N. 93 SENTENZA 25 marzo - 3 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita' pubblica - Regione Lazio - Case di cura private - Adeguamento
 a requisiti strutturali tecnologici e  organizzativi  -  Vigilanza  e
 convenzioni - Proroga di termini - Indebita protrazione di situazione
 anomala  in antitesi agli atti statali di indirizzo e coordinamento -
 Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge regione Lazio approvata il 20 aprile 1994 e riapprovata  il  7
 marzo 1995).
 
(GU n.15 del 10-4-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici:   prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Lazio, riapprovata il 7 marzo 1995 dal Consiglio regionale,  recante:
 "Proroga  del  termine  di  cui  all'art. 58 della legge regionale 31
 dicembre 1987, n. 64, concernente le norme per  l'autorizzazione,  la
 vigilanza e le convenzioni con le case di cura private", promosso con
 ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 29
 aprile 1995, depositato in cancelleria  il  5  maggio  successivo  ed
 iscritto al n. 35 del registro ricorsi 1995;
   Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1996  il  Giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente.
                            Ritenuto in fatto
   1. - La Presidenza del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge
 della Regione  Lazio  -  riapprovata,  a  maggioranza  assoluta,  dal
 Consiglio  regionale  nella  seduta  del  7 marzo 1995, a seguito del
 rinvio governativo della precedente delibera legislativa approvata il
 20 aprile  1994  -  con  la  quale  viene  prorogato  (ulteriormente,
 rispetto ai precedenti differimenti) il termine indicato nell'art. 58
 della legge regionale 31 dicembre 1987, n. 64 per l'adeguamento delle
 case   di   cura   private   autorizzate  ai  requisiti  strutturali,
 tecnologici e organizzativi previsti dalla stessa legge regionale.
   La  ricorrente,  nel  presupposto  di  una  competenza  legislativa
 concorrente  delle regioni nella materia dell'assistenza sanitaria ed
 ospedaliera, come tale soggetta ai  principi  fondamentali  stabiliti
 dalle  leggi  dello  Stato,  censura la legge regionale impugnata per
 violazione dell'art. 117 della Costituzione e, per  il  suo  tramite,
 dell'art.    43  della  legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del
 servizio sanitario nazionale, che, nell'attribuire  alle  regioni  la
 disciplina  sulle  autorizzazioni  e  la  vigilanza delle istituzioni
 sanitarie private, fa espressamente salva la funzione di indirizzo  e
 coordinamento  di  cui  all'art.  5  della  stessa legge, in concreto
 esercitata dal Governo con i d.P.C.M. 27 giugno 1986 e 2 marzo  1990.
 Il  primo  di  tali  atti  stabilisce  i  requisiti minimi che devono
 possedere le case di  cura  private  per  l'esercizio  dell'attivita'
 sanitaria  e  (art.  38)  concede  un termine alle regioni affinche',
 nell'esercizio delle proprie competenze, dettino le prescrizioni  per
 l'adeguamento  alla  nuova  normativa,  ed  il  secondo proroga al 31
 dicembre 1990 il termine ultimo per i relativi adempimenti.
   Nella specie la legge regionale impugnata, da un canto, fissa al 31
 dicembre 1994 (ed oltre per alcune  ipotesi  specifiche)  il  termine
 entro  il  quale  le  case di cura private, gia' autorizzate, debbono
 adeguarsi ai requisiti stabiliti nella  legge  regionale  n.  64  del
 1987,  e,  dall'altro,  non  tiene  conto  della  necessita'  che  le
 strutture in parola - in attesa dell'emanazione  del  nuovo  atto  di
 indirizzo  e  coordinamento  previsto  dall'art. 8, quarto comma, del
 decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,  come  sostituito
 dall'art.  9  del  decreto  legislativo  7  dicembre 1993, n. 517, in
 materia di requisiti minimi richiesti per l'esercizio  dell'attivita'
 sanitaria da parte delle case di cura private - quanto meno osservino
 le prescrizioni del menzionato d.P.C.M. del 1986, tuttora in vigore.
   2.   -   La   Regione  Lazio  si  e'  costituita  in  giudizio,  ma
 tardivamente, con memoria presentata soltanto il  26  giugno  1995  e
 cioe'  oltre  venti  giorni  dal deposito del ricorso in cancelleria,
 avvenuto il 5 maggio 1995.
   3.  -  In  prossimita'  dell'udienza la Presidenza del Consiglio ha
 depositato una memoria nella quale ribadisce le  censure  mosse  alla
 legge regionale che, nel prorogare il termine di adeguamento, avrebbe
 consentito  alle  case  di  cura  private,  non  ancora in regola, di
 mantenere tale stato di irregolarita' fino al 31  dicembre  1994  (ed
 oltre), rendendole di fatto esenti dall'osservanza delle prescrizioni
 statali.
                         Considerato in diritto
   1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone al giudizio
 di   costituzionalita',   per   contrasto   con   l'art.   117  della
 Costituzione, la legge della Regione Lazio, riapprovata  in  identico
 testo,  a  maggioranza  assoluta, il 7 marzo 1995 in seguito a rinvio
 governativo della precedente delibera legislativa del 20 aprile 1994,
 contenente "Proroga del  termine  di  cui  all'art.  58  della  legge
 regionale   31  dicembre  1987,  n.  64,  concernente  le  norme  per
 l'autorizzazione, la vigilanza e le convenzioni con le case  di  cura
 private".
   2. - La questione e' fondata.
   La   materia   su   cui   verte  il  presente  giudizio  appartiene
 incontrovertibilmente   alla   competenza    legislativa    regionale
 concorrente,  a  norma  dell'art.   117 della Costituzione, in quanto
 compresa nella "assistenza sanitaria ospedaliera".
   La legge  23  dicembre  1978,  n.  833  (Istituzione  del  servizio
 sanitario  nazionale),  all'art.  43  (Autorizzazione  e vigilanza su
 istituzioni sanitarie)  stabilisce  al  primo  comma  che  la  "legge
 regionale   disciplina   l'autorizzazione   e   la   vigilanza  sulle
 istituzioni  sanitarie  di  carattere  privato  ...  e  definisce  le
 caratteristiche  funzionali  cui  tali  istituzioni  e aziende devono
 corrispondere onde assicurare livelli di  prestazioni  sanitarie  non
 inferiori  a  quelle  erogate  dai  corrispondenti presidii e servizi
 delle unita' sanitarie locali. Restano ferme le funzioni di indirizzo
 e coordinamento di cui all'articolo 5". Tale articolo 5  della  legge
 n.  833  prevede  che "la funzione di indirizzo e coordinamento delle
 attivita'  amministrative  delle  regioni   in   materia   sanitaria,
 attinente  ad  esigenze di carattere unitario ... spetta allo Stato e
 viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge  o  con
 atto  avente forza di legge, mediante deliberazione del Consiglio dei
 ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, d'intesa  con  il
 Ministro della sanita', sentito il Consiglio sanitario nazionale".
   Sulla  base  di  questa disciplina, e' stato emanato il d.P.C.M. 27
 giugno  1986  (Atto  di  indirizzo  e  coordinamento   dell'attivita'
 amministrativa  delle  regioni  in materia di requisiti delle case di
 cura private) il quale, dopo aver stabilito  norme  procedimentali  e
 sostanziali   in  tema  di  requisiti  minimi  generali  strutturali,
 tecnico-sanitari  e  di  organizzazione   del   personale,   cui   e'
 subordinata  l'autorizzazione  delle  case  di  cura private, prevede
 all'art. 38 (Termini per l'adempimento) "che le  regioni  nell'ambito
 della  propria  autonomia" fissino "i termini per l'adempimento delle
 prescrizioni da esse dettate sulla base degli indirizzi contenuti nel
 presente provvedimento. In ogni caso tale termine non  potra'  andare
 oltre il 31 dicembre 1989".
   La Regione Lazio, dal canto suo, con la legge regionale 31 dicembre
 1987,   n.   64  (Norme  per  l'autorizzazione,  la  vigilanza  e  le
 convenzioni con le case di cura private) ha dato se'guito all'atto di
 indirizzo e coordinamento contenuto nel d.P.C.M. 27 giugno 1986 e  ha
 stabilito,  al  secondo  comma dell'art. 6 (Requisiti minimi), che le
 case di cura private gia' autorizzate  all'atto  della  pubblicazione
 della  legge  medesima  devono  adeguarsi  alle  prescrizioni in essa
 contenute entro il termine previsto al  primo  comma  del  successivo
 articolo  58,  il quale a sua volta - conformemente a quanto previsto
 nell'atto statale di indirizzo e coordinamento -  lo  fissava  al  31
 dicembre  1989.  Nel  medesimo  articolo  58  (Norme  transitorie) si
 stabiliva  che  le  case  di   cura   gia'   autorizzate,   ai   fini
 dell'adeguamento  alla  nuova  normativa,  dovessero  presentare alla
 regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della
 legge  regionale, a pena di revoca dell'autorizzazione anteriore, una
 nuova domanda corredata dalla documentazione comprovante il  possesso
 dei  requisiti  atti  ad  assicurare  la funzionalita' e l'efficienza
 delle strutture. A cio' seguiva  la  previsione  di  un  procedimento
 scandito:    a)    dalla    pronuncia   della   regione   in   ordine
 all'accoglibilita' della domanda e dalla  fissazione  di  un  termine
 entro il 31 dicembre 1989 (eventualmente prorogabile per giustificati
 e dimostrati motivi tecnici, ma sempre entro la medesima data) per la
 realizzazione  effettiva degli adeguamenti strutturali e tecnici, con
 eventuale  indicazione  degli  adempimenti  necessari  a  ovviare  ad
 eventuali  incompletezze o imperfezioni della documentazione allegata
 alla domanda o della progettazione,  rispetto  ai  requisiti  fissati
 dalla  Giunta  regionale  in  sede di esame dell'accoglibilita' della
 domanda; b) dall'adeguamento delle case  di  cura,  entro  centoventi
 giorni  dalla  dichiarazione  di  accoglibilita'  della domanda, alle
 disposizioni previste in  materia  di  personale;  c)  dall'ispezione
 tecnica  disposta  dalla  regione, alla scadenza del termine concesso
 per gli adeguamenti tecnici  e  strutturali  e,  finalmente,  d)  dal
 rilascio  della  nuova  autorizzazione,  in  caso  di  esito positivo
 dell'ispezione,   ovvero,   in   caso   contrario,    dalla    revoca
 dell'autorizzazione   anteriore:   revoca  disposta  per  il  mancato
 rispetto del termine (eventualmente prorogato) fissato dalla  regione
 per gli adeguamenti strutturali e tecnici.
   I   tempi   di   attuazione  dell'anzidetta  complessa  disciplina,
 originariamente stabiliti - come si e' detto - tanto dalla  normativa
 statale  quanto  da  quella  regionale al 31 dicembre 1989, hanno poi
 subi'to proroghe.  A livello statale, il d.P.C.M. del 2  marzo  1990,
 adottato  nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento per
 far fronte alla "ritenuta necessita' di differire il predetto termine
 per evitare situazioni  disomogenee  sul  territorio  nazionale",  ha
 stabilito nel suo articolo unico lo spostamento del termine anzidetto
 al  31 dicembre 1990. Nell'ambito della Regione Lazio si e' avuto uno
 slittamento ulteriore e indipendente, dapprima al  31  dicembre  1992
 (art.  1  della  legge  regionale 24 febbraio 1992, n. 21), poi al 31
 dicembre 1993 (art. 2 della legge regionale 16 aprile 1993, n. 18)  e
 infine,  con  l'art.  1  della  legge  regionale ora impugnata, al 31
 dicembre 1994 (e, per alcune case di cura indicate all'art.  2  della
 stessa, al 31 dicembre 1995).
   Questo  essendo lo sviluppo della normazione statale e regionale in
 materia, la questione che viene sottoposta all'esame di questa  Corte
 e'  se  la  proroga  regionale al 31 dicembre 1994 (nonche', per casi
 particolari, al 31 dicembre 1995)  stabilita  nella  legge  regionale
 oggetto  dell'impugnativa  del  Governo,  discostandosi  dal  termine
 stabilito  dall'atto  di  indirizzo  e  coordinamento assunto a norma
 dell'art.  43, primo comma, della legge n. 833 del 1978,  si  risolva
 in  una violazione della ripartizione costituzionale delle competenze
 a norma dell'art.  117 della Costituzione.
   3.  -  La  questione  anzidetta  -  sulla  cui  proponibilita'  non
 influisce  la circostanza che le due precedenti proroghe del termine,
 disposte da leggi della Regione Lazio, non siano state contestate dal
 Governo - si riduce, nell'essenziale, al punto se sia consentito allo
 Stato, nell'esercizio della potesta'  di  indirizzo  e  coordinamento
 (potesta',  nel  caso  specifico,  non  controversa), di porre limiti
 temporali per l'adeguamento,  vincolanti  le  regioni  nell'esercizio
 delle loro competenze.
   La  risposta  positiva  discende  con  evidenza  dal  fatto  che la
 posizione del  termine  vale  a  rendere  concreto  il  vincolo  alle
 prescrizioni sostanziali che, per esigenze unitarie, lo Stato ritiene
 di  stabilire.   In generale, i termini come quello in questione e la
 loro vincolativita', nel contenzioso sul riparto costituzionale delle
 competenze tra Stato e regioni, non vengono  in  evidenza  in  quanto
 tali,  non  essendo  altro che il mezzo attraverso il quale il potere
 statale  di  indirizzo  e  coordinamento  si  sostanzia  nel   tempo,
 contemperando   le   esigenze   pratiche  dell'adeguamento  da  parte
 regionale con il  carattere  obbligatorio  di  tale  adeguamento.  In
 assenza,  tale  contemperamento  diverrebbe  irrealizzabile,  con una
 possibile opposta, ma comunque insostenibile conseguenza: o l'obbligo
 di adeguamento immediato e istantaneo, con pregiudizio delle esigenze
 di gradualita' e funzionalita' dell'amministrazione regionale, ovvero
 la vanificazione del carattere costringente della funzione statale di
 indirizzo e coordinamento, con la  sua  riduzione  di  fatto  a  mera
 raccomandazione.
   Pertanto,  non  puo'  dubitarsi che la possibilita' di porre limiti
 temporali all'opera di adeguamento delle regioni - limiti  attraverso
 i quali trovi ragionevole equilibrio il duplice interesse anzidetto -
 rientri  nella  funzione  statale suddetta; cosi' come, per converso,
 non puo' dubitarsi del dovere  delle  regioni,  nell'esercizio  delle
 proprie  competenze,  di rispettarli. E, costituendo, in questo caso,
 la  potesta'  statale  in  esame  una  manifestazione  dinamica   dei
 "principi  fondamentali"  delle  materie  attribuite  alla competenza
 concorrente delle regioni, non v'e' dubbio che  la  violazione  degli
 atti  del  Governo  assunti, conformemente a legge, nell'esercizio di
 tale potesta' si risolva in violazione dell'art.  117,  primo  comma,
 della Costituzione.
   Un'attenuazione  alla  rigidita'  della  predetta  conclusione puo'
 derivare, peraltro, dalla considerazione che, in sede di indirizzo  e
 coordinamento,  l'autorita'  statale  non dispone che di un potere di
 portata generale, con riferimento alle regioni nel loro insieme.  Non
 si puo' escludere, invece, la possibilita' che singole  regioni,  per
 ragioni   eccezionali   che   le   riguardino   specificamente  e  ne
 differenzino la posizione rispetto a quella delle altre, adeguino  le
 cadenze  temporali  stabilite  dallo  Stato alle particolarita' delle
 situazioni sulle quali esse devono provvedere. Ma tali  deroghe,  che
 il  legislatore  regionale disponga non per eludere ma, al contrario,
 per poter rispettare le prescrizioni poste dallo  Stato,  per  essere
 costituzionalmente   legittime  devono  risultare  ragionevolmente  e
 concretamente giustificate in relazione alle  situazioni  su  cui  la
 singola regione deve provvedere.
   4.  -  La  "proroga  del  termine  di  cui  all'art. 58 della legge
 regionale  31  dicembre  1987,  n.  64,  concernente  le  norme   per
 l'autorizzazione,  la  vigilanza e le convenzioni con le case di cura
 private" disposta con l'impugnata legge della Regione Lazio, valutata
 alla stregua dei principi ora  esposti,  e'  incostituzionale.  Dalla
 sequenza   di   differimenti   del  termine  per  l'adeguamento  alle
 prescrizioni adottate dallo Stato relativamente  ai  requisiti  delle
 case  di  cura  private,  risulta come conseguenza che, nella Regione
 Lazio, si e' consentito il protrarsi di una situazione anomala dal 31
 dicembre 1990 - data di scadenza della proroga disposta  dal  secondo
 atto  statale d'indirizzo e coordinamento - al 31 dicembre 1993, data
 di scadenza della proroga disposta con la legge regionale n.  18  del
 1993  e  che, con la legge regionale oggetto della presente questione
 di costituzionalita', tale situazione si e' tentato di  procrastinare
 al  31  dicembre  1994  (e  alla stessa data dell'anno successivo, in
 alcune situazioni speciali di cui  all'art.  2  della  legge).  Nella
 sostanza,   la   Regione   Lazio,  attraverso  successivi  interventi
 legislativi, ha  sospeso  l'obbligo  di  adeguamento  alla  normativa
 generale  posta  dallo Stato in riferimento alle case di cura private
 operanti sul suo territorio addirittura per quattro anni (cinque, nei
 casi previsti dall'art.  2  della  legge  impugnata).  Ne'  risultano
 ragioni    particolari    che    giustifichino    tale   macroscopica
 differenziazione rispetto alla disciplina comune, applicata da  tempo
 nelle altre regioni.
   A  cio'  deve  aggiungersi,  sotto  diverso aspetto, che il termine
 della proroga prevista con la  legge  regionale  impugnata  e'  stato
 fissato  a  un  momento  anteriore  all'entrata in vigore della legge
 stessa (il 31 dicembre 1994, mentre la legge e' stata riapprovata, in
 seguito a rinvio del  Governo,  il  7  marzo  1995),  cosicche'  tale
 proroga  in nessun modo potrebbe essere configurata come un mezzo per
 consentire e  promuovere  la  regolarizzazione  delle  posizioni  dei
 soggetti  privati  ancora  aperte,  senza dover procedere alla revoca
 dell'autorizzazione. La legge che contiene la proroga  in  questione,
 concernendo   comunque   un   tempo  trascorso,  contrariamente  alle
 apparenze, non rivolge una prescrizione  nei  confronti  dei  gestori
 delle  case  di  cura  private  (i  quali,  se  si sono nel frattempo
 adeguati a  cio'  che  era  loro  stato  richiesto  dalla  precedente
 normativa,  lo  hanno fatto fuori termine) ma mira, in realta', a una
 sanatoria di situazioni illegittime  (oltretutto  con  una  procedura
 eccezionale,  prevista  dal  terzo  comma  dell'art.  1  della  legge
 impugnata, derogatoria rispetto a quella fissata nel gia'  menzionato
 art.  58  della  legge  regionale  n.  64  del  1987).  Ma una simile
 sanatoria di situazioni illegali e' a sua volta illegittima,  perche'
 in  contraddizione  con  l'apprezzamento  degli  interessi generali e
 unitari operato dal Governo,  attraverso  l'approvazione  dei  propri
 atti di indirizzo e coordinamento.
   Del  resto  -  in assenza di qualunque elemento che possa indurre a
 ritenere che alla data del 31 dicembre  1994  tutti  gli  interessati
 abbiano  regolarizzato  la  loro  posizione e presupponendo quindi il
 perdurare di situazioni ancora aperte,  quelle  delle  case  di  cura
 private  operanti  sulla  base  della  "vecchia"  autorizzazione e in
 assenza dei requisiti per ottenere la "nuova" - delle due l'una: o si
 e' voluto sanare la posizione di qualcuno e non quella di altri,  con
 evidente  lesione  del  principio  di  uguaglianza;  oppure  la legge
 impugnata dovrebbe intendersi come un ponte verso ulteriori proroghe,
 fino   a   esaurimento   delle   situazioni   pendenti:   cio'    che
 rappresenterebbe  un'ulteriore  sottolineatura  del carattere elusivo
 del dovere di  adeguamento  all'atto  di  indirizzo  e  coordinamento
 statale.
   5.  -  L'impugnata  legge  della  Regione  Lazio deve dunque essere
 dichiarata incostituzionale. A questa conclusione non  si  oppone  la
 circostanza  che  gli atti statali di indirizzo e coordinamento sopra
 menzionati, con i quali la legge regionale  in  questione  contrasta,
 avrebbero  dovuto  essere  superati  da un nuovo atto governativo, da
 emanarsi - alla  stregua  dell'art.  8,  quarto  comma,  del  decreto
 legislativo  30  dicembre  1992, n. 502 (Riordino della disciplina in
 materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23  ottobre  1992,
 n.  421),  come  sostituito  dall'art.  9  del  decreto legislativo 7
 dicembre 1993, n. 517 - entro il  31  dicembre  1993.  Tale  atto  di
 indirizzo  e  coordinamento,  previsto  nel  quadro del passaggio dal
 regime  delle  convenzioni  a  quello  dell'accreditamento  e  di  un
 conseguente   nuovo   sistema   di  classificazione  delle  strutture
 sanitarie in categorie  differenziate  in  relazione  alla  tipologia
 delle  prestazioni erogabili (nuovo art. 8, quarto comma, lettera f),
 del decreto legislativo n. 502 del 1992), non e' stato emanato.  Tale
 inadempienza o  violazione  della  normativa  statale  da  parte  del
 Governo  e'  sintomo  di  un  modo  di  procedere criticabile, ma non
 sarebbe certo un argomento invocabile per assolvere la Regione  dalla
 sua inadempienza o violazione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
 Lazio, approvata il 20 aprile 1994 e riapprovata il 7  marzo  1995  a
 seguito  di  rinvio  governativo (Proroga del termine di cui all'art.
 58 della legge regionale 31 dicembre  1987,  n.  64,  concernente  le
 norme per l'autorizzazione, la vigilanza e le convenzioni con le case
 di cura private).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1996.
                         Il Presidente:  Ferri
                      Il redattore:  Zagrebelsky
                       Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in cancelleria il 3 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria:  Di Paola
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