto dell'art. 24.2 della Costituzione, perche', per le
 ragioni gia' dette, restringendosi la sfera di tutela  sulle  censure
 proponibili  avverso  il  provvedimento cautelare impugnato, ne resta
 ingiustificatamente  ed  aleatoriamente  sacrificato  il  diritto  di
 difesa  in  relazione  al  bene  primario  della liberta', tanto piu'
 tutelabile,  quanto  piu'  il  sacrificio  di  esso  si   ponga   con
 predominante    efficienza   e   senza   l'adeguato   controllo   sul
 corrispondente fondamento sostanziale di merito.
   La involuzione sistematica  e  di  principi,  che  sempre  maggiori
 lamentele  suscita  nella  attuazione  pratica  del  nuovo codice, si
 coglie  in  uno  degli  aspetti  piu'  rilevanti  in  relazione  alla
 questione  agitata,  dal momento che una pericolosa linea di tendenza
 nel senso prospettato instaurerebbe una prassi dai risvolti ingiusti,
 incontrollabili   ed   antigarantistici,  tali  da  compromettere  la
 coerenza stessa del modello processuale, con l'ovvia  conseguenza  di
 produrre risultati non di rado insoddisfacenti sul piano della tutela
 sostanziale dei valori coinvolti.
                               P. Q. M.
   Letti  ed  applicati  gli  artt.  1  della  legge  costituzionale 9
 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante  nel  presente  giudizio  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309
 del c.p.p., in relazione agli artt. 429.2 e  425  del  c.p.p.,  nella
 parte  in  cui  precludono,  dopo  il decretato rinvio a giudizio, il
 controllo sulla sussistenza del requisito di "gravita' indiziaria  di
 colpevolezza"  ai fini della legittimita' della ordinanza custodiale,
 in relazione agli artt. 3, 13.2, 24.2 e 111.2, della Costituzione;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera  dei  deputati,
 oltre che alle parti;
   Sospende   il   procedimento   in  corso  e  dispone  la  immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
     Cosi' deciso in Catanzaro, addi 11 maggio 1995.
                         Il presidente: BAUDI
                                           I giudici: Talerico - Dolce
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