N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 1 aprile 1996
N. 8 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 1 aprile 1996 (della provincia autonoma di Trento) Controlli amministrativi - Commissario del Governo - Funzioni di sovraintendenza e coordinamento - Obbligo delle regioni di trasmettere periodicamente tutte le delibere adottate nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate - Attribuzione al Presidente del Consiglio dei Ministri della qualifica di vice commissario del Governo - Obbligo di effettuare ogni comunicazione del Governo alla regione tramite il commissario del Governo - Lamentato esercizio del potere di direttiva mediante adozione di circolare ministeriale - Violazione delle competenze statutarie provinciali e del principio di leale collaborazione tra Stato e province autonome. (Circolare del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali 27 novembre 1995, n. 22/95; nota del commissario del Governo 26 febbraio 1996, prot. n. 310). (D.P. R. 1 febbraio 1973, n. 49, artt. 33 e 38; legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 13, primo comma).(GU n.35 del 28-8-1996 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Carlo Andreotti, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 3051 del 15 marzo 1966 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 19 marzo 1996 (rep. n. 61897) rogata dal notaio dott. Pierluigi Mott del collegio notarile di Trento e Rovereto (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato: a) di disciplinare con circolare ministeriale, ed in difformita' da quanto stabilito nello statuto di autonomia: i doveri della provincia autonoma di Trento conseguenti all'esercizio delle funzioni statali delegate, sia quanto agli atti da trasmettere che quanto alla periodicita' della trasmissione; le comunicazioni della regione al Governo attraverso il solo tramite del commissario del Governo; l'esercizio delle funzioni vicarie del commissario stesso; b) di invitare, con nota del commissario del Governo, a far pervenire allo stesso le deliberazioni assunte nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate nonche' le deliberazioni integrali attuative delle deleghe conferite con i decreti legislativi del 21 settembre 1995, nn. 429 e 430; nonche' per il conseguente annullamento: a) in parte qua, ed in quanto rivolti alla provincia autonoma di Trento, dei punti 6, 3.3 e 3.7 della circolare del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995 del 27 novembre 1995, concernente funzioni di sovraintendenza e di coordinamento del commissario del Governo, trasmessa alla provincia con nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 gennaio 1996, n. 200 di prot., pervenuta in data 23 gennaio 1996 (all. 3); b) della nota del commissario del Governo del 26 febbraio 1996, n. 310 di prot. (all. 4); per violazione: degli artt. 33 e 38 delle norme di attuazione dello statuto emanate con d.P. R. n 49 del 1 febbraio 1973; del ruolo istituzionale della provincia autonoma di Trento, cosi come risultante dal complesso delle disposizioni dello statuto speciale; dell'art. 13, primo comma, legge n. 400 del 1988, e piu' in generale dei principi di diritto riguardanti le fonti normative; del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e province autonome; per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o La circolare del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995 del 27 novembre 1995 concerne le funzioni di sovraintendenza e di coordinamento del commissario del Governo, ed e' stata inviata ad una notevole pluralita' di destinatari, tra i quali i presidenti delle regioni e delle province autonome. Colpisce in primo luogo la forma della circolare. E' noto infatti che l'art. 13, primo comma, della legge n. 400 del 1988 - il cui significato e' stato anche oggetto della interpretazione di codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 1989 - precede che il commissario del Governo operi "in conformita' alle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate sulla base degli indirizzi del Consiglio dei Ministri". E tale potere di direttiva e' stato esercitato una prima volta con atto dell'11 ottobre 1993, una seconda volta, a seguito dell'annullamento di talune parti di tale direttiva operato da codesta Corte costituzionale con sentenza n. 342 del 1994, ed in sostituzione delle parti annullate, con atto del 3 marzo 1995. L'atto qui impugnato si presente invece come una mera circolare del Ministro per la funzione pubblica: ed in effetti, nella evidente consapevolezza di non poter avere quel contenuto relativamente dispositivo previsto per le direttive ex legge n. 400, esso si presenta come fosse meramente riproduttivo di disposizioni gia' esistenti nell'ordinamento, dichiarandosi rivolto a "sottolineare gli aspetti piu' significativi" dei compiti commissariali e ad "individuare alcune modalita' organizzative e procedimentali, comunque ricavabili dalla normativa vigente", attraverso cui essi possono essere adempiuti. In concreto tuttavia non sembra affatto che la circolare si attenga a tale proposito, e nei propri contenuti non solo innova sulla stessa disciplina delle direttive ora dette - in modo ad avviso della ricorrente provincia gia' illegittimo sulla base della sola legge n. 400 del 1988 - ma giunge ad incidere sui rapporti intersoggettivi tra Stato e regioni, in termini che non sarebbero consentiti neppure alle direttive previste dalla legge n. 400/1988. In particolare, per quanto interessa alle autonomie regionali e tra esse alla provincia autonoma di Trento, la circolare innovativamente dispone: che in generale le regioni debbano inviare al commissario del Governo "mensilmente tutte le deliberazioni adottate nell'esercizio delle funzioni amministrative statali delegate, corredate da un elenco che contenga l'indicazione delle delibere sottoposte al controllo di legittimita' (punto 6.1); che le comunicazioni della regione al Governo "sono effettuate, di norma, tramite il commissario del Governo" (punto 3.3); che "in attuazione delle vigenti disposizioni" - peraltro non meglio specificate - la funzione di vice commissario del Governo e' attribuita dal Presidente del Consiglio dei Ministri punto 3.7); Ora, le suddette disposizioni non soltanto sono poste in essere dal Ministro della funzione pubblica nella piu' completa assenza di una base normativa che legittimi l'esercizio del relativo potere, ed anzi in violazione delle procedure e competenze previste dall'art. 13, primo comma, legge n. 400 del 1988, ma sono altresi' lesive delle prerogative della ricorrente provincia autonoma di Trento e delle regole fissate dallo statuto di autonomia e relative norme di attuazione, oltre che, ad avviso della ricorrente, del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e province autonome. Vero e' che al punto 6.1 dell'impugnata circolare si "richiama" altresi' "l'osservanza delle proposizioni finali" della direttive 11 ottobre 1993, e che tali proposizioni specificano che la direttiva e' bensi' inviata anche ai commissariati presso le regioni e province ad autonomia speciale, ma che ad esse si applica "per quanto non diversamente disposto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione". In astratto percio' - e benche' senza alcuna garanzia di certezza del diritto - si potrebbe anche intendere che, pur nell'atto di dettare disposizioni prive di base per qualunque dei propri destinatari, la circolare intendesse in sostanza esonerare dalle proprie disposizioni innovative le autonomie speciali, mantenendo la salvaguardia gia' disposta in sede di direttiva. Senonche' con la nota del 26 febbraio 1996, n. 310 di prot., pure qui impugnata, il commissario del Governo per la provincia di Trento provvedeva a ricordare alla provincia autonoma i contenuti del punto 6.1 della circolare del 27 novembre circa l'invio di "tutte le deliberazioni adottate nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate, corredate da un elenco che contenga l'indicazione di quelle sottoposte al controllo di legittimita'", invitando di seguito a "far qui pervenire, ai sensi dell'art. 38 d.P. R. 1 febbraio 1973, n. 49, gli atti citati, nonche' le deliberazioni integrali attuative delle deleghe conferire con i decreti legislativi del 21 settembre 1995, nn. 429 e 430 in materia di trasporto e collocamento al lavoro". Cosi' facendo il commissario del Governo per la provincia di Trento direttamente applicava la predetta circolare alla provincia autonoma di Trento. Senonche' la circolare stessa, nei suoi contenuti normativi innovativi, la sua applicazione alla provincia autonoma di Trento, come pure la nota del commissario del Governo qui impugnata, sono illegittimi e lesivi delle prerogative costituzionali della ricorrente per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Generale illegittimita' e radicale inidoneita' della circolare a disciplinare rapporti intersoggettivi tra lo Stato e le regioni e province autonome. Come si dira', le impugnate disposizioni della circolare del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995 del 27 novembre 1995 si pongono in generale e puntuale contrasto con le disposizioni dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione. Non puo' non essere tuttavia rilevato che prima ancora esse costituiscono esercizio di un potere normativo che nessuna disposizione dell'ordinamento attribuisce al Ministro delle funzione pubblica in sede di emanazione di una circolare. Di fatto, la circolare costituisce modifica ed integrazione della direttiva dell'11 ottobre 1993, ed e' palese che avrebbe dovuto essere assunta con la medesima denominazione, con la medesima procedura e nell'esercizio della medesima competenza. Inoltre, ad avviso della ricorrente provincia, comunque assunta, ed in quanto non si limitasse a disciplinare il rapporto tra Governo e commissari, ma incidesse nei rapporti tra Stato e regioni, sia pure nell'esercizio di funzioni delegate, avrebbe dovuto, in aderenza al principio di leale collaborazione, essere adottata previa consultazione delle regioni. Nulla di cio' e' stato fatto, ed e' stata data disciplina a rapporti intersoggettivi tra Stato e regioni mediante un atto unilaterale del Ministro, non previsto da alcuna disposizione di legge ne' quale atto normativo ne' quale atto amministrativo. E' ovvio che il rapporto di supremazia gerarchica intercorrente tra Presidenza del Consiglio e commissari puo' legittimare la prima ad emanare istruzioni ai secondi, ma non certo a disciplinare o modificare i doveri delle autorita' regionali, quali stabiliti dagli atti normativi. Ne' cio' e' contraddetto dal fatto che ci si riferisca a funzioni delegate, non essendo dubbio che anche nell'esercizio di tali funzioni le regioni e province autonome operano conservando il loro generale stato costituzionale, e non quali articolazioni periferiche dell'apparato statale. Ne deriva che la circolare impugnata risulta illegittima in tutti i contenuti che, quali quelli indicati, non siano fondati sul rapporto di gerarchia con i commissari o non siano meramente ripetitivi della normativa esistente. A maggior ragione e' arbitraria la pretesa di far valere tali disposti nei confronti della provincia autonoma di Trento, i cui rapporti con lo Stato, anche in relazione alle funzioni delegate e piu' in generale ai compiti del commissario del Governo, sono disciplinati dallo statuto e dalle norme di attuazione. 2. - Illegittimita' del punto 6.1 della circolare, concernente gli obblighi di trasmissione di atti nell'esercizio di funzioni amministrative delegate, nonche' della nota del commissario per la provincia di Trento del 26 febbraio. Violazione dell'art. 38 delle norme di attuazione dello statuto emanate con d.P. R. n. 49 del 1 febbraio 1973. Secondo il punto 6.1 della circolare, le regioni debbono inviare al commissario del Governo "mensilmente tutte le deliberazioni adottate nell'esercizio delle funzioni amministrative statali delegate, corredate da un elenco che contenga l'indicazione delle delibere sottoposte al controllo di legittimita'". Conviene ricordare che la direttiva 11 ottobre 1993 si limitava a disporre che il commissario del Governo "puo' richiedere al presidente della Giunta regionale ogni notizia e informazione ritenuta utile" e che "se non sia diversamente disposto riceve periodicamente dai competenti organi regionali un elenco delle deliberazioni adottate". Dunque il disposto della circolare risulta arbitrario gia' sotto questo profilo, come sopra esposto. Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, tuttavia, la materia e' disciplinata da apposita normativa di attuazione dello statuto. Precisamente l'art. 38 del d.P. R. n. 49 del 1 febbraio 1973 dispone che "nell'esercizio delle funzioni delegate dallo Stato il presidente della Giunta regionale ed i presidenti delle Giunte provinciali trasmettono periodicamente al commissario del Governo competente un elenco delle deliberazioni adottate, salvo le disposizioni contenute nelle leggi con cui le funzioni sono delegate". Come risulta chiaramente dal tenore della disposizione, essa intende porre la regola generale riguardante i doveri della regione e delle province autonome nell'esercizio delle funzioni delegate: e tali doveri si sintetizzano nell'obbligo di trasmissione dell'elenco delle deliberazioni. La stessa disposizione fa anche salvo quanto sia previsto in relazione a specifiche funzioni delgate dalla legge di delega. In altre parole, la norma di attuazione prevede ed ammette che il legislatore, nel dare la delega, richieda adempimenti diversi, in relazione evidentemente alle esigenze proprie della materia delegata: ma cio' vale per le singole materie (e dunque non sul piano generale), e puo' essere disposto soltanto dal legislatore. Crediamo non occorrano molte parole per illustrare il radicale contrasto con l'art. 38 ora citato delle "disposizioni" contenute nella circolare le quali, non abilitate da alcuna norma, pretenderebbero di fare cio' che non sarebbe consentito neppure al legislatore ordinario, ovvero di modifcare la regola generale posta dalle norme di attuazione. La totale assenza di fondamento giuridico della circolare impugnata renderebbe di per se' superfluo osservare che in ogni modo i doveri di trasmissione di atti e le relative modalita' - ad esempio in relazione alla periodicita' - non potrebbero essere fissati senza una previa consultazione delle autonomie interessate, stante l'incidenza sull'organizzazione degli uffici e in generale sull'andamento dell'amministrazione. ma si tratta di un problema che per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento neppue avrebbe modo di porsi, dato che la procedura delle norme di attuazione direttamente assicura la partecipazione provinciale attraverso la commissione paritetica. Essendo arbitraria la presunta disposizione sulla quale si fonda, alla stessa stregua risulta totalmente arbitraria anche la richiesta contenuta nella nota del 26 febbraio 1996 del commissario del Governo per la provincia di Trento, la quale solo in modo formale e pretestuoso fa riferimento proprio all'art. 38 che dalla richiesta e' platealmente violato. Si aggiunga soltanto che incomprensibile - oltre che del pari arbitraria - e' poi la ragione della distinta richiesta delle "deliberazioni integrali" attuative delle deleghe conferite con i decreti legislativi del 21 settembre 1995, nn. 429 e 430 in materia di trasporto e collocamento al lavoro, dal momento che tali atti nulla dispongono sul punto. 3. - Illegittimita' del punto 3.7, in quanto affida al Presidente del Consiglio dei Ministri l'attribuzione della qualifica di vice commissario. Come detto in narrativa, il punto 3.7 della circolare stabilisce che "in attuazione delle vigenti disposizioni la funzine di vice commissario del Governo e' attribuita dal Presidente del Consiglio dei Ministri". La circolare non precisa di quali disposizioni si tratti. Secondo quanto risulta, occorre risalire all'art. 13, quinto comma, della legge n. 400 del 1988, secondo il quale "il commissario del Governo, in caso di assenza o impedimento, e' sostituito nelle sue funzioni dal funzionario dello Stato designato ai sensi e per gli effetti dell'art. 41, secondo comma, lett. a), della legge 10 febbraio 1953, n. 62". Tale art. 41 tuttavia non e' piu' vigente, essendo stato abrogato dall'art. 4 del d.-lgs. n. 40 del 13 febbraio 1993. Lo stesso decreto contiene comunque un articolo corrispondente a quello abrogato, dal quale espressamente si evince che le "funzioni vicarie di cui all'art. 13, quinto comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono assicurate dal dirigente di grado piu' elevato appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri" (art. 3, sesto comma). Da tali disposizioni risulta con chiarezza che gia' nella normativa statale generale non vi e' alcuna funzione di vice commissario da attribuire con speciale atto amministrativo, ma che le funzioni vicarie spettano di diritto ad un funzionario individuato ex lege, in modo tale che in ogni momento risulti automatica la possibile sostituzione. Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, l'art. 33 delle norme di attuazione emanate con d.P. R. n. 49 de 1973 stabilisce che "in caso di assenza o impedimento, i commissari del Governo sono sostituiti dal funzionario di qualifica od anzianita' piu' elevate, in servizio presso l'ufficio del commissario". Si notera' che il testo delle norme di attuazione e' piu' preciso di quello del d.-lgs. n. 40/1993, dal momento che opportunamente si specifica che la sostituzione e' assicurata dal funzionario di maggiore grado o anzianita' in servizio presso l'ufficio. In ogni modo, e' evidente che non vi e' spazio alcuno per una attribuzione della funzione da parte della Presidenza del Consiglio, ne' se la si voglia intendere come potere di scelta (non essendovi nulla da scegliere), ne' se la si volesse intendere come mero potere di investitura di un soggetto gia' individuato: perche' la verita' e' che il compito vicario spetta a colui cui spetta a prescindere da qualunque investitura, e spetterebbe persino in contrasto con una investitura diversamente fatta dalla Presidenza. D'altronde, nella legislazione non pare si parli affatto di una figura generale di vice commissario, ma semplicemente del concreto esercizio delle funzioni vicarie, in quanto occorra e nel momento in cui occorre. Ed anche sotto questo profilo di moltiplicazione di figure istituzionali al di fuori da ogni previsione normativa la circolare si appalesa illegittima. 4. - Illegittimita' del punto 3.3 della circolare, in quanto pretende di vincolare la provincia autonoma di Trento a canalizzare le proprie comunicazioni allo Stato per il tramite esclusivo del commissario del Governo. Conviene ricordare che la direttiva dell'11 ottobre 1993 dispone al punto 1.4 che "ogni comunicazione del Governo alla regione e' effettuata tramite il commissario del Governo" ad esclusione, in sostanza, dei soli atti relativi al contenzioso amministrativo, giurisdizionale e costituzionale. Non e' qui a discutere se tale disposizione - volta palesemente a rafforzare il ruolo del commissario nell'ambito dell'organizzazione statale - sia realistica, legittima ed opportuna. Fatto sta che nulla invece dispone la direttiva sulle comunicazioni rivolte in senso inverso dalla regione allo Stato. E viene da dire che assai giustamente essa nulla dispone, non potendosi concepire - ne' essendo previsto dalla legge n. 400 del 1988 - che tale direttiva riguardi altro che il modo in cui il commissario svolge i propri compiti. Meno ancora, ovviamente, puo' immaginarsi che la materia sia disciplinata con circolare ministeriale, ed in difetto di qualunque fondamento normativo. Inopinatamente invece il punto 3.3 della circolare ritiene congruo, dopo aver ricordato il ruolo commissariale nella trasmissione delle comunicazioni statali, aggiungere che "analogamente, le comunicazioni della regione al Governo sono effettuate, di norma, tramite il commissariato del Governo". Ora, se con tale enunciazione si volesse dire soltanto che se il commissario riceve una comunicazione da parte della regione non la puo' rifiutare, ma la deve trasmettere al destinatario statale; se, in altre parole, si trattasse di riconoscere un compito istituzionale proprio del commissario nel trasmettere le comunicazioni che riceve, non vi sarebbe ovviamente alcun problema, e si sarebbe soltanto ricordata una cosa ovvia. Ma se invece si vuoi dire, come pare si voglia dire, che la regione (e per quanto qui interessa la provincia autonoma di Trento) e' vincolata a canalizzare per la sola via del commissario le proprie comunicazioni agli organi statali, allora si stabilisce una disposizione non soltanto del tutto irrealistica e gravemente inopportuna, ma contraria - oltre che ad innumerevoli disposizioni di legge che prevedono relazioni e contatti tra i piu' diversi organi regionali e provinciali da una parte ed organi statali dall'altra - anche alla dimensione istituzionale e costituzionale propria delle regioni e delle province autonome. Appare assolutamente e radicalmente da escludere che i rapporti tra istituzioni costituzionali quali le regioni e province autonome da un lato e lo Stato dall'altro possano essere rinchiusi nel solo ed esclusivo tramite burocratico del commissario del Governo. Per quanto importante possa essere tale figura nell'organizzazione locale dello Stato, non puo' certo pensarsi che esso possa costituire una sorta di necessario tramite (al modo proprio delle relazioni di gerarchia) tra autonomie regionali e Stato. Se vi e' qui una difficolta' nel citare quali siano le disposizioni statutarie violate, questa non consiste nel fatto che manchino, ma nel fatto che occorrerebbe citare in sostanza per intero il titolo V della Costituzione e lo statuto. Un ente che ha autonomia legislativa ed amministrativa costituzionalmente garantita, che - per rimanere allo specifico della provincia autonoma di Trento - ha titolo a partecipare con il proprio presidente alle sedute del Consiglio dei Ministri, che partecipa alla formazione delle modifiche statutarie e delle norme di attuazione attraverso la commissione paritetica, che ha titolo e prerogativa a concedere intese a Ministri vari e talora all'intero Governo, un ente di questo genere e natura non puo' certo, ad avviso della ricorrente provincia, essere ristretto e limitato ad interloquire con il solo ed esclusivo tramite del commissario del Governo. Meno ancora una siffatta limitazione, che sarebbe illegittima ovunque (tranne che, ovviamente, nella Costituzione: ma si tratterebbe allora di una ben diversa organizzazione statale) puo' essere disposta nella sede assolutamente irregolare ed inidonea della circolare ministeriale.
Tutto cio' premesso, la ricorrente provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato: a) di disciplinare con circolare ministeriale, ed in difformita' da quanto stabilito nello statuto di autonomia: i doveri della provincia autonoma di Trento conseguenti all'esercizio delle funzioni statali delegate, sia quanto agli atti da trasmettere che quanto alla periodicita' della trasmissione; le comunicazioni della regione al Governo attraverso il solo tramite del commissario del Governo; l'esercizio delle funzioni vicarie del commissario stesso; b) di invitare, con nota del commissario del Governo, a far pervenire allo stesso le deliberazioni assunte nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate nonche' le deliberazioni integrali attuative delle deleghe conferite con i decreti legislativi del 21 settembre 1995, nn. 429 e 430; nonche' conseguentemente annullare: a) in parte qua, ed in quanto rivolta alla provincia autonoma di Trento, i punti 6, 3.3 e 3.7 della circolare del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali n. 22/1995 del 27 novembre 1995, concernente funzioni di sovraintendenza e di coordinamento del commissario del Governo, trasmessa alla provincia con nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 gennaio 1996, n. 200 di prot., pervenuta in data 23 gennaio 1996; b) la nota del commissario del Governo del 26 febbraio 1996, n. 310 di prot.; per violazione: degli artt. 33 e 38 delle norme di attuazione dello statuto emanate con d.P. R. n. 49 del 1 febbraio 1973; del ruolo istituzionale della provincia autonoma di Trento, cosi' come risultante dal complesso delle disposizioni dello statuto speciale; dell'art. 13, primo comma, legge n. 400 del 1988, e piu' in generale dei principi di diritto riguardanti le fonti normative; del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e province autonome. Padova-Roma, addi' 21 marzo 1996 Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi 96C0500