N. 335 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 1996
N. 335 Ordinanza emessa il 23 gennaio 1996 dal pretore di Camerino nel procedimento penale a carico di Borgiani Ludovico Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi provenienti da insediamenti produttivi - Inosservanza dei limiti di accettabilita' delle tabelle (allegate alla legge impugnata) - Sanzioni penali - Esclusione dell'applicazione di dette sanzioni agli amministratori pubblici che alla data di accertamento della violazione dispongono di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque - Deteriore trattamento degli amministratori privati (soggetti a sanzioni penali) rispetto agli amministatori pubblici (non soggetti a sanzioni penali) a parita' di situazione. (Legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 21, terzo comma. modificato dal d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, art. 3, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172). (Cost., art. 3).(GU n.16 del 17-4-1996 )
IL PRETORE Ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente ordinanza nei confronti di: Borgiani Lodovico, nato il giorno 10 agosto 1927 a Montecarotto (Ancona), residente in Camerino (Macerata), via Girolamo Di Giovanni n. 6; libero-presente, imputato del reato p. e p. dall'art. 21 legge n. 319/76, poiche' quale titolare di una lavanderia effettuava scarico in pubblica fognatura in violazione della tabella C di cui alla legge medesima. In Camerino, il 27 gennaio 1993. Recidiva se e come da casellario. Con l'intervento del pubblico ministero in persona del dott. Roberto Della Cerra, vice procuratore onorario, all'uopo delegato. Le parti concludevano nel modo che segue: Il pubblico ministero chiede affermarsi la penale responsabilita' dell'imputato in relazione alla fattispecie ascrittagli e condannarsi lo stesso alla pena di mesi tre di arresto. Il difensore dell'imputato in via principale sollecita l'a.g. alla remissione degli atti alla Corte costituzionale per illegittimita' della norma di cui si contesta la violazione; in via subordinata, nella denegata ipotesi di condanna, chiede irrogarsi la pena in aumento ex art. 81 cpv. c.p. rispetto alla pena comminata dalla sentenza 26 ottobre 1993 del pretore di Camerino. Fatto e Diritto Il 27 gennaio 1993, in Camerino, in via Santoni, all'interno dell'azienda per la lavanderia di capi di abbigliamento, gestita dalla ditta individuale di Borgiani Lodovico, personale del S.M.S.P. della U.S.L. n. 15 di Macerata e del servizio I.S.P. della U.S.L. n. 10 di Camerino provvedevano al controllo dell'impianto di depurazione dell'azienda suddetta e degli scarichi derivanti dall'attivita' produttiva: in tale ambito, si provvedeva, tra l'altro, al prelievo di alcuni campioni dei reflui di acqua, che dal depuratore della ditta venivano scaricati direttamente nella pubblica fognatura del comune di Camerino. Le successive analisi rivelavano come i reflui predetti contenessero alcuni valori superiori ai limiti stabiliti dalla tabella c), allegata alla legge 10 maggio 1976, n. 319 (domanda chimica di ossigeno). Cio' stante, veniva inoltrata denunzia a carico del titolare della ditta individuale artigiana "Borgiani Lodovico", individuabile nel signor Borgiani Lodovico prefato; in capo allo stesso venivano intraprese indagini preliminari, le quali si concludevano con la citazione, dinanzi a questa a.g., dell'imputato predetto, al fine di consentire il vaglio della sua responsabilita' in ordine al reato meglio precisato in rubrica. All'udienza del giorno 28 aprile 1995, prima dibattimentale, l'imputato, sebbene ritualmente citato, non si presentava senza allegare la sussistenza di alcun motivo legittimamente ostativo alla personale comparizione, sicche', con apposita ordinanza, ne veniva dichiarata la contumacia. Il dibattimento, peraltro, non veniva aperto, dopo alcuni meri differimenti ante causam, che all'udienza del giorno 11 luglio 1995. In esito all'esposizione introduttiva, veniva esperita l'istruttoria dibattimentale, che si compendiava nell'esame di alcuni tra i testi indotti dal p.m. e nell'espletamento di incarico peritale sulla natura degli scarichi provenienti dall'insediamento produttivo, di cui e' titolare l'imputato. Esaurita l'istruttoria dibattimentale, data lettura degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo del dibattimento, le parti concludevano come da separato verbale. All'esito dell'odierno dibattimento opina questo pretore che sia necessario procedere alla sospensione del giudizio, previa declaratoria della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale del terzo comma dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, siccome novellato dal decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 17 maggio l995, n. 172. Le risultanze dell'istruttoria dibattimentale hanno consentito di apprezzare il raggiungimento della dimostrazione della circostanza che, in data 27 gennaio 1993, venne effettuato, in Camerino, presso l'azienda di lavanderia di capi di vestiario, gestita dalla ditta individuale dell'odierno imputato, un prelievo di campioni di acque reflue, derivanti dal ciclo produttivo dell'azienda, che venivano scaricate, previo passaggio nel depuratore dell'azienda stessa, nelle pubbliche fognature del comune di Camerino. La circostanza appare inconfutabile, in quanto sicuramente dimostrata dalla documentazione prodotta dalla pubblica accusa (verbali di analisi delle acque reflue e certificati inerenti ai risultati delle suddette analisi; v. in atti), riscontrata dalle precise dichiarazioni, rese nel corso dell'udienza del giorno 11 luglio 1995 dai testi Leoni Tristano ed Osimani Patrizia (v. in atti), rispettivamente biologo e perito chimico del S.M.S.P. della azienda U.S.L. n. 9 di Macerata, gia' U.S.L. n. 15 di Macerata, i quali effettuarono il controllo sopra menzionato. Le analisi successive rivelarono la presenza di alcuni valori superiori ai limiti statuiti dalla tabella c), allegata alla legge 10 maggio 1976, n. 319: in particolare, venne riscontrato un valore inerente alla domanda chimica di ossigeno pari a 635,5 mg./l. (valore tabellare pari a 500 mg./l.). Quanto all'elemento soggettivo della fattispecie contestata, deve considerarsi che l'espletata perizia sulla natura degli scarichi provenienti dall'azienda del Borgiani ha consentito di appurare che gli scarichi stessi, immettentisi in pubblica fognatura, provenivano dal depuratore installato presso l'azienda summenzionata e che la strumentazione non era idonea a consentire una perfetta depurazione degli scarichi suddetti, in quanto "Il sistema di depurazione della ditta presentava (...) forti limiti operativi su una parte consistente di sostanze presenti nelle acque provenienti dal processo lavorativo aziendale; da questo discendeva la possibilita' di avere scarichi, in fognatura, non compatibili con la tabella C della legge n. 319/76, soprattutto in presenza di processi lavorativi, particolarmente inquinanti, prevalenti su altri.". In particolare, "I reflui della lavanderia artigianale "Borgiani" erano caratterizzati da un inquinamento prevalentemente di tipo organico (C.O.D. elevato) con un carico talvolta sostenuto di cloruri derivanti dal ciclo di tintura e dalla aggiunta di polielettrolita nel ciclo depurativo. Nonostante che l'impianto chimico-fisico, agendo prevalentemente sui solidi sospesi e colloidali, avesse capacita' di abbattimento fino al 60% del carico organico, nessun potere di abbattimento esercitava nei riguardi dei cloruri" (v., in atti, relazione peritale, redatta in data 8 gennaio 1996 dal dott. Adriano Vecchi, pagg. 8 e 15). Sembra, dunque, che l'evento antigiuridico possa essere ascritto alla volontarieta' dell'odierno imputato, che ben avrebbe potuto (e dovuto) attivarsi per adeguare l'impianto di depurazione, esistente presso la propria azienda, onde ottenere il risultato di una migliore depurazione delle acque reflue, provenienti dal ciclo produttivo (siccome, sia detto per incidens, avvenne proprio in epoca immediatamente successiva all'accertamento effettuato dal personale della U.S.L. n. 15 di Macerata). Cio' stante, non rimarrebbe che passare alla determinazione della pena infliggenda, da individuare in quella preveduta dal novellato terzo comma dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319: si consideri, infatti, che, prima delle modifiche introdotte dal decreto legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito con modificazioni nella legge 17 maggio 1995, n. 172, il terzo comma dell'art. 21 della legge Merli prevedeva come obbligatoria l'irrogazione della pena dell'arresto nei confronti di coloro che avessero effettuato scarichi con valori inquinanti superiori ai limiti delle tabelle, allegate alla legge stessa. Oggi, dopo le summenzionate modifiche apportate dai richiamati testi normativi, il terzo comma dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, commina, nei confronti delle predette condotte antigiuridiche, in via alternativa la pena pecuniaria dell'ammenda, da un minimo di L. 15.000.000 ad un massimo di L. 150.000.000, e la pena detentiva dell'arresto sino ad un anno. Il confronto tra le due normative succedutesi nel tempo lascia chiaramente intendere che, tra esse, quella di maggior favore per il reo e' quella novellata dal decreto legge n. 79/1995, sicche' al Borgiani dovrebbe irrogarsi la pena operando il riferimento allo schema sanzionatorio previsto dal novellato terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319/1976. Peraltro, sempre il terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319/1976, all'ultima parte, in ragione delle modifiche introdotte dalla normativa summenzionata, prevede, testualmente: "Tali sanzioni (quelle penali principali, comminate in via alternativa, dell'ammenda e dell'arresto e quella secondaria dell'incapacita' a contrattare con la pubblica amministrazione, n.d.e. del presente provvedimento) non si applicano nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque.". Sembra, dunque, che, alla stregua di tale disposto, introdotto nel corpus del novellato terzo comma dell'art. 21 della legge Merli in sede di conversione del decreto-legge n. 79/1995, il pubblico amministratore che sia titolare di un insediamento produttivo, che effettui scarichi in pubblica fognatura ovvero in altro corpo ricettore, superiori ai limiti fissati ai sensi del n. 2) del primo comma dell'art. 12 della legge Merli, nel primo caso, ed ai limiti di cui alle tabelle allegate alla predetta legge, nel secondo caso, non sia soggetto all'applicazione di alcuna delle sanzioni prevedute dal ridetto terzo comma dell'art. 21, purche' lo stesso pubblico amministratore disponga di un progetto esecutivo cantierabile finalizzato alla depurazione delle acque. La predetta condizione (causa di non punibilita') non trova applicazione nei confronti del privato titolare di insediamento produttivo, dal quale si dipartano scarichi inquinanti, che, pure, si sia adoperato, per quanto nelle proprie possibilita', per ottenere il risultato della depurazione degli scarichi stessi ed, in ultima analisi, delle acque in cui i medesimi recapitino. La disparita' trattamentale appare di solare evidenza e non sembra sorretta da alcuna ragionevole giustificazione. Lungi dal voler mettere in discussione, in questa sede, opzioni di politica legislativa, che hanno condotto, trarnite le novelle introdotte con il decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 17 maggio 1995, n. 172, ad un abbassamento generale della soglia della difesa penale nella tutela del bene giuridico "ambiente", laddove lo stesso sia compromesso da scarichi inquinanti, in un'ottica che sembra di poter individuare nell'esigenza di affidare al diritto penale il ruolo di extrema ratio tra gli strumenti di tutela del summenzionato bene giuridico, nella certezza che, onde perseguire tale finalita', il diritto penale rimane strumento non primario, bensi' misura sussidiaria (si veda, ad esempio, quanto predicato da autorevole dottrina germanica nel campo della politica criminale: Heinz Zipf, Politica criminale, Milano, 1989, pag. 326), si vuol qui sottolineare come l'opera di depenalizzazione, perseguita dal legislatore del 1995 nel settore di tutela giuridica de quo agitur, sembra ispirata, per taluni aspetti, a criteri di incoerenza e di irragionevolezza. Si consideri, a tal proposito, che il novellato testo dell'art. 22 della legge Merli punisce con una semplice sanzione pecuniaria amministrativa l'inosservanza di prescrizioni contenute nel provvedimento di autorizzazione allo scarico, compiuta da chiunque effettui o mantenga lo scarico stesso: sembrerebbe di poter concludere che la logica sottesa al vasto intervento di depenalizzazione sia quella che la dottrina germanica compendia nell'espressione della Ordnungswidrigkeit, vale a dire nel ricorso sistematico alla mera sanzione amministrativa quale strumento di repressione delle violazioni consistenti nell'inosservanza di disposizioni della pubblica amministrazione. Le conseguenze derivanti da tale intervento innovativo, peraltro, pongono seri problemi di razionalita' della novella, in quanto il testo dell'art. 23 della legge Merli, rimasto inalterato, punisce con sanzione pecuniaria penale chiunque apra o effettui nuovi scarichi prima che l'autorizzazione, da lui regolarmente richiesta, sia stata concessa, mentre il soggetto che, ottenuta l'autorizzazione allo scarico da un insediamento civile, non osservi i limiti di compatibilita' fissati alla stregua del secondo comma dell'art. 14 della legge Merli e' punito con la mera sanzione amministrativa. Pare, pertanto, che la logica sottesa all'intervento di depenalizzazione sia ispirata a criteri contingenti e non sia sorretta da una visione sistematica della materia, che, sola, avrebbe consentito una adeguata tutela del bene giuridico dell'ambiente. In tale quadro di intervento settoriale e privo di una sistematica razionalita' si insedia la novella introdotta, in sede di conversione del decreto legge n. 79/1995, secondo cui il pubblico amministratore, che sia titolare di un insediamento produttivo (si pensi, ad esempio, ad un mattatoio comunale), il quale effettui scarichi superiori ai limiti fissati alla stregua del n. 2) del primo comma dell'art. 12 della legge Merli, se tali scarichi recapitino in pubblica fognatura, ovvero ai limiti di cui alle tabelle allegate alla predetta legge, se gli scarichi recapitino in altro corpo ricettore, non e' punibile laddove disponga di un progetto esecutivo cantierabile finalizzato alla depurazione delle acque. Come gia' detto, la particolare causa di non punibilita' si applica soltanto ai pubblici amministratori e non ai privati, i quali tengano analogo comportamento, magari predisponendo appositi progetti per la depurazione dei reflui provenienti dai propri insediamenti produttivi. Tutt'affatto irragionevole sembra la disparita' trattamentale, laddove si consideri che il bene giuridico tutelato dalla normativa di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, rimane lo stesso, sia che a pregiudicarlo sia un privato cittadino, sia che i comportamenti lesivi provengano dalla pubblica amministrazione: la medesima potenzialita' lesiva dell'ambiente, oggetto precipuo di tutela, che la legge n. 319/1976 intende proteggere sia considerando le acque in se' come una componente dell'ambiente stesso, in quanto tale da salvaguardare, sia considerando le acque come possibile vettore di inquinamento dell'ambiente, risiede nelle condotte violative del privato e del pubblico amministratore. Ne' sembra di poter individuare nella condotta delineata dall'ultima parte del novellato terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319/1976 una fattispecie di ravvedimento operoso, tale da legittimare la sottrazione alla sfera di punibilita' della pregressa condotta di trasgressione, in quanto la causa di non punibilita', come e' stato acutamente sottolineato da recente dottrina, consiste nella mera predisposizione di progetti "cantierabili" senza che si preveda la effettiva messa in opera di impianti di depurazione delle acque, con la conseguenza, tutt'affatto irragionevole, dell'introduzione di una sorta di "licenza di inquinare" per tutti i pubblici amministratori che si limitino a predisporre, sulla carta, i summenzionati progetti, senza adoperarsi concretamente per passare alla fase della concreta realizzazione degli stessi, con i conseguenti, presumibilmente onerosi, impegni di spesa (v. G. Amendola, Nota di commento alla sentenza Cass., sez. terza penale, 2 giugno 1995, n. 1189, in Ambiente, Consulenza e pratica per l'impresa, 1995, n. 9, pag. 64). Ne' dicasi che la condotta del pubblico amministratore e' meritevole di tutela in quanto destinata, per sua stessa natura, a tutelare un bene, del quale solo la pubblica amministrazione e non il singolo privato puo' disporre (le acque nel loro complesso, quale bene pubblico, come si evince dalla dizione testuale utilizzata dal legislatore del 1995). Si ponga mente, a tal proposito, che vieppiu' meritevole di considerazione appare la condotta del privato, il quale, mediante la predisposizione di progetti ovvero, addirittura, mediante la messa in opera di impianti di depurazione, si adoperi attivamente allo scopo di evitare l'inquinamento delle acque pubbliche attraverso la depurazione, a monte, dello scarico inquinante: il fine di salvaguardia del bene giuridico "ambiente", siccome sopra individuato, deve ritenersi egualmente perseguito. Quel che si vuol sostenere, in questa sede, e' che tutt'affatto sfornito di ragionevole giustificazione e, per tal via, in insanabile contrasto con il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione repubblicana, appare differenziare le conseguenze giuridiche legate ad analoghe condotte, sol che le stesse siano adottate dal privato cittadino ovvero dal pubblico amministratore, indipendentemente da ogni giudizio di valore circa le scelte di politica legislativa in tema di depenalizzazione nella tutela del bene giuridico "ambiente", perseguite dal legislatore del 1995 (la cui opinabilita', peraltro, e' gia' stata evidenziata, sotto forma di delibazione del conflitto delle predette opzioni con beni di rilevanza costituzionale, da numerosa giurisprudenza di merito). Cio' detto in merito alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delibata, non resta che passare alla disamina della rilevanza della stessa nel presente giudizio: si ponga mente, a tal riguardo, alla circostanza che il Borgiani aveva installato, presso la propria lavanderia artigianale, un depuratore degli scarichi prodotti, recapitanti nella pubblica fognatura del comune di Camerino. Poco rileva, a tal fine, che il depuratore predetto non fosse, in pratica, idoneo a consentire un'efficace depurazione degli scarichi in relazione ai composti organici, si' che i valori della domanda chimica di ossigeno erano tali da superare i limiti di cui alla tabella c), allegata alla legge n. 319/1976, poiche' la causa di non punibilita' prevista dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 21 della legge predetta prescinde in maniera assoluta da qualsiasi valutazione inerente all'adeguatezza del progetto finalizzato alla depurazione delle acque.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per violazione del disposto del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, del dettato del terzo comma dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, cosi' come modificato dall'art. 3 decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 17 maggio 1995, n. 172, nella parte in cui limita ai soli pubblici amministratori (escludendo i privati) l'operativita' della causa di non applicabilita' di tutte le sanzioni da esso art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 prevedute, in caso di sussistenza di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque. Camerino, addi' 23 gennaio 1996 Il pretore: Semeraro 96C0464