N. 360 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 1996

                                N. 360
 Ordinanza emessa il 17 gennaio 1996 dalla corte d'appello  di  Milano
 nel procedimento penale a carico di Bauleo Alfonso
 Processo  penale  -  Dibattimento - Giudice che, quale componente del
 tribunale della liberta', ha concorso a pronunciare un  provvedimento
 sulla  liberta'  personale  nei  confronti  dello  stesso  imputato -
 Incompatibilita'  ad  esercitare   le   funzioni   di   giudice   del
 dibattimento - Omessa previsione - Violazione del diritto di difesa -
 Richiamo  ai  principi  espressi  dalla  Corte  costituzionale  nella
 sentenza n.  432/1995  -  Questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata  dalla  corte  di  appello  nel  corso  di  procedimento di
 ricusazione.
 (C.P.P. 1988, art. 34).
 (Cost., art. 24).
(GU n.17 del 24-4-1996 )
                          LA CORTE D'APPELLO
   Ha   pronunziato   la   seguente   ordinanza  nel  procedimento  di
 ricusazione promosso da Bauleo Alfonso nei confronti  della  dott.ssa
 Francesca  Manca  e  della  dott.ssa  Giovanna Verga, rispettivamente
 presidente e componente del Collegio avanti il quale pende giudizio a
 carico del medesimo (proc. n. 4122/1995 r.g. trib. Milano - sez.  VII
 penale);
   Letto il ricorso degli istanti;
   Lette  le  richieste  del  p.g.,  decidendo  in sede di valutazione
 dell'ammissibllita';
                                OSSERVA
   Giova premettere che altra dichiarazione di ricusazione  il  Bauleo
 ebbe   a  proporre  in  data  6  ottobre  1995,  dichiarata  peraltro
 inammissibile da questa Corte con il seguente provvedimento.
   La ricusazione e' stata proposta con riferimento al  fatto  che  il
 giudice  ricusato  ha  fatto parte, prima del giudizio, del tribunale
 del riesame che ha respinto le impugnazioni proposte  dai  coimputati
 Denyzyran,  De  Ponti,  Guner  e  Tureli Numan contro i provvedimenti
 restrittivi della liberta' personale adottati dal  g.i.p.  di  Milano
 nei loro confronti.
   Non v'e' dubbio che, secondo la giurisprudenza costituzionale (cfr.
 C.  cost.  n.  502/1991), tale ipotesi non ricada sotto il divieto di
 cui  all'art.  34  c.p.p.,  sotto   tale   profilo   la   ricusazione
 risulterebbe  senz'altro  inammissibile,  stante  la tassativita' dei
 casi in cui essa e' prevista dalla legge, mentre non puo' aver  alcun
 rilievo  la  eventuale tardivita', posto che il termine di tre giorni
 non ha  mai  iniziato  a  decorrere  per  l'inesistenza  del  momento
 iniziale,  ravvisato  dall'art.  38  c.p.p.  nel sorgere ovvero nella
 conoscenza della causa di  ricusazione,  nella  specie,  come  si  e'
 rilevato, inesistente.
   La  Corte  non  puo'  tuttavia  esimersi  dal  considerare  che  la
 ricusazione in esame e' stata proposta sulla  base  di  una  invocata
 incostituzionalita' della norma che, nella ricordata interpretazione,
 non  ravvisa  incompatibilita' tra la partecipazione al tribunale del
 riesame e quella al tribunale del merito infatti se venisse ravvisata
 tale illegittimita' costituzionale,  sorgerebbe,  dal  momento  della
 pronunzia in proposito della Corte costituzionale, un nuovo motivo di
 incompatibilita'  avente  effetto  sul  processo  in corso (in quanto
 norma processale-ordinamentale).
   La  questione  risulta  gia'  sollevata  in  altre  sedi  (con   la
 conseguente  possibilita'  che  il giudizio a carico dei ricusanti ne
 venga comunque influenzato, poiche' in tale processo la questione  e'
 gia' stata posta) a seguito della sentenza della Corte costituzionale
 n.  432/1995,  la  quale,  decidendo  un  caso  diverso,  ha comunque
 espressamente  mutato  in   maniera   significativa   il   precedente
 orientamento  in materia di incompatibilita' di funzioni giudiziarie,
 nell'intento di garantire la piu' ampia esplicazione del  diritto  di
 difesa  e  di  tenere  conto  della ratio legis della recente legge 8
 agosto 1995 n. 332; significativo, in particolare, e' il fatto che la
 Corte citi, tra le decisioni antecedenti la "diversa conclusione" cui
 ora essa perviene, proprio la sentenza n. 502 del 1991,  in  tema  di
 art.  309  del  cod.  proc.  pen.,  che  appare  quindi superata, nel
 giudizio della Corte, in base alle nuove argomentazioni.
   Ritiene, in sostanza, la Corte costituzionale, che il magistrato il
 quale  abbia giudicato in una fase antecedente al giudizio di merito,
 non possa partecipare a quest'ultimo, quando la sua prima valutazione
 non sia  stata  di  mera  legittimita',  ma  si  sia  estesa  ad  una
 valutazione,  sia  pur  parziale, del merito "circa l'idoneita' delle
 risultanze delle  indagini  preliminari  a  fondare  un  giudizio  di
 responsabilita' dell'imputato".
   Nella  sentenza  della  Corte  costituzionale sono utilizzati anche
 altri  argomenti  piu'  strettamente  riferibili  al  caso  da   essa
 esaminato   (riguardante  la  incompatibilita'  del  g.i.p.),  ma  il
 principio di fondo sopra enunciato pare  decisamente  dotato  di  una
 portata  estensibile  ad ogni caso di duplicazione dell'esercizio, da
 parte di un solo magistrato,  di  funzioni  attinenti  al  merito  in
 momenti  diversi.  Tale  considerazione,  ad  avviso di questa Corte,
 dimostra all'evidenza la non manifesta infondatezza della questione.
   Quanto  alla  rilevanza  di  essa  nel  giudizio   in   esame,   va
 sottolineato che la antecedente partecipazione della dott.ssa Manca -
 presidente  dell'attuale  Collegio  giudicante  -  al  tribunale  del
 riesame, si e' esaurita nelle decisioni concernenti  i  provvedimenti
 restrittivi  riguardanti  gli  imputati  Denizyaran  Mehmet, De Ponti
 Francesco, Guner Orhan Musa e Tureli Numan, quest'ultimo  richiedente
 la ricusazione.
   E'  bensi'  vero,  al  riguardo,  che  cio'  non  consentirebbe  di
 ravvisare l'eventuale incompatibilita' se non con riferimento ai soli
 imputati predetti; deve  convenirsi  peraltro  con  gli  istanti  che
 l'indagine  del  tribunale  del  riesame  non  ebbe  a limitarsi alle
 imputazioni relative  ai  singoli  eventi  criminosi  rispettivamente
 ascritti,   ma  fu  rivolta  anche  alla  complessiva  incriminazione
 associativa gia' a quel tempo formulata,  con  puntuali  e  pregnanti
 valutazioni di merito.
   Appare  conseguentemente  legittimo,  attesa  la parziale comunanza
 degli  elementi  di  prova,   ritenere   realizzata   la   cosiddetta
 "prevenzione"  anche  in relazione agli istanti imputati del reato di
 cui all'art.  75 della legge 685/1975 e di poi  all'art.  74  decreto
 del Presidente della Repubblica n. 309/1990; non cosi', al contrario,
 per   quanto  concerne  gli  istanti  imputati  di  fatti  delittuosi
 semplici, riguardo ai quali nessuna preventiva valutazione di  merito
 puo' dirsi siasi consumata da parte del giudice ricusato.
   Con  esclusivo  riferimento  ai  primi,  pertanto,  la questione di
 legittimita' costituzionale deve essere sollevata, atteso che  appare
 indubbio  che,  ove  la  stessa  fosse ritenuta fondata, la richiesta
 ricusazione diverrebbe ammissibile.
   Dichiarata cosi' inammissibile la dichiarazione di ricusazione  del
 Bauleo  con  provvedimento  23  ottobre  1995  di  questa  Corte,  la
 posizione processuale del  medesimo  si  e'  nelle  more  modificata,
 avendogli  contestato il p.m., alla udienza del 6 ottobre 1995, anche
 il reato associativo di cui all'art.  75,  primo,  secondo,  terzo  e
 quarto  comma,  legge 685/1975 e 74, primo, secondo e terzo comma del
 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,   dapprima
 formulato  solo nei confronti di alcuni coimputati, fra cui quelli in
 relazione ai quali era stata sollevata da questa Corte  la  questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nei termini sopra
 indicati.
   Di  qui  la  nuova  dichiarazione di ricusazione, formulata ora nei
 riguardi sia della dott.ssa Manca che della dott.ssa Verga,  entrambe
 componenti  del  tribunale del riesame che, in due diverse occasioni,
 fu chiamato a  trattare  in  sede  impugnativa  le  misure  cautelari
 disposte in danno del Bauleo o di coimputati del reato associativo.
   Richiamate  pertanto  le osservazioni di cui al provvedimento sopra
 trascritto, ed in particolare  quelle  concernenti  la  realizzazione
 della  cosiddetta  "prevenzione"  sia  diretta, che comunque relativa
 alla comune incriminazione associativa, non appar  dubbio  che  debba
 essere sollevata anche nella fattispecie sottoposta all'odierno esame
 la questione di legittimita' costituzionale prospettata.
   La   Corte  deve  quindi  rimettere  la  decisione  sulla  indicata
 questione alla  Corte  Costituzionale,  sospendendo  il  procedimento
 incidentale (pronunzia sulla ricusazione) pendente avanti ad essa.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritiene  non  manifestamente  infondata e rilevante la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 34 del c.p.p., nella  parte  in
 cui non prevede la incompatibilita' del giudice che abbia partecipato
 alla  decisione,  interferente nel merito, da parte del tribunale del
 riesame, a prendere parte al successivo dibattimento di  merito,  per
 contrasto con l'art. 24 della Costituzione, e conseguentemente ordina
 la  immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale,
 sospendendo il giudizio incidentale pendente davanti a questa Corte;
   Ordina che a cura  della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 comunicata  alla  Presidenza  delle  due  Camere del Parlamento e sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri,  al  procuratore
 generale  in  sede,  al  proponente  la  ricusazione ed ai magistrati
 ricusati.
     Milano, addi' 17 gennaio 1996
                         Il presidente: Milano
                                I consiglieri: Celentano - Santaniello
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