N. 308 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 novembre 1995
N. 308 Ordinanza emessa il 3 novembre 1995 dal Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale sul ricorso proposto da Candido Paolo Amedeo contro il Ministero delle poste e telecomunicazioni Pensioni - Previsione della definitivita' del giudizio del collegio medico ospedaliero ai fini del riconoscimento delle infermita' per la dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie solo in sede di liquidazione delle pensioni privilegiate e dell'equo indennizzo - Possibilita' di riesame in tale sede delle questioni gia' risolte con il provvedimento di riconoscimento dell'infermita' da causa di servizio - Conseguente possibilita' della coesistenza della valutazione affermativa e negativa della dipendenza da causa di servizio della infermita' da parte dei due organi tecnici (collegio medico ospedaliero e C.P.P.O.) - Irrazionalita' - Disparita' di trattamento di situazioni identiche - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. (D.-L. 21 settembre 1987, n. 387, art. 5-bis, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472). (Cost., artt. 3 e 97, primo comma).(GU n.15 del 10-4-1996 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 7694 del 1994 proposto da Candido Paolo Amedeo, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Ficarra e Corrado Mauceri, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fausto Buccellato in Roma, viale Beato Angelico n. 45; contro Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto (Sezione I) n. 743 del 22 luglio 1993; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione appellata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 3 novembre 1995 il consigliere Costantino Salvatore e udito l'avv. Carrozzo, per delega dell'avv. Mauceri; Nessuno e' comparso per le parti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Paolo Amedeo Candido, dirigente del C.M.P. di Padova del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, con domanda del 4 maggio 1982 chiedeva all'amministrazione di appartenenza il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermita' in essa specificate. Espletate le indagini e raccolti gli elementi indicati nell'art. 36 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, l'istante veniva sottoposto ai prescritti accertamenti sanitari e l'apposito Collegio medico ospedaliero, con verbale n. 66 del 9 dicembre 1982, riconosceva che le infermita' erano state contratte in servizio e per causa di servizio, precisando anche le categorie alle quali erano ascrivibili ai fini dell'equo indennizzo. La Commissione centrale del personale delle poste e delle telecomunicazioni, con atto del 25 giugno 1984, tenuto conto del suddetto giudizio sull'esistenza del rapporto di causalita' tra eventi di servizio e l'infermita' dichiarata e dell'avviso conforme della Direzione generale del personale, esprimeva il proprio favorevole parere e il Direttore centrale, con decreto 9 agosto 1988 riconosceva dipendenti da causa di servizio le infermita' come sopra accertate. A seguito di tale riconoscimento, l'interessato chiedeva la concessione dell'equo indennizzo che gli veniva negata con atto del Direttore centrale del personale del 30 marzo 1991, in conformita' al parere negativo espresso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie sentito a norma dell'art. 5-bis della legge 20 novembre 1987, n. 472. Cio' premesso, il ricorrente deduceva le seguenti censure: 1. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 35, 38, 48, 51, 52, 55 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 e dell'art. 5-bis della legge 20 novembre 1987, n. 472. Il diniego e' illegittimo in quanto, senza adeguata motivazione, si basa sul parere del C.P.P.O. a sua volta errato ed illegittimo perche' si esprime nuovamente e in senso negativo sulla dipendenza delle infermita' da causa di servizio, questione da ritenersi ormai definitivamente risolta in senso positivo dal giudizio espresso dal Collegio medico ospedaliero. 2. - Eccesso di potere per illogicita', irrazionalita' e contraddittorieta'. Il diniego di equo indennizzo e' stato motivato con l'insussistenza - ritenuta dal C.P.P.O. - del presupposto della dipendenza da causa di servizio, senza considerare che la stessa amministrazione tale dipendenza aveva accertato con proprio provvedimento 9 agosto 1988. 3. - Eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di accertamenti. Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, nell'esprimere il proprio giudizio tecnico, non ha tenuto conto di tutti gli elementi di fatto disponibili e risultanti dagli atti dell'amministrazione, mentre quest'ultima ha omesso di motivare sulle ragioni che la inducevano, in presenza di piu' pareri, a dare la preferenza a quello sfavorevole per l'interessato. 4. - Eccesso di potere per travisamento di fatti, illogicita' e carenza di accertamento. Violazione del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, all. A. L'amministrazione intimata avrebbe commesso, una serie di errori dal punto di vista medico-scientifico come risulta dalla relazione svolta dal medico di fiducia sia in dipendenza di carenza di accertamento degli elementi di fatto disponibili e risultanti dagli atti. L'amministrazione si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso, che veniva respinto con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale l'interessato ha proposto il presente appello, chiedendone l'integrale riforma. L'Ente Poste Italiane, nel frattempo succeduto al Ministero, si e' costituito anche in questo grado di giudizio, chiedendo il rigetto dell'impugnativa. L'appellante ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive con apposita memoria e il ricorso e' stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 3 novembre 1995. D i r i t t o La controversia concerne la legittimita' o meno del provvedimento, con il quale e' stata respinta la domanda dell'appellante di concessione dell'equo indermizzo, in conformita' del parere negativo del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie che aveva escluso la dipendenza da causa di servizio dell'infermita' produttiva di menomazione dell'integrita' fisica, laddove il precedente giudizio definitivo del Collegio medico ospedaliero aveva ritenuto sussistente tale dipendenza col seguito del conforme provvedimento ministeriale di riconoscimento, tuttora in atto. Punto centrale di siffatta controversia e' l'interpretazione dell'art. 5-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987, n. 472, in relazione agli articoli 166 e 177 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, che ne risultano implicitamente modificati, circa l'estensione di simili modificazioni. Dalle norme desumibili dai menzionati articoli della legge n. 1092 del 1973, nella loro originaria formulazione, risultava una disciplina uniforme del procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermita' dei pubblici impiegati, concluso da un provvedimento unico di accertamento, preceduto dal giudizio del Collegio medico ospedaliero e dal parere del Consiglio di amministrazione integrati dal parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (salvi i casi di ulteriori pareri dell'ufficio medico legale presso il Ministero della sanita'): talche', avvenuto una volta per tutte tale accertamento, questo valeva ai fini di tutte le misure riparatorie previste dall'ordinamento sia per la salvaguardia patrimoniale che per il risarcimento di menomazioni dell'integrita' fisica rapportabili all'infermita' considerata, con preclusione esplicita di un suo riesame ai fini del trattamento di quiescenza privilegiato, sancita dall'art. 163, secondo comma della stessa legge. L'art. 5-bis del decreto-legge n. 387 del 1987 convertito nella legge n. 472 del 1987 ha reso definitivo il giudizio del Collegio medico ospedaliero, "ai fini del riconoscimento delle infermita' per la dipendenza da causa di servizio" in generale, ed ha mantenuto il parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie solo in sede di liquidazione delle pensioni privilegiate e dell'equo indennizzo, abrogando altresi' il divieto di riesame in tale sede delle questioni gia' risolute col provvedimento di riconoscimento dell'infermita' da causa di servizio. Deriva da cio' che, fermo restando ad ogni altro fine il riconoscimento avvenuto della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio (salvi i casi di suo annullamento d'ufficio per autotutela), esso possa essere negato per la eventualita' di parere contrario del Comitato per le pensioni privilegiate odinarie reso in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo, come e' appunto avvenuto nel caso in esame. La nuova norma ha cosi' introdotto una disciplina giuridica del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermita' e delle menomazioni d'integrita' fisica connesse comportante la possibile coesistenza della affermazione e della negazione di tale dipendenza in relazione all'una o all'altra della misure riparatorie previste dall'ordinamento. A tali conclusioni interpretative e' pervenuta la prevalente giurisprudenza, nonostante sporadici tentativi di configurare la portata innovativa della norma nel senso di limitare l'oggetto del parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (una volta riconosciuta nella fase antecedente del procedimento la dipendenza da causa di servizio), agli aspetti ulteriori dell'infermita' e della menomazione dell'integrita' fisica come la graduazione della loro gravita' e la conseguente classificazione secondo i parametri di legge. Se questo ultimo fosse il senso della norma, non si spiegherebbe in essa la salvezza, esplicita e limitata ai fini indicati, del parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie di cui all'art. 166 del d.P.R. n. 1092 del 1973, che e' prescritta proprio sulla dipendenza dell'infermita' da causa di servizio. Non puo' non ritenersi quindi che la definitivita' del giudizio del Collegio medico ospedaliero trovi un limite espresso in tale salvezza e quindi negarsi la possibile coesistenza, riguardo alla stessa infermita' concernente uno stesso soggetto e la stessa eziopatogenesi, di provvedimenti di riconoscimento, l'uno, e di disconoscimento, l'altro, della dipendenza da causa di servizio. Se tutto cio' e' vero, si palesa il dubbio non manifestamente infondato di incostituzionalita' dell'art. 5-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987, n. 472, per contrasto con gli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione e per eccesso di potere legislativo nei profili della illogicita', della contraddittorieta' e della disparita' di trattamento. Il principio di eguaglianza, enunciato nell'art. 3 della Costituzione con riguardo alla esigenza di parita' di trattamento legislativo per tutti i cittadini in identicita' o equivalenza di situazioni, e' la specificazione etica in formula giuridica del generalissimo principio logico di non contraddizione, per il quale e' impossibile che una cosa sia o non sia nello stesso tempo. Cosi' il collettivo sociale, che l'ordinamento giuridico organizza unitariamente, sebbene rifratto al proprio interno nelle particolarita' individuali, non tollera fra queste, per rispettive posizioni identiche, regole difformi o, a maggiore ragione, opposte e quindi in contraddizione reciproca e con l'essenza dell'organizzazione unitaria. Del pari, ancora al proprio interno, quest'ultima neppure tollera, riguardo a ciascun individuo ad essa appartenente, che singoli momenti della rispettiva vicenda sociale siano fatte oggetto nello stesso tempo di proposizioni opposte ed incompatibili fra loro. Il principio di uguaglianza, percio', inteso come misura costituzionale del valore giuridico di parita' di trattamento di posizioni. giuridiche soggettive identiche per ogni rispettivo aspetto, opera sia nei riguardi della pluralita' dei soggetti consociati, a garanzia dello svolgimento uniforme per tutti di tali posizioni, sia singolarmente nei riguardi di ognuno degli stessi soggetti, a garanzia della considerazione giuridica uniforme di ogni suo immutato modo di essere nel corpo sociale in costanza di tempo. Sembra dunque urtare contro il principio di uguaglianza, garantito dalla Costituzione, la norma che rende possibile la coesistenza di atti provvedimentali, in uno dei quali si affermi e in un altro si neghi il rapporto di causalita' fra gli stessi fattori morbidi o gli stessi fatti di servizio di impiego pubblico ed determinata infermita', sia pure nel quadro variamente articolato di misure riparatorie delle conseguenze dannose di tale infermita'. Essa poi, se anche si volesse trascurare il conflitto immediato col suddetto principio desunto da una testuale norma costituzionale, sembra esporsi al vizio di eccesso di potere nei profili di illogicita' e contraddittorieta' proprio per l'apertura da essa fatta a comportamenti amministrativi confliggenti col principio logico di non contraddizione riguardo alla qualificazione giuridica di uno stesso fatto sia in un senso che nel senso opposto, entrambi coesistenti. Ne' puo' tacersi della rifrazione di tale illegittimita' sull'osservanza dell'altro precetto, di cui all'art. 97 della Costituzione, circa l'imparzialita' della pubblica amministrazione, la quale vi e' tenuta, non solo nell'operare tra soggetti diversi, ma anche riguardo ad un singolo soggetto, si' da non mutare avviso per mutare di prospettiva in ordine ad una immutata situazione di quel soggetto, lasciando in vita per giunta nello stesso tempo sia l'uno che l'altro avviso. Alla luce di tali considerazioni, che sono state gia' formulate con ordinanza della Sezione n. 466 del 16 maggio 1995 e devono essere qui ribadite, la presente controversia, almeno in via preliminare, non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale cosi' sollevata dovendo il provvedimento impugnato in primo grado essere annullato o no, a seconda che la norma denunziata sia o no dichiarata incostituzionale.
P. Q. M. Visti l'art. 134, della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1958, n. 1, l'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; Dispone al fine della risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito nella legge 20 novembre 1987, n. 472, per contrasto con gli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione, nonche' per eccesso di potere legislativo, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma il 3 novembre 1995. Il presidente: P. Salvatore Il consigliere est.: C. Salvatore 96C0437