N. 362 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio 1996

                                N. 362
 Ordinanza emessa il 19 gennaio  1996  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di  Lecce nel procedimento penale a
 carico di Bello Massimiliano
 Processo penale - Giudizio  abbreviato  -  Giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia  applicato una misura cautelare personale nei
 confronti dello stesso imputato - Incompatibilita' ad  esercitare  le
 funzioni  giudicanti nel suddetto rito speciale - Omessa previsione -
 Disparita' di trattamento - Compressione  del  diritto  di  difesa  -
 Richiamo  ai  principi  espressi  dalla  Corte  costituzionale  nella
 sentenza n. 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma).
(GU n.17 del 24-4-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Provvedendo in camera di consiglio sulla richiesta  di  definizione
 con  il  rito  abbreviato  del procedimento penale a margine indicato
 formulata da Bello Massimiliano, nato a  Campi  il  21  agosto  1972,
 imputato  del  reato di cui all'art. 648 c.p., con recidiva reiterata
 ed infraquinquennale;
                           PREMETTE IN FATTO
   In data 26 ottobre 1995 i C.C. del N.O.R.M.  di  Lecce  procedevano
 all'arresto  del  predetto  Bello Massimiliano, sorpreso in flagrante
 reato di ricettazione dell'autovettura Fiat Uno Turbo tgt. AA 219 TK,
 di accertata provenienza delittuosa.
   Previo interrogatorio nel termine di legge, veniva da questo g.i.p.
 convalidato  l'eseguito  arresto  in  flagranza   e   contestualmente
 applicata al Bello la misura della custodia cautelare in carcere.
   Concluse  le indagini preliminari, il p.m. presso la locale pretura
 circondariale emetteva decreto di citazione a giudizio nei  confronti
 del Bello e del coimputato Pezzuto Vincenzo.
   Nel  termine  di  quindici  giorni  dalla  notifica  del decreto di
 citazione  Bello  Massimiliano  formulava   richiesta   di   giudizio
 abbreviato, cui il p.m. prestava il consenso e trasmetteva gli atti a
 questo g.i.p.
   All'odierna  udienza camerale, presente l'imputato, ancora in stato
 di  detenzione  in  forza  del  richiamato  titolo   custodiale,   il
 giudicante,  sentiti  l'imputato  medesimo,  il p.m. ed il difensore,
 ritenuto il processo definibile allo stato  degli  atti,  pronunciava
 ordinanza, dandone lettura.
                          OSSERVA IN DIRITTO
   Come  chiarito  in  punto  di  fatto,  questo  giudice ha applicato
 all'odierno imputato la misura coercitiva della custodia cautelare in
 carcere, tuttora in corso.
   Il medesimo giudice e' stato, quindi, investito della richiesta  di
 rito  abbreviato  ed  e',  pertanto,  oggi  chiamato  a  decidere con
 sentenza della responsabilita' del medesimo  imputato  in  ordine  ai
 medesimi  fatti  i  quali  egli  ha  emesso,  a  suo  tempo il titolo
 custodiale.
   La  mancata  inclusione di una siffatta ipotesi di incompatibilita'
 all'ufficio di giudice tra quelle  individuate  dall'art.  34  c.p.p.
 impone  che  sia  sollevata  ex  officio la questione di legittimita'
 costituzionale della prefata norma per  ritenuto  contrasto  con  gli
 artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Ed  invero,  tenuto  conto  dell'espansione  che  ha caratterizzato
 l'istituto in esame a seguito di plurimi  interventi  additivi  della
 Corte  costituzionale  ed  in particolare della recente sentenza 6-15
 settembre 1995, n.  432, l'incompatibilita' a giudicare  va  ritenuta
 sussistente  in  tutti  i casi in cui la valutazione conclusiva della
 responsabilita' dell'imputato sia o possa apparire condizionata dalla
 "forza della prevenzione", vale a dire da quella naturale tendenza  a
 mantenere  un giudizio gia' espresso in altri momenti decisionali del
 medesimo processo.
   Non puo' dubitarsi che il  giudice  per  le  indagini  preliminari,
 prima di applicare una misura coercitiva personale, abbia operato una
 ricognizione  ed  una  valutazione  di  tutti  gli elementi probatori
 acquisiti, li abbia ritenuti incompatibili  con  alternative  ipotesi
 ricostruttive ed abbia, in definitiva, formulato, sia pure allo stato
 degli  atti,  un  positivo giudizio di ricorrenza dei gravi indizi di
 colpevolezza richiesti dall'art. 273 c.p.p., tali da fargli  apparire
 altamente  probabile  sia  la  sussistenza  del  fatto-reato  che  la
 responsabilita' dell'indagato.
   E tale valutazione e' oggi ancor piu'  approfondita  e  penetrante,
 alla  luce  del  mutato quadro normativo in subiecta materia (legge 8
 agosto  1995,  n.  332),  che   ha   rafforzato   il   carattere   di
 eccezionalita'  delle misure limitative dello status libertatis della
 persona sottoposta alle indagini preliminari ed ha imposto - pena  la
 nullita'   del   provvedimento,  rilevabile  d'ufficio  -  oltre  che
 l'esposizione degli indizi  sui  quali  la  misura  si  fonda,  anche
 "l'esposizione  dei  motivi  per  i  quali  sono  stati  ritenuti non
 rilevanti gli elementi  forniti  dalla  difesa"  (art.    292,  comma
 secondo, lett. c-bis c.p.p.), nonche' la valutazione degli elementi a
 favore  dell'imputato,  acquisiti  dal  p.m.  ovvero presentati dalla
 difesa (art. 292, comma 2-ter, c.p.p.).
   Aggiungasi che il  giudice  per  le  indagini  preliminari  che  ha
 accolto  la  richiesta  di  applicazione  di  una  misura  coercitiva
 personale ha anche escluso l'esistenza  di  alcuna  delle  condizioni
 legittimanti il proscioglimento dell'indagato previste dall'art. 273,
 cpv.,   c.p.p.    e  finanche  la  cedibilita'  del  beneficio  della
 sospensione condizionale della pena (in taluni  casi  presuntivamente
 quantificandola)  che verra' inflitta con la sentenza necessariamente
 ritenuta di condanna.
   E'  di  palmare  evidenza  che  un   siffatto,   globale   giudizio
 prognostico    di   colpevolezza   non   e'   affatto   formale,   ma
 contenutistico, investendo il merito della res iudicanda.
   Il pericolo che la serenita' e l'imparzialita' del giudice che deve
 conclusivamente pronunziarsi sulla colpevolezza dell'imputato siano o
 possano apparire minate da un  precedente  apprezzamento  di  merito,
 gia'  riconosciuto  dalla  Corte  costituzionale  nella surrichiamata
 sentenza per il giudice per le indagini preliminari che partecipi  al
 giudizio  dibattimentale,  e'  ancor  piu' accentuato per il medesimo
 giudice che, successivamente all'adozione  di  una  misura  cautelare
 personale,  sia  investito dal medesimo imputato, con il consenso del
 p.m.,  della  richiesta  di  definizione  del  processo mediante rito
 abbreviato.
   In aggiunta ai sopra esposti motivi che militano  tutti,  anche  in
 questo  caso,  in  favore  dell'incompatibilita'  per  omogeneita' di
 situazioni - donde il ritenuto contrasto con l'art. 3 Cost.,  essendo
 comune  la  natura di "giudizio di merito" anche al rito abbreviato -
 va qui considerata l'ulteriore, pregnante ragione  per  la  quale  il
 giudizio  abbreviato,  caratterizzato  dalla decidibilita' allo stato
 degli atti, non si arricchisce di alcun apporto dibattimentale, ma e'
 cristallizzato, sul  piano  probatorio,  dalle  acquisizioni  proprie
 della   fase   delle   indagini  preliminari,  le  quali,  in  virtu'
 dell'opzione processuale operata dall'imputato, da  indizi  cautelari
 assurgono  a  dignita'  di prova, in applicazione del principio della
 decisione allo stato degli atti stabilito dall'art. 440, comma primo,
 c.p.p., che ha per oggetto proprio i documenti relativi alle indagini
 svolte dal p.m. e dalla polizia giudiziaria i  quali,  legittimamente
 acquisiti al fascicolo del p.m., ben possono essere utilizzati a fini
 decisori (cfr. Cass., SS. UU., 1 ottobre 1991, Sini).
   In  altri  termini,  il giudice dell'abbreviato sarebbe chiamato ad
 una superfetazione di attivita' valutativa compiuta  sulla  base  dei
 medesimi  dati  fattuali, il cui positivo apprezzamento in termini di
 probabile colpevolezza inizialmente espresso  potrebbe  condizionarlo
 all'atto della decisione finale di merito.
   Ne'  varrebbe  obiettare  che  l'apprezzamento  dei gravi indizi di
 colpevolezza viene reso allo stato degli atti  e  che  le  successive
 acquisizioni  potrebbero  delineare un diverso (e piu' favorevole per
 l'indagato) quadro  probatorio,  poiche'  questo  ben  puo'  rimanere
 immutato  o  perche'  la  misura  cautelare  e'  stata  richiesta  in
 prossimita' della conclusione delle indagini preliminari o perche' le
 iniziali indagini - in quanto complete  ovvero  non  suscettibili  di
 completamento - non hanno poi avuto alcuna evoluzione.
   Priva  di pregio si appalesa, infine, l'obiezione pure sollevata in
 dottrina, secondo cui l'abbreviato, come il patteggiamento, si  fonda
 sull'accordo  delle  parti,  sicche'  deriva  da  una  libera  scelta
 dell'imputato l'essere  giudicato  dallo  stesso  giudice  che  abbia
 applicato nei suoi confronti una misura cautelare personale.
   E'  agevole replicare, infatti, che con il ricorso al rito speciale
 l'imputato,  in  cambio  di   un   trattamento   sanzionatorio   piu'
 favorevole,  accetta  di  esercitare  il  proprio diritto alla difesa
 nelle  forme  piu'  limitate  previste  per  l'udienza   preliminare,
 conferendo  al  giudice  il  potere  di definire il procedimento allo
 stato degli atti,  senza,  quindi,  l'osservanza  delle  prescrizioni
 imposte  per  il dibattimento:   ma cio' non implica, ovviamente, una
 contestuale (ed inammissibile) rinuncia ad  essere  giudicato  da  un
 giudice imparziale e libero da qualsiasi condizionamento derivante da
 un'anticipazione di giudizio.
   Sotto  tale  profilo  la  norma  impugnata, non garantendo il pieno
 rispetto del diritto di difesa  dell'imputato  nell'ambito  del  c.d.
 giusto  processo,  appare  in contrasto con l'art. 24, comma secondo,
 Cost.
   La rilevanza della questione nel presente giudizio e' in  re  ipsa,
 poiche', in caso di accoglimento questo Giudice non potrebbe definire
 il processo, avendo l'obbligo di astenervisi ex art. 36, comma primo,
 lett. g), c.p.p.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  23  e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 solleva  d'ufficio  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    34,  comma  secondo,  del c.p.p., nella parte in cui non
 prevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio  abbreviato  del
 giudice  per  le  indagini preliminari che, per lo stesso fatto e nei
 confronti del medesimo imputato, abbia applicato una misura cautelare
 personale, in relazione agli  artt.  3,  comma  primo,  e  24,  comma
 secondo, della Costituzione;
   Sospende  il  giudicio  in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che a cura  della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata,   oltre   al  p.m.,  all'imputato  ed  ai  difensori,  al
 Presidente del Consiglio,  nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della
 Camera dei deputati e del Senato.
     Lecce, addi' 19 gennaio 1996
            Il giudice per le indagini preliminari: scardia
 96C0498