N. 90 ORDINANZA 25 - 28 marzo 1996

 
 
 Giudizio di ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri
 dello Stato.
 
 Giurisdizione - Magistrati e Consiglio superiore della magistratura -
 Funzioni direttive - Assegnazione degli affari  civili  -  Criteri  -
 Competenza  -  Formazione  delle tabelle di composizione degli uffici
 giudicanti - Difetto della titolarita' di una competenza  propria  in
 ordine  alla procedura di formazione delle tabelle e all'approvazione
 delle  stesse  -  Espressione  di  un'attivita'   amministrativa   di
 organizzazione e strumentale rispetto alla funzione giurisdizionale -
 Inammissibilita'.
 
(GU n.14 del 3-4-1996 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici:    prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo CHELI, dott. Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  sull'ammissibilita'  del conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato, sollevato dal dott. Enzo Costanzo, magistrato  di
 cassazione  con  funzioni  di  consigliere  pretore  dirigente  della
 sezione lavoro della Pretura circondariale di Roma, nei confronti del
 Consiglio  superiore  della  magistratura,  sorto  a  seguito   delle
 circolari emanate dal Consiglio superiore della magistratura relative
 alla  formazione  delle tabelle di composizione biennale degli uffici
 giudiziari per il 1992-1993 e per il 1994-1995 nonche' della delibera
 adottata dal Consiglio superiore della magistratura nella seduta  del
 23  settembre  1993  relativa ai criteri di assegnazione degli affari
 presso  la  sezione  lavoro  della  Pretura  circondariale  di  Roma,
 depositato  il  10  luglio  1995  ed  iscritto  al n. 58 del registro
 ammissibilita' conflitti;
   Udito nella camera di consiglio del 13  dicembre  1995  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto  che,  con  ricorso depositato il 10 luglio 1995, il dott.
 Enzo Costanzo, magistrato di cassazione con funzioni  di  consigliere
 pretore dirigente della sezione lavoro della Pretura circondariale di
 Roma,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei  confronti del
 Consiglio superiore della magistratura, chiedendo a questa  Corte  di
 dichiarare  che  non  spetta  al  Consiglio  il  potere  di indicare,
 approvando  le  tabelle  degli  uffici  giudiziari,  i  criteri   per
 l'assegnazione  degli  affari  civili,  che l'ordinamento giudiziario
 attribuisce alla competenza dei magistrati con funzioni direttive; di
 conseguenza che la Corte annulli:
     a)  le  circolari   emanate   dal   Consiglio   superiore   della
 magistratura  il 19 luglio 1991 (prot. p-91-12046) ed il 22 settembre
 1993 (prot.  p-93-11611), relative alla formazione delle  tabelle  di
 composizione  biennale degli uffici giudiziari per il 1992-1993 e per
 il 1994-1995, nella parte in cui esse determinano anche i criteri per
 l'assegnazione degli affari ai singoli giudici  nell'ambito  di  ogni
 sezione;
     b)   la   delibera   adottata   dal   Consiglio  superiore  della
 magistratura nella seduta del 23 settembre 1993, comunicata con  nota
 del  27  settembre successivo (prot. p-93-11934), relativa ai criteri
 di assegnazione degli affari presso la sezione lavoro  della  Pretura
 circondariale di Roma;
     che  il  ricorrente  ritiene  di  essere  legittimato a sollevare
 conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,  quale  consigliere
 dirigente   titolare  del  potere  di  assegnare  gli  affari  tra  i
 magistrati della sezione dell'ufficio giudiziario da lui  presieduta.
 Il  ricorrente  considera  questa  attribuzione garantita dagli artt.
 107, terzo comma,  104,  primo  comma,  e  102,  primo  comma,  della
 Costituzione,   in   quanto   strettamente  collegata  alla  funzione
 giurisdizionale, ed assume che essa sia stata violata  dal  Consiglio
 superiore  della  magistratura  che,  nell'approvare  le  tabelle  di
 composizione degli uffici giudiziari, ha  stabilito  che  gli  affari
 debbono  essere assegnati a ciascun magistrato per la trattazione dei
 singoli procedimenti con criterio automatico,  ammettendo  deroghe  a
 questo  principio  in casi particolari e con adeguata motivazione del
 dirigente dell'ufficio;
     che, ad avviso  del  ricorrente,  il  Consiglio  superiore  della
 magistratura  avrebbe  esteso  al settore civile, con una illegittima
 applicazione analogica, il criterio di assegnazione degli affari  tra
 giudici  fissato,  per  il  settore penale, dall'art. 7-ter del regio
 decreto 30 gennaio 1941, n. 12, aggiunto dall'art. 4  del  d.P.R.  22
 settembre  1988, n.  449, ledendo cosi' la riserva di legge stabilita
 dall'art. 108, primo comma, della Costituzione e  violando  le  norme
 ordinamentali  (art.    38  del  regio  decreto  n.  12  del  1941) e
 processuali  (artt.  168-bis  e  669-ter  cod.   proc.   civ.),   che
 attribuiscono  al  titolare  dell'ufficio  direttivo  la competenza a
 designare il giudice cui  e'  affidata  la  trattazione  dei  singoli
 procedimenti.  Secondo  il  ricorrente,  il Consiglio superiore della
 magistratura sarebbe competente solo a deliberare,  su  proposta  dei
 presidenti  di  corte  d'appello  e sentiti i consigli giudiziari, la
 ripartizione  degli  uffici  giudiziari  in  sezioni,  a  designare i
 magistrati che le compongono, ad individuare le  sezioni  alle  quali
 sono  devoluti gli affari civili, penali o le controversie in materia
 di lavoro, mentre rimarrebbe attribuita alla competenza del dirigente
 di ciascuna sezione la funzione di designare il magistrato incaricato
 di trattare ogni singolo procedimento, designazione che  deve  tenere
 conto   delle   esigenze   di   servizio,  senza  che  possa  operare
 l'assegnazione automatica;
     che il ricorrente chiede, in via subordinata,  che  sia  disposto
 l'intervento  in giudizio del Ministro di grazia e giustizia, perche'
 possa esplicare le sue rivendicazioni  in  ordine  all'organizzazione
 dei servizi giudiziari;
     che   il   16   marzo   1996  il  ricorrente  ha  depositato  una
 dichiarazione di rinuncia agli atti del giudizio,  e  non  gia'  alla
 pretesa,  ritenendo  parzialmente  priva  di  interesse una pronuncia
 favorevole in ordine ai presupposti di ammissibilita', dato il  tempo
 trascorso e quello ulteriormente occorrente per il giudizio;
   Considerato  che,  per  valutare  se  il  ricorso  sia ammissibile,
 occorre accertare se il conflitto sollevato dal  consigliere  pretore
 dirigente  della  sezione  lavoro della Pretura circondariale di Roma
 sia  insorto  tra  organi  che,  in   relazione   all'oggetto   della
 controversia,   siano  competenti  a  dichiarare  definitivamente  la
 volonta' del potere cui appartengono, per la definizione della  sfera
 di  attribuzioni determinata da norme costituzionali. In proposito va
 rilevato che il ricorso in esame riguarda provvedimenti del Consiglio
 superiore della magistratura nella materia concernente la  formazione
 delle tabelle di composizione degli uffici giudicanti, espressione di
 un'attivita'    amministrativa    di    organizzazione   direttamente
 preordinata   all'esercizio   della   funzione   giurisdizionale    e
 strumentale  rispetto  a  quest'ultima. Ebbene, la ripartizione degli
 uffici giudiziari in sezioni,  l'assegnazione  ad  esse  dei  singoli
 magistrati  e  dei  relativi  presidenti,  la  formazione dei collegi
 giudicanti, sono disciplinate da norme  dell'ordinamento  giudiziario
 (art.  7-bis  del  regio  decreto  30  gennaio  1941, n. 12, aggiunto
 dall'art. 3 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449) e  sono  circondate
 da  speciali  garanzie,  giacche'  la  formazione delle tabelle degli
 uffici giudiziari deve  essere  deliberata  dal  Consiglio  superiore
 della magistratura, su proposta dei presidenti delle corti d'appello,
 sentiti i consigli giudiziari. Il magistrato che presiede un ufficio,
 o una sua sezione, non si colloca all'esterno di questo procedimento,
 ma  puo'  concorrere  a  preordinare  gli elementi delle proposte del
 presidente della corte d'appello e puo'  formulare  osservazioni,  in
 vista  sia  del parere del consiglio giudiziario che della definitiva
 deliberazione del Consiglio superiore  della  magistratura.  Non  e',
 dunque,  titolare  di una competenza propria in ordine alla procedura
 di formazione delle tabelle ed  all'approvazione  delle  stesse,  ne'
 pone  in essere atti che, in quest'ambito, possano essere qualificati
 come espressione ultima del potere cui appartiene;
     che  il  ricorso  e'  inammissibile  anche  con   riguardo   alla
 prospettata  lesione  che  i  provvedimenti  adottati  dal  Consiglio
 superiore della magistratura arrecherebbero a competenze  rivendicate
 come  direttamente proprie del ricorrente, quale dirigente di sezione
 di un ufficio giudiziario,  e  relative  ai  criteri  che  egli  deve
 seguire   per   la   designazione  dei  magistrati  cui  affidare  la
 trattazione dei singoli procedimenti.  Sotto questo profilo, infatti,
 la controversia non attinge al livello del conflitto tra poteri dello
 Stato, la cui risoluzione spetta alla Corte costituzionale. Ed invero
 le  competenze  in  ordine  alla  designazione  dei magistrati per la
 trattazione  dei  singoli  procedimenti,  che  il  ricorrente  assume
 attribuite  al proprio ufficio e lese dai provvedimenti del Consiglio
 superiore della magistratura, non riguardano il potere di giudicare e
 trovano, in una materia riservata alla legge, fondamento e disciplina
 in  norme  organizzative   ed   ordinamentali,   senza   toccare   la
 delimitazione  della  sfera  di  attribuzioni  determinata  da  norme
 costituzionali;
     che non si puo' tener conto della dichiarazione di rinuncia  agli
 atti   del   giudizio,   peraltro   depositata  successivamente  alla
 deliberazione in camera di consiglio della decisione anche  se  prima
 dell'approvazione  del  testo  dell'ordinanza,  tenuto  conto  che il
 ricorrente precisa che non e' del tutto venuto meno l'interesse  alla
 decisione  e  che  la  rinuncia  agli  atti del giudizio non comporta
 rinuncia alla pretesa, ne'  viene  prospettata  la  cessazione  della
 materia del contendere.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile  il  ricorso  per conflitto di attribuzione
 indicato in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1996.
                         Il presidente:  Ferri
                         Il redattore:  Mirabelli
                        Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in Cancelleria il 28 marzo 1996.
  Il direttore della cancelleria:  Di Paola
                                 ----
   Avvertenza: La decisione sopra pubblicata e' relativa al ricorso n.
 58  reg.  unico  amm.  confl.  riportato  alla pag. 34 della presente
 Gazzetta Ufficiale.
 96C0469