N. 380 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 1996

                                N. 380
  Ordinanza  emessa  il  9  febbraio  1996 dal giudice per le indagini
 prelimiari presso la pretura  di  Udine  nel  procedimento  penale  a
 carico di Floramo Antonino Luciano ed altro
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Inquinamento  - Scarichi provenienti da
    pubbliche  fognature  che  superino   limiti   di   accettabilita'
    stabiliti  dalle  regioni,  scarichi  provenienti  da insediamenti
    produttivi eccedenti i limiti di accettabilita' delle  tabelle  di
    cui   alla  legge  n.  319/1976  o,  se  recapitano  in  pubbliche
    fognature, quelli fissati dall'art.  12, primo comma, n. 2, stessa
    legge, nonche' scarichi che superino i  limiti  di  accettabilita'
    inderogabili  per  i  parametri  di  natura  tossica persistente e
    bioaccumulabile - Lamentata depenalizzazione per la prima  ipotesi
    e   riduzione  della  pena  per  le  altre  -  Irragionevolezza  -
    Disparita' di trattamento  rispetto  ad  ipotesi  meno  gravi,  ma
    punite  con maggior severita', nonche' tra regioni e rispetto alla
    disciplina dettata con altre leggi sempre sull'inquinamento  delle
    acque   -  Lesione  del  diritto  all'ambiente  salubre  -  Omesso
    adeguamento   con   le   norme   del  diritto  internazionale,  in
    particolare con quelle CEE (direttiva n. 271/1991).
 (D.-L. 17 marzo 1995, n.  79,  art.  3,  primo  comma,  prima  parte,
    convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172).
 (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 10, 25, secondo comma, 32 e 77).
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di rinvio degli atti alla
 Corte costituzionale letti  gli  atti  del  procedimento  n.  2591/94
 r.g.g.i.p.  nei confronti di:
     1)  Floramo  Antonino  Luciano  nato  il 30 marzo 1931 a Trieste,
 residente a San Daniele del Friuli (Udine), via M. Narducci s.n.;
     2) Pagnutti Paolo c/o la  comunita'  collinare  di  Colloredo  di
 Monte  Albano;  persone  sottoposte  ad  indagini  il primo nella sua
 qualita' di sindaco pro-tempore del comune di San Daniele del Friuli,
 il secondo quale responsabile dell'Ufficio ambiente  della  comunita'
 collinare, gestore dell'impianto di depurazione, in ordine:
     1)  agli  scarichi  di  reflui  da  depuratore  fognario pubblico
 eccedente i  limiti  di  accettabilita'  stabiliti  dalla  tabella  A
 allegata  alla  legge n. 319/76 avvenuti in data 3 febbraio 1993 e 16
 marzo 1993 nel territorio del comune di San Daniele del Friuli;
     2) all'attivazione dello scarico del depuratore fognario pubblico
 senza avere richiesto la relativa autorizzazione;
   Vista la richiesta del pubblico  ministero  pervenuta  in  data  20
 febbraio  1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli
 artt. 3 e 6  d.-l.  16  gennaio  1995  n.  9  e,  in  subordine,  per
 l'archiviazione  del procedimento non essendo il fatto previsto dalla
 legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale;
   Premesso in fatto che  dalle  relazioni  di  analisi  eseguite  dal
 Servizio  chimico  ambientale del presidio multizonale di prevenzione
 di Udine emergeva il  superamento  alla  data  dei  campionamenti  (3
 febbraio  1993  e  16  marzo  1993)  da  parte delle acque di scarico
 dell'impianto di depurazione comunale  di  San  Daniele  del  Friuli,
 localita'  Villanova,  mai  autorizzato, dei limiti di accettabilita'
 previsti, eccedendo  piu'  parametri  tanto  il  limite  posto  dalla
 tabella  A  allegata  alla  legge  n. 319 cit. quanto il limite della
 tabella A1 del  Piano  generale  di  risanamento  delle  acque  della
 regione Fiuli-Venezia Giulia;
   Premesso  altresi' che gli accertamenti esperiti, originati pure da
 denuncie di privati, hanno  consentito  di  rinvenirne  la  causa  di
 avarie tecniche all'impianto fognario risolte dopo qualche tempo;
   Premesso  altresi'  che  dalle  recenti indagini disposte da questo
 ufficio in data 19 gennaio 1996 ed evase dal pubblico  ministero  con
 restituzione degli atti in data 6 febbraio 1996, emergeva che sin dal
 13  ottobre  1978  con  deliberazioni  del  consiglio comunale di San
 Daniele del Friuli n. 415 reg. del.,  veniva  approvato  il  progetto
 tecnico  esecutivo  di ristrutturazione e completamento dell'impianto
 fognario della frazione di Villanova,  afferente  sia  l'impianto  di
 fognatura   in   senso   stretto   sia   l'impianto  di  depurazione,
 l'esecuzione dei cui lavori veniva affidata con  delibera  consiliare
 n.  476/B dd.   24 novembre 1980, in seguito variamente modificata ed
 integrata sino al 19 gennaio 1990, quando venne approvato il progetto
 integrativo  di  miglioramento  dell'impianto   di   depurazione   di
 Villanova Nord;
                             O s s e r v a
   La  condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato indirizzo
 giurisprudenziale interpretativo degli artt.  1,  9  e  14  legge  n.
 319/1976,   appariva   suscettibile   di   integrare  la  fattispecie
 penalmente sanzionata dall'art. 21, terzo  comma,  legge  cit.  sulla
 base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi,
 da  insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura e
 derivanti  da   pubblica   fognatura)   devono   essere   autorizzati
 espressamente  e  specificamente ex art. 21, primo comma, legge cit.,
 con la generalizzata necessita', la cui omissione e'  punita  appunto
 dall'art.   21,   terzo   comma,  del  rispetto  degli  standards  di
 accettabilita' legislativi, una volta cessato il  regime  transitorio
 di  adeguamento  graduale degli scarichi nei tempi e nei modi fissati
 dai  singoli  P.G.R.A.  limiti  gia'  integrabili  dalla   disciplina
 regionale  ai  sensi  dell'art.  14  legge  cit.  solo  in senso piu'
 restrittivo (cfr. Cass., 2 febbraio 1994 n. 1215,  ric.  p.m.  contro
 Vannicola;  Cass. 25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m.  contro Bruschini;
 Cass. 25 giugno 1993 n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass.  3  marzo
 1992  n. 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate in
 materia di scarichi di pubbliche fognature).
   Il  sistema  e'  stato  profondamente  alterato   dalle   modifiche
 successivamente  apportate  da  una serie di norme che, a partire dal
 d.-l. 15 novembre 1993 n. 454 perpetuato sino al d.-l. 17 marzo  1995
 n.  79,  finalmente  convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, erano
 primariamente dirette a ridisciplinare  proprio  gli  scarichi  delle
 pubbliche  fognature  (e degli insediamenti civili che non recapitano
 in pubbliche fognature), pur  essendosi  ampliate,  nel  corso  delle
 varie  novellazioni,  ad introdurre sostanziose immutazioni pure agli
 scarichi da insediamenti produttivi.
   In particolare, per quanto qui rileva, da un lato l'art.  1,  d.-l.
 n.  79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n. 319/1976,
 ha mantenuto l'attribuzione  in  capo  alle  regioni  del  potere  di
 disciplinare  gli  scarichi  delle  pubbliche  fognature  in  sede di
 redazione  dei  rispettivi  piani   di   risanamento   delle   acque,
 conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del
 21  maggio  1991  (escluso  il  potere  di  incidere  sui  limiti  di
 accettabilita' definiti "inderogabili", per  i  parametri  di  natura
 tossica,  persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita', in
 via transitoria e nelle more di tale definizione, delle  prescrizioni
 gia'  adottate  e,  in  particolare,  delle  direttive presenti nella
 delibera 30 dicembre 1980 del  Comitato  interministeriale  (art.  1,
 terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in
 esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976,
 ha   depenalizzato    l'inosservanza  dei  limiti  di  accettabilita'
 stabiliti dalle regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo  comma,
 per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria
 da  lire  tre  milioni  a  lire trenta milioni, inapplicabile secondo
 quanto stabilito  dalla  legge  di  conversione  "nei  confronti  dei
 pubblici   amministratori   che   alla  data  di  accertamento  della
 violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili  finalizzati
 alla depurazione delle acque".
   Trattasi  di  disposizione  che,  per  quest'ultima  parte,  pareva
 affetta da gravi e plurimi vizi di legittimita'  costituzionale,  per
 violazione  degli  artt.  3,  9,  secondo  comma, 32, 10, 25, secondo
 comma, e 77 della Costituzione, gia' sottoposti al vaglio della Corte
 costituzionale  con  ordinanza  di  questo  ufficio  dd. 6 marzo 1995
 (iscritta al n.  256 R.O.) in relazione all'allora  vigente  art.  3,
 primo  comma,  decreto-legge  16  gennaio  1995  n.  9,  recentemente
 restituita per un nuovo esame della  rilevanza  della  questione  nel
 giudizio principale (Corte costituzionale ord. 15/29 dicembre 1995 n.
 535)   attesa  la  mancata  conversione  in  legge  nei  termini  del
 decreto-legge n. 9/1995 e  le  modifiche  introdotte,  appunto,  alla
 complessiva  disciplina  dal  sopravvenuto  decreto-legge n. 79/1995,
 convertito in legge n. 172/1995.
   Rileva sul punto questo ufficio che  il  tenore  della  norma  gia'
 precedentemente    impugnata   per   vizio   di   legittimita'   pare
 identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, primo comma,
 d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n.  172
 che,  salvo  alcune  modifiche  ininfluenti ai fini in esame ("... e'
 punita con la sanzione amministrativa da  lire  tre  milioni  a  lire
 trenta  milioni"  anziche'    "...  e'  punita  con  la sola sanzione
 amministrativa da lire tre  milioni  a  lire  trenta  milioni,  salvo
 diversa    disposizione   della   legge   regionale")   ha   ribadito
 l'intervenuta depenalizzazione del  superamento  dei  limiti  fissati
 dalle  regioni  (e  nelle  more  di  tale fissazione di quelli sinora
 vigenti),  fatta  eccezione  per  i  parametri  di  natura   tossica,
 persistente  e bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in rilievo
 nella presente vicenda) e  l'applicabilita'  a  tali  condotte  della
 sanzione  amininistrativa  nella  misura su indicata:  scelta che, in
 virtu' dell'autorevole orientamento  interpretativo  della  Corte  di
 cassazione   (S.U.   27  giugno  1994  n.  7394),  comporta  altresi'
 l'esenzione  da  qualsiasi  sanzione  (sia  di  natura   penale   che
 amministrativa)  per  i  fatti  di violazione dei limiti tabellari da
 parte dei titolari delle pubbliche fognature  consumati  sino  al  17
 marzo   1995   (data   di   scadenza  dell'ultimo  decreto-legge  non
 convertito) atteso il tenore dell'art.1 legge n. 689/1981 e l'assenza
 di ogni disposizione transitoria nella  legge  n.  172/1995  tale  da
 rendere  applicabile  anche  per  il passato, ai fatti commessi prima
 dell'entrata  in  vigore  del  decreto-legge  n.  79/1995,  la  nuova
 sanzione amministrativa prevista dall'art. 3, primo comma, sicche' le
 condotte  di  tal  natura  mantenute sino al 17 marzo 1995 resteranno
 indenni da ogni sanzione, sia essa penale sia amministrativa.
   Alla luce, pertanto, delle modifiche solo  formali  presenti  nella
 legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la
 questione   di   costituzionalita'   di   tale  norma,  qui  reputata
 ininfluente l'introduzione nell'art. 3,  primo  comma,  ultima  parte
 legge   n.   172/1995   in   sede   di  conversione  della  causa  di
 inapplicabilita'  della  sanzione   "nei   confronti   dei   pubblici
 amministratori   che  alla  data  di  accertamento  della  violazione
 dispongano  di  progetti  esecutivi  cantierabili  finalizzati   alla
 depurazione  delle  acque",  riferendosi,  la  stessa  a parere della
 scrivente,  all'inapplicabilita' della nuova sanzione  amministrativa
 sulla  quale  l'Autorita'  giudiziaria non ha alcuna competenza e non
 gia' di una sanzione penale (che non viene  piu'  in  rilievo  per  i
 fatti  pregressi ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.), qui
 contestandosi la scelta legislativa di fondo di degradare ad illecito
 amministrativo la condotta, sicche'  solo  nell'eventualita'  di  una
 preliminare  declaratoria  di illegittimita' della norma la questione
 della  cantierabilita'  dei  progetti  di depurazione potra' assumere
 attualita' nel giudizio penale; e reputata  altresi'  irrilevante  la
 questione  dell'inammissibilita'  dell'apparente  impugnazione di una
 norma penale di favore, atteso che l'intervento domandato alla  Corte
 non   mira   alla  creazione  di  una  nuova  fattispecie  penale  ma
 all'eliminazione di un (supposto) regime di favore per una  categoria
 di  persone  -  pubblici  amministratori  - introdotto in deroga alla
 disciplina generale, ripristinando pure per essi  un  reato  previsto
 dalla   norma   previgente  di  cui  qui  si  denuncia  l'irrazionale
 abrogazione e modifica, sotto il vigore della quale la  condotta  era
 stata  tenuta (comunque ante 15 settembre 1993), sicche' neppure puo'
 porsi un problema di assenza dell'elemento soggettivo del reato e  di
 buona fede in capo alle persone sottoposte ad indagni.
   Non   si   valuta,  al  contrario,  di  ripresentare  la  questione
 originaria di legittimita' dell'art. 6, secondo comma,  decreto-legge
 n. 9/1995, pur sostanzialmente riprodotto dall'art. 6, secondo comma,
 decreto-legge  n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995 attesto il
 tenore del nuovo art. 9, ult. comma,  legge  n.  319/1976  introdotto
 dall'art.  6, primo comma, legge n. 172/1995 che equipara al rilascio
 dell'autorizzazione  allo  scarico  l'approvazione  dell'impianto  di
 pubblica fognatura, nel caso intervenuto, per quanto gia'  precisato,
 in data 13 ottobre 1978.
   La  questione  di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, prima
 parte, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio  1995
 n. 172 si ripropone, invece, per i seguenti motivi.
   Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente uguale a
 quello dell'ordinanza pubblica in precedenza (Reg. ord. n. 377/1996).
 96C0536