N. 87 SENTENZA 25 - 28 marzo 1996

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale
 
 Regione - Regione Toscana - Enti locali -  Relazione  previsionale  e
 programmatica  -  Approvazione  -  Procedura  -  Delega al Governo il
 riordino   dell'ordinamento    finanziario    e    contabile    delle
 amministrazioni  provinciali  e dei comuni, dei loro consorzi e delle
 comunita' montane - Coinvolgimento  delle  regioni  nell'approvazione
 dello  schema  di  relazione  -  Omessa  previsione  - Illegittimita'
 costituzionale - Non fondatezza.
 
 (D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 114,  primo  comma,  lett.  c);
 d.lgs.  25  febbraio  1995, n. 77, artt. 16 e 123, primo comma, lett.
 h)).
 
 (Cost., artt. 76, 115, 117 e 128).
 
(GU n.14 del 3-4-1996 )
                 LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici:   prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 16, 114,
 primo comma, lettera c), e 123, primo comma, lettera h), del  decreto
 legislativo  25  febbraio  1995,  n.  77  (Ordinamento  finanziario e
 contabile degli enti locali),  promosso  con  ricorso  della  Regione
 Toscana,  notificato  il 18 aprile 1995, depositato in cancelleria il
 27 aprile 1995 ed iscritto al n. 34 del registro ricorsi 1995;
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  l'avvocato  Mario  Loria per la Regione Toscana e l'Avvocato
 dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
                            Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ricorso notificato il 18 aprile 1995, la Regione Toscana
 ha sollevato, in riferimento agli artt. 76,  115,  117  e  128  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 16, 114, primo comma, lettera c), e 123, primo comma, lettera h), del
 decreto  legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario
 e contabile degli enti locali).
   Rammenta la ricorrente che  il  decreto  legislativo  in  cui  sono
 ricomprese  le  disposizioni  denunciate  e' stato emanato sulla base
 della delega conferita al Governo dalla legge  23  ottobre  1992,  n.
 421,  che,  all'art.   4, secondo comma, lettere a) e b), ha fissato,
 quale criterio direttivo, l'applicazione dei principi contenuti nella
 legge 8 giugno 1990, n. 142. Tra questi principi  si  colloca  quello
 della  posizione  di  centralita'  della  Regione  nel  sistema delle
 autonomie locali, delineato dall'art. 3 della legge medesima,  ed  in
 particolare,  per  quanto  attiene alla materia della programmazione,
 dai commi 4, 7 e 8, di tale articolo; come pure dall'art.  54,  comma
 tredicesimo, della stessa legge.
   I  principi della delega non sarebbero stati rispettati dal decreto
 legislativo impugnato nel disciplinare la procedura  di  approvazione
 della  relazione  previsionale  e  programmatica,  che rappresenta il
 fondamentale atto di programmazione degli enti locali. L'art. 16  non
 prevede,   infatti,   nella   relativa   procedura  di  approvazione,
 l'intervento della Regione, contrariamente  a  quanto  era  stabilito
 dalla   precedente   disciplina   contenuta  nell'art.  1-quater  del
 decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni,
 nella legge 26 aprile 1983, n. 131. Analoga  censura,  di  violazione
 dell'art.  76  della  Costituzione,  sotto il profilo dell'eccesso di
 delega, viene rivolta all'art. 123,  primo  comma,  lettera  h),  del
 decreto  legislativo impugnato, che abroga espressamente la procedura
 disciplinata dall'art. 1-quater del decreto-legge n. 55 del  1983,  e
 all'art.   114,   primo   comma,   lettera  c),  il  quale  contempla
 l'approvazione dello schema relativo alla  relazione  previsionale  e
 programmatica  con regolamento da emanare ai sensi dell'art. 17 della
 legge n. 400 del 1988.
   Ne risulta, tra l'altro,  vanificata  la  normativa  emanata  dalla
 Regione Toscana in attuazione dell'art. 3, comma settimo, della legge
 n.  142  del  1990, che prevede l'approvazione da parte del Consiglio
 regionale dello schema tipo  e  dei  criteri  di  compilazione  della
 relazione  previsionale e programmatica (art. 14, quarto comma, della
 legge regionale n. 26 del 1992).
   L'eccesso di delega avrebbe per  conseguenza  anche  la  violazione
 delle norme costituzionali che garantiscono l'autonomia delle Regioni
 e  degli  enti  locali,  norme  delle  quali la legge n. 142 del 1990
 costituisce  attuazione  diretta  (quanto  all'art.  128)  o  mediata
 (quanto  agli  artt.    115  e  117). Tra l'altro, le norme impugnate
 introducono deroghe ai principi della legge n. 142  del  1990,  senza
 rispettare  la  procedura  prevista dall'art. 1 della legge medesima,
 secondo il quale sono  possibili  deroghe  ai  principi  stessi  solo
 mediante modificazione espressa.
   2.  -  Si  e'  costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
   La censura relativa alla violazione dell'art. 76 della Costituzione
 sarebbe  inammissibile  in  quanto  estranea  "alla materia tipica ed
 esclusiva del sindacato di legittimita'  costituzionale  della  legge
 promosso con ricorso diretto da una Regione", ne' sarebbe sufficiente
 a  salvare l'impugnazione nel suo complesso il riferimento, formulato
 in termini generici, agli artt. 115, 117 e 128 della Costituzione.
   Nel merito, il richiamo ai commi quarto, settimo e ottavo dell'art.
 3  della  legge  n. 142 del 1990 sarebbe inconferente, in quanto tali
 disposizioni non hanno una diretta e specifica attinenza alla materia
 della finanza e contabilita' comunale,  regolata  dalle  disposizioni
 del  Capo  XIV  della  medesima  legge:  a  queste  fa riferimento il
 criterio di delega e nulla induce a ritenere, ne' e'  stato  dedotto,
 che  le  norme impugnate contrastino con tali principi. La censura si
 risolverebbe, in definitiva,  nel  lamentare  la  soppressione  degli
 schemi procedurali introdotti dal decreto-legge n. 55 del 1983.
   Inammissibile,  e  comunque  infondata,  sarebbe  anche  la censura
 relativa alla previsione di una disciplina regolamentare,  in  quanto
 l'impiego  di tale fonte non e' in contrasto con i principi di tutela
 dell'autonomia regionale, dal momento che non si tratta  di  dettare,
 attraverso essa, principi vincolanti per la legislazione regionale.
   3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  dello Stato ha
 depositato una memoria, nella  quale  si  ribadisce  che  il  decreto
 legislativo impugnato non ha violato alcun criterio della delega, ne'
 ha inciso negativamente sulle attribuzioni regionali.
   Si sostiene che il legislatore statale, con le norme censurate, non
 ha   inteso   limitare,   bensi'  potenziare  l'autonomia  regionale,
 ritenendo opportuno non interferire con  proprie  disposizioni  nella
 materia  della  programmazione, riservata all'autonomia regionale, ai
 sensi dell'art. 3, commi sesto, settimo e ottavo, della legge n.  142
 del  1990. Pertanto, il silenzio del legislatore nazionale in materia
 (artt. 16 e 114 del decreto legislativo n. 77 del 1995) e
 l'abrogazione dei  commi  sesto  e  settimo  dell'art.  1-quater  del
 decreto-legge  n.  55  del  1983,  mirano  non tanto a far venir meno
 l'obbligo, per  gli  enti  locali,  di  comunicare  alla  Regione  la
 relazione  previsionale  e  programmatica,  quanto  a  rafforzare  la
 richiamata riserva di legge regionale, restando affidata alla Regione
 la valutazione della opportunita' di  mantenere  tale  obbligo  e  di
 disciplinare le relative procedure.
   D'altronde, l'approvazione dello schema di relazione previsionale e
 programmatica  mediante  regolamento statale, prevista dall'art.  114
 del decreto legislativo n. 77 del 1995, non preclude la  facolta'  di
 ciascuna  Regione  di  stabilire, con propria legge, i contenuti e la
 struttura necessari ai fini del coordinamento con  la  programmazione
 regionale,  in quanto il regolamento statale mira solo ad individuare
 ed omogeneizzare  i  contenuti  minimi  essenziali,  senza  con  cio'
 limitare l'autonomia regionale in materia.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Con  il ricorso in epigrafe, la Regione Toscana ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale di  varie  disposizioni  del
 decreto  legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario
 e  contabile  degli  enti  locali),  che  riguardano   la   relazione
 previsionale e programmatica degli enti locali.
   Vengono denunciati:
    l'art.  16,  in quanto non contempla una procedura che salvaguardi
 l'intervento regionale nella fase di approvazione di detta relazione;
    l'art. 123, primo comma, lettera h), nella parte in cui abroga  il
 sesto  ed il settimo comma dell'art. 1-quater del decreto-legge n. 55
 del 1983, che garantivano tale intervento;
    l'art.   114,   primo   comma,   lettera  c),  in  quanto  dispone
 l'approvazione con regolamento governativo dello schema relativo alla
 relazione medesima.
   Secondo   la   Regione   ricorrente   le   disposizioni   censurate
 contrasterebbero con:
    l'art.  76 della Costituzione, avendo disatteso i principi dettati
 dalla legge di delega, la quale  stabiliva  che  il  Governo  avrebbe
 dovuto  procedere  al  riordino  finanziario  e  contabile degli enti
 locali applicando i principi posti dalla legge n. 142 del 1990;
    gli articoli della Costituzione dei quali la legge n. 142 del 1990
 costituisce disciplina attuativa, in via diretta (art. 128) ovvero in
 via mediata (artt. 115 e 117),  tanto  piu'  che  non  sarebbe  stata
 rispettata  la  procedura  dettata  dall'art. 1, terzo comma, di tale
 legge, secondo il quale sono consentite deroghe ai suoi principi solo
 con una modificazione espressa delle disposizioni in essa contenute.
   2. - Va disattesa, anzitutto, l'eccezione sollevata dall'Avvocatura
 dello Stato, secondo la quale il ricorso  sarebbe  inammissibile,  in
 quanto  la  questione  relativa  alla  violazione  dell'art. 76 della
 Costituzione sarebbe estranea alla "materia tipica ed esclusiva"  del
 sindacato  di  legittimita' costituzionale promosso in via principale
 da una Regione.
   Osserva la Corte che la ricorrente, pur  denunciando  il  vizio  di
 eccesso  di  delega,  lamenta,  in  verita',  la lesione, a causa del
 medesimo, delle competenze ad essa spettanti in  virtu'  degli  artt.
 115  e 117 della Costituzione. Sussistono, percio', i presupposti per
 l'ammissibilita' della questione di costituzionalita', alla luce  del
 costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il
 quale  non  e'  impedito  alla Regione dedurre censure attinenti alla
 lesione dell'art. 76  della  Costituzione,  quando  i  principi  o  i
 criteri  che  si  assumono violati siano volti a salvaguardare le sue
 competenze (sentenze nn.  272 del 1988 e 183 del 1987).
   3. - Nel merito, la questione avente ad oggetto l'art.  114,  primo
 comma, lettera c), del decreto legislativo n. 77 del 1995 e' fondata.
   L'art.  4,  secondo comma, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, nel
 conferire al Governo  la  delega  ad  emanare  "uno  o  piu'  decreti
 legislativi   diretti  al  riordino  dell'ordinamento  finanziario  e
 contabile delle amministrazioni provinciali,  dei  comuni,  dei  loro
 consorzi e delle comunita' montane", indica, fra i principi e criteri
 direttivi,  da un canto (lettera a), "l'armonizzazione con i principi
 della contabilita' generale dello Stato, per la parte applicativa dei
 principi contenuti nella legge 8 giugno 1990, n.  142,  tenuto  conto
 delle    esigenze   del   consolidamento   dei   conti   pubblici   e
 dell'informatizzazione" e, dall'altro  (lettera  b),  "l'applicazione
 dei  principi  contenuti  nella  legge  8  giugno  1990,  n. 142, con
 l'introduzione in forma graduale  e  progressiva  della  contabilita'
 economica  a  decorrere  dal 1995 fino ad interessare tutti gli enti,
 con facolta' di applicazione anticipata".
   La delega, nel suo insistito richiamo alla legge n. 142  del  1990,
 muove  evidentemente  dalla  considerazione delle innovazioni che, in
 materia di assetto dei poteri locali, sono state apportate  da  detta
 legge,  la  quale, nell'avviare il processo di riforma autonomistica,
 introduce un insieme di regole tra  le  quali  assumono  fondamentale
 importanza   quelle   che,  oltre  a  consentire  la  verifica  della
 legittimita'   e   del   buon    andamento    dell'attivita'    delle
 amministrazioni locali, forniscono gli strumenti per operare scelte e
 per programmare i modi e i tempi di realizzazione degli obiettivi.
   Tratto  caratterizzante  del  nuovo  ordinamento  diviene, percio',
 anche la disciplina finanziaria e contabile, che prevede il passaggio
 ad un sistema nel quale le attivita'  gestionali  rilevano  non  solo
 come  procedimenti  regolati  dalle norme di contabilita', ma anche e
 soprattutto per i risultati che sono atte a conseguire; risultati  da
 evidenziare attraverso i modelli della contabilita' economica.
   Come  pure  tratto  caratterizzante  della  riforma appare il ruolo
 conferito alla Regione dall'art. 3 della legge n. 142  del  1990,  il
 cui  contenuto  e'  stato gia' evidenziato dalla giurisprudenza della
 Corte che, con la sentenza  n.  343  del  1991,  ha  individuato  per
 l'appunto  nella  Regione  il  centro  propulsore  e di coordinamento
 dell'intero sistema delle autonomie locali, in quella prospettiva  di
 maggiore  aderenza  all'art.  5  della  Costituzione, che la predetta
 legge ha  inteso  realizzare.  In  tale  disegno,  la  programmazione
 concertata  tra  Regione  ed  enti locali come metodo di raccordo dei
 vari livelli di governo, nonche' degli interessi e  delle  competenze
 che  in  essi si esprimono, contribuisce alla piena realizzazione del
 sistema delle autonomie,  in  attuazione  proprio  di  quei  principi
 costituzionali  che vengono invocati dalla Regione Toscana a sostegno
 del ricorso; in particolare  quello  che  mette  in  luce  la  natura
 costituzionale  dell'autonomia  regionale  (art.  115)  e  quello che
 indica le materie attribuite alla  competenza  delle  Regioni  stesse
 (art. 117).
   Appare,   percio',  appropriato  il  richiamo  che  la  ricorrente,
 nell'invocare i principi che il legislatore delegato  avrebbe  dovuto
 rispettare,  opera  al  disposto  dell'art.  3 della legge n. 142 del
 1990, dal quale emerge, in modo particolare, la qualificata posizione
 assunta dalle Regioni rispetto agli enti territoriali  minori.  Detto
 articolo,  infatti,  dopo  aver  previsto,  al  quarto  comma, che la
 Regione  determina  gli  obiettivi  generali   della   programmazione
 economico-sociale  e  territoriale  e  che, su questa base, la stessa
 ripartisce le risorse destinate al  finanziamento  del  programma  di
 investimenti  degli  enti  locali,  dispone, al comma 7, che la legge
 regionale fissa  i  criteri  e  le  procedure  per  la  formazione  e
 attuazione   degli   atti  e  degli  strumenti  della  programmazione
 socio-economica e della  pianificazione  territoriale  dei  comuni  e
 delle  Province  rilevanti  ai  fini  dell'attuazione  dei  programmi
 regionali. Strumenti tra i quali  rientra  sicuramente  la  relazione
 previsionale   e   programmatica,   quale   atto  di  enunciazione  e
 giustificazione delle scelte operate annualmente dal comune  e  dalla
 Provincia.
   Per  contro,  nell'indubbio  nesso  fra  programmazione  e gestione
 finanziario-contabile, e' eccessivamente riduttiva  l'interpretazione
 che la difesa del resistente tende a dare della legge delega, al fine
 di  restringere l'ambito dei principi e criteri direttivi ai quali il
 Governo doveva ispirarsi unicamente a quelli desumibili dal Capo  XIV
 della legge n. 142 del 1990, dedicato alla finanza e contabilita'.
   4.  -  La  ricostruzione  del  sistema finanziario-contabile che la
 legge n. 142 del 1990 ha voluto delineare porta  a  ritenere  che  la
 legge  statale - alla quale e' riservato, ai sensi dell'art. 55 della
 medesima legge n. 142 del  1990,  l'ordinamento  della  materia,  nel
 rispetto,  peraltro,  del  modello  della  legge generale di principi
 indicato  dall'art. 128 della Costituzione - non possa trascurare gli
 ambiti delle competenze regionali,  sia  in  considerazione  di  quei
 rapporti finanziari ai quali le Regioni sono direttamente interessate
 (che si desumono dall'art. 54, quarto comma, lettera e), e commi 12 e
 13, della legge n. 142 del 1990) sia delle funzioni programmatorie ad
 esse attribuite dall'art. 3 della medesima legge.
   5.  -  La  puntuale  e corretta interpretazione della delega che il
 legislatore ha inteso conferire al Governo con l'art. 4  della  legge
 n.  421  del  1992,  conduce,  percio', a ritenere illegittimo l'art.
 114, primo comma, lettera c), del decreto legislativo n. 77 del 1995,
 che prevede  l'approvazione  dello  schema  relativo  alla  relazione
 previsionale  e  programmatica tramite regolamento da emanare a norma
 dell'art.  17 della legge 23 agosto 1988, n. 400,  senza  contemplare
 alcuna  forma  di intervento da parte delle Regioni, in una procedura
 alla quale queste sono interessate in virtu' delle loro competenze.
   E' vero che, come osserva la difesa del resistente, il  regolamento
 statale  mira  ad  individuare  ed  omogeneizzare  i contenuti minimi
 essenziali della relazione in questione. Cio'  trova  conferma  anche
 nell'art.    12,  comma 8, del decreto legislativo censurato che, per
 l'appunto, precisa che lo schema di relazione valido  per  tutti  gli
 enti, da
 approvarsi  con  il  regolamento  di  cui  all'art. 114, contiene "le
 indicazioni minime necessarie ai fini del  consolidamento  dei  conti
 pubblici".   E' il caso, anzi, di soggiungere che il perseguimento di
 tale finalita' rende  non  irragionevole  la  ricerca  da  parte  del
 legislatore statale di uno strumento che tenga conto dell'esigenza di
 coordinamento della finanza pubblica, la cui realizzazione l'art. 119
 della  Costituzione  affida  alle  leggi della Repubblica, oltre che,
 beninteso, degli stessi principi  contenuti  nella  delega  conferita
 dalla  legge  n. 421 del 1992, che menziona del pari (art. 4, secondo
 comma,  lettera  a)  le  "esigenze  del  consolidamento   dei   conti
 pubblici". Non per questo puo' essere, tuttavia, ignorato l'interesse
 della  Regione  a  venir  coinvolta  nella fase di approvazione dello
 schema di relazione previsionale e  programmatica;  approvazione  che
 l'art. 114, rimette, invece, ad un atto normativo secondario statale,
 il cui procedimento di emanazione non contempla alcuna partecipazione
 della Regione medesima.
   In  conclusione,  il  vizio  della  disposizione denunciata risiede
 proprio nel  non  avere  previsto  il  coinvolgimento  delle  Regioni
 nell'approvazione dello schema di relazione, secondo modalita' la cui
 scelta non spetta comunque alla Corte indicare.
   L'accoglimento  della  questione  nei  termini di cui sopra assorbe
 ogni altro profilo.
   6. - Non fondate sono, invece, le questioni relative agli artt.  16
 e 123, primo comma, lettera h), del decreto  legislativo  n.  77  del
 1995.
   Infatti, ne' l'una ne' l'altra norma possono ritenersi lesive delle
 attribuzioni  delle  Regioni,  limitandosi  la  prima  disposizione a
 disciplinare  il  procedimento  di  presentazione   della   relazione
 previsionale  e  programmatica  al Consiglio comunale e la seconda ad
 abrogare la disciplina in materia gia' contenuta  nell'art.  1-quater
 del   decreto-legge   28   febbraio  1983,  n.  55,  convertito,  con
 modificazioni, della legge 26 aprile 1983, n. 131, il quale prevedeva
 che  detta  relazione  venisse  comunicata  alla  Regione, che poteva
 formulare  proprie  osservazioni,   in   relazione   agli   obiettivi
 programmatici di sviluppo risultanti dal programma regionale.
   Si puo' convenire, infatti, con la difesa del resistente, nel senso
 che  le  dette  disposizioni  non  sono  preclusive  degli  ambiti di
 competenza regionale. Esse, anzi, consentono a  ciascuna  Regione  di
 valutare  autonomamente l'opportunita' di mantenere l'obbligo per gli
 enti locali di trasmettere la relazione previsionale e programmatica,
 disciplinando, nei  limiti  delle  proprie  competenze,  le  relative
 modalita', ovvero anche di individuare altre forme di coordinamento.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  114,  primo
 comma, lettera c), del decreto legislativo 25 febbraio  1995,  n.  77
 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali);
   Dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni
 di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 16 e 123, primo comma,
 lettera  h),  del  medesimo  decreto  legislativo  n.  77  del  1995,
 sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  76,  115,  117  e 128 della
 Costituzione, dalla  Regione  Toscana  con  il  ricorso  indicato  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1996.
  Il presidente:  Ferri
  Il redattore:  Vari
  Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in Cancelleria il 28 marzo 1996.
  Il direttore della cancelleria:  Di Paola
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