N. 381 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio 1996
N. 381 Ordinanza emessa il 19 gennaio 1996 dal giudice per le indagini prelimiari presso la pretura di Udine nel procedimento penale a carico di Bertossi Enrico ed altri Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi provenienti da pubbliche fognature che superino limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni, scarichi provenienti da insediamenti produttivi eccedenti i limiti di accettabilita' delle tabelle di cui alla legge n. 319/1976 o, se recapitano in pubbliche fognature, quelli fissati dall'art. 12, primo comma, n. 2, stessa legge, nonche' scarichi che superino i limiti di accettabilita' inderogabili per i parametri di natura tossica persistente e bioaccumulabile - Lamentata depenalizzazione per la prima ipotesi e riduzione della pena per le altre - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con maggior severita', nonche' tra regioni e rispetto alla disciplina dettata con altre leggi sempre sull'inquinamento delle acque - Lesione del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con le norme del diritto internazionale, in particolare con quelle CEE (direttiva n. 271/1991). (D.-L. 17 marzo 1995, n. 79, art. 3, primo comma, prima parte, convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172). (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 10, 25, secondo comma, 32 e 77).(GU n.19 del 8-5-1996 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rinvio degli atti alla Corte costituzionale letti gli atti del procedimento n. 1664/95 r.g.g.i.p. (cui veniva unito in data 16 gennaio 1996 il procedimento n. 9712/95 r.g.n.r. Ignoti e 233/95 r.g.g.i.p. Ignoti) pendente nei confronti di: 1) Bertossi Enrico nato il 14 maggio1959 a Udine, ivi residente, via Sesto Sylvis n. 29/04; 2) Zaccuri Natale nato il 25 settembre 1939 a Motta San giovanni (Reggio Calabria), residente a Udine, via Morosina n. 4; 3) Zanfagnini Pietro nato il 7 novembre 1932 a Udine, ivi residente, largo del Pecile n. 26; 4) Suraci Giuseppe nato il 30 marzo 1941 a Reggio Calabria, residente a Udine, via Pallanza n. 8/4; 5) Mussato Claudio nato il 27 marzo 1944 a Udine, ivi residente a Udine, via Caprera n. 22/A; persone sottoposte ad indagini quali sindaci pro-tempore del comune di Udine lo Zanfagnini per il periodo dal 4 novembre 1992 all'11 novembre 1992 e il Mussato dal 23 agosto 1993 al 10 maggio 1995; quali assessori comunali con delega alle pubbliche fognature il Bertossi del 1 gennaio 1990 al 3 novembre 1992, lo Zaccuri dal 12 novembre 1992 al 31 agosto 1993 e il Suraci dal 1 settembre 1993 al 20 settembre 1994, in ordine: 1) allo scarico della pubblica fognatura, sfioratore di piena del comune di Udine nel territorio del comune di Pradamano nell'alveo del torrente Torre, senza aver richiesto la prescritta autorizzazione; 2) agli scarichi di pubblica fognatura eccedenti i limiti di accettabilita' stabiliti dalla tabella A allegata alla legge n. 319/1976 e dalla tabella A1 del piano regionale di risanamento delle acque avvenuti in data 26 giugno 1993, 26 luglio 1993 e 20 luglio 1994. Vista la richiesta del pubblico ministero pervenuta in data 28 febbraio 1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli artt. 3 e 6 d.-l. 16 gennaio 1995 n. 9 e, in subordine, per l'archiviazione del procedimento non essendo il fatto previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale; Premesso in fatto che dalle relazioni di analisi commissionate ad un chimico dal comune di Pradamano emergeva il superamento alla data dei campionamenti (26 luglio 1993 e 20 luglio 1994) da parte delle acque si scarico dello sfioratore di piena dell'impianto di depurazione comunale di Udine, zone torrente Torre, mai autorizzato, dei limiti di accettabilita' previsti, eccedendo piu' parametri tanto il limite posto dalla tabella A allegata alla legge n. 319 cit. quando il limite della tabella A1 del Piano generale di risanamento delle acque della regione Friuli-Venezia Giulia; Premesso inoltre che gli accertamenti esperiti originati da denuncie, in particolare del sindaco del comune di Pradamano, direttamente investito dal fenomeno e documentate sin dall'anno 1990, hanno consentito di rinvenirne la causa nel collettore orientale dall'impianto fognario del comune di Udine, il quale, durante le piogge, consente abbondanti tracimazioni delle acque fognarie sfocianti nell'alveo del torrente Torre, con conseguenti vistosi e perduranti fenomeni di inquinamento idrico, all'origine di un nutrito contenzioso intercomunale; Premesso altresi' che dalle recenti indagini disposte nell'ambito del procedimento n. 9712/95 r.g.n.r. Ignoti e 233/95 r.g.g.i.p. Ignoti (riunito in data 16 gennaio 1996 al presente) emergeva che in data 19 dicembre 1986 con deliberazione del consiglio comunale della citta' di Udine n. 356 d'ord. n. 48559 p.g. veniva approvato il progetto generale della fognatura urbana datato 20 febbraio 1986, in conformita' alle cui previsioni la Giunta comunale con delibera n. 3987 d'ord. e n. 85684 p.g. dd. 3 ottobre 1995 approvava il progetto esecutivo dei lavori di ridimensionamento del tratto del collettore orientale di sfioro verso il torrente Torre, appunto fonte degli scarichi qui in esame, "al fine di eliminare le esondazioni che si determinano in corrispondenza del tratto terminale del collettore"; Premesso infine che in data 15 novembre 1995 il sindaco del comune di Udine con nota n. 98778 domandava al sindaco del comune di Pradamano il rilascio dell'autorizzazione allo scarico per lo sfioratore di piena denominazione "collettore orientale che sversa nel torrente Torre in comune di Pradamano parte delle acque reflue convogliate dalla rete fognaria del comune di Udine..."; O s s e r v a La condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato indirizzo giurisprudenziale interpretativo degli artt. 1, 9 e 14 legge n. 319/1976, appariva suscettibile di integrare la fattispecie penalmente sanzionata dall'art. 21, terzo comma, legge cit. sulla base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi, da insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura e derivanti da pubblica fognatura) devono essere autorizzati espressamente e specificamente ex art. 21, primo comma, legge cit., con la generalizzata necessita', la cui omissione e' punita appunto dall'art. 21, terzo comma, del rispetto degli standards di accettabilita' legislativi, una volta cessato il regime transitorio di adeguamento graduale degli scarichi nei tempi e nei modi fissati dai singoli P.G.R.A., limiti gia' integrabili dalla disciplina regionale ai sensi dell'art. 14 legge cit. solo in senso piu' restrittivo (cfr. Cass. 2 febbraio 1994 n. 1215, ric. p.m. contro Vannicola; Cass. 25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m. contro Bruschini; Cass. 25 giugno 1993 n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass. 3 marzo 1992 n. 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate in materia di scarichi di pubbliche fognature). Il sistema e' stato profondamente alterato dalle modifiche successivamente apportate da una serie di norme che, a partire dal d.-l. 15 novembre 1993 n. 454 perpetuato sino al d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, finalmente convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, erano primariamente dirette a ridisciplinare proprio gli scarichi delle pubbliche fognature (e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), pur essendosi ampliate, nel corso delle varie novellazioni, ad introdurre sostanziose immutazioni pure agli scarichi da insediamenti produttivi. In particolare, per quanto qui rileva, da un lato l'art. 1, d.-l. n. 79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n. 319/1976, ha mantenuto l'attribuzione in capo alle regioni del potere di disciplinare gli scarichi delle pubbliche fognature in sede di redazione dei rispettivi piani di risanamento delle acque, conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 (escluso il potere di incidere sui limiti di accettabilita' definiti "inderogabili", per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita', in via transitoria e nelle more di tale definizione, delle prescrizioni gia' adottate e, in particolare, delle direttive presenti nella delibera 30 dicembre 1980 del Comitato interministeriale (art. 1, terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976, ha depenalizzato l'inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo comma, per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire trenta milioni, inapplicabile secondo quanto stabilito dalla legge di conversione "nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque". Trattasi di disposizione che, per quest'ultima parte, pareva affetta da gravi e plurimi vizi di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, gia' sottoposti al vaglio della Corte costituzionale con ordinanza di questo ufficio dd. 6 marzo 1995 (iscritta al n. 301 R.O.) in relazione all'allora vigente art. 3, primo comma, decreto-legge 16 gennaio 1995 n. 9, recentemente restituita per un nuovo esame della rilevanza della questione nel giudizio principale (Corte costituzionale ord. 15/29 dicembre 1995 n. 535) attesa la mancata conversione in legge nei termini del decreto-legge n. 9/1995 e le modifiche introdotte, appunto, alla complessiva disciplina dal sopravvenuto decreto-legge n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995. Rileva sul punto questo ufficio che il tenore della norma gia' precedentemente impugnata per vizio di legittimita' pare identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, primo comma, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172 che, salvo alcune modifiche ininfluenti ai fini in esame ("... e' punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni" anziche' "... e' punita con la sola sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni, salvo diversa disposizione della legge regionale") ha ribadito l'intervenuta depenalizzazione del superamento dei limiti fissati dalle regioni (e nelle more di tale fissazione di quelli sinora vigenti), fatta eccezione per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in rilievo nella presente vicenda) e l'applicabilita' a tali condotte della sanzione amininistrativa nella misura su indicata: scelta che, in virtu' dell'autorevole orientamento interpretativo della Corte di cassazione (S.U. 27 giugno 1994 n. 7394), comporta altresi' l'esenzione da qualsiasi sanzione (sia di natura penale che amministrativa) per i fatti di violazione dei limiti tabellari da parte dei titolari delle pubbliche fognature consumati sino al 17 marzo 1995 (data di scadenza dell'ultimo decreto-legge non convertito) atteso il tenore dell'art.1 legge n. 689/1981 e l'assenza di ogni disposizione transitoria nella legge n. 172/1995 tale da rendere applicabile anche per il passato, ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 79/1995, la nuova sanzione amministrativa prevista dall'art. 3, primo comma, sicche' le condotte di tal natura mantenute sino al 17 marzo 1995 resteranno indenni da ogni sanzione, sia essa penale sia amministrativa. Alla luce, pertanto, delle modifiche solo formali presenti nella legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la questione di costituzionalita' di tale norma, qui reputata ininfluente l'introduzione nell'art. 3, primo comma, ultima parte legge n. 172/1995 in sede di conversione della causa di inapplicabilita' della sanzione "nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque", riferendosi, la stessa a parere della scrivente, all'inapplicabilita' della nuova sanzione amministrativa sulla quale l'Autorita' giudiziaria non ha alcuna competenza e non gia' di una sanzione penale (che non viene piu' in rilievo per i fatti pregressi ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.), qui contestandosi la scelta legislativa di fondo di degradare ad illecito amministrativo la condotta, sicche' solo nell'eventualita' di una preliminare declaratoria di illegittimita' della norma la questione della cantierabilita' dei progetti di depurazione potra' assumere attualita' nel giudizio penale; e reputata altresi' irrilevante la questione dell'inammissibilita' dell'apparente impugnazione di una norma penale di favore, atteso che l'intervento domandato alla Corte non mira alla creazione di una nuova fattispecie penale ma all'eliminazione di un (supposto) regime di favore per una categoria di persone - pubblici amministratori - introdotto in deroga alla disciplina generale, ripristinando pure per essi un reato previsto dalla norma previgente di cui qui si denuncia l'irrazionale abrogazione e modifica, sotto il vigore della quale la condotta era stata per la gran parte tenuta (cioe' ante 15 settembre 1993), sicche' neppure puo' porsi un problema di assenza dell'elemento soggettivo del reato e di buona fede in capo alle persone sottoposte ad indagni. Non si valuta, al contrario, di ripresentare la questione originaria di legittimita' dell'art. 6, secondo comma, decreto-legge n. 9/1995, pur sostanzialmente riprodotto dall'art. 6, secondo comma, decreto-legge n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995, attesto il tenore del nuovo art. 9, ult. comma, legge n. 319/1976 introdotto dall'art. 6, primo comma, legge n. 172/1995 che equipara al rilascio dell'autorizzazione allo scarico l'approvazione dell'impianto di pubblica fognatura, nel caso intervenuto, per quanto gia' precisato, nell'anno 1986. La questione di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, prima parte, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172 si ripropone, invece, per i seguenti motivi.
Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblica in precedenza (Reg. ord. n. 377/1996). 96C0537