N. 266 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 1996

                                N. 266
   Ordinanza emessa il 12 gennaio 1996 dal pretore di  Massa,  sezione
 distaccata  di  Pontremoli  nel procedimento penale a carico di Claps
 Gaetano
 Armi - Collezione di armi da sparo - Previsione di limite numerico  -
    Divieto  di  detenzione  del  relativo  munizionamento  - Sanzione
    penale in caso di inosservanza - Lamentata eccessiva afflittivita'
    - Disparita' di trattamento rispetto alla disciplina prevista  per
    le armi da caccia - Compressione del diritto di proprieta'.
 (Legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 10, sesto, nono e decimo comma).
 (Cost., artt. 3 e 42).
(GU n.13 del 27-3-1996 )
                              Il  PRETORE
   Preso atto della questione di legittimita' costituzionale sollevata
 in  data  odierna  dal  pubblico ministero nel procedimento di cui in
 epigrafe;
   Sentito il parere della difesa;
                 Considerato  in  fatto  e  in  diritto
   Vicenda oggetto del procedimento.
   Nel corso di una perquisizione eseguita presso l'abitazione di  una
 coppia di pregiudicati la polizia giudiziaria identificava tale Claps
 Gaetano, titolare di licenza di porto d'armi.
   Lo  stesso  aveva  depositato su un tavolo un "marsupio" contenente
 una pistola semiautomatica marca Astra in calibro 9  Steyr,  completa
 di  caricatore  contenente n. 15 cartucce dello stesso calibro. Dagli
 accertamenti effettuati risultava che l'arma predetta era detenuta in
 collezione  e,  come  tale,  ne  era  vietato  l'uso   per   espressa
 prescrizione contenuta nella licenza.
   Il  Claps  veniva  inoltre  denunziato per il reato di cui all'art.
 10, comma nono, della legge 18 aprile  1975  n.  110,  in  quanto  lo
 stesso  era  stato trovato in possesso delle menzionate munizioni nel
 calibro 9  Steyr,  corrispondente  a  quello  dell'arma  detenuta  in
 collezione.      Al  riguardo,  occorre  porre  in  evidenza  che  la
 disposizione citata prevede il divieto  assoluto  di  detenzione  del
 "munizionamento" relativo alle armi in collezione.
   In  data  30  settembre 1994 Claps Gaetano veniva citato a giudizio
 per rispondere, tra l'altro, di quest'ultima  violazione,  contestata
 al capo c) della rubrica.
   Disposizioni di legge di cui si assume la illegittimita':
     art. 10, comma sesto, della legge 18 aprile 1975 n. 110;
     art. 10, comma nono, della legge 18 aprile 1975 n. 110;
     art. 10, comma decimo, della legge 18 aprile 1975 n. 110.
   Disposizioni della Costituzione che si assumono violate:
     art. 3, comma secondo;
     art. 42, comma secondo.
   Valutazione della rilevanza nel caso di specie.
   I  tre  commi  dell'art. 10 della legge 18 aprile 1975 n. 110 sopra
 elencati concorrono a formare la fattispecie criminosa oggetto  della
 presente  impugnativa  di  legittimita'  costituzionale.  Di  essi il
 principale e' il sesto, rispetto al quale gli altri due si pongono in
 posizione subordinata e strumentale.  Infatti,  il  precetto  violato
 dall'imputato  (detenzione  di  munizioni), contenuto nel comma nono,
 postula l'esistenza del precetto contenuto nel comma  sesto  (obbligo
 di munirsi di licenza di collezione) mentre il comma decimo e' quello
 che contiene la sanzione per entrambe le condotte.
   Se nel processo de quo i fatti attribuiti all'imputato risulteranno
 provati,  il  giudice  non  potra' fare altro che prendere atto della
 violazione della fattispecie contestata, con conseguente condanna del
 medesimo, per lo specifico reato ascrittogli.
   La rilevanza della questione appare evidente solo che si  consideri
 che   la  eventuale  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
 (rimuovendo sia le disposizioni precettive sia quella incriminatrice)
 avrebbe come conseguenza l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto
 non costituisce reato.
   Va soggiunto che la questione di legittimita', benche' in  concreto
 possa risultare favorevole all'imputato, viene sollevata dal p.m.  ai
 sensi  della prima parte dell'art. 73 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12,
 al fine di assicurare l'osservanza della legge,  nella  specie  della
 Carta costituzionale.
   Esposizione nel merito.
   Occorre  preliminarmente,  seppure  sinteticamente,  ricostruire il
 quadro normativo oggi vigente in materia di collezione di armi, dando
 conto delle modifiche succedutesi nella specifica  materia.  Infatti,
 la  originaria  previsione  dell'art.  10 citato ha subi'to nel corso
 degli anni numerose "interpolazioni" legislative, tanto da  alterarne
 lo spirito e la sostanza.
   Invero,  sino  alla  legge  18  aprile 1975 n. 110 non era previsto
 alcun limite assoluto di detenzione di armi.
   Nel particolare contesto di allarme per l'ordine pubblico  eistente
 al  momento dell'entrata in vigore della legge citata, il legislatore
 ritenne necessario porre forti restrizioni in tema di  detenzione  di
 armi, introducendo un limite massimo (distinto per categorie) di armi
 che una sola persona potesse detenere.
   Tale  innovazione,  contenuta  nell'art.  10  in  esame, secondo la
 formulazione originale poneva il limite di due armi comuni da sparo e
 di sei armi da caccia.
   Successivamente,  l'art.  1  della  legge  25  marzo  1986  n.   85
 modificava  la  disposizione  di  cui  ci  occupiamo,  prevedendo  la
 possibilita' di detenere, in aggiunta  alle  comuni  e  a  quelle  da
 caccia,  sei  "armi sportive" (categoria nuova, creata dalla medesima
 legge). Il limite per le armi comuni veniva innalzato a tre dall'art.
 4 della legge 21 febbraio 1990 n. 36.
   Infine, l'art. 9 della legge 19 dicembre 1992 n.  489,  concernente
 l'attuazione di direttive comunitarie relative al mercato interno, ha
 ulteriormente  innovato  la  materia,  prevedendo  la possibilita' di
 detenere un numero illimitato di armi da caccia, oltre alle tre  armi
 comuni da sparo e alle sei sportive.
   Pertanto,  lo stato attuale della legislazione in materia di limiti
 alla  detenzione  di  armi  appare  il  seguente:  senza  licenza  di
 collezione di armi comuni da sparo e' possibile detenere:
     n. 3 armi comuni;
     n. 6 armi sportive;
     un numero illimitato di armi da caccia.
   La  detenzione di piu' di tre armi comuni o di sei armi sportive e'
 subordinata invece al preventivo rilascio della menzionata licenza.
   Per completezza,  occorre  precisare  che  la  distinzione  tra  le
 diverse  categorie  di  armi  non  e'  agganciata  a particolari dati
 oggettivi ma a parametri essenzialmente formali.
   Va detto al riguardo che la categoria delle "armi comuni"  si  pone
 come genus, rispetto alle species costituite dalle "armi da caccia" e
 dalle   "armi   sportive".  Ne  consegue  che  sono  da  considerarsi
 semplicemente  "comuni"  quelle  armi  da   sparo   che   non   siano
 classificate nelle due menzionate categorie speciali. Per individuare
 queste ultime occorre considerare che:
     le armi sportive sono quelle cosi' classificate dalla Commissione
 consultiva   centrale  delle  armi,  in  quanto,  per  le  specifiche
 caratteristiche tecniche, siano destinate all'impiego sportivo (legge
 n. 85/86 citata);
     le  armi  da  caccia  sono  quelle  che,  per  calibro  e   altre
 caratteristiche,  siano  suscettibili di uso venatorio, a norma delle
 vigenti disposizioni sulla caccia  (attualmente,  legge  11  febbraio
 1992 n. 157).
   Come  emerge  dalla  esposizione che precede, dopo l'abolizione del
 limite di detenzione per le armi da caccia,  l'unica  funzione  della
 licenza  di collezione di armi comuni da sparo disciplinata dall'art.
 10 della 18 aprile  1975  n.  110  rimane  quella  di  consentire  la
 detenzione  di  piu'  tre  armi comuni da sparo o di piu' di sei armi
 sportive.
   A  questo  punto  occorre  rilevare  che  la  scelta legislativa di
 abolire  il  limite  numerico  di  armi  da  caccia  detenibili  (con
 conseguente  parziale abrogazione dell'art. 10 della legge n. 110/75,
 nella parte in cui prevedeva  l'obbligo  di  munirsi  di  licenza  di
 collezione  per  poter  detenere  piu' di sei armi di tale categoria)
 appare  giustificata  nella  logica  di  un  graduale  rientro   alla
 "normalita'" e cioe' a una legislazione meno rigorosa in tema di armi
 determinato della cessazione dello stato di allarme sociale che aveva
 a suo tempo imposto le cennate restrizioni.
   Peraltro,  posto che tale valutazione discrezionale del legislatore
 appare storicamente  corretta,  non  sembra  coerente  la  scelta  di
 circoscrivere la nuova (e relativamente piu' permissiva) disciplina a
 una  sola  delle  menzionate  categorie  di  armi.  Infatti,  l'unica
 giustificazione razionale della disparita'  di  disciplina,  prodotta
 dal  citato  art.    9  della  legge 19 dicembre 1992 n. 489, sarebbe
 quella che attribuisse al legislatore l'intenzione  di  liberalizzare
 la  detenzione  di  armi  da caccia sulla base di una supposta minore
 pericolosita' di esse rispetto a quelle sportive e a quelle comuni in
 genere.
   Un simile ipotetico argomento sarebbe sicuramente inaccettabile, in
 quanto basato su un presupposto  errato.  Infatti,  tra  le  armi  da
 caccia   sono   annoverate  carabine  e  fucili  di  grosso  calibro,
 utilizzabili anche per la caccia ad animali di grossa taglia, la  cui
 pericolosita'  (derivante  dalla potenzialita' offensiva del calibro)
 e' certo  rilevante  anche  nel  deprecato  caso  in  cui  le  stesse
 venissero usate contro esseri umani. Al contrario, tra le armi comuni
 e  sportive  si annoverano - ad esempio - le pistole e le carabine ad
 aria compressa, la cui potenzialita' offensiva e' sicuramente  minima
 tanto  che  anzi  si  puo'  legittimamente  dubitare  che  esse siano
 effettivamente tanto pericolose da doverle assoggettare a particolari
 restrizioni (fino alla legge n.  110/75,  infatti,  essere  erano  di
 libera detenzione).
   Appare   dunque   evidente   l'incongruenza   dell'attuale   quadro
 legislativo, che per effetto della  novella  contenuta  nella  citata
 legge n. 489/92 consente a chiunque di detenere senza limiti di sorta
 (se  non  quelli  dipendono  dalla  necessita'  di munirsi di uno dei
 titoli d'acquisto di cui all'art. 35 TULPS) una quantita'  illimitata
 e,  in  ipotesi,  anche  abnorme di armi da caccia, mentre confina le
 esigenze di difesa e di sport nell'angusto  limite,  rispettivamente,
 di tre e di se armi detenibili.
   Tale  incongruenza,  che  gia'  ictu  oculi  apparirebbe lesiva del
 principio costituzionale di ragionevolezza  ricavabile  dall'art.  3,
 comma   secondo,  della  Costituzione,  palesa  una  vera  e  propria
 abnormita' legislativa nel momento in cui si prendono in esame  altre
 conseguenze indirette del regime normativo fissato nelle disposizioni
 impugnate.
   In  primo luogo, emerge oggi nell'art. 20, comma primo, della legge
 18 aprile 1975 n. 110 una inspiegabile diversita' di  disciplina  tra
 situazioni  assai  vicine tra loro: infatti, tale disposizione impone
 particolari cautele per la custodia di armi, cioe'  l'uso  di  difese
 antifurto,  solo a carico di chi "e' autorizzato alla raccolta o alla
 collezione di armi" ma non a carico di chi detiene armi nel numero  e
 nella  specie  per  i quali tali licenze non sono richieste. In altri
 termini, mentre il collezionista, che sia in possesso  anche  di  una
 sola  arma  comune  da  sparo o sportiva oltre il limite dell'art. 10
 della  stessa  legge,  deve  adottare  le  difese  antifurto, da tale
 obbligo e' esonerato il detentore di qualsiasi numero  di  fucili  da
 caccia,  dato  che  non  e' piu' prevista alcuna "autorizzazione alla
 collezione" di tale tipologia di armi. Poiche' - come si e'  detto  -
 le  armi  da caccia non sono in realta' meno pericolose e sicuramente
 non sono meno soggette a furti delle altre, ne  consegue  che,  rebus
 sic  stantibus,  due  situazioni  pressoche' identiche (detenzione di
 armi oltre un ragionevole limite) sono disciplinate in modo  difforme
 senza  che  sia  dato  all'interprete di comprendere la ratio di tale
 macroscopica diversita' di disciplina.
    In secondo luogo, va poi rilevato che, il divieto di  detenere  il
 munizionamento delle armi in collezione contenuto nel penultimo comma
 dell'art. 10 citato, si traduce in un sostanziale divieto di fare uso
 delle  armi  in  collezione,  mentre  i  detentori  di armi da caccia
 possono fare libero uso di  tutte  le  armi  in  loro  possesso,  con
 facolta'  di detenere inoltre tutte le specie di munizioni necessarie
 per il funzionamento delle armi medesime.
   Anche questa disparita' di disciplina di situazioni sostanzialmente
 identiche sembra contraria al principio di ragionevolezza;  principio
 questo  posto  a  limite  della  "discrezionalita'"  del legislatore.
 Infatti, il divieto di detenzione del  munizionamento  relativo  alle
 armi  comuni  da sparo e a quelle sportive preclude l'esercizio delle
 normali facolta' derivanti al  diritto  di  proprieta',  inibendo  di
 fatto  qualsiasi  uso  delle  armi  in  collezione,  compreso  quello
 sportivo o lucido (senza  peraltro  apprestare,  come  contropartita,
 alcuna  efficace  tutela  dell'ordine  pubblico).  Cio' pone dubbi di
 legittimita' costituzionale anche in relazione all'art.  42,  secondo
 comma,  della  Costituzione,  in quanto provoca una restrizione delle
 facolta' connesse alla proprieta', ingiustificata ed  irrazionale  se
 confrontata con l'ampia permissivita' in materia di caccia.
   Non  si  comprende  inoltre  quale  interesse socialmente rilevante
 possa giustificare una tale sopravvalutazione  delle  esigenze  della
 caccia  quale  quella  che si e' descritta, sopratutto a fronte della
 correlativa compressione di quelle della difesa  e,  in  particolare,
 dello  sport  (si  tenga presente che anche la caccia e' un'attivita'
 ludico sportiva).
   Infine, occorre segnalare che - pure riconoscendo al legislatore la
 massima discrezionalita' nella determinazione edittale delle  pene  -
 la  comminazione  della  reclusione  per la violazione del divieto di
 detenzione di munizioni da parte del collezionista, anche nel caso di
 una  sola  cartuccia,  appare   eccessiva   e   sproporzionata   alla
 pericolosita'  della condotta incriminata. Si consideri, per avere un
 termine di confronto, che il possesso abusivo di munizioni  da  parte
 di  un  non  collezionista  e' punito dall'art. 697 del codice penale
 solo come contravvenzione con l'ammenda alternativa all'arrestoº
   Violazione di principi costituzionali.
   L'esposizione che precede e'  stata  intesa  a  dimostrare  che  le
 disposizioni  impugante, cioe' i commi sesto, nono e decimo dell'art.
 10 della legge 18  aprile  1975  n.  110,  non  possono  sopravvivere
 nell'ordinamento   senza   arrecare   un  grave  vulnus  ai  principi
 costituzionali sopra richiamati e segnatamente all'art. 3 della Carta
 fondamentale. Tale insanabile incompatibilita' non era  esistente  ab
 origine,   quando   furono   introdotte  nell'ordinamento  le  citate
 disposizioni,  ma  e'  soprovvenuta   per   effetto   della   novella
 legislativa contenuta nella legge 19 dicembre 1992 n. 489, che - come
 si  e'  detto  -  ha soppresso il limite di armi da caccia detenibili
 senza licenza di collezione contenuto nel menzionato art. 10.
   Va poi soggiunto che anche  il  diritto  di  proprieta'  (sia  pure
 riferito  a  cose mobili, quali sono certamente le armi) trova tutela
 nella Costituzione e le sue  limitazioni,  pur  consentite  e  talora
 necessarie,  devono  rispondere  a  criteri  di  omogenea e razionale
 disciplina della materia. Occorre, pertanto, concludere  al  riguardo
 che la disparita' di trattamento tra la normativa concernente le armi
 da  caccia  rispetto  alle  altre  intacca  ingiustificatamente anche
 l'art. 42 della  Costituzione,  perche'  comprime  senza  ragione  il
 libero  esercizio  delle  facolta' normalmente attribuite al titolare
 del diritto medesimo.
   Naturalmente, non puo' essere negata al legislatore la facolta'  di
 porre  limitazioni  e  restrizioni  in  tema  di detenzione di armi a
 tutela   della   pubblica   incolumita',   determinate   dalla   loro
 pericolosita'  intrinseca.  Peraltro, tali limiti devono rispondere a
 criteri di razionalita' e di  effettivo  rispetto  del  principio  di
 uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, non solo dal punto di
 vista formale ma anche e soprattutto da quello sostanziale.
   Infine,  (sebbene si tratti di una considerazione irrilevante sotto
 il profilo strettamente giuridico) va poi osservato che la necessarie
 eliminazione della parte dell'art. 10 della legge n. 110/75 di cui si
 denunzia la illegittimita' costituzionale, non potrebbe  produrre  in
 alcun  modo,  come  conseguenza  indesiderata,  una messa in pericolo
 l'ordine  pubblico,  ricollegabile   a   una   ipotetica   diffusione
 indiscriminata  di  armi  comuni  e  sportive tra i privati. Infatti,
 restano salve tutte le disposizioni che limitano l'acquisto  di  armi
 (art.   35   TULPS,   citato)   nonche'  quelle  che  danno  facolta'
 all'autorita' di vietare la  detenzione  di  armi  alle  persone  che
 potrebbero abusarne (artt. 39 e 40 del TULPS).
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' sollevata;
   Sospende il processo in corso;
   Dispone trasmettersi gli atti  alla  Corte  costituzionale  per  la
 decisione  sulla questione di legittimita' di cui all'esposizione che
 precede.
     Pontremoli, addi' 12 gennaio 1996
                         Il pretore:  Mauceri
 96C0376