N. 76 ORDINANZA 7 - 15 marzo 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Minori  -  Interruzione  volontaria della gravidanza - Autorizzazione
 giudiziale - Affidamento al giudice della valutazione in concreto del
 contenuto intrinseco dell'atto - Questioni gia'  decise  dalla  Corte
 con  ordinanze  nn.  463/1988,  293/1993  e  sentenza  n.  463/1988 -
 Procedimento autorizzatorio predisposto a tutela della  salute  della
 madre  nel  contesto  di tutti gli altri fattori economici, sociali e
 giuridici - Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 22 maggio 1978, n. 194, artt. 4, 5 e 12).
 
 (Cost., artt. 2 e 31, secondo comma).
(GU n.12 del 20-3-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott. Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli articoli 4, 5 e 12 della legge 22 maggio 1978,  n.  194  (Norme
 per la tutela sociale della maternita' e sull'interruzione volontaria
 della  gravidanza),  promosso  con ordinanza emessa il 25 maggio 1995
 dal pretore di La Spezia sull'istanza proposta da P.M.A., iscritta al
 n. 671 del  registro  ordinanze  1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  43, prima serie speciale, dell'anno
 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore
 Gustavo Zagrebelsky;
   Udito l'Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
   Ritenuto che, nel corso del procedimento relativo alla richiesta di
 una  minore  per  ottenere l'autorizzazione a decidere l'interruzione
 volontaria della gravidanza, il pretore di La Spezia, in funzione  di
 giudice  tutelare,  ha  sollevato,  con  ordinanza del 25 maggio 1995
 (pervenuta a  questa  Corte  il  14  settembre  1995),  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli articoli 4, 5 e 12 della legge 22
 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della  maternita'  e
 sull'interruzione  volontaria  della gravidanza), in riferimento agli
 articoli 2 e 31, secondo comma, della Costituzione;
     che  il  giudice  rimettente  osserva,  preliminarmente,  che  il
 procedimento  regolato  dall'art.  12 della legge n. 194 del 1978 da'
 luogo all'esercizio della funzione giurisdizionale, sia pure in forma
 non contenziosa, in quanto  e'  affidata  al  giudice,  al  fine  del
 provvedimento autorizzatorio, la verifica della corrispondenza tra le
 ragioni  addotte  dalla minorenne e le circostanze che legittimano in
 via  generale  l'interruzione  della   gravidanza,   quali   indicate
 nell'art. 4 della stessa legge;
     che,  muovendo  da  questo  rilievo,  il  rimettente  contesta la
 configurazione che la giurisprudenza di questa  Corte  (ordinanza  n.
 463   del   1988)   ha   dato   all'autorizzazione  giudiziale  quale
 provvedimento esterno al riscontro delle condizioni di fatto previste
 dalla legge  per  consentire  l'interruzione  della  gravidanza:  una
 configurazione  che  individua  nel  consultorio,  o  nella struttura
 socio-sanitaria, o nel medico  di  fiducia  i  soggetti  abilitati  a
 effettuare  tale  riscontro,  secondo l'art. 5 della legge n. 194 del
 1978, e che definisce quindi l'intervento del giudice  tutelare  come
 pertinente  alla  sfera  della  capacita'  della donna minorenne, sul
 piano della adeguata  valutazione  dell'atto  di  interruzione  della
 gravidanza;
     che    il   pretore   ritiene   invece   che   il   provvedimento
 autorizzatorio, in quanto integrativo della volonta' della minore, si
 risolva esso stesso in una manifestazione  di  volonta',  convergente
 con  quella  della donna e che, pertanto, al giudice sia affidata una
 valutazione in concreto del contenuto intrinseco dell'atto;
     che  il  pretore  sottopone  a  questa  Corte  lo  scrutinio   di
 costituzionalita'  degli  articoli  4,  5 e 12 della legge n. 194 del
 1978 "nella parte in cui consentono  alla  donna  di  decidere  e  al
 giudice  tutelare  di  autorizzare  la  donna  minorenne  a  decidere
 l'interruzione volontaria della gravidanza anche al di fuori dei casi
 in cui l'ulteriore gestazione implichi  danno  o  pericolo  grave  ed
 attuale,  medicalmente accertabile in modo obiettivo e non altrimenti
 evitabile per la salute della madre", per contrasto con gli  articoli
 2 e 31, secondo comma, della Costituzione, i quali proteggono la vita
 del concepito e la maternita';
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  il quale, rilevando l'identita' della questione sollevata con
 quella gia' decisa dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n.  293
 del 1993, nel senso della manifesta inammissibilita', ha concluso per
 analoga declaratoria anche nel presente giudizio;
   Considerato  che  il  pretore di La Spezia ripropone a questa Corte
 profili gia' ripetutamente affrontati e decisi  (oltre  all'ordinanza
 n. 463 del 1988 citata dal rimettente, sentenza n. 196 del 1987 e, da
 ultimo,  ordinanza  n.  293 del 1993), concernenti il procedimento di
 autorizzazione a decidere l'interruzione volontaria della  gravidanza
 da  parte di donna minore di eta' (ed entro i primi novanta giorni di
 gestazione), procedimento  sul  quale  si  innesta  l'intervento  del
 giudice  tutelare  allorche'  non vi sia l'assenso degli esercenti la
 potesta' o la tutela sulla minore, o  vi  siano  pareri  difformi  da
 parte  di costoro o, ancora, sussistano seri motivi che impediscano o
 sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potesta' o la
 tutela (art.  12,  secondo  comma,  della  legge  n.  194  del  1978,
 anch'esso  coinvolto  nell'impugnativa insieme alla norma sostanziale
 dell'art. 4 e a  quella  dell'art.  5  della  legge,  concernente  le
 procedure medico-sanitarie e amministrative);
     che  le  censure  dedotte  dal rimettente muovono dal presupposto
 della configurazione del provvedimento  giudiziale  come  integrativo
 della  volonta'  della  donna,  nel  cui  ambito  pertanto al giudice
 sarebbe affidato  anche  il  potere  di  valutazione  intrinseca  del
 contenuto  della  decisione  che  la minore intende prendere e per la
 quale deve essere autorizzata dal giudice tutelare;
     che,  in  senso   diverso,   deve   ribadirsi   che   il   potere
 autorizzatorio   del   giudice   tutelare   e'  previsto  (quando  si
 verifichino le condizioni di cui al secondo  comma  dell'articolo  12
 della  legge n. 194 del 1978) a garanzia della consapevolezza circa i
 beni di rilievo costituzionale consistenti nella  tutela  della  vita
 del concepito e della vita e della salute della donna (sentenza n. 27
 del  1975)  e  della  serieta'  della loro valutazione e ponderazione
 (ordinanza n. 293 del 1993; sentenza n. 109 del 1981), e quindi anche
 a garanzia del rispetto delle procedure che la legge  ha  previsto  a
 tale  scopo,  in un sistema che prefigura interventi di sostegno e di
 solidarieta' da parte dei servizi sociali per superare le  cause  che
 potrebbero  portare  all'interruzione della gravidanza (art. 2, primo
 comma, e art. 5, primo e secondo comma, della legge n. 194 del 1978);
     che, rispetto a  questa  funzione  del  procedimento  dinanzi  al
 giudice  tutelare,  e' attribuito a tale giudice - in tutti i casi in
 cui l'assenso dei genitori o degli esercenti la tutela non sia o  non
 possa essere espresso - il compito di "autorizzazione a decidere", un
 compito   che  (alla  stregua  della  stessa  espressione  usata  per
 indicarlo dall'art.  12, secondo comma, della legge n. 194 del  1978)
 non  puo'  configurarsi  come  potesta'  co-decisionale, la decisione
 essendo  rimessa  -  alle  condizioni  previste   -   soltanto   alla
 responsabilita' della donna;
     che  la  diversa  visione  che  del  proprio  ruolo ha il giudice
 tutelare  rimettente  condurrebbe  ad   ammettere   un   suo   potere
 decisionale  concorrente  non sindacabile (ex art. 12, secondo comma,
 della legge n. 194 del 1978), concernente il merito di una  decisione
 che  invece,  alla  stregua  della  giurisprudenza  di  questa  Corte
 (ordinanza n. 389 del 1988), il  legislatore  ha  inteso  lasciare  -
 secondo  una  valutazione  politico-legislativa  insindacabile - alla
 responsabilita' finale della donna;
     che  deve  pertanto  essere  ancora  una  volta   ripetuto   che,
 nell'ambito   della  procedura  autorizzatoria  di  cui  all'art.  12
 impugnato, non viene direttamente in causa l'interesse del  concepito
 (ordinanza  n.  463  del 1988) e cio' non nel senso dell'indifferenza
 dell'ordinamento rispetto a esso - come  erroneamente  affermato  dal
 giudice  rimettente  -  ma  nel  senso  che  a  tale  interesse  sono
 preordinati gli accertamenti, le valutazioni e le attivita'  previste
 a  tutela  della  maternita'  e  della  vita  del concepito, cui sono
 chiamati i soggetti indicati dall'art. 5 della legge;
     che,  per  quanto  detto,  ai  fini dell'esercizio della potesta'
 autorizzatoria del giudice tutelare, che l'art.  12  della  legge  n.
 194  subordina a condizioni che spetta al giudice medesimo accertare,
 rilevano invece esigenze diverse, anch'esse  di  grande  significato,
 che  si  compendiano  nella  verifica  in  ordine all'esistenza delle
 condizioni nelle quali la decisione della minore possa  essere  presa
 in  piena liberta' morale, cio' che presuppone la consapevolezza piu'
 ampia e approfondita possibile, da un lato, dei beni che la decisione
 medesima coinvolge  e,  dall'altro,  dei  presupposti  relativi  alla
 salute  della  madre che la legge prevede, nonche' la conoscenza e la
 valutazione di tutti gli altri fattori (di natura economico-sociale e
 giuridica) che l'ordinamento e' tenuto a predisporre a  favore  della
 maternita';
     che,   cosi'   ribadita   la   configurazione   complessiva   del
 procedimento concernente la "autorizzazione a decidere"  del  giudice
 tutelare,  ne  segue  la  conferma  della  dichiarazione di manifesta
 inammissibilita', per irrilevanza, della  questione  sollevata  sugli
 articoli  4  e  5  della  legge  n.  194  del 1978, nonche' di quella
 riferita all'art. 12 della stessa legge,  denunciato  non  in  quanto
 tale  ma  come  mezzo  di  introduzione  delle  censure  sui predetti
 articoli 4 e 5 (v. ordinanza n. 293 del 1993 citata);
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale degli articoli 4, 5 e 12 della  legge  22
 maggio  1978,  n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternita' e
 sull'interruzione  volontaria  della   gravidanza),   sollevata,   in
 riferimento  agli articoli 2 e 31, secondo comma, della Costituzione,
 dal Pretore di La Spezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.
                         Il Presidente:  Ferri
                       Il redattore:  Zagrebelsky
                       Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.
               Il direttore della cancelleria:  Di Paola
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