N. 72 SENTENZA 7 - 15 marzo 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro in materia di navigazione - Navigazione marittima ed  aerea  -
 Pignorabilita'  e  sequestrabilita'  delle  retribuzioni  corrisposte
 all'arruolato, fino alla concorrenza di un quinto, per  ogni  credito
 vantato  nei  suoi  confronti  -  Omessa  previsione - Ammissibilita'
 esclusivamente prevista a causa di alimenti dovuti per  legge  o  per
 debiti  certi,  liquidi ed esigibili verso l'armatore, dipendenti dal
 servizio  della  nave  -  Lesione  del  principio  di  eguaglianza  -
 Riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia (cfr. sentenze
 nn.  123  e  124  del  1962,  96/1987,  304/1991)  -   Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Codice  della  navigazione,  artt.  369,  primo  comma, e 930, primo
 comma).
(GU n.12 del 20-3-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Guidici:   pof. Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 369, primo
 comma, del codice della navigazione,  approvato  con  r.d.  30  marzo
 1942,  n.  327,  promosso  con  ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dal
 Pretore di Siracusa - sezione distaccata di Augusta, nel procedimento
 civile vertente tra Morello Domenico e  Banca  di  Credito  Popolare,
 iscritta  al  n.  323  del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  24,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni.
                            Ritenuto in fatto
   1. -  Nel  corso  di  un  giudizio  di  opposizione  all'esecuzione
 promossa  dalla Banca di Credito Popolare di Siracusa contro Domenico
 Morello mediante pignoramento dei crediti da  lui  vantati  verso  la
 S.p.a.    Augustea Imprese Marittime in dipendenza di un contratto di
 arruolamento, il Pretore di Siracusa - sezione distaccata di Augusta,
 con ordinanza  del  30  marzo  1995,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art.  369 del r.d. 30 marzo 1942, n.  327  (testo
 definitivo  del  codice  della  navigazione)  nella  parte in cui non
 prevede, analogamente a quanto dispone l'art. 545  cod.proc.civ.  per
 gli altri dipendenti privati, la pignorabilita' e la sequestrabilita'
 delle  retribuzioni  corrisposte all'arruolato, fino alla concorrenza
 di un quinto, per ogni credito vantato nei suoi confronti.
   La  questione  viene  riproposta  nonostante  il  precedente  della
 sentenza  di  infondatezza  n. 101 del 1974, non sembrando al giudice
 rimettente che il mero fatto  della  navigazione  sia  per  se'  solo
 sufficiente a giustificare il trattamento privilegiato, rispetto agli
 altri lavoratori, accordato dalla norma denunciata ai marittimi.
   La  disparita'  di trattamento e' prospettata anche in relazione ai
 crediti,   considerato   che   l'art.   369   cod.nav.   ammette   la
 pignorabilita'  di  un  quinto  della  retribuzione  limitatamente ai
 debiti per alimenti e ai debiti certi,  liquidi  ed  esigibili  verso
 l'armatore dipendenti dal servizio della nave.
   Si osserva infine che la disparita' di trattamento e' ulteriormente
 sottolineata  dalle  successive  pronunce  di questa Corte, che hanno
 progressivamente eliminato analoghe disposizioni in favore  di  altre
 categorie di lavoratori, in particolare dei dipendenti pubblici.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Con  ordinanza  del  30  marzo 1995 il Pretore di Siracusa -
 sezione distaccata di Augusta ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 369 del codice della navigazione, approvato
 con r.d. 30 marzo 1942,  n.  327,  per  contrasto  col  principio  di
 eguaglianza  di cui all'art. 3 della Costituzione, nella parte (primo
 comma) in cui, in  deroga  all'art.  545  cod.proc.civ.,  ammette  il
 sequestro  o il pignoramento delle retribuzioni degli arruolati, fino
 a un quinto del loro ammontare, esclusivamente a  causa  di  alimenti
 dovuti  per  legge  o  per  debiti  certi, liquidi ed esigibili verso
 l'armatore, dipendenti dal servizio della nave.
   2.1. - La questione e' fondata.
   La norma impugnata, risalente all'Ordinanza della marina 1 novembre
 1745 di Luigi XV, fu giustificata all'origine in  ragione  del  fatto
 della  navigazione,  allora  caratterizzato  dalla  lunga  durata dei
 viaggi e dalla difficolta' di rimesse di denaro in patria durante  il
 viaggio:   circostanze che potevano occasionare "il libertinaggio dei
 marinai"  distraendo  i  salari  dalla   naturale   destinazione   al
 sostentamento delle loro famiglie.
   La  norma, tenuta ferma dalla giurisprudenza francese nonostante il
 silenzio della codificazione napoleonica, fu accolta  nel  codice  di
 commercio  italiano  del 1882: l'art. 545 ammetteva il sequestro o il
 pignoramento delle paghe dei  marinai  solo  per  causa  di  alimenti
 legali,  nei  limiti di un terzo, e, senza limite, per i debiti verso
 la nave dipendenti dal servizio della nave stessa.  Venuta  meno  col
 progresso  tecnologico  la ratio originaria, il trattamento di favore
 fu collegato agli aspetti pubblicistici dei rapporti  di  lavoro  del
 personale  navigante,  legati  all'interesse  della  sicurezza  della
 navigazione e della regolarita' dei servizi di trasporto marittimo, e
 quindi fu giustificato  per  analogia  con  i  rapporti  di  pubblico
 impiego,  per  i  quali  una  norma simile era stata introdotta dalle
 leggi 14 aprile e 17 giugno 1864, nn. 1731 e 1807.
   2.2. - Ammesso -  come  pure  aveva  ritenuto  questa  Corte  nella
 sentenza  n.  101  del  1974  -  che una simile giustificazione fosse
 ripetibile nel 1942 per l'art. 369 cod.nav. (che ha riprodotto l'art.
 545 cod.comm.  con riduzione del limite da un terzo a  un  quinto  ed
 estensione  di  esso  anche  al secondo caso), essa e' venuta meno in
 conseguenza di successive sentenze che hanno eliminato il trattamento
 privilegiato dei pubblici dipendenti  e,  con  esso,  il  modello  di
 riferimento giustificativo della norma.
   Si  tratta  delle  sentenze nn. 89 del 1987, 878 del 1988 e 115 del
 1990, che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale, le  prime
 due,  dell'art.  2,  primo  comma, n. 3 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n.
 180  (testo  unico  delle  leggi   concernenti   il   sequestro,   il
 pignoramento  e  la  cessione  degli  stipendi, salari e pensioni dei
 dipendenti delle pubbliche amministrazioni), la  terza  dell'art.  1,
 terzo  comma,  lett.    b)  della legge 27 maggio 1959, n. 324, nella
 parte in cui non prevedevano la sequestrabilita' e la  pignorabilita'
 delle  retribuzioni,  nonche'  dell'indennita'  integrativa speciale,
 corrisposte dallo Stato e dagli enti pubblici, fino a concorrenza  di
 un  quinto,  per  ogni  credito  vantato nei confronti del personale.
 L'art. 2, primo comma, n. 3, del d.P.R. n. 180 del 1950 e' stato  poi
 nuovamente censurato dalla sentenza n. 99 del 1993 nella parte in cui
 non prevedeva la sequestrabilita' e la pignorabilita', entro i limiti
 stabiliti  dall'art.  545  cod.proc.civ.,  delle  indennita'  di fine
 rapporto  spettanti  ai  dipendenti  degli  enti  pubblici   indicati
 nell'art. 1 del decreto, per ogni credito vantato nei loro confronti.
   Le  decisioni sono motivate in relazione, per un verso, al processo
 in atto di osmosi tra i settori dell'impiego pubblico e  dell'impiego
 privato,  comportante  una  progressiva attenuazione delle differenze
 tra i due  tipi  di  rapporto;  per  l'altro  verso,  alla  crescente
 dilatazione  del  settore  pubblico  "fino a comprendere una serie di
 fattispecie e di soggetti nettamente diversi tra  loro  in  raffronto
 alle  caratteristiche  della  prestazione  del  dipendente e dei fini
 istituzionali dell'ente pubblico", di  guisa  che  "non  appare  piu'
 ricostruibile   la   ratio  unitaria  della  norma  nell'esigenza  di
 garantire il buon andamento degli uffici e la continuita' dei servizi
 della pubblica amministrazione".
   Siffatta esigenza non era piu'  sufficiente  a  fornire  una  ratio
 coerente  della norma in esame gia' sul finire degli anni '50, quando
 divenne prevalente, trovando poi una prima conferma nella sentenza n.
 123  del  1962  di  questa  Corte,  la  giurisprudenza  favorevole  a
 riconoscere  il  diritto  di  sciopero  anche ai pubblici dipendenti.
 Analogamente, non e'  piu'  adducibile  a  fondamento  dell'art.  369
 cod.nav. l'interesse pubblico alla regolarita' dei servizi marittimi,
 una  volta  riconosciuto  ai componenti dell'equipaggio il diritto di
 sciopero quando la nave non  si  trovi  in  navigazione,  in  via  di
 interpretazione   restrittiva   della   fattispecie   del   reato  di
 ammutinamento prevista dall'art. 1105 cod.nav. (sentenza n.  124  del
 1962).
   La   rilevanza   dell'aspetto   pubblicistico   del   contratto  di
 arruolamento e' stata ulteriormente attenuata dalla legge 19 dicembre
 1979, n.  649, aggiuntiva di un nuovo comma  all'art.  325  cod.nav.,
 che ha rimesso alla contrattazione collettiva la determinazione della
 misura  e  delle  componenti  della  retribuzione,  cosi' confermando
 implicitamente la spettanza del diritto di sciopero  anche  a  questa
 categoria  di  lavoratori, nel limite indicato dalla sentenza citata.
 Altri elementi di specialita', essi pure  correlati  al  fatto  della
 navigazione,  sono stati rimossi dalle sentenze nn. 96 del 1987 e 364
 del 1991, che hanno dichiarato l'illegittimita' dell'art.  35,  terzo
 comma,  della  legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori),
 nelle parti in cui escludeva l'applicabilita' al personale  navigante
 delle   imprese  di  navigazione  delle  norme  di  tutela  contro  i
 provvedimenti disciplinari e i licenziamenti di  cui  agli  artt.  7,
 primi tre commi, e 18 della legge medesima.
   Per  tutte queste considerazioni si puo' concludere che, allo stato
 attuale dell'ordinamento,  e'  cessata  ogni  ragione  giustificativa
 della norma impugnata, la quale pertanto risulta lesiva del principio
 di eguaglianza.
   3.   -   In   conseguenza  della  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art.  369,  primo  comma,  cod.  nav.,  la  Corte
 ritiene  di  dichiarare,  in applicazione dell'art. 27 della legge 11
 marzo   1953,   n.   87,   l'illegittimita'   costituzionale    anche
 dell'identica  norma dettata nell'art. 930, primo comma, dello stesso
 codice per il personale di volo delle imprese di navigazione aerea.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  369,   primo
 comma,  del  codice  della  navigazione  (approvato con r.d. 30 marzo
 1942, n.  327);
   Dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11  marzo  1953,
 n.  87,  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 930, primo comma,
 dello stesso codice.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.
                         Il Presidente:  Ferri
                        Il redattore:  Mengoni
                       Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.
               Il direttore della cancelleria:  Di Paola
 96C0385