N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio 1996
N. 234 Ordinanza emessa il 19 gennaio 1996 dal pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Merlino Maria e l'I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Pensioni I.N.P.S. - Integrazione al minimo - Esclusione del diritto nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, titolare di redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti e di redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo - Indebito riferimento al reddito del nucleo familiare anziche' a quello del singolo lavoratore - Incidenza sui principi di tutela della famiglia, della retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata e della garanzia previdenziale. (D.-L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 6, primo comma, lett. b), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 4, primo comma, lett. b), modificato dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, trentottesimo comma; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, quattordicesimo comma; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, lett. s)). (Cost., artt. 3, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma).(GU n.12 del 20-3-1996 )
IL PRETORE Rilevato che con ricorso in data 28 aprile 1995 la sig. Maria Merlino ha esposto di essere titolare di pensione I.N.P.S. cat. VO n. 10074880 (con decorrenza 1 gennaio 1994 e con importo mensile pari a L. 122.480) e di aver inutilmente richiesto all'Istituto il riconoscimento dell'integrazione al minimo, vedendosi respinta l'istanza in applicazione dell'art. 11, comma trentottesimo, legge 24 dicembre 1993, n. 537; che la ricorrente ha chiesto quindi che, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 3, comma 1, lettera s) legge 23 dicembre 1991, n. 421, dell'art. 4, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, dell'art. 11, comma trentottesimo, legge 24 dicembre 1993, n. 537 in riferimento agli artt. 2, 3, commi 1 e 2, 4, 29 comma 2, 31, comma 1, 36 comma 1, 38 comma 2 e 76 della Costituzione, l'I.N.P.S. venga condannato a corrisponderle l'integrazione al minimo sulla pensione di cui era titolare; che l'Istituto, costituendosi in giudizio, ha contestato la fondatezza della domanda; O s s e r v a Che la ricorrente dubita della legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, comma 1, lett. b) del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 4, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, come modificato dall'art. 11, comma 38, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e dall'art. 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonche' dell'art. 3, comma 1, lettera s) legge 23 dicembre 1991, n. 421, nella parte in cui tali norme escludono l'integrazione al minimo del trattamento pensionistico nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, che sia titolare di redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ma che sia invece titolare di redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo (con elevazione del limite a cinque volte il trattamento minimo per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994); che del disposto dell'art. 6, comma 1, lett. b) del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, come modificato dalle norme appena citate, viene in rilievo nella fattispecie l'ultima parte, in quanto la ricorrente e' titolare di pensione con decorrenza dal gennaio 1994; che la prospettata questione di costituzionalita' e' indubbiamente rilevante, emergendo dalla documentazione acquisita in giudizio relativamente ai redditi della ricorrente che quest'ultima negli anni 1992, 1993 e 1994 non e' stata titolare di altri redditi se non la pensione VO per cui e' causa (circostanza del resto non contestata dall'istituto); che pertanto, ove la normativa impugnata venisse dichiarata costituzionalmente illegittima, la ricorrente avrebbe diritto alla richiesta integrazione al trattamento minimo; che la questione appare anche, ad avviso di questo giudicante, non manifestamente infondata quantomeno con riferimento agli artt. 3, 31 comma 1, 36 comma 1 e 38, comma 2, della Costituzione; che infatti, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, al pari della retribuzione percepita in costanza del rapporto di lavoro, il trattamento pensionistico, che della retribuzione costituisce un prolungamento a fini previdenziali, dev'essere proporzionato alla qualita' e quantita' del lavoro prestato; che, infatti, per il tramite e nella misura di cui all'art. 38 della Costituzione, si rende applicabile anche alle prestazioni previdenziali l'art. 36, comma 1, della Costituzione, quale parametro delle "esigenze di vita" del lavoratore (Corte costituzionale n. 156/1991); che pertanto i "mezzi" che le prestazioni previdenziali devono garantire non sono soltanto "quelli che soddisfano i bisogni elementari e vitali, ma anche quelli che siano idonei a realizzare le esigenze relative al tenore di vita conseguito dallo stesso lavoratore in rapporto al reddito e alla posizione sociale raggiunta in seno alla categoria di appartenenza per effetto dell'attivita' lavorativa svolta" (Corte costituzionale, n. 173/1986); che, ancorche' la commisurazione del trattamento pensionistico al reddito percepito in costanza di lavoro sia rimessa alle valutazioni discrezionali del legislatore, che, nel contemperare i valori e gli interessi coinvolti nell'attuazione graduale dei principi costituzionali, tengono conto anche della concreta ed attuale disponibilita' delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa, le prestazioni previdenziali devono assicurare in ogni caso al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze di vita per un'esistenza libera e dignitosa (Corte costituzione n. 119/1991); che, in particolare, l'istituto dell'integrazione al minimo, essendo rivolto a garantire ai "lavoratori" (e non gia' ai "cittadini"), ai sensi dell'art. 38, comma 2, della Costituzione, "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita", non ha natura assistenziale, ma essenzialmente previdenziale (Corte costituzionale n. 31/1986); che, infatti, funzione del trattamento minimo e' quella "di integrare la pensione quando dal calcolo in base ai contributi accreditati al lavoratore risulti un importo inferiore a un minimo ritenuto necessario, in mancanza di altri redditi di una certa consistenza, ad assicurargli mezzi adeguati alle esigenze di vita, giusta il precetto dell'art. 38, comma 2, della Costituzione. Tal funzione qualifica l'integrazione al minimo come istituto previdenziale fondato sul principio di solidarieta'" (Corte costituzionale n. 24/1994); che la garanzia prevista dall'art. 38, comma 2, viene specificatamente riferita al singolo quale lavoratore e non quale elemento di un nucleo del quale occorra eventualmente accertare lo stato di bisogno o di non abbienza; che se le prestazioni previdenziali, secondo la Corte costituzionale, devono essere adeguate alle esigenze di vita anche della famiglia del soggetto protetto, giusta l'innegabile relazione intercorrente tra l'art. 38, comma 2 e l'art. 36, comma 1, della Costituzione, cio' significa che la garanzia costituzionale deve "estendersi" anche alla famiglia del lavoratore e non che deve "venire limitata" dall'esistenza di una famiglia; che invero soltanto in materia di prestazioni assistenziali puo' essere giustificato il ricorso al criterio del cumulo dei redditi dell'interessato con quelli del coniuge ai fini di accertare la sussistenza di un effettivo stato di bisogno; che inoltre la normativa impugnata introduce una palese irrazionalita' e un'ingiustificata disparita' di trattamento, a seconda del reddito percepito dal coniuge, tra titolari di pensione diretta con identica situazione contributiva, per i quali il trattamento costituisce comunque corrispettivo differito nel tempo di una prolungata prestazione lavorativa svolta durante il cessato rapporto di lavoro; che in tal modo la disciplina viola anche l'art. 31, comma 1, della Costituzione, che impone alla Repubblica di agevolare con misure economiche la formazione della famiglia, mentre le norme impugnate favoriscono ed incoraggiano le famiglie di fatto e le separazioni tra coniugi; che la normativa viola il precetto costituzionale di uguaglianza anche sotto altro profilo, ignorando che le condizioni economiche del singolo e della famiglia dipendono non soltanto dai redditi dei due coniugi, ma da quelli dell'intero nucleo familiare in relazione al numero delle persone che compongono tale nucleo; che in tal modo al pensionato il cui coniuge e' titolare di redditi superiore al limite di cui all'art. 6, comma 1, lett. b) del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (e successive modifiche) non viene riconosciuto il diritto all'integrazione al trattamento minimo, mentre, a parita' delle altre condizioni, tale diritto viene mantenuto per l'assicurato i cui redditi, cumulati con quelli del coniuge non superino tale limite, ma che pero' conviva ad esempio con uno o piu' figli titolari di propri redditi, magari anche rilevanti (ed in tal senso, ad esempio, l'art. 1, comma 3, legge 23 dicembre 1994, n. 724, che modifica l'art. 8, comma 16, della medesima legge 24 dicembre 1993, n. 537, fa riferimento ai fini del godimento di buona parte delle prestazioni del servizio sanitario nazionale al "reddito complessivo del nucleo familiare"; che pertanto appare non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni sopra richiamate nella parte in cui tali norme danno rilievo ai fini del riconoscimento dell'integrazione della pensione al trattamento minimo al reddito del coniuge dell'assicurato, escludendo l'integrazione al minimo del trattamento pensionistico nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, che sia titolare di redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ma che sia invece titolare di redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo (con elevazione del limite a cinque volte il trattamento minimo per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994).
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3, 31, comma 1, 36, comma 1 e 38, comma 2 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, comma primo, lett. b) del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica), convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dall'art. 11, comma 38, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dall'art. 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nonche' dell'art. 3, lett. s) legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) nella parte in cui tali norme danno rilievo ai fini del riconoscimento dell'integrazione della pensione al trattamento minimo al reddito del coniuge dell'assicurato, escludendo il diritto all'integrazione al minimo del trattamento pensionistico nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, che sia titolare di redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ma che sia invece titolare di redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo (con elevazione del limite a cinque volte il trattamento minimo per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994); Ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, sospende il presente procedimento ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza lette in udienza sia notificata al Presidente del Consiglio del Ministri e sia comunicata ai Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il pretore: (firma illeggibile) 96C0332