N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 1 aprile 1996

                                N. 8
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 1
 aprile 1996 (della provincia autonoma di Trento)
 Controlli  amministrativi  -  Commissario  del  Governo - Funzioni di
 sovraintendenza  e  coordinamento  -   Obbligo   delle   regioni   di
 trasmettere  periodicamente tutte le delibere adottate nell'esercizio
 delle funzioni amministrative delegate - Attribuzione  al  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri della qualifica di vice commissario del
 Governo - Obbligo di effettuare ogni comunicazione del  Governo  alla
 regione  tramite il commissario del Governo - Lamentato esercizio del
 potere di direttiva mediante adozione  di  circolare  ministeriale  -
 Violazione delle competenze statutarie provinciali e del principio di
 leale collaborazione tra Stato e province autonome.
 (Circolare  del  Ministro  per  la  funzione  pubblica  e  gli affari
 regionali 27 novembre  1995,  n.  22/95;  nota  del  commissario  del
 Governo 26 febbraio 1996, prot. n. 310).
 (D.P. R. 1 febbraio 1973, n. 49, artt. 33 e 38; legge 23 agosto 1988,
 n. 400, art. 13, primo comma).
(GU n.35 del 28-8-1996 )
   Ricorso  per  conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di
 Trento,  in  persona  del   presidente   della   Giunta   provinciale
 pro-tempore  dott.  Carlo  Andreotti,  autorizzato  con deliberazione
 della Giunta  provinciale  n.  3051  del  15  marzo  1966  (all.  1),
 rappresentata  e  difesa - come da procura speciale del 19 marzo 1996
 (rep. n. 61897) rogata dal notaio dott. Pierluigi Mott  del  collegio
 notarile  di Trento e Rovereto (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico
 Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in  Roma
 presso  lo  studio  dell'avv.  Manzi,  via Confalonieri, 5, contro il
 Presidente del Consiglio dei Ministri per la  dichiarazione  che  non
 spetta allo Stato:
     a)  di disciplinare con circolare ministeriale, ed in difformita'
 da quanto stabilito nello statuto di autonomia:
      i  doveri  della  provincia  autonoma  di   Trento   conseguenti
 all'esercizio  delle  funzioni statali delegate, sia quanto agli atti
 da trasmettere che quanto alla periodicita' della trasmissione;
      le comunicazioni della regione al  Governo  attraverso  il  solo
 tramite del commissario del Governo;
      l'esercizio delle funzioni vicarie del commissario stesso;
     b)  di  invitare,  con  nota  del  commissario del Governo, a far
 pervenire allo stesso le deliberazioni assunte  nell'esercizio  delle
 funzioni  amministrative  delegate nonche' le deliberazioni integrali
 attuative delle deleghe conferite con i decreti  legislativi  del  21
 settembre 1995, nn. 429 e 430;
   nonche' per il conseguente annullamento:
     a)  in parte qua, ed in quanto rivolti alla provincia autonoma di
 Trento, dei punti 6, 3.3 e 3.7 della circolare del  Ministro  per  la
 funzione  pubblica  e gli affari regionali n. 22/1995 del 27 novembre
 1995, concernente funzioni di sovraintendenza e di coordinamento  del
 commissario  del  Governo,  trasmessa  alla  provincia con nota della
 Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 gennaio 1996, n. 200  di
 prot., pervenuta in data 23 gennaio 1996 (all. 3);
     b)  della  nota del commissario del Governo del 26 febbraio 1996,
 n. 310 di prot. (all. 4);
   per violazione:
     degli artt. 33 e 38 delle norme  di    attuazione  dello  statuto
 emanate con d.P. R. n 49 del 1 febbraio 1973;
     del  ruolo istituzionale della provincia autonoma di Trento, cosi
 come  risultante  dal  complesso  delle  disposizioni  dello  statuto
 speciale;
     dell'art.  13,  primo  comma,  legge  n.  400 del 1988, e piu' in
 generale dei principi di diritto riguardanti le fonti normative;
     del principio di leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  e
 province autonome;
   per i profili e nei modi di seguito illustrati.
                               F a t t o
   La  circolare  del  Ministro  per la funzione pubblica e gli affari
 regionali n. 22/1995 del 27 novembre 1995  concerne  le  funzioni  di
 sovraintendenza e di coordinamento del commissario del Governo, ed e'
 stata  inviata ad una notevole pluralita' di destinatari, tra i quali
 i presidenti delle regioni e delle province autonome.
   Colpisce in primo luogo la forma della circolare. E'  noto  infatti
 che  l'art.  13,  primo  comma,  della legge n. 400 del 1988 - il cui
 significato e' stato anche oggetto della interpretazione  di  codesta
 ecc.ma  Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 1989 - precede
 che il commissario del Governo operi "in conformita'  alle  direttive
 del  Presidente  del Consiglio dei Ministri adottate sulla base degli
 indirizzi del Consiglio dei Ministri". E tale potere di direttiva  e'
 stato  esercitato  una prima volta con atto dell'11 ottobre 1993, una
 seconda volta, a seguito dell'annullamento di talune  parti  di  tale
 direttiva operato da codesta Corte costituzionale con sentenza n. 342
 del  1994,  ed  in sostituzione delle parti annullate, con atto del 3
 marzo 1995.
   L'atto qui impugnato si presente invece come una mera circolare del
 Ministro per la funzione pubblica:  ed  in  effetti,  nella  evidente
 consapevolezza  di  non  poter  avere  quel  contenuto  relativamente
 dispositivo previsto per le  direttive  ex  legge  n.  400,  esso  si
 presenta  come  fosse  meramente  riproduttivo  di  disposizioni gia'
 esistenti nell'ordinamento, dichiarandosi rivolto a "sottolineare gli
 aspetti  piu'  significativi"  dei   compiti   commissariali   e   ad
 "individuare   alcune   modalita'   organizzative  e  procedimentali,
 comunque ricavabili dalla normativa  vigente",  attraverso  cui  essi
 possono essere adempiuti.
   In concreto tuttavia non sembra affatto che la circolare si attenga
 a tale proposito, e nei propri contenuti non solo innova sulla stessa
 disciplina  delle  direttive  ora  dette  -  in  modo ad avviso della
 ricorrente provincia gia' illegittimo sulla base della sola legge  n.
 400 del 1988 - ma giunge ad incidere sui rapporti intersoggettivi tra
 Stato e regioni, in termini che non sarebbero consentiti neppure alle
 direttive previste dalla legge n. 400/1988.
   In particolare, per quanto interessa alle autonomie regionali e tra
 esse  alla provincia autonoma di Trento, la circolare innovativamente
 dispone:
     che in generale le regioni debbano  inviare  al  commissario  del
 Governo  "mensilmente  tutte le deliberazioni adottate nell'esercizio
 delle funzioni  amministrative  statali  delegate,  corredate  da  un
 elenco  che  contenga  l'indicazione  delle  delibere  sottoposte  al
 controllo di legittimita' (punto 6.1);
     che le comunicazioni della regione al Governo  "sono  effettuate,
 di norma, tramite il commissario del Governo" (punto 3.3);
     che  "in  attuazione  delle  vigenti disposizioni" - peraltro non
 meglio specificate - la funzione di vice commissario del  Governo  e'
 attribuita dal Presidente del Consiglio dei Ministri punto 3.7);
   Ora, le suddette disposizioni non soltanto sono poste in essere dal
 Ministro  della  funzione pubblica nella piu' completa assenza di una
 base normativa che legittimi l'esercizio del relativo potere, ed anzi
 in violazione delle procedure e competenze previste  dall'art.    13,
 primo  comma,  legge  n.  400 del 1988, ma sono altresi' lesive delle
 prerogative della ricorrente provincia autonoma  di  Trento  e  delle
 regole  fissate  dallo  statuto  di  autonomia  e  relative  norme di
 attuazione, oltre che, ad avviso della ricorrente, del  principio  di
 leale collaborazione tra Stato e regioni e province autonome.
   Vero  e'  che  al  punto 6.1 dell'impugnata circolare si "richiama"
 altresi' "l'osservanza delle proposizioni finali" della direttive  11
 ottobre 1993, e che tali proposizioni specificano che la direttiva e'
 bensi' inviata anche ai commissariati presso le regioni e province ad
 autonomia  speciale,  ma  che  ad  esse  si  applica  "per quanto non
 diversamente disposto dai rispettivi statuti e dalle  relative  norme
 di attuazione".
   In  astratto  percio' - e benche' senza alcuna garanzia di certezza
 del diritto - si potrebbe  anche  intendere  che,  pur  nell'atto  di
 dettare   disposizioni   prive  di  base  per  qualunque  dei  propri
 destinatari, la circolare  intendesse  in  sostanza  esonerare  dalle
 proprie  disposizioni innovative le autonomie speciali, mantenendo la
 salvaguardia gia' disposta in sede di direttiva.
   Senonche' con la nota del 26 febbraio 1996, n. 310 di  prot.,  pure
 qui  impugnata, il commissario del Governo per la provincia di Trento
 provvedeva a ricordare alla provincia autonoma i contenuti del  punto
 6.1  della  circolare  del  27  novembre  circa  l'invio di "tutte le
 deliberazioni adottate nell'esercizio delle  funzioni  amministrative
 delegate, corredate da un elenco che contenga l'indicazione di quelle
 sottoposte al controllo di legittimita'", invitando di seguito a "far
 qui  pervenire, ai sensi dell'art. 38 d.P. R. 1 febbraio 1973, n. 49,
 gli atti citati, nonche' le deliberazioni integrali  attuative  delle
 deleghe  conferire  con  i decreti legislativi del 21 settembre 1995,
 nn. 429 e 430 in materia di trasporto e collocamento al lavoro".
   Cosi' facendo il commissario del Governo per la provincia di Trento
 direttamente applicava la predetta circolare alla provincia  autonoma
 di Trento.
   Senonche'   la  circolare  stessa,  nei  suoi  contenuti  normativi
 innovativi, la sua applicazione alla provincia  autonoma  di  Trento,
 come  pure  la  nota  del commissario del Governo qui impugnata, sono
 illegittimi  e  lesivi   delle   prerogative   costituzionali   della
 ricorrente per le seguenti ragioni di
                             D i r i t t o
   1. - Generale illegittimita' e radicale inidoneita' della circolare
 a  disciplinare  rapporti intersoggettivi tra lo Stato e le regioni e
 province autonome.
   Come si  dira',  le  impugnate  disposizioni  della  circolare  del
 Ministro  per  la funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995
 del 27 novembre 1995 si pongono in generale e puntuale contrasto  con
 le  disposizioni dello statuto di autonomia e delle relative norme di
 attuazione.
   Non puo'  non  essere  tuttavia  rilevato  che  prima  ancora  esse
 costituiscono   esercizio   di   un   potere  normativo  che  nessuna
 disposizione dell'ordinamento attribuisce al Ministro delle  funzione
 pubblica  in  sede  di  emanazione  di  una  circolare.  Di fatto, la
 circolare  costituisce  modifica  ed  integrazione  della   direttiva
 dell'11  ottobre 1993, ed e' palese che avrebbe dovuto essere assunta
 con  la  medesima  denominazione,  con  la   medesima   procedura   e
 nell'esercizio  della  medesima competenza.  Inoltre, ad avviso della
 ricorrente provincia, comunque assunta, ed in quanto non si limitasse
 a disciplinare il rapporto tra Governo e commissari, ma incidesse nei
 rapporti tra Stato e regioni, sia  pure  nell'esercizio  di  funzioni
 delegate,   avrebbe   dovuto,  in  aderenza  al  principio  di  leale
 collaborazione, essere adottata previa consultazione delle regioni.
   Nulla  di  cio'  e'  stato  fatto,  ed  e'  stata data disciplina a
 rapporti  intersoggettivi  tra  Stato  e  regioni  mediante  un  atto
 unilaterale  del  Ministro,  non  previsto  da alcuna disposizione di
 legge ne' quale atto normativo ne' quale atto amministrativo.
   E' ovvio che il rapporto di supremazia gerarchica intercorrente tra
 Presidenza del Consiglio e commissari puo' legittimare  la  prima  ad
 emanare  istruzioni  ai  secondi,  ma  non  certo  a  disciplinare  o
 modificare i doveri delle autorita' regionali, quali stabiliti  dagli
 atti normativi.
   Ne'  cio'  e' contraddetto dal fatto che ci si riferisca a funzioni
 delegate,  non  essendo  dubbio  che  anche  nell'esercizio  di  tali
 funzioni  le  regioni e province autonome operano conservando il loro
 generale stato costituzionale, e non quali articolazioni  periferiche
 dell'apparato statale.
   Ne deriva che la circolare impugnata risulta illegittima in tutti i
 contenuti  che, quali quelli indicati, non siano fondati sul rapporto
 di gerarchia con i commissari o non siano meramente ripetitivi  della
 normativa  esistente.  A  maggior ragione e' arbitraria la pretesa di
 far valere tali disposti nei confronti della  provincia  autonoma  di
 Trento, i cui rapporti con lo Stato, anche in relazione alle funzioni
 delegate  e  piu' in generale ai compiti del commissario del Governo,
 sono disciplinati dallo statuto e dalle norme di attuazione.
   2. - Illegittimita' del punto 6.1 della circolare, concernente  gli
 obblighi   di   trasmissione   di  atti  nell'esercizio  di  funzioni
 amministrative delegate, nonche' della nota del  commissario  per  la
 provincia  di  Trento  del 26 febbraio. Violazione dell'art. 38 delle
 norme di attuazione dello statuto emanate con d.P. R.  n.  49  del  1
 febbraio 1973.
   Secondo il punto 6.1 della circolare, le regioni debbono inviare al
 commissario  del Governo "mensilmente tutte le deliberazioni adottate
 nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative   statali   delegate,
 corredate  da  un  elenco  che  contenga l'indicazione delle delibere
 sottoposte al controllo di legittimita'". Conviene ricordare  che  la
 direttiva  11  ottobre 1993 si limitava a disporre che il commissario
 del Governo "puo' richiedere al  presidente  della  Giunta  regionale
 ogni  notizia  e  informazione  ritenuta  utile"  e  che  "se non sia
 diversamente disposto riceve  periodicamente  dai  competenti  organi
 regionali un elenco delle deliberazioni adottate". Dunque il disposto
 della  circolare  risulta  arbitrario gia' sotto questo profilo, come
 sopra esposto.
   Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento,  tuttavia,  la
 materia  e'  disciplinata  da  apposita normativa di attuazione dello
 statuto. Precisamente l'art. 38 del d.P. R. n. 49 del 1 febbraio 1973
 dispone che "nell'esercizio delle funzioni delegate  dallo  Stato  il
 presidente  della  Giunta  regionale  ed  i  presidenti  delle Giunte
 provinciali trasmettono periodicamente  al  commissario  del  Governo
 competente   un   elenco   delle  deliberazioni  adottate,  salvo  le
 disposizioni  contenute  nelle  leggi  con  cui  le   funzioni   sono
 delegate".
   Come  risulta  chiaramente  dal  tenore  della  disposizione,  essa
 intende porre la regola generale riguardante i doveri della regione e
 delle province autonome nell'esercizio  delle  funzioni  delegate:  e
 tali  doveri si sintetizzano nell'obbligo di trasmissione dell'elenco
 delle deliberazioni.
   La  stessa  disposizione  fa  anche  salvo  quanto  sia previsto in
 relazione a specifiche funzioni delgate dalla  legge  di  delega.  In
 altre  parole,  la  norma  di  attuazione  prevede  ed ammette che il
 legislatore, nel dare la delega,  richieda  adempimenti  diversi,  in
 relazione evidentemente alle esigenze proprie della materia delegata:
 ma  cio'  vale  per  le  singole  materie  (e  dunque  non  sul piano
 generale), e puo' essere disposto soltanto dal legislatore.
   Crediamo non occorrano molte  parole  per  illustrare  il  radicale
 contrasto  con  l'art.  38  ora citato delle "disposizioni" contenute
 nella  circolare  le  quali,   non   abilitate   da   alcuna   norma,
 pretenderebbero  di  fare  cio' che non sarebbe consentito neppure al
 legislatore ordinario, ovvero di modifcare la regola  generale  posta
 dalle norme di attuazione.
   La totale assenza di fondamento giuridico della circolare impugnata
 renderebbe  di  per se' superfluo osservare che in ogni modo i doveri
 di trasmissione di atti e le  relative  modalita'  -  ad  esempio  in
 relazione alla periodicita' - non potrebbero essere fissati senza una
 previa  consultazione delle autonomie interessate, stante l'incidenza
 sull'organizzazione  degli  uffici  e  in   generale   sull'andamento
 dell'amministrazione.  ma  si  tratta  di  un problema che per quanto
 riguarda la provincia autonoma  di  Trento  neppue  avrebbe  modo  di
 porsi,  dato  che la procedura delle norme di attuazione direttamente
 assicura la  partecipazione  provinciale  attraverso  la  commissione
 paritetica.
   Essendo  arbitraria  la presunta disposizione sulla quale si fonda,
 alla stessa stregua risulta totalmente arbitraria anche la  richiesta
 contenuta nella nota del 26 febbraio 1996 del commissario del Governo
 per  la  provincia  di  Trento,  la  quale  solo  in  modo  formale e
 pretestuoso fa riferimento proprio all'art. 38 che dalla richiesta e'
 platealmente violato.
   Si aggiunga soltanto che  incomprensibile  -  oltre  che  del  pari
 arbitraria  -  e'  poi  la  ragione  della  distinta  richiesta delle
 "deliberazioni integrali" attuative delle  deleghe  conferite  con  i
 decreti  legislativi  del 21 settembre 1995, nn. 429 e 430 in materia
 di trasporto e collocamento al lavoro,  dal  momento  che  tali  atti
 nulla dispongono sul punto.
   3.  -  Illegittimita' del punto 3.7, in quanto affida al Presidente
 del Consiglio dei Ministri l'attribuzione  della  qualifica  di  vice
 commissario.
   Come  detto  in  narrativa, il punto 3.7 della circolare stabilisce
 che "in attuazione delle vigenti  disposizioni  la  funzine  di  vice
 commissario  del  Governo  e' attribuita dal Presidente del Consiglio
 dei Ministri".
   La circolare non precisa di quali disposizioni si  tratti.  Secondo
 quanto  risulta,  occorre  risalire  all'art. 13, quinto comma, della
 legge n. 400 del 1988, secondo il quale "il commissario del  Governo,
 in  caso  di  assenza o impedimento, e' sostituito nelle sue funzioni
 dal funzionario dello Stato designato ai  sensi  e  per  gli  effetti
 dell'art.  41, secondo comma, lett. a), della legge 10 febbraio 1953,
 n. 62". Tale art. 41 tuttavia non  e'  piu'  vigente,  essendo  stato
 abrogato dall'art. 4 del d.-lgs. n. 40 del 13 febbraio 1993.
   Lo  stesso  decreto  contiene comunque un articolo corrispondente a
 quello abrogato, dal quale espressamente si evince che  le  "funzioni
 vicarie di cui all'art. 13, quinto comma, della legge 23 agosto 1988,
 n.   400,  sono  assicurate  dal  dirigente  di  grado  piu'  elevato
 appartenente  ai  ruoli  della Presidenza del Consiglio dei Ministri"
 (art. 3, sesto comma).
   Da tali disposizioni risulta con chiarezza che gia' nella normativa
 statale generale non vi e' alcuna funzione  di  vice  commissario  da
 attribuire  con  speciale  atto  amministrativo,  ma  che le funzioni
 vicarie spettano di diritto ad un funzionario individuato ex lege, in
 modo tale  che  in  ogni  momento  risulti  automatica  la  possibile
 sostituzione.
   Per  quanto  riguarda  la  provincia  autonoma di Trento, l'art. 33
 delle norme  di  attuazione  emanate  con  d.P.  R.  n.  49  de  1973
 stabilisce  che  "in  caso di assenza o impedimento, i commissari del
 Governo sono sostituiti dal funzionario di  qualifica  od  anzianita'
 piu'  elevate,  in  servizio  presso  l'ufficio  del commissario". Si
 notera' che il testo delle norme di attuazione  e'  piu'  preciso  di
 quello  del  d.-lgs.    n. 40/1993, dal momento che opportunamente si
 specifica che  la  sostituzione  e'  assicurata  dal  funzionario  di
 maggiore grado o anzianita' in servizio presso l'ufficio.
   In  ogni  modo,  e'  evidente  che  non vi e' spazio alcuno per una
 attribuzione della funzione da parte della Presidenza del  Consiglio,
 ne'  se  la  si voglia intendere come potere di scelta (non essendovi
 nulla da scegliere), ne' se la si volesse intendere come mero  potere
 di investitura di un soggetto gia' individuato: perche' la verita' e'
 che  il  compito  vicario  spetta a colui cui spetta a prescindere da
 qualunque investitura, e spetterebbe persino  in  contrasto  con  una
 investitura diversamente fatta dalla Presidenza.
   D'altronde,  nella  legislazione  non  pare si parli affatto di una
 figura generale di vice commissario, ma  semplicemente  del  concreto
 esercizio  delle funzioni vicarie, in quanto occorra e nel momento in
 cui occorre. Ed anche sotto  questo  profilo  di  moltiplicazione  di
 figure  istituzionali  al  di  fuori  da ogni previsione normativa la
 circolare si appalesa illegittima.
   4. - Illegittimita'  del  punto  3.3  della  circolare,  in  quanto
 pretende  di  vincolare la provincia autonoma di Trento a canalizzare
 le proprie comunicazioni allo Stato  per  il  tramite  esclusivo  del
 commissario del Governo.
   Conviene ricordare che la direttiva dell'11 ottobre 1993 dispone al
 punto  1.4  che  "ogni  comunicazione  del  Governo  alla  regione e'
 effettuata tramite il commissario  del  Governo"  ad  esclusione,  in
 sostanza,  dei  soli  atti  relativi  al  contenzioso amministrativo,
 giurisdizionale e costituzionale.
   Non e' qui a discutere se tale disposizione - volta  palesemente  a
 rafforzare  il  ruolo del commissario nell'ambito dell'organizzazione
 statale - sia realistica, legittima ed opportuna. Fatto sta che nulla
 invece dispone la direttiva  sulle  comunicazioni  rivolte  in  senso
 inverso  dalla  regione  allo  Stato.  E  viene  da  dire  che  assai
 giustamente essa nulla dispone, non potendosi concepire - ne' essendo
 previsto dalla legge n. 400 del 1988 - che  tale  direttiva  riguardi
 altro che il modo in cui il commissario svolge i propri compiti.
   Meno  ancora,  ovviamente,  puo'  immaginarsi  che  la  materia sia
 disciplinata con circolare ministeriale, ed in difetto  di  qualunque
 fondamento  normativo.  Inopinatamente  invece  il  punto  3.3  della
 circolare ritiene congruo, dopo aver ricordato il ruolo commissariale
 nella  trasmissione  delle  comunicazioni  statali,  aggiungere   che
 "analogamente,   le  comunicazioni  della  regione  al  Governo  sono
 effettuate, di norma, tramite il commissariato del Governo".
   Ora, se con tale enunciazione si volesse dire soltanto  che  se  il
 commissario  riceve  una  comunicazione da parte della regione non la
 puo' rifiutare, ma la deve trasmettere al destinatario  statale;  se,
 in altre parole, si trattasse di riconoscere un compito istituzionale
 proprio  del commissario nel trasmettere le comunicazioni che riceve,
 non vi sarebbe ovviamente  alcun  problema,  e  si  sarebbe  soltanto
 ricordata  una  cosa  ovvia.  Ma se invece si vuoi dire, come pare si
 voglia dire, che la regione (e per quanto qui interessa la  provincia
 autonoma  di  Trento)  e' vincolata a canalizzare per la sola via del
 commissario le proprie comunicazioni agli organi statali,  allora  si
 stabilisce  una  disposizione  non  soltanto del tutto irrealistica e
 gravemente inopportuna, ma contraria  -  oltre  che  ad  innumerevoli
 disposizioni  di  legge che prevedono relazioni e contatti tra i piu'
 diversi organi regionali e provinciali da una parte ed organi statali
 dall'altra - anche alla  dimensione  istituzionale  e  costituzionale
 propria delle regioni e delle province autonome.
   Appare assolutamente e radicalmente da escludere che i rapporti tra
 istituzioni costituzionali quali le regioni e province autonome da un
 lato  e  lo  Stato  dall'altro  possano  essere rinchiusi nel solo ed
 esclusivo tramite burocratico del commissario del Governo. Per quanto
 importante possa essere tale figura nell'organizzazione locale  dello
 Stato, non puo' certo pensarsi che esso possa costituire una sorta di
 necessario tramite (al modo proprio delle relazioni di gerarchia) tra
 autonomie regionali e Stato.
   Se vi e' qui una difficolta' nel citare quali siano le disposizioni
 statutarie  violate,  questa  non consiste nel fatto che manchino, ma
 nel fatto che occorrerebbe citare in sostanza per intero il titolo  V
 della Costituzione e lo statuto. Un ente che ha autonomia legislativa
 ed  amministrativa  costituzionalmente  garantita, che - per rimanere
 allo specifico della provincia autonoma  di  Trento  -  ha  titolo  a
 partecipare  con  il proprio presidente alle sedute del Consiglio dei
 Ministri, che partecipa alla formazione delle modifiche statutarie  e
 delle  norme  di attuazione attraverso la commissione paritetica, che
 ha titolo e prerogativa a concedere intese a Ministri vari  e  talora
 all'intero Governo, un ente di questo genere e natura non puo' certo,
 ad  avviso della ricorrente provincia, essere ristretto e limitato ad
 interloquire con il solo ed esclusivo  tramite  del  commissario  del
 Governo.
   Meno  ancora  una  siffatta  limitazione,  che  sarebbe illegittima
 ovunque  (tranne  che,  ovviamente,   nella   Costituzione:   ma   si
 tratterebbe  allora  di  una ben diversa organizzazione statale) puo'
 essere disposta nella sede assolutamente irregolare ed inidonea della
 circolare ministeriale.
   Tutto cio' premesso, la ricorrente provincia  autonoma  di  Trento,
 come  sopra  rappresentata  e difesa, chiede voglia l'eccellentissima
 Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato:
     a) di disciplinare con circolare ministeriale, ed in  difformita'
 da quanto stabilito nello statuto di autonomia:
      i   doveri   della  provincia  autonoma  di  Trento  conseguenti
 all'esercizio delle funzioni statali delegate, sia quanto  agli  atti
 da trasmettere che quanto alla periodicita' della trasmissione;
      le  comunicazioni  della  regione  al Governo attraverso il solo
 tramite del commissario del Governo;
      l'esercizio delle funzioni vicarie del commissario stesso;
     b) di invitare, con nota  del  commissario  del  Governo,  a  far
 pervenire  allo  stesso le deliberazioni assunte nell'esercizio delle
 funzioni amministrative delegate nonche' le  deliberazioni  integrali
 attuative  delle  deleghe  conferite con i decreti legislativi del 21
 settembre 1995, nn. 429 e 430;
   nonche' conseguentemente annullare:
     a) in parte qua, ed in quanto rivolta alla provincia autonoma  di
 Trento,  i  punti  6,  3.3  e 3.7 della circolare del Ministro per la
 funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995 del  27  novembre
 1995,  concernente funzioni di sovraintendenza e di coordinamento del
 commissario del Governo, trasmessa  alla  provincia  con  nota  della
 Presidenza  del Consiglio dei Ministri del 15 gennaio 1996, n. 200 di
 prot., pervenuta in data 23 gennaio 1996;
     b) la nota del commissario del Governo del 26 febbraio  1996,  n.
 310 di prot.;
   per violazione:
     degli  artt.  33  e  38  delle  norme di attuazione dello statuto
 emanate con d.P. R. n. 49 del 1 febbraio 1973;
     del ruolo istituzionale della provincia autonoma di Trento, cosi'
 come  risultante  dal  complesso  delle  disposizioni  dello  statuto
 speciale;
     dell'art.  13,  primo  comma,  legge  n.  400 del 1988, e piu' in
 generale dei principi di diritto riguardanti le fonti normative;
     del principio di leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  e
 province autonome.
      Padova-Roma, addi' 21 marzo 1996
 Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
 96C0500