N. 60 ORDINANZA 9 - 12 marzo 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Candidatura  per le elezioni politiche del 27 marzo 1994 - Omissione
 del deposito della dichiarazione e del rendiconto di cui all'art.  7,
 n.   6,  legge  10  dicembre  1993,  n.  515  -  Sanzione  pecuniaria
 amministrativa di lire 50 milioni - Carente ponderazione della  legge
 4 gennaio 1997, n. 672 sopravvenuta - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 10 dicembre 1993, n. 515, art. 15, comma 5).
 
 (Cost., art. 3, primo comma).
 
(GU n.11 del 18-3-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,  comma  5,
 della  legge  10  dicembre  1993,  n.  515 (Disciplina delle campagne
 elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato  della
 Repubblica),  promossi con due ordinanze emesse il 13 e il 14 gennaio
 1997 dal pretore di Firenze sui ricorsi proposti da Cossutta  Armando
 e  da  Nesi Lucia contro il Collegio regionale di garanzia elettorale
 presso la Corte d'Appello di Firenze, iscritte ai nn. 405 e  406  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso di una causa civile di  opposizione  avverso
 il  provvedimento  con  cui,  in  data  27  giugno  1995, il Collegio
 regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Firenze
 applicava a Cossutta Armando la sanzione pecuniaria amministrativa di
 lire cinquanta milioni per l'omesso deposito  della  dichiarazione  e
 del  rendiconto  di cui all'art. 7, numero 6, della legge 10 dicembre
 1993, n. 515 (Disciplina delle  campagne  elettorali  per  l'elezione
 alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica), il pretore di
 Firenze  ha  sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  15,
 comma 5, della citata legge n. 515 del 1993;
     che la sanzione applicata dal Collegio e' quella minima prevista,
 mentre il massimo e' di lire duecento milioni;
     che  il  ricorrente  aveva  affermato  di  aver  sottoscritto  la
 candidatura per le  elezioni  politiche  del  27  marzo  1994  in  un
 collegio uninominale e in piu' circoscrizioni e di aver depositato il
 24  maggio  1994, presso il Collegio regionale di garanzia elettorale
 della Corte d'appello di Milano, il rendiconto delle spese  sostenute
 per  la  campagna  elettorale, ricevendo, in data 22 ottobre 1994, la
 diffida del Collegio regionale toscano a effettuare il deposito della
 dichiarazione e del rendiconto entro il termine di quindici giorni;
     che nel rilevare come detto collegio  non  avrebbe  correttamente
 interpretato gli artt. 7, comma 6, e 15, comma 8, della legge n.  515
 del  1993, giungendo all'erronea conclusione che il candidato avrebbe
 dovuto depositare la dichiarazione e il  rendiconto  presso  tutti  i
 collegi  regionali  corrispondenti  alle circoscrizioni e al collegio
 uninominale in cui si era presentato, il  ricorrente  aveva  chiesto,
 pertanto, l'annullamento dell'ordinanza di ingiunzione;
     che,  pur  non avendo espressamente proposto domanda di riduzione
 della sanzione, ai sensi dell'art. 23, comma 11, della legge  n.  689
 del  1981,  in  quanto  inflitta nella misura minima, il ricorrente -
 secondo  il  giudice  a  quo  -  avrebbe  interesse  a  ottenere   la
 declaratoria  di illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5,
 della citata legge n. 515, nella parte in cui prevede - quale  minimo
 sanzionatorio  -  la  somma  di  lire cinquanta milioni, poiche' egli
 potrebbe beneficiare della riduzione della sanzione  qualora  venisse
 rigettato   il   motivo   di   opposizione   attinente  alla  pretesa
 insussistenza dell'illecito;
     che il pretore di Firenze ha pertanto sollevato,  in  riferimento
 all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 15, comma 5, della legge n.  515  del  1993,
 nella  parte  in  cui  stabilisce in lire cinquanta milioni il minimo
 della sanzione;
     che la  disposizione  sarebbe  censurabile  perche'  prevede  una
 sanzione  sproporzionata  rispetto  a  casi, come quello in esame, di
 lieve entita';
     che,  pur  non  ignorando  la  giurisprudenza  di  questa   Corte
 orientata a far rientrare nella sfera riservata alla discrezionalita'
 del legislatore la materia, il giudice a quo ritiene che, nel caso di
 specie,  si  sia  superato  il  limite  della  ragionevolezza e a tal
 proposito invoca la sentenza n.  50  del  1980,  ove  si  afferma  la
 necessita' di proporzionare la pena alle responsabilita';
     che,  nel  corso  di altra causa civile di opposizione avverso il
 provvedimento con cui, in data 27 giugno 1995, il Collegio  regionale
 di  garanzia  elettorale  presso  la  Corte  d'appello  di Firenze ha
 applicato la sanzione pecuniaria  amministrativa  di  lire  cinquanta
 milioni  nei  confronti  di  Nesi  Lucia,  il  pretore  di Firenze ha
 promosso identico giudizio di legittimita' costituzionale;
     che  la  ricorrente  ha  dichiarato  di  essersi  candidata  alle
 medesime   elezioni  del  1994  nella  circoscrizione  della  regione
 Toscana, quota proporzionale per la Camera dei deputati, nella  lista
 dei Verdi, all'unico scopo di consentire il completamento della lista
 elettorale,  ov'era collocata in posizione tale (all'ultimo posto) da
 non risultare eletta;
     che  non avrebbe svolto attivita' di sorta, ne' avrebbe sostenuto
 alcuna spesa, essendosi avvalsa dei mezzi di  propaganda  del  gruppo
 politico di appartenenza;
     che,  per  questa  ragione, non sarebbe destinataria dell'obbligo
 della dichiarazione;
     che  ha  pertanto  eccepito,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, l'illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 7,
 e 15, comma 5, della legge n. 515 del 1993, in quanto sarebbero state
 assoggettate  a identico trattamento sanzionatorio posizioni fra loro
 del tutto diverse: quella dei non eletti (con e  senza  attivita'  di
 propaganda) e quella degli eletti, con e senza spese elettorali;
     che,  secondo  il  giudice  a quo,   la legge - indipendentemente
 dalla menzionata diversita' di situazione  -  fa  carico  a  tutti  i
 candidati  di  depositare  la  dichiarazione e il rendiconto previsti
 dalla legge n. 515, affinche' gli  elettori  possano  verificarne  la
 regolarita';
     che,  peraltro, l'uniforme trattamento delle situazioni enunciate
 nel ricorso indurrebbe a dubitare della  legittimita'  costituzionale
 della  normativa  in  esame, stante la necessita' di diversificare il
 trattamento punitivo;
     che  il  pretore  di  Firenze  ha  quindi  promosso,  in  termini
 pressoche'    identici,   un   secondo   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale;
     che in entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
 Stato, che ha avanzato la richiesta di  restituzione  degli  atti  al
 rimettente  per  il  riesame  della  rilevanza  (alla  luce  del  ius
 superveniens) e  ha  concluso,  comunque,  per  l'infondatezza  della
 questione;
     che la legge 31 dicembre 1996, n. 672 (Disposizioni in materia di
 documentazione   delle   spese  elettorali),  nel  modificare  alcune
 disposizioni  contenute  nella  legge  n.  515  del  1993,  lasciando
 immutato il regime sanzionatorio di cui all'art. 15, comma 5, avrebbe
 previsto  la  possibilita'  di  una  sanatoria  per  gli autori degli
 illeciti in precedenza indicati;
     che nell'art. 2 della legge 31 dicembre 1996, n. 672, si  sarebbe
 stabilita  la  possibilita'  di  depositare la dichiarazione mancante
 entro quarantacinque giorni dalla diffida ad adempiere da  parte  del
 Collegio  di  garanzia elettorale competente, con la conseguenza che,
 ove l'interessato vi abbia ottemperato, "sono  revocate  le  sanzioni
 amministrative gia' irrogate";
     che,  ignorandosi  nel  caso  concreto  se  l'interessato  si sia
 giovato di siffatta possibilita', la  Corte  dovrebbe  rimettere  gli
 atti al giudice a quo per un nuovo esame sulla rilevanza;
     che  tuttavia  la questione sarebbe infondata nel merito, perche'
 la determinazione  dei  limiti  minimi  e  massimi  per  le  sanzioni
 amministrative  rientra  nella  discrezionalita'  del legislatore, il
 quale ne avrebbe fatto un uso non  irragionevole  in  relazione  agli
 interessi  pubblici  coinvolti,  segnatamente  la  trasparenza  e  la
 correttezza delle campagne elettorali, tali da giustificare l'entita'
 delle sanzioni;
   Considerato  che  viene  all'esame  della  Corte  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma 5, della legge 10
 dicembre 1993, n. 515, nella parte in cui prevede in  lire  cinquanta
 milioni   il   minimo  della  sanzione  amministrativa,  perche'  non
 consentirebbe  di  irrogare  una  sanzione ragionevole per ipotesi di
 lieve entita', con cio' violando l'art. 3 della Costituzione;
     che  le  due  questioni,  prospettate  in  modo  identico,  vanno
 congiuntamente trattate;
     che  ai sensi dell'art. 2 della legge 31 dicembre 1996, n. 672, i
 candidati  non  eletti  sono  diffidati  dal  Collegio  di   garanzia
 regionale  a  depositare,  entro  quarantacinque  giorni,  la  omessa
 dichiarazione delle spese sostenute nelle elezioni politiche del 1994
 e del 1996, con la previsione della revoca, in caso di  ottemperanza,
 delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate;
     che  le ordinanze di rimessione sono state pronunciate in data 13
 e 14 gennaio 1997, mentre la legge n. 672 e' entrata in vigore  il  4
 gennaio 1997;
     che,  nella  specie,  per  la  candidata  Nesi Lucia, non eletta,
 sembrerebbero ricorrere le  condizioni  previste  dall'art.  2  della
 citata legge n.  672, in ordine alla sanatoria;
     che  per  il  candidato  Cossutta  Armando  - presentatosi in tre
 circoscrizioni e in un collegio uninominale - non sono  precisate  le
 modalita'  della  sua  elezione  e  se  abbia  optato  per  una delle
 circoscrizioni   della   Toscana,   per   cui   occorre    verificare
 l'applicabilita'  della sanatoria contemplata dall'art. 2 della legge
 n. 672 anche in questa situazione;
     che nel valutare il requisito  della  rilevanza  della  questione
 rispetto  alla  regiudicanda, il rimettente non ha tenuto conto della
 legge sopravvenuta (anteriore ai suoi provvedimenti);
     che la questione e' pertanto manifestamente inammissibile per  la
 carente ponderazione teste' rilevata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, della
 legge  10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali
 per  l'elezione  alla  Camera  dei  deputati  e   al   Senato   della
 Repubblica), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della
 Costituzione, dal pretore di Firenze, con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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