N. 358 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1995
N. 358 Ordinanza emessa il 16 e 30 novembre 1995 dal tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna sul ricorso proposto dall'impresa Mortellaro Giuseppe, contro l'Azienda municipalizzata gas acqua di Ravenna ed altra Lavori pubblici - Controversie giudiziali - Previsione della facolta' della pubblica amministrazione e delle parti private di chiedere la trattazione del merito nel termine di novanta giorni - Conseguente interdizione della facolta' da parte dell'organo giudicante di sospendere i provvedimenti impugnati, in ragione della sollecita trattazione del merito, pur in permanenza della facolta' della pubblica amministrazione di portare ad esecuzione i provvedimenti stessi - Incidenza sul diritto di difesa, sul principio della tutela giurisdizionale nonche' sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. (Legge 11 febbraio 1994, n. 109, art. 31-bis, terzo comma, aggiunto dal d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, art. 9, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216). (Cost., artt. 3, 24, 97 e 113).(GU n.17 del 24-4-1996 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio instaurato col ricorso n. 1647 del 1995, proposto dall'impresa Mortellaro dott. Giuseppe, in persona del suo titolare Mortellaro Giuseppe, rappresentata e difesa dagli avvocati Vito Candia e Alessandro Cinti, ed elettivamente domiciliata, in Bologna, alla via Garavaglia n. 8, presso il secondo dei detti difensori; contro l'Azienda municipalizzata gas acqua di Ravenna, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Miniero ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Bologna, via Mazzini n. 2/3; e nei confronti dell'impresa ACMAR, soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mirca Tognacci e Roberto Fariselli ed elettivamente domiciliata in Bologna, via S. Stefano, 103, presso l'avv. Alessandra Albertazzi; per l'annullamento previa sospensione dell'esecuzione: 1) della deliberazione n. 13/150 adottata il 20 maggio 1995 dalla commissione amministrativa dell'Azienda municipalizzata gas acqua di Ravenna (AMGA) - e della relativa nota di comunicazione n. P.G. 8312-L176 del 31 maggio 1995 recapitata il 2-3 giugno 1995 - con la quale e' stata annullata la aggiudicazione provvisoria proclamata il 24 aprile 1995 in favore dell'impresa Mortellaro dott. Giuseppe dell'appalto dei lavori di "estensione reti gas acqua e relative prese d'utenza nei nuclei del forese di Ca' della Vida, S. Stefano - Carraie, Osteria, Beveta, Campiano, S. Bartolomeo, Villa Castellani, Ca' Focaccia, Savarna, Coccolia, S.P. in Vincoli, Ravenna, Lido di Dante, Rampina 2 stralcio - 1 lotto e 2 sublotto gas-acqua e 3 sublotto acqua", ed e' stata disposta la esclusione dalla gara delle imprese Milioti Costruzioni S.r.l., Comil S.r.l. (gia' De Santis), Mortellaro dott. Giuseppe, F.D.N. Costruzioni S.r.l. Liso Costruzioni S.a.s. e Lita S.r.l., con conseguente aggiudicazione in favore della soc. coop. a r.l. ACMAR; 2) del parere espresso dall'Ufficio affari generali - Area legale dell'AMGA in data 28 aprile 1995; 3) della deliberazione della commissione amministratrice dell'AMGA del 29 aprile 1995 con la quale, sulla base del parere suddetto, e' stato deciso di non procedere all'aggiudicazione dell'appalto in questione alla impresa dott. Giuseppe Mortellaro e di rinviare gli atti alla commissione giudicatrice per l'approfondimento dell'esame della documentazione presentata dalle precitate imprese Milioti, Comil, Mortellaro, F.D.M., Liso e Lita, ai fini della eventuale loro esclusione dalla gara; 4) del verbale della seconda seduta della commissione giudicatrice, con la quale in data 11 maggio 1995 e' stato deciso di sottoporre alla commissione amministratrice l'adozione dei provvedimenti di esclusione delle dette imprese dalla gara, di rideterminazione della media e di aggiudicazione dell'appalto; 5) dei provvedimenti (contenuto e data ignoti) di approvazione degli atti di gara; 6) degli atti connessi, presupposti e conseguenziali; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto gli atti di costituzione in giudizio della resistente Azienda municipalizzata e della controinteressata ACMAR; Viste le memorie difensive delle parti; Visto il decreto presidenziale n.1090 del 20 ottobre 1995 ed il reclamo al collegio mosso avverso lo stesso dall'impresa Mortellaro in data 25 ottobre 1995; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla Camera di consiglio del 16 novembre 1995, relatore il dott. Domenico Lundini, gli avvocati Cinti per la ricorrente, Miniero per l'azienda municipalizzata gas e acqua di Ravenna e Tognacci per l'ACMAR; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: F A T T O Con bando del 25 novembre 1994, pubblicato all'Albo pretorio e all'Albo aziendale dal 14 dicembre 1994 al 2 gennaio 1995, l'Azienda municipalizzata gas e acqua di Ravenna ha indetto una gara per l'appalto di lavori di estensione reti gas acqua e relative prese d'utenza in alcuni nuclei del forese del territorio di pertinenza. Ha precisato che l'aggiudicazione sarebbe avvenuta mediante licitazione privata con le modalita' previste dall'art. 1, lettera d) della legge 2 febbraio 1973, n. 14 con esclusione delle offerte in aumento e col metodo di cui all'art. 4 della legge suddetta. In esito all'espletamento della licitazione di cui trattasi tra le ditte invitate, il presidente della gara, in data 26 aprile 1995, ha dichiarato vincitrice della gara stessa la ditta Mortellaro dott. Giuseppe, per il corrispettivo di L. 720.176.871 al netto del ribasso del 21,47% sull'importo a base d'asta, e ha rinviato alla Commissione amministratrice dell'azienda la definitiva aggiudicazione dell'appalto. Detta commissione, peraltro, su parere dell'ufficio legale, ha dapprima restituito gli atti al seggio di gara per approfondimenti in merito all'esistenza di indici afferenti ad eventuali rapporti di collegamento tra diverse ditte concorrenti, e quindi, esaminato il verbale della seconda seduta della licitazione esperita in data 11 maggio 1995, ha deliberato (tra l'altro) di non approvare e invece di annullare l'aggiudicazione provvisoria proclamata in favore della ditta Mortellaro; di accogliere le proposte alternative formulate dal seggio di gara nel verbale della seconda seduta, con conseguente esclusione, per i rapporti di collegamento di seguito specificati, delle ditte: Milioti Costruzioni S.r.l. di Favara (Agrigento) e Comil S.r.l. (identita' tra la sede legale della prima e la sede amministrativa della seconda; delega allo stesso soggetto ad effettuare il sopralluogo richiesto dalla lettera d'invito; coesistenza in capo a Milioti Giuseppe della qualita' di socio della Milioti Costruzioni e di amministratore e direttore tecnico della Comil; rapporto di parentela, in quanto fratelli, tra Milioti Giovanni, socio, amministratore e direttore tecnico della Milioti S.r.l., e Milioti Giuseppe, amministratore e direttore tecnico della Comil); impresa Mortellaro Giuseppe e F.D.M. Costruzioni S.r.l. (delega per sopralluogo al medesimo soggetto; rapporto di parentela di primo grado tra il titolare e direttore tecnico dell'impresa Mortellaro e gli amministratori e direttori tecnici della F.D.M.; identita' tra la sede legale dell'impresa Mortellaro e la residenza degli amministratori e direttori tecnici della F.D.M.); della Liso Costruzioni S.a.s. e Lita S.r.l. (delega per sopralluogo al medesimo soggetto; esistenza di rapporti di parentela tra socio accomandante della Liso e amministratore e direttore tecnico della Lita). Ha deliberato altresi' di escludere la Comil perche' la domanda di partecipazione alla gara era stata presentata dalla ditta De Santis quando aveva gia' modificato la sua ragione sociale in Comil S.r.l. Indi la ripetuta commissione, con l'impugnata delibera 20 maggio 1995, tenuto conto della nuova media delle offerte, ha aggiudicato definitivamente i lavori alla ditta ACMAR di Ravenna, per l'importo netto contrattuale di L. 790.699.730. Avverso gli atti indicati in epigrafe si e' gravata peraltro l'impresa Mortellaro col ricorso n. 1647/1995, deducendo: violazione e falsa applicazione dell'art. 2359 cod. civ., nonche' degli artt. 2472 e 2313 c.c. Violazione dell'art. 2473 del cod. civ. Errata e falsa applicazione dell'art. 2 della lettera invito. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per falsita' di presupposti, per ingiustizia manifesta, per sviamento dell'interesse pubblico e per derivazione. La illegittimita' e pretestuosita' dei ritenuti "collegamenti" sarebbero di palmare evidenza, atteso che le nozioni di controllo e collegamento tra societa' sono previste dall'art. 2359 del cod. civ. e nella specie nessuna delle imprese costituite in forma societaria possiede o detiene quota di altra societa' e conseguentemente non sussiste il presupposto per ipotizzare la sostanziale unitarieta' della conduzione economica di piu' societa' strategicamente aggregate, ossia del fenomeno che da' luogo alla fattispecie cui si riferisce l'art. 2359 del cod. civ. Ne' la suddetta fattispecie, in carenza dei presupposti previsti dalla legge, potrebbe farsi derivare dalla identita' di sede tra societa' o tra sede di una ditta individuale con il luogo di residenza degli amministratori di una societa' di capitali. Ne' potrebbe attribuirsi rilevanza alla circostanza, dettata da ragioni di economia, che piu' imprese hanno delegato un medesimo soggetto per effettuare il "sopralluogo" previsto dalla lettera invito, o ai rapporti di parentela tra legali rappresentanti di singole societa' dotate o non di personalita' giuridica. Infatti le societa' di capitali ed anche le societa' in accomandita semplice sono soggetti autonomi rispetto alle persone dei soci. Anche il motivo di esclusione della impresa Comil S.r.l. sarebbe palesemente illegittimo, in quanto il mutamento della denominazione sociale non incide sulla soggettivita' della societa', che resta la medesima. I provvedimenti impugnati sarebbero anche conseguenti a istruttoria carente; essi si baserebbero su presupposti inesistenti e sembrerebbero determinati da un fine discriminatorio e riduttivo della partecipazione. L'atto di esclusione delle sei imprese citate vizierebbe poi anche tutti gli altri successivi impugnati provvedimenti. L'amministrazione e l'ACMAR si sono costituite in giudizio ed hanno controdedotto ex adverso. La controinteressata ACMAR, peraltro, unitamente al controricorso depositato il 18 ottobre 1995, ha presentato istanza ex art. 3-bis, comma terzo, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo introdotto dall'art. 9 del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216, chiedendo che il giudizio venisse deciso nel merito senza anticipato esame dell'istanza cautelare proposta dalla ricorrente e, conseguentemente, che venisse fissata udienza di trattazione del merito. Alla seduta di camera di consiglio del giorno 19 ottobre 1995, il presidente della sezione e della seduta, sentiti le diverse tesi dei difensori della ricorrente, da una parte, e della controinteressata e dell'amministrazione, dall'altra, in ordine alla necessita' o meno di farsi luogo all'esame dell'istanza cautelare, in presenza della richiesta ex art. 9, d.-l. n. 101/1995, ha dapprima sospeso la seduta stessa riservandosi di decidere sulla questione preliminare. Indi, con decreto presidenziale, espressamente dichiarato reclamabile al collegio, n. 1090/1995, depositato in segreteria il successivo giorno 20 ottobre 1995, ha rilevato che il terzo comma dell'art. 9 del d.-l. n. 101 del 3 aprile 1995, dev'essere interpretato "nel senso di consentire la facolta' di permutare la trattazione cautelare con la trattazione del merito a breve". Quindi, fissata l'udienza di merito al giorno 30 novembre 1995, ha dichiarato improcedibile la domanda cautelare proposta in ordine alla controversia in epigrafe. In data 25 ottobre 1995 la ricorrente ha tuttavia presentato reclamo al collegio avverso il decreto presidenziale di cui s'e' detto, al fine di ottenerne la riforma, sostenendo che l'art. 9, terzo comma, della legge 2 giugno 1995, n. 216 non puo' essere interpretato nel senso che l'istanza, da tale norma consentita, di decisione nel merito impedisce che si possa decidere anche sulla questione cautelare, quando la relativa camera di consiglio sia stata gia' fissata, pena una irragionevole disparita' di trattamento derivante dalla mera iniziativa delle parti. In via subordinata ha eccepito l'illegittimita' costituzionale della norma predetta richiamandosi al contenuto e alle motivazioni di cui all'ordinanza del n. 47 del 30 agosto 1995 del tribunale amministrativo regionale della Lombardia con la quale essa e' gia' stata rinviata alla Corte costituzionale. Ha sollevato poi ulteriori profili d'illegittimita' della ripetuta disposizione per violazione dell'art. 3 della Costituzione, atteso che essa, secondo l'interpretazione resa nel decreto presidenziale in questione, produrrebbe i suoi effetti su situazioni dissimili. Infatti per i lavori al di sotto dell'importo comunitario verrebbe negato nei fatti il rimedio, alternativo al ricorso, di cui all'art. 12, legge n. 142/1992 e alla direttiva CEE n. 89/665, e non sarebbe consentita tutela risarcitoria. In ordine al detto reclamo, chiedendone il rigetto, ha controdedotto l'ACMAR. Alla camera di consiglio del 16 novembre 1995, sono stati sentiti i difensori delle parti. Il patrono dell'amministrazione ha anche adombrato l'illegittimita' costituzionale della norma in questione in quanto essa consentirebbe al controinteressato di far soggiacere la p.a. alla sua iniziativa. Indi la questione sottoposta al collegio e' stata assunta in decisione. D I R I T T O 1. - Nell'ambito del procedimento giurisdizionale instaurato dinanzi a questo tribunale amministrativo regionale col ricorso in epigrafe la ricorrente impresa Mortellaro dott. Giuseppe avanzava istanza di sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati (sostanzialmente: deliberazione in data 20 maggio 1995 della Commissione amministratrice dell'Azienda municipalizzata gas acqua di Ravenna di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in un primo tempo proclamata in favore della ricorrente in esito all'esperimento della licitazione privata per l'affidamento dei lavori di "estensione reti gas acqua e relative prese d'utenza"; esclusione dalla gara suddetta dell'impresa Mortellaro e di altre cinque ditte partecipanti per ravvisati rapporti di "collegamento" tra le ditte stesse, con rideterminazione della media delle offerte e conseguente aggiudicazione definitiva dei lavori alla soc. coop. a r.l. ACMAR di Ravenna). Peraltro il 18 ottobre 1995 - giorno precedente quello fissato per la camera di consiglio di esame dell'istanza cautelare - la controinteressata ACMAR depositava istanza ex art. 31-bis, terzo comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo introdotto dall'art. 9 del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216, con la quale, avvalendosi della facolta' riconosciutale dalla detta norma, chiedeva che la questione venisse decisa nel merito. A seguito di cio' il presidente della sezione, sentiti i difensori delle parti nella seduta di camera di consiglio del 19 ottobre 1995, rilevava, con decreto n. 1090 del 20 ottobre 1995, che la norma in questione doveva essere intesa nel senso di consentire la facolta' di permutare la trattazione cautelare con la trattazione del merito "a breve" e quindi, fissata l'udienza di merito per il 30 novembre 1995, dichiarava improcedibile l'istanza cautelare. Avverso tale decreto presentava reclamo al collegio l'impresa Mortellaro chiedendone motivatamente la riforma ovvero, subordinatamente, la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, citato, per i profili evidenziati in narrativa. 2. - Il reclamo in questione va preliminarmente dichiarato ammissibile, atteso che quando non sia previsto un diverso mezzo d'impugnazione avverso i provvedimenti dell'organo giurisdizionale monocratico, esso costituisce il rimedio normale contro i provvedimenti stessi, rispondendo al principio generale di organicita', speditezza ed economia processuale. 3. - La questione di diritto sottoposta al collegio col reclamo suddetto, sul quale si deve decidere (al fine di passare eventualmente all'esame dell'istanza cautelare), e' quella della corretta interpretazione dell'art. 9, terzo comma, del d.-l. n. 101/1995. Recita tale disposizione: "Nei giudizi amministrativi aventi ad oggetto controversie in materia di lavori pubblici in relazione ai quali sia stata presentata domanda di provvedimento d'urgenza, i controinteressati e l'amministrazione resistente possono chiedere che la questione venga decisa nel merito. A tal fine il presidente fissa l'udienza per la decisione della causa che deve aver luogo entro novanta giorni dal deposito dell'istanza. Qualora l'istanza sia proposta all'udienza gia' fissata per la discussione del provvedimento d'urgenza, il presidente del collegio fissa per la decisione nel merito una nuova udienza che deve aver luogo entro sessanta giorni e autorizza le parti al deposito di memorie e documenti fino a quindici giorni prima dell'udienza stessa". Cio' stante, si tratta in questa sede di stabilire se la presentazione di un'istanza di decisione nel merito precluda oppure no l'esercizio del potere del giudice adito di sospensione dei provvedimenti impugnati. Sullo specifico punto il collegio ritiene che l'interpretazione di tale disposizione contenuta nel decreto presidenziale n. 1090/1995 sia ineccepibile e quindi da confermare. Pur nel difetto di un'esplicita previsione al riguardo sembra infatti al collegio stesso che la ripetuta norma stabilisca chiaramente che, con la presentazione della detta istanza, resti interdetta, pur nel ricorso dei presupposti di cui all'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, la possibilita' di sospendere i provvedimenti impugnati da parte del giudice amministrativo. Ed in effetti appare evidente che nella norma in questione la finalita' , rispondente al comune interesse di tutti i protagonisti della vicenda giudiziaria, di mera accelerazione delle controversie in materia di lavori pubblici, si coniuga con la tutela dell'interesse, piu' circoscritto soggettivamente, all'ultimazione dei lavori senza intralci ed interruzioni che non siano quelli rivenienti dal sicuro riconoscimento dell'illegittimita' dell'operato dell'amministrazione. A tal fine il legislatore ha previsto un meccanismo di "scambio" o "permuta" della fase di trattazione dell'incidente cautelare con la definizione del merito stesso della controversia in tempi brevi e comunque tali da assicurare, nella ratio legis, l'equo contemperamento degli interessi del ricorrente (da una parte) a non vedere pregiudicata definitivamente la propria posizione, con quelli dell'amministrazione e del controinteressato (dall'altra) alla prosecuzione dei lavori nelle more della definizione della legittimita' e regolarita' della posizione acquisita in virtu' dei provvedimenti impugnati. Ne' puo' ritenersi che vi sia differenza di disciplina, sul punto in questione, tra l'ipotesi in cui la richiesta di decisione nel merito sia prodotta prima della fissazione della camera di consiglio per la discussione dell'istanza cautelare e quella in cui tale richiesta sia prodotta a camera di consiglio gia' fissata (persistendo, secondo la ricorrente, almeno nel secondo caso, il potere dovere del giudice di pronunciarsi sull'istanza di sospensiva), dal momento che ad entrambe le fattispecie resta applicabile la disposizione generale ed omnicomprensiva di cui al primo periodo del terzo comma dell'art. 9, in base al quale, quando vi sia comunque domanda di provvedimento d'urgenza, la questione, a richiesta dell'amministrazione o dei controinteressati, va decisa direttamente nel merito, e quindi con elisione completa della fase cautelare. 4. - Da tale lettura, che appare l'unica possibile, della norma ridetta, conseguirebbe inevitabilmente il rigetto del "reclamo" proposto dalla ricorrente impresa Mortellaro, ma il collegio reputa di dover soprassedere da una pronuncia in tal senso, ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, del d.-l. n. 101/1995, nella parte in cui implicitamente introduce il divieto per il giudice amministrativo di sospendere i provvedimenti impugnati. Per questo aspetto, in effetti, la possibile e pervero del tutto legittima esecuzione da parte dell'amministrazione degli atti gravati puo' tradursi, nel difetto di una tempestiva sospensiva, in una definitiva ed irreversibile lesione degli interessi sostanziali delle parti ricorrenti, alle quali resterebbe precluso di poter realizzare in tutto o in parte l'opera illegittimamente appaltata a terzi. Va tenuto infatti conto che, anche in presenza del piu' rigoroso rispetto dei termini stabiliti dal legislatore da parte del giudice amministrativo, al tempo strettamente necessario per la fissazione e l'esame del merito della controversia va comunque aggiunto quello assegnato dalla legge per il deposito della relativa sentenza, senza considerare poi i tempi eventualmente necessari per l'espletamento di sempre possibili incombenti istruttori e di quelli occorrenti per la definizione del secondo grado di giudizio, per il quale, di fronte all'interpretazione sopra illustrata della norma in questione, potrebbe ritenersi inapplicabile lo stesso art. 33, terzo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in funzione di un'identica esigenza di rapida decisione nel merito anche da parte del Consiglio di Stato (cfr. T.A.R. Lombardia, MI, III, ord. n. 47 del 30 agosto 1995). Il rischio quindi di una realizzazione dell'opera nel corso del processo non sembra un'ipotesi astratta, soprattutto per lavori di non grandissimo rilievo (in termini, T.A.R. Lombardia, MI, III, ordinanza citata). Di fronte a tempi processuali non facilmente gestibili e destinati a protrarsi al di la' di quanto forse il legislatore ha ipotizzato, sembra dunque al collegio che l'art. 9, terzo comma, del d.-l. n. 101/1995, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216, sia in contrasto con gli art. 24 e 113 della Costituzione, considerato che la garanzia della tutela dei diritti e degli interessi legittimi deve avere la connotazione dell'effettivita', risultando altrimenti la tutela stessa meramente nominale e fittizia (vedi ordinanza citata). E se e' vero che la tutela cautelare non e' in se stessa costituzionalizzata e non inerisce quindi ad ogni tipo di giudizio, e' anche vero che essa deve ritenersi pero' coessenziale e connaturata alla giurisdizione amministrativa di annullamento, per la quale non vale il meccanismo, proprio di altre giurisdizioni, della sicura reintegrazione successiva del diritto violato, e quindi, a fronte dell'esecutorieta' ed imperativita' che connotano ontologicamente l'atto amministrativo lesivo di interessi legittimi, solo la sospensione cautelare dell'atto stesso puo' evitare un pregiudizio spesso irreparabile della posizione e degli interessi sostanziali del ricorrente e consentire a questi di pervenire alla definizione della vertenza re adhuc integra. Ne' puo' ritenersi che l'eventuale possibilita' di dar successivamente inizio ad un processo davanti all'A.G.O. per il risarcimento del danno sia di per se' sufficiente ad apprestare, ai sensi delle richiamate norme costituzionali, un'adeguata garanzia alternativa sul piano giurisdizionale. Infatti, se la tutela cui fanno riferimento i principii costituzionali dev'essere effettiva, e' evidente che cio' non puo' aversi se non col conseguimento del vantaggio auspicato, rispetto al quale il succedaneo dell'equivalente pecuniario a titolo di risarcimento del danno rappresenta solo una parte dello specifico interesse sostanziale inizialmente perseguito. Il risarcimento per equivalente e' insomma sempre qualcosa di diverso e di secondario rispetto all'oggetto finale della pretesa (aggiudicazione dell'appalto) e cio' tanto piu' quando, come spesso accade, il danno attenga alla lesione di un interesse "strumentale" e quindi di una mera "aspirazione" del soggetto ad un vantaggio definitivo, con conseguente risarcimento in questo caso del solo danno derivante da c.d. "perdita di chance". Va considerato inoltre che il risarcimento del danno in materia di appalti di lavori pubblici e' previsto dall'art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 per le sole violazioni del diritto comunitario o delle relative norme interne di recepimento, sicche' tale risarcimento potrebbe anche essere negato per gli appalti d'importo inferiore alla soglia comunitaria (oltretutto la norma contenuta nell'art. 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che aveva sostanzialmente esteso l'applicabilita' dell'art. 13 sopra citato all'intera materia delle opere pubbliche, e' stata eliminata nella nuova formulazione dell'art. 32 suddetto recata dalla legge n. 216/1995). Sotto tale profilo quindi l'eliminazione della tutela cautelare disposta dalla norma sospettata d'incostituzionalita' appare anche in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, applicandosi ugualmente a situazioni diverse, appalti d'importo superiore e inferiore alla soglia comunitaria, ma con effetti piu' gravi nella seconda delle dette ipotesi. Da ultimo l'art. 9, terzo comma, che ne occupa, appare, ad avviso di questo collegio, nella parte in cui comporta l'elisione della fase cautelare del giudizio amministrativo a seguito di un'istanza di decisione del merito avanzata anche soltanto dal controinteressato, ulteriormente in contrasto con norme costituzionali e precisamente con l'art. 97 della Costituzione, dal momento che obbliga la stessa l'amministrazione, che e' poi la diretta portatrice dell'interesse pubblico, a soggiacere alla mera iniziativa del controinteressato, e cio' anche quando motivi di opportunita', prudentemente apprezzabili dall'amministrazione, indurrebbero altrimenti quest'ultima a preferire, sin dalla fase cautelare, il vaglio del giudice amministrativo sulla vicenda contestata, piuttosto che prendere comunque un rischio, o dell'esecuzione di un atto sub judice o dell'intervento in autotutela sull'atto stesso. 5. - La questione di legittimita' costituzionale come sopra delineata, oltre ad essere non manifestamente infondata, e' poi ovviamente rilevante, dipendendo dalla sua risoluzione, in un senso o nell'altro, la decisione del "reclamo" che ne occupa e quindi l'esame o meno dell'istanza cautelare. E la questione resta rilevante anche dopo il passaggio in decisione della causa a seguito della udienza di discussione del merito tenutasi il 30 novembre 1995, atteso che nella relativa camera di consiglio dello stesso giorno (in cui questo collegio ha anche proceduto ad ulteriore esame della presente questione) sono stati disposti incombenti istruttori e quindi, non essendo ancora definita la causa, permangono la possibllita' e l'interesse ad un utile espletamento della fase cautelare del giudizio stesso. 6. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, questo tribunale dichiara ammissibile il reclamo proposto al collegio dalla ricorrente; sospende peraltro l'esame dello stesso ed il giudizio cautelare (ferma dunque restando allo stato l'improcedibilita' dell'istanza di sospensione degli atti impugnati e salvo riesame della medesima istanza a seguito della pronuncia della Corte costituzionale); rimette gli atti alla Corte stessa per l'esame della questione sollevata e, per l'ipotesi che la relativa pronuncia non intervenga prima della decisione definitiva di merito da parte del T.A.R. della controversia in epigrafe, dispone la formazione di copia autentica degli atti da trattenere per l'ulteriore trattazione del merito della causa dopo l'espletamento dell'istruttoria decisa dal tribunale alla camera di consiglio del 30 novembre 1995.
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, Bologna, sezione II, ammette il reclamo al collegio proposto avverso il decreto presidenziale n. 1090/1995; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31-bis, terzo comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotto dall'art. 9 del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216, per contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, nella parte e per i motivi specificati in motivazione; sospende l'esame del proposto reclamo e dell'istanza cautelare, ferma restando dunque l'improcedibilita' allo stato della domanda di sospensione degli atti impugnati col ricorso in epigrafe e salvo riesame a seguito della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione sollevata; per l'ipotesi che tale pronuncia non intervenga prima della ulteriore trattazione nel merito della causa, manda alla segreteria di questa sezione di formare copia autentica degli atti da trattenere per la trattazione medesima; manda ancora alla stessa segreteria di trasmettere immediatamente gli atti alla Corte costituzionale e di notificare copia della presente ordinanza, ai sensi dell'art. 23 della legge11 marzo 1953, n. 87, alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso, in Bologna, nelle camere di consiglio del 16 novembre 1995 e del 30 novembre 1995. Il presidente: laurita L'estensore: lundini 96C0494