N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 1995- 29 gennaio 1996

                                N. 148
  Ordinanza  emessa  il  15   marzo   1995   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  29  gennaio 1996) dalla commissione tributaria di
 secondo grado di Torino sul ricorso proposto da Griffa Teresa  contro
 l'Ufficio del registro di Torino successioni.
 Imposta  sulle  successioni e sulle donazioni - Aggiunta dell'importo
    dell'imposta globale dovuta dall'erede indiretto  a  quella  sulla
    quota  ereditaria  - Mancata previsione della deduzione dal valore
    di  detta  quota  dell'imposta  globale  o  della  parte  di  essa
    attribuita  all'erede  in  sede  di  ripartizione  - Incidenza sul
    principio di capacita' contributiva.
 (Legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 8, n. 2; d.P.R. 26 ottobre  1972,
    n.  637,  art.  6,  secondo comma; d.lgs. 11 ottobre 1990, n. 346,
    art.  7, secondo comma).
 (Cost., art. 53).
(GU n.9 del 28-2-1996 )
              LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul seguente fascicolo: r.g. fasc.
 n. 6108/93 contenente: appello principale  n.  6453/91  presentato  a
 mano  in  data  6  dicembre  1991 con ricevuta n. 15865/91 da: Griffa
 Teresa, residente  a:  Arenzano,  in:  piazza  dei  Gerani  n.  1/26,
 controparte:    Ufficio del registro di Torino successioni: contro la
 decisione:  n. 591/18/91 pronunciata in data  18  giugno  1991,  atti
 citati:  ist.    rimborso n. den. 42/47. Imposta: successione (succ.:
 Bussone A.)  (decisioni pronunciate dalla comm.ne tributaria di primo
 grado di Torino).
   Il 18 giugno 1977, si e'  aperta,  in  Torino,  la  successione  di
 Arcangela  Bussone,  ved.  Morgando,  deceduta  senza prole. Chiamate
 all'eredita' sono state le  sorelle  Rosa  ved.  Viotto,  Maria  ved.
 Losno,  entrambe  senza  prole,  e  Maria Clotilde ved. Griffa, madre
 della attuale appellante Teresa Griffa. Le tre sorelle Rosa, Maria  e
 Maria  Clotilde  Bussone rinunciarono all'eredita', donde a succedere
 alla de cujus   Arcangela Bussone venne  chiamata  la  nipote  Teresa
 Griffa  la  quale,  col  ricorso,  di  primo grado, ebbe ad impugnare
 l'avviso di liquidazione dell'imposta di  successione,  chiedendo  il
 rimborso di quanto corrisposto, per illegittimita' della liquidazione
 stessa  in conseguenza della eccepita incostituzionalita' di norme in
 materia.
   Resisteva   l'ufficio   il   quale,   da    un    lato,    assumeva
 l'inammissibilita'  del  ricorso perche' tardivo e, dall'altro lato e
 nel merito, la  corretta  applicazione  delle  norme  in  materia  di
 imposizione successoria.
   La  commissione  di  primo  grado respingeva il ricorso nel merito,
 ritenendo  le  norme  in  materia  correttamente   applicate,   senza
 pronunciarsi espressamente ne' sulle eccezioni di incostituzionalita'
 proposte  dalla  ricorrente  ne'  su  quella  di  intempestivita' del
 ricorso proposto dall'ufficio,  donde  si  puo'  ritenere  che  dette
 eccezioni,   preliminari  alla  pronuncia  sul  merito,  siano  state
 disattese.
   La decisione era impugnata solamente dalla contribuente  la  quale,
 chiedendo  il  rimborso  di  quanto  corrisposto,  lamentava  che  la
 commissione di  primo  grado  aveva  omesso  l'esame  delle  proposte
 eccezioni  di  incostituzionalita':    esse  venivano  riproposte con
 l'appello, principalmente  per  quanto  riflette  l'art.  6,  secondo
 comma,  d.P.R.  n.  637/72  e  venivano ulteriorimente illustrate con
 memorie difensive.
   Questa Commissione, premesso che il ricorso di primo grado non puo'
 esser  considerato  intempestivo  perche'  -  secondo  giurisprudenza
 prevalente  e  qui  condivisa  - in caso di dilazione dell'imposta di
 successione come nel caso de quo, il termine per  impugnare  l'avviso
 di  liquidazione non decorre dalla notifica dell'avviso stesso bensi'
 dal giorno  del  pagamento  dell'ultima  rata,  non  ritiene  che  le
 eccezioni  di  incostituzionalita'  come sollevate dalla contribuente
 siano fondate.  Ritiene peraltro che le norme  in  questione  possano
 esser censurate per motivi diversi.
   Invero   non   pare  contrario  all'ordinamento  costituzionale  la
 normativa in punto dilazione di pagamento dell'imposta di successione
 con garanzia ipotecaria (art. 43, d.P.R. n. 637/72) tanto piu' che  -
 a differenza di quanto assume la contribuente - il debito erariale si
 trasferisce  agli  eventuali  eredi del debitore principale stante il
 vincolo ipotecario.  Ne' si ravvisano quali possano essere i principi
 costituzionali violati dall'art. 45 d.P.R. n. 637/72 vista  anche  la
 legge n. 43/88 art.  130.
   Per quanto, poi, concerne la eccepita illegittimita' costituzionale
 dell'art. 6, secondo comma, e relativa tariffa lett. B del d.P.R.  n.
 637/72  sulla supposta disparita' di trattamento tra eredi diretti ed
 eredi collaterali, non pare condivisibile l'eccezione  sollevata  dal
 momento  che  non  uguali sono tra loro le situazioni regolate, donde
 non puo' ipotizzarsi disparita' di trattamento. Ne'  puo'  sostenersi
 che  le  norme  di ci si discute violino il principio della capacita'
 contributiva  perche'  prescindono  dai  redditi  e  dal   patrimonio
 dell'erede   ante   devoluzione,   dal   momento   che  la  capacita'
 contributiva e', nel caso, ragguagliata alla entita'  della  eredita'
 pertoccante  all'erede  o, in caso di pluralita' di eredi, a ciascuno
 di essi.
   Pare pero' a questa commissione che il  medesimo  art.  6,  secondo
 comma,  d.P.R.  n. 637/72 nonche' l'art. 8 n. 2 della legge 9 ottobre
 1971 n. 825 e - medesimo  essendo  il  principio  dell'imposizione  -
 l'art.  7,  comma  2,  del  d.lgs.  11  ottobre 1990 n. 346 abbiano a
 concretizzare violazione dell'art. 53  della  Costituzione  sotto  un
 profilo diverso da quello prospettato dall'appellante.
   Invero sia la legge delega n. 825/71 sia il d.P.R. n. 637/72 sia il
 t.u.   n.  346/90  stabiliscono,  in  materia  di  imposizione  sulle
 successioni,  che   sull'intero   asse   ereditario   si   applichino
 determinate  aliquote  proporzionali e progressive e che, nei casi in
 cui l'erede o taluni tra gli eredi siano persone diverse dal  coniuge
 o  dagli  ascendenti  e  discendenti  in  linea  retta, si applichino
 ulteriori aliquote proporzionali (e progressive) alle  singole  quote
 spettanti agli stessi eredi indiretti.
   La  violazione  del  principio  costituzionale  ex art. 53 in punto
 capacita'   contributiva   appare   violato   ne'   dal   sovrapporsi
 dell'imposta  globale  e  di  quella  sulle singole quote degli eredi
 indiretti ne' dal fatto che  la  globale  prescinda  dalle  quote  di
 ciascun  erede  (questioni  gia'  dichiarate  infondate)  ma sotto un
 diverso profilo.
   Ai  fini  dell'imposta  di  successione  ed  a  parere  di   questa
 Commissione,  la capacita' contributiva - come gia' si e' accennato -
 e' determinata per ciascun erede dalla sua quota di eredita';  e  nel
 caso  di  erede  o  di  eredi  che  non  siano ne' il coniuge ne' gli
 ascendenti o discendenti diretti del de cujus, l'entita' della  quota
 va necessariamente considerata al netto dell'imposta globale la quale
 colpisce  l'intera  massa  ereditaria a prescinderer dal numero degli
 eredi e dal loro grado di parentela con il de  cujus.  Se  cosi'  non
 fosse,  del resto, si verrebbe a verificare non solo una duplicazione
 di  imposta  ma  la  sussistenza  di  una  imposta  su   altra   voce
 dell'imposta stessa.
   Ne  consegue  che  la  capacita'  contributiva  dell'erede  colpito
 dall'imposta sulla quota (e cioe' dell'erede che non sia ne'  coniuge
 ne' ascendente o discendente del de cujus) dovrebbe esser individuata
 dalla  sua  quota  di  eredita' al netto dell'imposta globale o della
 parte di essa che, in sede di  riparto  della  globale  medesima,  lo
 viene a colpire.
   Donde  paiono  in violazione dell'art. 53 della Costituzione l'art.
 8 n. 2 della legge n. 825/71, l'art. 6, secondo comma, del d.P.R.  n.
 637/72 e l'art. 7, secondo comma, del d.lgs. n. 346/90 la' ove  viene
 disposto  che  all'imposta  globale si aggiunge l'imposta sulla quota
 ereditaria pertoccante all'erede indiretto, senza che dal  valore  di
 detta  quota  sia  dedotto quanto dell'imposta globale vanga a cadere
 sull'erede medesimo.
                                P. Q. M.
   La Commissione dichiara non manifestamente infondata  la  questione
 di  costituzionalita'  dell'art. 8 della legge n. 825/1971, dell'art.
 6, secondo comma, del d.P.R. n. 637/72 e dell'art. 7, secondo  comma,
 del d.lgs. n. 346/1990 con riferimento all'art. 53 della Costituzione
 perche',  nella determinazione dell'imponibile su cui grava l'imposta
 prevista dal secondo comma, dell'art. 6 del d.P.R. n.637/1972  e  dal
 secondo  comma dell'art. 7 del d.lgs. n. 346/1990, non e' prevista la
 deduzione dell'imposta globale per la parte incidente sull'erede o su
 ciascuno degli  eredi  assoggettati  anche  all'imposta  sulla  quota
 d'eredita' ad essi spettante;
   Dispone  la  rimessione  degli atti della Corte costituzionale e la
 sospensione del presente giudizio;
   Ordina che la presente ordinanza sia notificata al  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  alle  parti  in  causa  e  comunicata  ai
 Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
   Cosi' deciso in Torino, il 15 marzo 1995
                       Il presidente:  Garibaldi
                                                 Il relatore:  Razzini
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