N. 211 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 novembre 1995

                                N. 211
   Ordinanza  emessa  il 10 novembre 1995 dal pretore di Pisa, sezione
 distaccata di San Miniato nel procedimento penale a carico di Borrini
 Angelo ed altro
 Ambiente (tutela  dell')  -  Inquinamento  -  Scarichi  di  pubbliche
    fognature  senza  autorizzazione  ed  eccedenti i limiti tabellari
    previsti dalla legge n. 319/1976 e  dalla  normativa  regionale  -
    Lamentata  depenalizzazione  -  Disparita' di trattamento rispetto
    alla disciplina relativa agli  scarichi  di  singoli  insediamenti
    produttivi,  nonche' rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con
    maggior  severita'   -   Violazione   dei   principi   di   tutela
    dell'ambiente  e  della  salute, nonche' di liberta' di iniziativa
    economica.
 (Legge 17 maggio 1995, n. 172, artt. 1, 2 e 3).
 (Cost., artt. 3, 9,  secondo comma, 32 e 41).
(GU n.11 del 13-3-1996 )
                              IL PRETORE
   Esaminati gli atti di causa;
   Rilevato che in pendenza del presente procedimento e' stata emanata
 la  legge  17  maggio 1995, n. 172, di conversione del d.-l. 17 marzo
 1995, n. 79, avente  ad  oggetto  "Modifiche  alla  disciplina  degli
 scarichi  delle  pubbliche  fognature e degli insediamenti civili che
 non  recapitano  in  pubbliche  fognature"  contenente   disposizioni
 modificative  ed  integrative  della  legge 10 maggio 1976, n. 319, e
 successive modificazioni pubblicata in Gazzetta Ufficiale  17  maggio
 1995, n. 113, ed entrata in vigore lo stesso giorno;
   Vista la richiesta del pubblico ministero in data 16 settembre 1995
 di  proposizione  di  questione  di legittimita' costituzionale degli
 artt. 3 e 6 della suddetta legge perche' ritenuti  in  contrasto  con
 disposizioni  costituzionali  sotto il profilo della violazione degli
 artt. 3, 9, comma secondo, 32 e 41 della Costituzione;
   Considerato  che  la   questione   proposta   appare   essere   non
 manifestamente  infondata,  oltre  che  influente sulla decisione del
 presente giudizio;
                              R i l e v a
   1. - In fatto.
   Gli odierni imputati,  Borrini  Angelo  e  Ghizzani  Alfredo,  sono
 sottoposti  al  giudizio  di  questo  pretore,  nelle loro rispettive
 qualita' di  direttore  tecnico  e  di  legale  rappresentante  della
 societa'   Cuoiodepur   che   gestisce  l'impianto  centralizzato  di
 depurazione  posto  nel  comune  di  San  Miniato,  perche'  ritenuti
 responsabili  della violazione dell'art. 21, comma terzo, della legge
 10 maggio 1976, n. 319, accertata  in  data  16  luglio  1991  e  con
 riferimento  ai  parametri  dei cloruri, dei solfati e del COD di cui
 alla tabella A) annessa alla stessa legge.
   L'impianto centralizzato  di  depurazione  gestito  dai  prevenuti,
 asservito  al  sistema  fognario,  riceve  scarichi  di  natura mista
 (civili  ed  industriali)  che,  per  loro  composizione,  presentano
 caratteristiche  qualitative  sostanzialmente diverse da quelle degli
 scarichi provenienti da soli insediamenti civili.
   Esso,  in  quanto  parte  terminale  del   sistema   integrato   di
 fognatura-depurazione  (in  tal  senso  si  esprimono  il piano della
 regione Toscana di risanamento delle acque adottato con  la  delibera
 n.  332  del  15 aprile 1980 e la legge regionale 23 gennaio 1986, n.
 5), e'  da  ritenere  certamente  sottoposto  alla  nuova  disciplina
 dettata per gli scarichi da pubblica fognatura.
   Quanto   alle  caratteristiche  qualitative  e  quantitative  dello
 scarico prodotto la legge regionale n. 5/1986 all'art. 8 equipara gli
 scarichi delle pubbliche fognature a natura mista (come quello di cui
 ci si occupa) a quelli provenienti da insediamenti produttivi e  come
 tali  soggetti  alla  legge  n.  319/1976  e successive modificazioni
 imponendo l'obbligo di conseguire  i  limiti  della  tabella  A)  nei
 termini previsti dalla medesima legge.
   In tale sistema normativo si e' inserita la legge 17 maggio 1995 n.
 172,  di conversione del decreto legge 17 marzo 1995 n. 79, cui si e'
 pervenuto combinando  tra  loro  pezzi  di  disposizioni  e  tipi  di
 soluzioni contenuti nella estenuante reiterazione di ben nove diversi
 decreti-legge  il  cui contenuto si e' andato via via evolvendo - con
 l'unica evidente finalita' di dar esito ad interessi di  parte,  piu'
 che  fornire risposte ad esigenze di tutela della collettivita' - nel
 senso di una definitiva  sottrazione  della  materia  degli  scarichi
 delle  pubbliche fognature e degli scarichi civili che non recapitano
 in pubblica fognatura al regime sanzionatorio previsto per tutti  gli
 altri scarichi.
   2. - Il nuovo sistema operativo.
   I  primi  tre  articoli  della legge n. 172/1995, nel modificare il
 primo comma dell'art. 12, il secondo comma dell'art. 14 ed il terzo e
 quarto comma dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, delinea
 un  sistema  normativo  che  puo'  schematicamente  riassumersi   nel
 seguente modo:
     I) scarichi delle pubbliche fognature, servite o meno da impianti
 pubblici di depurazione:
      a)  la  disciplina a regime dovra' essere adottata dalle regioni
 con i rispettivi piani di risanamento delle acque tenendo  conto  dei
 seguenti limiti:
       limiti tabellari di accettabilita';
       principi  e  criteri  della  direttiva CEE 91/271 del 21 maggio
 1991;
       obiettivi di qualita' dei singoli corpi  idrici  ricettori  nei
 casi   ed   alle   condizioni   stabiliti   con   apposite  direttive
 ministeriali.
   Tale disciplina regionale e' esclusa con riguardo alle "competenze,
 i divieti di immissione ed i limiti di  accettabilita'  stabiliti  da
 leggi che disciplinano materie specifiche";
      b)  la  disciplina  transitoria e' costituita dalle prescrizioni
 adottate anteriormente ed in particolare la delibera 30 dicembre 1980
 del Comitato interministeriale di cui all'art. 3 legge n. 319/1976;
      c) la sanzione per la mancata osservanza dei limiti regionali e'
 prevista solo in via amministrativa nella misura da L. 3.000.000 a L.
 30.000.000;
     II)  scarichi  degli   insediamenti   produttivi   in   pubbliche
 fognature:
      a)  prima dell'attivazione dell'impianto di depurazione: obbligo
 dell'osservanza della tabella C);
      b) dopo l'entrata  in  funzione  dell'impianto  di  depurazione:
 obbligo  di adeguarsi ai limiti di accettabilita', alle norme ed alle
 prescrizioni regolamentari stabilite dai comuni, dai consorzi e dalle
 provincie  che  gestiscono  il  servizio  pubbico  sulla  base  delle
 caratteristiche dell'impianto centralizzato di depurazione in modo da
 assicurare il rispetto della disciplina regionale;
      c) la sanzione per l'inosservanza dei limiti imposti dal gestore
 e'  l'ammenda da L. 15.000.000 a L. 150.000.000 ovvero l'arresto fino
 ad  un  anno,  oltre  alla  pena   accessoria   dell'incapacita'   di
 contrattare con la pubblica amministrazione.
   3. - In punto di rilevanza.
   Risulta  di tutta evidenza la rilevanza nel presente giudizio della
 questione di legittimita' della normativa appena delineata atteso che
 l'eventuale affermazione della sua costituzionalita' comporterebbe, a
 norma dell'art. 129  del  codice  di  procedura  penale,  l'immediato
 proscioglimento  dei  prevenuti  in  ordine  ai reati loro contestati
 perche' quei fatti non sono piu' previsti dalla legge come reato.
   Essa, peraltro, appare non manifestamente infondata, alla luce  dei
 principi  costituzionale  di cui agli artt. 3, 9, 32 e 41 della Carta
 costituzionale.
   4. - Non manifesta infondatezza.
   a) Violazione dell'art. 3 Costituzione.
   E' principio consolidato della giurisprudenza costituzionale quello
 per il quale il legislatore puo' emanare norme differenziate riguardo
 a  situazioni obiettivamente diverse solo a condizione che tali norme
 rispondano all'esigenza che la disparita' di trattamento sia  fondata
 su   presupposti   logici   obiettivi   i   quali   razionalmente  ne
 giustifichino
  l'adozione.  Pertanto  deve  ritenersi  violato  il   principio   di
 uguaglianza  qualora  con  leggi successive si dia vita ad un sistema
 normativo assolutamente squilibrato, come avviene, ad esempio, quando
 si favorisce che ha posto in essere, fra  due  condotte  gradatamente
 lesive  dell'identico  bene,  quella  connotata da maggiore gravita',
 discriminando, invece, che ha realizzato il fatto che meno offende lo
 stesso valore giuridico.
   Proprio questo  e'  avvenuto,  a  parere  di  questo  pretore,  con
 l'intervenuta  depenalizzazione,  ad  opera  della legge n. 172/1995,
 delle ipotesi di superamento dei limiti di accettabilita' da parte di
 tutti  gli  scarichi  ad  esclusione   di   quelli   provenienti   da
 insediamenti produttivi.
   Costituisce, percio', motivo di incompatibilita' della normativa al
 principio  costituzionale  di  parita'  l'irragionevole disparita' di
 trattamento introdotta tra gli scarichi delle pubbliche  fognature  e
 quelli provenienti da singoli insediamenti produttivi.
   Infatti  se  da  una  parte  appare  ispirato  a  ragionevolezza il
 criterio  introdotto  di  sanzionare  solo  amministrativamente   gli
 scarichi  meno  dannosi per l'ambiente provenienti dagli insediamenti
 civili, normalmente caratterizzati da un carico inquinante  inferiore
 a  quello degli insediamenti produttivi, dall'altra la considerazione
 per cui gli scarichi delle  pubbliche  fognature  hanno  ben  diversa
 composizione  (potendo  convogliare  anche  scarichi  provenienti  da
 insediamenti produttivi e, in  ogni  caso,  presentando  ben  diverse
 concentrazioni  rispetto  ai semplici insediamenti civili) depone per
 una prognosi di loro certa maggiore pericolosita'.
   Nonostante cio' secondo la nuova legge  17  maggio  1995,  n.  172,
 costituisce  mero  illecito  amministrativo l'inosservanza dei limiti
 regionali da parte del gestore di una pubblica fognatura  alla  quale
 affluisca   una   pluralita'   di   scarichi   provenienti  anche  da
 insediamenti produttivi, o  addirittura  esclusivamente  da  essi,  e
 quindi  con  notevoli potenzialita' inquinanti, mentre il titolare di
 un insediamento produttivo che violi con il suo scarico terminale  le
 tabelle  allegate  alla legge n. 319/1976 anche solo in modo formale;
 ovvero non osservi i limiti fissati dall'ente  gestore  del  servizio
 pubblico, viene sanzionato penalmente.
   Da  tale disciplina sanzionatoria discende lo stravolgimento di uno
 dei criteri che avevano fino ad oggi ispirato la normativa in  questa
 materia:   la   differenziazione  si  basa  non  sulla  potenzialita'
 inquinante dello scarico, valutata con riferimento a parametri  unici
 nazionali  costituiti  dai  limiti massimi di concentrazione indicati
 nelle  tabelle  annesse  alla  legge,  ma  sulla  qualifica  del  suo
 titolare.   Infatti non e' piu' la natura dello scarico, in relazione
 alla  sua  pericolosita'  ambientale  desunta  dalla  sua  intrinseca
 composizione,  a  determinare la natura dell'attivita' esercitata, ma
 e' la qualifica soggettiva del titolare dello scarico il parametro di
 riferimento per l'individuazione della normativa applicabile.
   Il  principio contrasta in modo palese con le direttive comunitarie
 dettate nella materia e segnatamente con quella del  Consiglio  della
 Comunita'  europea  n.  271  del  21  maggio 1991 in materia di acque
 reflue urbane che pure la legge richiama quale limite per  il  potere
 legislativo ed amministrativo delle regioni.
   Secondo  la  norma  comunitaria  (che il nostro ordinamento avrebbe
 gia' dovuto recepire dal 30 giugno 1993) per  l'individuazione  della
 normativa  applicabile allo scarico da pubblica fognatura costituisce
 elemento  di  riferimento  la  natura  delle  acque   che   in   essa
 confluiscono.    Infatti,  l'art.  2  della  direttiva pone una netta
 distinzione  tra  le  acque  reflue  domestiche  e  le  acque  reflue
 industriali,  distinzione  alla  quale  e'  collegata poi una diversa
 disciplina fondata sulla necessita' per le acque  reflue  industriali
 che   affluiscono   in   reti   fognarie,   di   regolamentazione  ed
 autorizzazioni specifiche nonche' di specifici controlli (artt. 11  e
 13).  Pertanto  la  direttiva  munitaria  non legittima affatto, come
 invece sembra credere la legge n. 172/1995,  l'assoluta  mancanza  di
 ogni    misura    idonea   almeno   ad   attenuare,   attraverso   la
 diversificazione di regime in relazione alla loro  natura,  l'impatto
 ambientale degli scarichi dalle fognature.
   Viceversa  lo  stesso  principio  di  generale  depenalizzazione in
 relazione  alla  qualifica  di  titolare  del  servizio  di  pubblica
 fognatura  introdotto  dalla  legge  n.  172/1995 appare non privo di
 rischi sul piano del controllo ambientale: la mera costituzione di un
 consorzio fognario con depuratore vale ad esimere da controllo penale
 tutti gli operatori ammessi allo scarico  che  restano  eclusivamente
 tenuti  ad  osservare  i  limiti  di  accettabilita',  le  norme e le
 prescrizioni regolamentari stabilite in modo pressoche' discrezionale
 dai gestori del servizio pubblico sulla  base  delle  caratteristiche
 dell'impianto centralizzato di depurazione.
   Un'ulteriore  violazione  del  limite  della  ragionevolezza deriva
 dalla circostanza che l'art. 3 della citata legge n. 172/1995 prevede
 il pagamento di una somma da lire 3 milioni a  lire  30  milioni  per
 l'inosservanza  dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni,
 mentre l'art. 6 prevede la diversa maggiore sanzione del pagamento di
 una somma da lire 10 milioni a  lire  100  milioni  per  chi  apre  o
 comunque  effettua scarichi delle pubbliche fognature, servite o meno
 da  impianti  pubblici  di   depurazione,   senza   avere   richiesto
 l'autorizzazione.
   La   piu'   severa   sanzione   prevista   per   chi   non   chiede
 l'autorizzazione per l'apertura di un  nuovo  scarico  fognario  (che
 potrebbe,  in  ipotesi,  non  avere  carattere inquinante) rispetto a
 quella irrogabile  a  colui  che  mantiene  uno  scarico  sicuramente
 inquinante  in  quanto  eccedente  i limiti di legge, e' un ulteriore
 elemento che depone per  la  irrazionale  disparita'  di  trattamento
 della  nuova  disciplina  introdotta  la  quale  risulta improntata a
 maggior favore  per  quella  categoria  di  soggetti  che  serba  una
 condotta  potenzialmente  piu'  pericolosa rispetto a coloro che meno
 offendono lo stesso bene giuridico.
   b)  Violazione  degli  artt.  9,  secondo   comma,   e   32   della
 Costituzione.
   Secondo  la  giurisprudenza costituzionale il concetto di paesaggio
 deve intendersi come "ambiente naturale", come  ecosistema.  Ora,  la
 mancata  previsione  di  una  norma penale che sanzioni comportamenti
 profondamente   incidenti   sulla   qualita'   dell'ambiente,    come
 l'effettuazione  di  scarichi  di  pubbliche fognature che superino i
 limiti di accettabilita' o l'attivazione dei predetti scarichi  senza
 avere   richiesto   la   preventiva   autorizzazione,  determina  una
 diminuzione dell'efficacia preventiva e dissuasiva  della  disciplina
 di cui si tratta.
   Tale  disciplina,  inoltre,  poiche' non differenzia il trattamento
 sanzionatorio a seconda della natura delle acque che recapitino nelle
 pubbliche  fognature  e,  quindi,  in  base   alla   loro   effettiva
 potenzialita'  inquinante,  ma  solo  in  base  al dato formale della
 provenienza (da insediamenti produttivi o  da  pubbliche  fognature),
 non permette una adeguata e sostanziale tutela del paesaggio.
   Da cio' deriva pure il sospetto di contrasto tra le norme ordinarie
 e  l'art.  32  della  Costituzione  che tutela il diritto alla salute
 giacche'  tale  diritto  ricomprende,  per  costante   giurisprudenza
 costituzionale, il diritto all'ambiente salubre.
   Il  sostanziale  abbassamento  del  livello giuridico di protezione
 derivante dalla intervenuta depenalizzazione e  la  scomparsa  di  un
 quadro    giuridico    unitario    nazionale    per   la   disciplina
 dell'inquinamento idrico da pubbliche fognature (saranno, infatti, da
 prevedersi tante diverse discipline giuridiche  per  quante  sono  le
 regioni),  risultano  in  contrasto  con  il  diritto  alla salute ed
 all'ambiente costituzionalmente garantiti quali valori comuni primari
 non suscettibili di essere parcellizzati su base locale. Emblematica,
 a questo proposito, e' la considerazione per  cui  gli  obiettivi  di
 tutela  dell'ambiente  e  della  salute cui dovranno mirare i singoli
 piani regionali di risanamento delle acque  risulteranno  ab  origine
 irrealizzabili in concreto tutte le volte che i corsi d'acqua avranno
 un bacino interregionale.
   c) Violazione dell'art. 41 della Costituzione.
   L'art.   41,   secondo   comma,   della  Costituzione  prevede  che
 l'inizitiva economica privata non puo'  svolgersi  in  contrasto  con
 l'utilita'  sociale  e a tale norma viene generalmente ricondotto, al
 fine di fornirgli  veste  costituzionale,  il  principio  comunitario
 espresso in numerose direttive in materia ambientale del "chi inquina
 paga".
   In  proposito  e'  anche  da  ricordare  la  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 127 del 16 marzo 1990 la quale ha  negato  che  "il
 costo  eccessivo"  possa  giustificare  la mancata adozione, da parte
 delle imprese, delle migliori tecnologie disponibili per  ridurre  le
 emissioni  inquinanti.    Ora,  appare chiaro che le citate norme del
 decreto, laddove esclude la sanzionabilita' penale per  gli  scarichi
 delle pubbliche fognature, pur se agli stessi affluiscono scarichi da
 insediamenti  produttivi,  vengono  di  fatto a penalizzare anche sul
 piano  della  libera  concorrenza  quelle  imprese  che,  servite  da
 scarichi   che   non   recapitano  in  pubbliche  fognature,  abbiano
 affrontato rilevanti investimenti per adeguare i propri impianti alla
 normativa in vigore e si trovino, magari, esposte  al  rischio  della
 sanzione  penale  (art.  23,  legge  n.  319/1976) per avere iniziato
 l'attivita' prima  di  avere  formalmente  ottenuto  l'autorizzazione
 richiesta.
                                P. Q. M.
   Ritenuta la rilevanza sulla definizione del giudizio in corso della
 questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della
 legge 17 maggio 1995, n. 172, in relazione agli  artt.  3,  9,  comma
 secondo,   32   e   41   della  Costituzione  e  non  apparendo  essa
 manifestamente infondata sospende il giudizio e  dispone  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza venga
 notificata alle parti non comparse ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     San Miniato, addi' 10 novembre 1995
                           Il pretore: Murano
 96C0309