N. 273 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 gennaio 1996

                                N. 273
   Ordinanza emessa il 10 gennaio 1996 della pretura di Udine, sezione
 distaccata di Cervignano nel Friuli nel procedimento penale a  carico
 di Peressin Livio ed altre
 Edilizia   e   urbanistica  -  Reati  contravvenzionali  -  Cause  di
 estinzione -  Oblazione  -  Immobili  in  comproprieta'  -  Oblazione
 eseguita da un condomino - Estinzione del reato per tutti i condomini
 -  Mancata  previsione  dell'effetto  estintivo  del reato altresi' a
 favore di tutti i legali rappresentanti della societa',  in  caso  di
 oblazione  eseguita  da uno solo dei soci - Disparita' di trattamento
 di situazioni omogenee.
 (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.14 del 3-4-1996 )
                              IL PRETORE
 
                             O s s e r v a
   A seguito della produzione documentale effettuata  all'udienza  del
 15   dicembre  1995,  si  e'  verificato  l'avvenuto  rilascio  della
 concessione in sanatoria per l'abuso edilizio contestato.
   In  piu',  l'imputato  Peressin   Livio   ha   fornito   la   prova
 dell'avvenuto   pagamento   dell'oblazione.  La  difesa  ha,  quindi,
 richiesto che venisse dichiarata l'estinzione del reato nei confronti
 del Peressin e degli altri due amministratori  delegati  dell'impresa
 "Peressin  S.p.a."    ditta  esecutrice dei lavori, che in tale veste
 erano stati citati a giudizio.
   Come   correttamente  osservato  dal  p.m.,  l'effettivo  estintivo
 potrebbe  pronunciarsi  solo  nei  confronti  dell'imputato  che   ha
 richiesto  l'oblazione  e  ha  effettuato il pagamento, cosi' come si
 evince dalla lettura congiunta  dell'art.  34  e  art.  38  legge  n.
 47/1985.
   Tale  ultimo  articolo prevede, tra l'altro, una disciplina diversa
 invece, per colui che e'  imputato  quale  comproprietario.  In  tale
 unico  caso,  l'oblazione versata da uno dei contitolari, giova anche
 agli altri.
   Questa norma e' stata introdotta dall'art. 6 d.-l. 12 gennaio  1988
 n.  2  conv.  in legge 13 marzo 1988 n. 68 per ovviare alle iniquita'
 derivanti dall'applicazione del principio generale  della  necessita'
 del  pagamento  personale  dell'intera oblazione nella ipotesi, molto
 frequenti, di coniugi in regime di comunione dei beni.
   Ci si chiede ora, se l'esclusione da tale  beneficio  dei  soggetti
 aventi  la  rappresentanza  legale  di  una  persona giuridica, possa
 trovare una giustificazione alla luce del dettato costituzionale.
   Permesso che societas delinquere non potest, e' evidente  che  sono
 chiamati  a  rispondere coloro che agiscono in nome e per conto della
 societa'.
   Attraverso essi la societa' "vive" nel mondo giuridico  e  pone  in
 essere gli atti necessari alla sua esistenza.
   Talvolta,  come  nel caso in ispecie, vengono posti in essere degli
 atti  illeciti  dei  quali,  tuttavia,  possono  essere  chiamati   a
 rispondere solo delle persone.
   Ad  avviso dello scrivente la scelta di politica legislativa tesa a
 favorire tout court il comproprietario in se',  quale  rappresentante
 della  comunione  del  diritto  di proprieta' e non l'amministratore,
 quale legale rappresentante di una societa', non e' sorretta  da  una
 logica  motivazione  e parrebbe porsi in contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione.
   E' ben vero che l'articolo citato impone di trattare in modo eguale
 casi eguali e per contro, con disciplina diversa i casi diversi.
   Ma appare evidente che non  tutte  le  diversita'  sono  rilevanti,
 bensi'  solo quelle che in tanto in quanto esistono, giustificano una
 disciplina ad hoc, che in tale diversita' trovi la  sua  origine,  la
 sua ragionevolezza e non arbitrarieta'.
   Nell'ipotesi all'esame, la diversa disciplina in tema di estinzione
 del   reato  a  seguito  di  oblazione  e  concessione  in  sanatoria
 rappresenta una diversita' non giustificata, in quanto  non  sorretta
 da una differenziazione dovuta ad un distinto interesse perseguito.
   Ne'  puo'  dirsi  che  esista  tra  le due specie un valore diverso
 rispetto all'interesse.
   Nel caso in esame  dubita  lo  scrivente  che  tale  diversita'  di
 trattamento  possa  considerarsi  materia  sottratta al sindacato del
 giudice costituzionale  in  quanto  frutto  di  una  discrezionalita'
 legislativa espressione di scelte politiche.
   Non  si  tratta  cioe'  di  disparita'  di  fatto che nascono dalla
 volonta' legislativa di tener conto di  situazioni  piu'  meritevoli,
 ne'  sono  espressione  della  scelta  di indirizzo politico ossia di
 individuazione dei fini che lo Stato deve  perseguire,  compiendo  le
 scelte   fondamentali   dell'attivita'   statale   e   coordinando  e
 controllando tutte le attivita' dirette  al  raggiungimento  di  tali
 fini).
   Si tratta invece di una disciplina diversa a seconda esclusivamente
 dello  status  rivestito  dal  soggetto  imputato  (comproprietario o
 imprenditore), senza  che  a  tale  status  siano  ricollegabili  dei
 distinti valori da tutelare.
   Il  nostro  ordinamento  invero  non  riconosce  una priorita' alla
 tutela del diritto di proprieta' in se', piuttosto che al diritto  di
 impresa.    La  norma di favore introdotta dal decreto-legge del 1988
 lungi dal favorire solo i piccoli comproprietari (es. marito e moglie
 che intendono costruirsi una casa di civile abitazione)  finisce  per
 favorire  indiscriminatamente  tutti i contitolari del diritto reale,
 quand'anche facenti parte di cospicue comunioni a scopo di  godimento
 con  finalita', ad esempio, speculative. Quindi verrebbe a mancare la
 ratio della disparita' introdotta, non potendo certo ritenersi che la
 norma  sia  dettata  per  favorire  esclusivamente  alcuna  categoria
 rispetto  ad  altre,  perche' piu' deboli o maggiormente bisognose di
 tutela (ad esempio per favorire il diritto alla casa).
   Ne' puo' sostenersi che il  comproprietario  a  differenza  di  chi
 agisce  in  nome  e  per  conto  della  societa', non abbia doveri di
 controllo con assunzione relativa di  responsabilita'  per  cio'  che
 attiene alla cosa in suo potere.
   Cosicche'  se  viene  punita l'omissione colpevole del proprietario
 cosi' come dell'imprenditore, non si comprende  perche'  in  sede  di
 concessione  di  sanatoria,  la personalita' della responsabilita' ai
 fini di una declaratoria di estinzione del reato, venga  riconosciuta
 solo per questo e non per quello.
   Non  ignora questo pretore che tra i soggetti che possono incorrere
 in un reato edilizio, l'art. 6 della legge n. 47/1985 non menzione il
 proprietario, ma solo il titolare della concessione, il  committente,
 il costruttore e il direttore dei lavori.
   E'   ben  vero  che  astrattamente  titolare  della  concessione  o
 committente possono non essere proprietari e che quest'ultimi, in tal
 caso, potrebbero rispondere eventualmente a titolo di concorso.
   Non e', tuttavia, per tale astratta ipotesi che e' stata dettata la
 norma di favore di cui all'art. 38.
   Infatti il proprietario in se' e per se' non e' soggetto attivo del
 reato, ma lo e' o in quanto rivesta  anche  altra  qualifica  di  cui
 all'art.  6  citato  o con i tali soggetti ivi indicati concorra.  E'
 evidente, pertanto, che il proprietario, totalmente estraneo  ad  una
 costruzione  abusiva  e percio' esente da alcuna responsabilita', non
 ha alcun interesse a chiedere la  concessione  in  sanatoria  ne'  ad
 effettuare il pagamento dell'oblazione.
   Appare,  ad avviso dello scrivente, un mancato totale coordinamento
 tra l'art. 6 e l'art. 38, secondo  comma,  ultima  parte  laddove  il
 termine proprietario va inteso quale soggetto rivestente la qualifica
 di  cui  all'art.  6, come d'altronde avviene nella maggior parte dei
 casi, o con uno di tali soggetti concorrente.
   Conseguentemente si deve dare atto  che  la  disciplina  di  favore
 dettata dall'art. 38 attiene al proprietario in quanto tale e proprio
 in  virtu' della titolarita' stessa (o meglio della contitolarita' di
 tale diritto) e null'altro.
   Cosicche' se l'immobile appartenesse a Tizio  e  Caio,  l'oblazione
 corrisposta  da  uno di essi gioverebbe anche all'altro, mentre se lo
 stesso fosse intestato a una societa' in nome collettivo di cui i due
 sono soci, ognuno di essi dovrebbe presentare un'autonoma domanda  di
 oblazione.
   In  realta',  la  comunione  e'  una collettivita' organizzata, una
 persona giuridica collettiva, la cui capacita' e' minore di  un  ente
 morale e la cui finalita' e' quella della gestione della cosa.
   Tuttavia  tali  indubbie  diversita' non incidono sulla realta' che
 qui  interessa,  ossia  che  al  comunione   agisce   all'interno   e
 all'esterno   attraverso  il  gruppo  dei  comunisti,  cosi'  come  i
 rappresentanti delle societa' agiscono per la persona giuridica.
   Sul piano prettamente penalistico la  responsabilita'  personale  e
 individuale  si  incentra  su  chi ha vivere, fa agire una pluralita'
 organizzata sia essa persona giuridica, sia essa comunione a scopo di
 godimento.
   Allora vista la  posizione  speculare  del  comunista  rispetto  al
 responsabile   della   societa'   in   ambito   penale,   non  appare
 giustificata, ma anzi in contrasto con l'art. 3  della  Costituzione,
 la  limitazione  al  solo  comproprietario dell'effetto estintivo del
 reato, nel caso di avvenuto pagamento dell'oblazione da parte  di  un
 altro condomino, con esclusione di altri soggetti, corresponsabili in
 una societa'.
 
                                P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  non  manifestamente  infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 38, secondo comma, della  legge
 28  febbraio  1985  n.  47 in relazione all'art. 3 della Costituzione
 nella parte in cui non prevede    l'effetto  estintivo  del  reato  a
 favore  di  tutti i legali rappresentanti della societa', qualora uno
 solo di essi abbia versato l'oblazione;
   Sospende il presente giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Manda  alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la    comunicazione  ai
 Presidenti delle due Camere de Parlamento.
     Cervignano del Friuli, addi' 10 gennaio 1996
  Il pretore: Barresi
 96C0401