N. 351 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 1996

                                N. 351
 Ordinanza emessa il 15 febbraio 1996  dal  pretore  di  Mondovi'  nel
 procedimento penale a carico di Bernardi Romano
 Bellezze naturali (protezione delle) - Modificazione dell'assetto del
 territorio  (nella  specie:  taglio  di  piante) in zona sottoposta a
 vincolo paesaggistico senza  la  prescritta  autorizzazione  -  Reato
 contravvenzionale  configurato  quale  reato  di  pericolo presunto -
 Asserita  indeterminatezza  della  fattispecie  -   Possibilita'   di
 interpretazione  giurisprudenziale  nel  senso di divieto assoluto di
 interventi dell'uomo, anche di quelli "naturali"  di  manutenzione  e
 pulizia degli alvei fluviali - Lesione del principio di offensivita'.
 (D.-L.  27  giugno  1985,  n.  312,  art.  1-sexies,  convertito, con
 modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431).
 (Cost., artt. 13, 25 e 27).
(GU n.17 del 24-4-1996 )
                              IL PRETORE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale  nei
 confronti  di  Bernardi  Romano nato a Pennabilli il 17 novembre 1938
 residente a Genova, via Raffaele Ricca nn. 18/19,  libero  difeso  di
 fiducia  dall'avv.  Gian  Carlo Bovetti del foro di Mondovi' imputato
 del reato di cui all'art. 1-sexies d.-l.  27  giugno  1985,  n.  312,
 convertito,  con  modificazioni  nella legge 8 agosto 1985 n. 431, in
 riferimento all'art. 20 legge 28 febbraio 1985 n. 47, per  avere,  in
 violazione  delle  disposizioni  di  cui  al  cit. d.-l. n. 312/1985,
 eseguito il taglio di n. 115 piante di ontano nero, n. 30 di frassino
 maggiore, n. 6 di ciliegio, n. 5  di  betulla,  senza  la  prescritta
 autorizzazione  in  zona  sottoposta  a vincolo paesaggistico a sensi
 dell'art. 1, lett.   c)  e  g)  cit.  d.-l.  n.  312/1985  in  quanto
 rientrante  nella  fascia  m  150  dalla sponda del torrente Lurisia,
 nonche' in territorio ricoperto da bosco. Acc. il 2 dicembre 1991  in
 localita' "I Gherlin" del comune di Roccaforte Mondovi'.
   All'udienza del 12 dicembre 1995 il pubblico ministero, depositando
 memoria  ex  art.  121  c.p.p. allegata al verbale del dibattimento a
 sensi dell'art. 482 c.p.p., ha sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale    dell'art.  1-sexies  d.-l.  27 giugno 1985, n. 312,
 convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985 n.  431  nei
 termini seguenti.
   A)  Violazioni  dell'art.  25,  primo  comma,  della  Costituzione:
 violazione del principio di tassativita' della norma penale.
   sono stati ricondotti sotto la previsione incriminatrice in esame i
 piu' vari comportamenti, tra  i  quali  si  evidenziano  i  casi  non
 autorizzati di:
     attivita'  di sbancamento (Cass. 28 marzo 1988, Giust. pen. 1989,
 II, 478);
     eliminazione di ceppaie dai boschi (Cass. 5 aprile 1989);
     disboscamento totale (Cass. 21 febbraio 1992, Riv. pen.  1993  n.
 732, Cass. 14 ottobre 1992);
     realizzazione di una pista o di una strada con lo sradicamento di
 piante ed arbusti (Cass. 2 ottobre 1990);
     realizzazione di una via interpoderale (Cass. 7 gennaio 1991);
     scarico  di materiali sulle rive di un torrente (Cass. 9 febbraio
 1990);
     scarichi  inquinanti  con  conseguente   mutamento   dell'aspetto
 estetico  e  biologico  di  un  corso d'acqua a causa di mutamenti di
 colore dell'elemento liquido (Cass. 10 novembre 1989, Riv. pen. 1990,
 23);
     apertura di una cava (Cass. 14 dicembre 1990;  Cass.  2  dicembre
 1991).
   cio'  e' stato possibile in virtu' dell'impostazione interpretativa
 recepita dalla suprema corte, secondo la quale:
     in primo luogo, il reato ex art. 1-sexies legge  n.  431  avrebbe
 "carattere formale e di pericolo, proprio perche' il vincolo posto su
 certe  parti  del territorio nazionale ha carattere prodromico al suo
 governo" (Cassazione penale sez. III, 3 gennaio 1991,  Giust.    pen.
 1991, II, 577);
     in secondo luogo, tale contravvenzione, proprio perche' prescinde
 dalla  alterazione  concreta  del  paesaggio, "si consuma con la sola
 realizzazione di lavori, attivita' o interventi in zone  vincolate  e
 senza  autorizzazione"  (Cassazione  penale sez. III, 7 gennaio 1991,
 Cass. pen. 1991, I, 1612; Cassazione penale sez. III, 1  marzo  1991,
 Dir.  giur.  agr.  1992,  610; Cassazione penale sez. III, 4 febbraio
 1993 Cass. pen. 1994, 1054 (s.m.) Mass. pen. cass. 1993, fasc. 7,  91
 Dir. giur. agr. 1994, 631).
   La  Giurisprudenza  di  merito  e  di  legittimita'  ha definito la
 contravvenzione  in  esame  quale  "reato   di   pericolo   presunto"
 (Cassazione  penale,  sez.   III, 5 aprile 1989, Cass.  pen. 1990, I,
 1352; Cassazione penale, sez. III, 3 luglio 1989, Cass. pen. 1990, I,
 1298; Pretura Lucca, 9 dicembre 1991 Giur. merito 1994, 181;  Pretura
 Potenza, 2 aprile 1991 Dir. giur. agr. 1994, 113).
   E'  ormai  acquisita  la  concezione  del  "pericolo"  inteso quale
 "giudizio di relazione probabile tra un fatto ed un evento dannoso".
   Con riferimento alla categoria dei reati pericolo  concreto,  cosi'
 come  del  resto  per  i reati di danno, e' frequentemente utilizzata
 nella formulazione della fattispecie la struttura dei reati  a  forma
 libera.  In  tali  casi,  la condotta punibile e' individuabile sulla
 base della sua effettiva idoneita' a porre in  pericolo  e  quindi  a
 determinare  la  probabilita' di lesione, il nocumento potenziale del
 bene protetto.
   Con riferimento ai reati di pericolo  presunto,  la  strutturazione
 della   fattispecie  in  termini  di  reato  a  forma  libera  appare
 inconciliabile con il principio di tassativita'.
   Infatti   il  legislatore,  creando  una  fattispecie  di  pericolo
 presunto,  ha  operato  la  scelta  di  sanzionare   penalmente   una
 determinata   condotta   per  la  sua  astratta  idoneita'  a  ledere
 l'interesse protetto, ma nello stesso tempo ha inibito l'accertamento
 della sussistenza in concreto di siffatta idoneita' lesiva. In queste
 condizioni la norma non sara' tassativa, se la  condotta  incriminata
 non  risultera'  con  la  maggiore precisione possibile individuata e
 descritta.
   Proprio questa carenza si ravvisa nella norma in esame,  nonostante
 gli sforzi interpretativi della Giurisprudenza.
   Prescindendosi  dalla  "alterazione  concreta  del  paesaggio", che
 costituisce l'oggetto proprio del reato di cui all'art. 734 c.p.,  si
 individua  la condotta oggetto di incriminazione nella "realizzazione
 di  lavori,  attivita'  o  interventi  in  zone  vincolate  e   senza
 autorizzazione" (Cassazione penale sez. III, 1 marzo 1991, cit.).
   Proprio  alla  luce  della  genericita'  di  tali risultati, sembra
 ricorrere la violazione dell'art. 25, primo comma,  Cost.,  sotto  il
 profilo  dei  principi  costituzionali di legalita' e di tassativita'
 della norma penale (Corte costituzionale 8 giugno 1981 n.  96,  Cons.
 Stato 1981, II, 637. Dir. famiglia 1982, 311 (nota)).
   B)   Violazione  degli  artt.  13,  25  e  27  della  Costituzione:
 violazione del principio di offensivita'.
   Occorre considerare che ne' il d.-l. n. 312/1985, ne' il  testo  di
 conversione   licenziato   dalla  Camera  dei  deputati,  contenevano
 previsioni di  ulteriori  sanzioni  penali.  La  nuova  normativa  in
 itinere  restava  affidata dunque alle sanzioni penali esistenti, tra
 cui in particolare quella dell'art. 734 c.p. e quella  dell'art.  20,
 lett.   c), della legge n. 47/1985. In forza di tali disposizioni, la
 reale ed effettiva alterazione  (deturpamento)  dei  luoghi  protetti
 senza    la    prescritta   autorizzazione   configurava   il   reato
 contravvenzionale di danno; mentre ogni intervento  edilizio  che  si
 discostasse  dal  progetto  approvato  configurava  il  reato, sempre
 contravvenzionale, formale e di pericolo presunto.
   Restava  fuori  dunque  dalle  ipotesi   di   reato   soltanto   la
 fattispecie,   definita   "di   quasi   impossibile  configurazione",
 "dell'intervento non rilevante sotto il profilo  urbanistico-edilizio
 e  non  autorizzato  ex  art.  7  della  legge n. 1497/1939, che, pur
 praticato  su  beni  protetti,  non  ne   importasse   l'alterazione"
 (Famiglietti-Giuffre',  Il regime delle zone di particolare interesse
 ambientale, Napoli, 1989, p.  305).
   In sede di conversione del d.-l. n. 312/1985, in aula, alla Camera,
 fu proposto un articolo aggiuntivo, che dopo varie  formulazioni,  fu
 appvoato nel testo attuale dell'art. 1-sexies.
   Dubbi in relazione a tale testo furono immediatamente sollevati con
 riferimento  al  principio  di  legalita'  della  pena  ed  anche con
 riferimento al principio di uguaglianza.
   Il pretore di Salo', nella sua ordinanza di remissione  alla  Corte
 costituzionale  del  9 settembre 1986, sollevava dubbi anche sotto il
 profilo della legalita' del precetto.
   La Corte costituzionale, con riguardo a tale  ordinanza,  disponeva
 la  restituziona degli atti al giudice a quo affinche' verificasse se
 i dubbi di costituzionalita' fossero stati  superati  dalle  pronunce
 dei   giudici   di  legittimita'     e  di  merito  "nelle  quali  si
 manifesta(va) una precisa  interpretazione  dell'articolo  impugnato"
 (ord. n. 983
  dell'11 ottobre 1988).
   Le  decisioni  cui  si  riferiva  la Corte erano le seguenti: Cass.
 pen., sez. III, 22 maggio 1987 n. 1131,  Pret.  Amelia  23  settembre
 1987;  Pret. Chieti 19 novembre 1987; Pret. Taranto 13 aprile 1987 n.
 1273.
   In tali decisioni, in particolare, si faceva ricorso ai concetti di
 "scempio  paesistico-ambientale"  e   "attivita'   di   modificazione
 ambientale".
   Peraltro,  l'espressione "scempio paesistico-ambientale" si traduce
 in  un'evidente  qualificazione  di  dannosita'  della  condotta  con
 riferimento   al   bene   giuridico  oggetto  di  tutela.  Le  stesse
 considerazioni valgono per l'espressione "attivita' di  modificazione
 ambientale".
   L'elencazione  per categorie di beni protetti e vincolati contenuta
 nell'art. 1 della legge n. 431/1985 non puo' certamente  fondarsi  su
 considerazioni   di   pregio   estetico.  La  finalita'  del  vincolo
 paesaggistico su di essi imposto deve essere diversamente individuata
 rispetto a quella  che  presiede  alla  tutela  delle  cose  elencate
 dall'art. 1 legge n. 1497/1939.
   "Il  vincolo  ...  e'  finalizzato  non soltanto alla conservazione
 statistica di un valore estetico-visivo, ma ... alla protezione di un
 bene   giuridico   inteso   come    eco-sistema,    ossia    ambiente
 biologico-naturale  comprensivo  di tutta la vita vegetale ed animale
 ed anche degli equilibri tipici di un habitat vivente ..."  (Cass.  4
 febbraio 1993, in Cass.  pen. 1994, p. 1054).
   Poiche'  la  normativa  della  legge  n. 431/1985 non individua ne'
 descrive le categorie di attivita' soggette a regime  autorizzatorio,
 se  si  vuole  evitare  il  rischio  di  un  divieto  generalizzato e
 indiscriminato,   ragionevolmente   risultano   soggette   a   regime
 autorizzatorio solo le attivita' che siano idonee a incidere sul bene
 che  la  Giurisprudenza individua e descrive come "eco-sistema, ossia
 ambiente biologico-naturale comprensivo di tutta la vita vegetale  ed
 animale ed anche degli equilibri tipici di un habitat vivente" (Cass.
 4 febbraio 1993 cit.).
   Con   riguardo  alla  concreta  fattispecie  oggetto  del  presente
 giudizio,  recenti  acquisizioni  probatorie  hanno   consentito   di
 sottolineare   come  gli  effetti  dell'evento  alluvionale,  che  ha
 interessato grande parte del territorio di questo  circondario,  sono
 stati  grandemente  ampliati  nella  loro  portata devastatrice dalla
 totale incuria in cui sono stati abbandonati gli alvei dei  fiumi,  e
 segnatamente del fiume Tanaro.
   Una  grande  massa  di  vegetazione,  arbusti  e  alberi  sia stata
 sradicata e trascinata via con se' dalla piena del fiume, il  che  ha
 determinato   quello  che  e'  stato  definito  da  piu'  parti  come
 "effetto-diga".
   I tronchi portati dalla piena si ammassavano contro le  arcate  dei
 ponti,  fino  ad occluderle completamente, creando cosi' una sorta di
 diga, al di sopra ed ai lati della quale si riversava con rinnovata e
 accumulata violenza l'ondata di piena.
   Tanto risulta dalla relazione di perizia acquisita  agli  atti  del
 presente  procedimento ed e' stato del resto visivamente percepito da
 innumerevoli testimoni.
   A questo punto e' da chiedersi se una norma finalizzata alla tutela
 del  paesaggio  non  si  ponga  in  effetti  in contrasto con il bene
 costituzionale medesimo che e'  diretta  a  tutelare,  laddove  venga
 interpretata  nei  termini  di  una proibizione indiscriminata, nelle
 aree legislativamente  vincolate,  di  ogni  e  qualsiasi  intervento
 dell'uomo,  anche  quelli la cui carenza ha contributio a determinare
 quell'incuria dell'alveo del fiume che viene indicata come una  delle
 piu'  gravi concause della devastante alluvione che ha colpito questi
 territori.
   Ci riferiamo, in particolare, a quegli interventi  per  cosi'  dire
 "naturali"  di manutenzione e pulizia degli alvei fluviali attuati da
 sempre spontaneamente dall'uomo, senza alcun  effetto  dannoso,  anzi
 con  benefico  influsso  sulla  condizione  dei fiumi e dell'ambiente
 circostante.
   Si richiamano a tal  proposito  precedenti  decisioni  della  Corte
 costituzionale,  in  forza  delle  quali la norma penale va esente da
 censure  di  incostituzionalita',  "alla  stregua  del  principio  di
 necessaria  offensivita' della condotta concreta" se ed in quanto sia
 consentito all'interprete "verificare se la  condotta  sia  priva  di
 idoneita'  lesiva  a  concreti  beni  giuridici tutelati e quindi sia
 estranea all'area del penalmente rilevante" (Corte costituzionale  11
 luglio 1991 n.  333, Foro amm. 1991, 2220).
   Ritenuto   che   il   procedimento   non  possa  essere  definitivo
 indipendentemente dalla risoluzione della  prospettata  questione  di
 legittimita'  costituzionale, la quale non appare, per le motivazioni
 esposte, manifestamente infondata.
                               P. Q. M.
   Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dispone
 l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Sospende il procedimento penale in corso;
   Ordina  la  notifica  della  presente  ordinanza  al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e la sua  comunicazione  ai  Presidenti  della
 Camera dei deputati e del Senato.
     Mondovi', addi' 15 febbraio 1996
                    Il pretore: (firma illeggibile)
 96C0487