N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 1993- 1 marzo 1996

                                N. 264
   Ordinanza   emessa   il   16  aprile  1993  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 1 marzo 1996)  dal  tribunale  di  Reggio  Calabria
 sulla richiesta di riesame proposta da Tropea Felice ed altra
 Reato  in  genere  -  Soggetti  sottoposti  a procedimento penale per
    specifiche ipotesi di reato o  a  procedimento  di  prevenzione  -
    Possesso  da  parte degli stessi, anche per interposta persona, di
    beni  di   valore   sproporzionato   al   reddito   dichiarato   o
    all'attivita'  economica  svolta  -  Mancata giustificazione della
    legittima provenienza dei beni - Configurazione come reato proprio
    - Lesione del principio di uguaglianza - Compressione del  diritto
    di difesa - Violazione del principio di non colpevolezza.
 (Legge 7 agosto 1992, n. 356, art. 12-quinquies).
 (Cost., artt. 3, 24, 25 e 27).
(GU n.13 del 27-3-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  esaminata la richiesta di
 riesame presentata nell'interesse di Tropea Felice e Oppedisano Maria
 avverso il provvedimento emesso dal g.i.p.  presso  il  tribunale  di
 Locri, in data 17 marzo 1993;
   Esaminati gli atti e la documentazione allegata.
   Eccepisce   preliminarmente   la   difesa,   l'illegittimita'   del
 provvedimento oggetto del presente riesame, per inapplicabilita' alla
 fattispecie per cui si procede, del sequestro preventivo.
   Viene asserito, infatti, che  il  sequestro  di  cui  all'art.  321
 c.p.p.,  postulando  il  pericolo di protrazione o aggravamento delle
 conseguenze di un fatto criminoso, deve indefettibilmente presupporre
 un reato,  cosa  che  nel  caso  di  specie  difetterebbe,  giacche',
 prosegue  sempre la difesa, "l'unico dato relativo ad un'incolpazione
 e' quello dato dall'esistenza di indagini per associazione ex art. 74
 t.u. stup.ti, a carico di Tropea Domenico, rispettivamente  marito  e
 padre dei reclamanti".
   Orbene,  sul  punto,  non puo' omettersi di considerare, al fine di
 evidenziare  la   infondatezza   dell'assunto   riportato,   che   la
 disposizione di cui all'art. 12-quinquies della legge n. 306/1992, si
 applica  a  coloro  nei  cui  confronti  sono  svolte  indagini per i
 delitti, fra gli altri, di cui agli artt. 73 e  74  del  testo  unico
 delle  leggi  in  materia  di disciplina degli stupefacenti, i quali,
 anche per interposta persona fisica  o  giuridica,  risultano  essere
 titolari o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo di denaro, beni
 o  altre  utilita'  di  valore  sproporzionato  al  proprio  reddito,
 dichiarato  ai  fini  delle  imposte  sul  reddito,  o  alla  propria
 attivita'   economica,  e  dei  quali  non  possano  giustificare  la
 legittima provenienza. Pertanto, cio' che  e'  stato  definito  quale
 unico  dato  relativo ad un'incolpazione, vale a dire l'essere Tropea
 Domenico indagato per il reato  di  cui  all'art.  74  t.u.  stup.ti,
 costituisce proprio uno dei presupposti legittimanti l'ascrivibilita'
 del delitto previsto e punito dall'art.  12-quinquies citato.
   Nel  prosieguo,  viene  altresi'  lamentata  l'assenza  di indagine
 concernente la "pretesa sperequazione tra acquisibile ed  acquisito",
 talche'   l'art.  12-quinquies  risulterebbe  inapplicabile.  Invero,
 contrariamente  a  quanto  dedotto,  devesi  osservare   che,   dalle
 allegazioni  contenute in atti, si rileva come gli odierni ricorrenti
 non siano mai stati percettori di reddito, non avendo  mai  espletato
 attivita'  lavorativa,  ed  altresi'  che  il  loro congiunto, Tropea
 Domenico, abbia dichiarato, per l'anno  1984,  un  imponibile  di  L.
 9.975.000; per l'anno 1985, un imponibile di L. 3.640.000; per l'anno
 1986  risulta  non  aver  dichiarato  alcun reddito; per l'anno 1987,
 contro un reddito dichiarato di L.   9.087.000,  e'  stato  accertato
 dall'Ufficio  imposte  dirette  di Locri un reddito di L. 73.669.000;
 per l'anno 1988, contro un reddito dichiarato di  L.  11.703.000,  e'
 stato  accertato  dall'Ufficio  distrettuale delle imposte dirette di
 Locri un reddito di L. 31.181.000.
   Tanto illustrato,  si  evidenzia  che  Oppedisano  Maria  e  Tropea
 Felice,  congiunti  e  conviventi  di Tropea Domenico, risultano aver
 costituito, in data 10 dicembre  1991,  una  s.r.l.,  la  Number  One
 s.r.l.,  con  capitale sociale di L. 90.000.000, avente ad oggetto la
 gestione di alberghi, l'esercizio di aziende commerciali, l'esercizio
 di   attivita'   edilizia,  la  compravendita  di  fabbricati.  Detta
 societa', con amministratore unico  Oppedisano  Maria,  risulta  aver
 acquistato  le  particelle  100 e 210 del foglio di mappa 45, per una
 superficie complessiva di mq 2500, in localita' Grotteria  Mare,  per
 cui  e' stata richiesta concessione edilizia per la costruzione di un
 fabbricato in c.a. a cinque piani fuori terra, piu' seminterrato,  da
 adibire ad hotel ristorante.
   Tale  appezzamento e' stato valutato, tenuto conto dell'ubicazione,
 destinazione ed ampiezza, nell'informativa della Guardia  di  finanza
 di Catanzaro, in non meno di L. 500.000.000.
   Alla   stregua   di  quanto  sopra,  ravvisata  la  ricorrenza  dei
 presupposti oggettivi e soggettivi  per  la  sussistenza  del  reato,
 seppur  alla  cognizione  del tribunale, in materia di sequestro, sia
 sottratto ogni sindacato sulla fondatezza della  incolpazione,  salvo
 il  limite dell'accertamento della palese difformita' fra fattispecie
 contestata e  fattispecie  legale  ipotizzata  (Cass.,  sez.  II,  25
 settembre    1985),    si    rileva   che   la   fisionomia   atipica
 dell'incriminazione  in  discorso  comporta  una   fase   preliminare
 relativa  all'individuazione  dei beni da assoggettare a vincolo, con
 successiva inversione dell'onere della prova a carico  dell'indagato,
 il  quale dovra' provare la lecita origine dei beni stessi, attivita'
 questa che riguardera' la successiva fase del giudizio di merito.
   Ulteriormente, e  per  cio'  che  concerne  il  motivo  di  gravame
 relativo   alla  insussistenza  del  pericolo  di  protrazione  delle
 conseguenze di reato o dell'aggravamento di esse,  si  opina  che  il
 provvedimento  di  sequestro,  in  questa  sede  impugnato,  e' stato
 disposto non perche' ravvisate sussistenti le succitate  esigenze  di
 prevenzione,  bensi' perche' trattasi di beni per i quali la confisca
 e' obbligatoria, acclarata la fondatezza dell'imputazione.  Tanto  e'
 stato  disposto in conformita' alle prescrizioni di cui all'art. 321,
 secondo comma,  c.p.p.,  che  consente  al  giudice  di  disporre  il
 sequestro  preventivo  delle  cose di cui e' consentita la confisca e
 pertanto non puo' che  attestarsi  la  correttezza  dell'operato  del
 giudice a quo.
   Cio'    premesso,    va    tuttavia,    promosso    incidente    di
 costituzionalita', perche' ritenuta rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  la relativa quaestio - nei termini appresso indicati - nel
 presente procedimento in  relazione  al  dedotto  art.  12-quinquies,
 secondo  comma, della legge n. 356/1992 per violazione degli artt. 3,
 24, 25 e 27 della Costituzione.
   In merito si osserva che questo tribunale, in diversa composizione,
 aveva gia' sollevato l'incidente di costituzionalita', in ordine alla
 medesima questione, con  ordinanza  del  14  dicembre  1992,  la  cui
 motivazione  appresso  si  riporta  e si recepisce integralmente come
 propria.
   La lettera della citata disposizione individua  nel  comma  secondo
 una fattispecie modellata sul tipo degli artt. 707 e 708 c.p. (che e'
 infatti  alternativa  rispetto  alle  incriminazioni  concernenti  le
 condotte di cui al comma primo, nonche' a quelle di  cui  agli  artt.
 648, 648-bis e 648-ter c.p.).
   Essa,  infatti,  assume,  introducendo  un meccanismo di inversione
 dell'onere della prova, uno stato di fatto personale,  oggettivamente
 acclarato,  individuato  nell'inciso "risultano, anche per interposta
 persona fisica o giuridica, essere titolari o avere  disponibilita  a
 qualsiasi   titolo  di  denaro,  beni  o  altre  utilita'  di  valore
 sproporzionato al loro reddito, dichiarato ai fini delle imposte  sul
 reddito,  o alla propria attivita' economica, e dei quali non possano
 giustificare la legittima provenienza" quale  coelemento  costitutivo
 dell'incriminazione in discorso, che e' reato  di pericolo.
   Nello statuire cio', tuttavia, tale previsione non riproduce, quale
 requisito   minimo   di   integrazione   della  posizione  soggettiva
 incriminata, il presupposto  di  una  previa  condanna  irrogata  nei
 confronti  del  medesimo; requisito gia' riconosciuto imprescindibile
 per la compatibilita' costituzionale delle disposizioni  analogamente
 incriminatorie di cui agli artt. 707 e 708 c.p. (cfr. sentenza n. 110
 del  19  luglio  1968  e  n.  14  del  2  febbraio  1971  della Corte
 costituzionale).
   Detta  disposizione,  infatti,  assume  quale   presupposto   della
 (eventuale)  condanna  e  successiva applicazione di confisca il mero
 essere dell'imputato sottoposto ad indagini per taluno dei reati  ivi
 specificati,  ovvero  sottoposto a procedimento per l'applicazione di
 una misura di prevenzione personale.
   Selettivamente, pertanto, l'incriminazione si rivolge non a tutti i
 soggetti  dell'ordinamento,  ma  solo  a  quelli,  sebbene  non  piu'
 soltanto "inquisiti" (a vario titolo), comunque giudicabili.
   Tale  posizione,  che  e'  meramente  processuale e non gia' "stato
 personale", che puo' essere dall'imputato del reato di  cui  all'art.
 12-quinquies,  persino non conosciuta, manifestandosi come condizione
 obiettiva di punibilita', contrasta comunque con  la  presunzione  di
 non colpevolezza di chi e' mero indagato o anche giudicabile e non ha
 riportato (neppure con sentenza non definitiva) una condanna.
   Devesi,  dunque, disporre la sospensione del giudizio di gravame di
 cui all'art. 309 c.p.p. per l'evidente impossibilita' di  pronunciare
 sul    medesimo,    in    pendenza    del   proposto   incidente   di
 costituzionalita'.
   Sicche' la presente questione di legittimita' si ritiene  rilevante
 e  non  manifestamente  infondata,  con conseguente proposizione alla
 competente  Corte  costituzionale,  nei  confronti  della  legge   n.
 356/1992.
                                P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente infondata, in relazione
 agli artt. 3, 24,  25  e  27  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 12-quinquies della legge n. 356
 del 1992, come in motivazione specificata;
   Sospende il giudizio promosso con ricorso proposto dal difensore di
 Tropea  Felice  ed Oppedisano Maria ed ordina la immediata rimessione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, nonche' per  la
 notifica  della  presente  ordinanza  al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e per la comunicazione ai  Presidenti  della  Camera  e  del
 Senato della Repubblica.
     Reggio Calabria, addi' 16 aprile 1993
                         Il presidente:  Boemi
                                       Il giudice estensore:  Crucitti
 96C0374