N. 382 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 gennaio 1996

                                N. 382
  Ordinanza emessa il 18 gennaio 1996  dal  giudice  per  le  indagini
 prelimiari  presso  la  pretura  di  Udine  nel procedimento penale a
 carico di Meneghini Silvano ed altro
 Ambiente (tutela dell') -  Inquinamento  -  Scarichi  provenienti  da
    pubbliche   fognature   che   superino  limiti  di  accettabilita'
    stabiliti dalle  regioni,  scarichi  provenienti  da  insediamenti
    produttivi  eccedenti  i limiti di accettabilita' delle tabelle di
    cui  alla  legge  n.  319/1976  o,  se  recapitano  in   pubbliche
    fognature, quelli fissati dall'art.  12, primo comma, n. 2, stessa
    legge,  nonche'  scarichi  che superino i limiti di accettabilita'
    inderogabili per i  parametri  di  natura  tossica  persistente  e
    bioaccumulabile  - Lamentata depenalizzazione per la prima ipotesi
    e  riduzione  della  pena  per  le  altre  -  Irragionevolezza   -
    Disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  ipotesi  meno gravi, ma
    punite con maggior severita', nonche' tra regioni e rispetto  alla
    disciplina  dettata con altre leggi sempre sull'inquinamento delle
    acque  -  Lesione  del  diritto  all'ambiente  salubre  -   Omesso
    adeguamento   con   le   norme   del  diritto  internazionale,  in
    particolare con quelle CEE (direttiva n. 271/1991).
 (D.-L. 17 marzo 1995, n.  79,  art.  3,  primo  comma,  prima  parte,
    convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172).
 (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 0, 25, secondo comma, 32 e 77).
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di rinvio degli atti alla
 Corte costituzionale letti  gli  atti  del  procedimento  n.  1337/95
 r.g.g.i.p.  nei confronti di:
     1)  Meneghini Silvano nato il 18 novembre 1944 a Dignano (Udine),
 ivi residente, via Garibaldi n. 8;
     2) Pagnutti Paolo c/o comunita' collinare del Friuli con sede  in
 Colloredo  di  Monte Albano; persone sottoposte ad indagini, il primo
 quale sindaco in carico pro-tempore del comune di Dignano, il secondo
 quale responsabile dell'Ufficio ambiente  della  comunita'  collinare
 del  Friuli  addetta  alla  gestione  e  manutenzione  del depuratore
 comunale, in ordine allo scarico di  reflui  da  depuratore  fognario
 pubblico  entro  la  tab.  C1  del d.p.g.r. 23 agosto 1982 n. 384, ma
 eccedente i  limiti  di  accettabilita'  stabiliti  dalla  tabella  A
 allegata  alla legge n. 319/1976 avvenuto in data 27 ottobre 1992 nel
 territorio del comune di Dignano;
   Vista la richiesta del pubblico  ministero  pervenuta  in  data  20
 febbraio  1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli
 artt. 3 e 6  d.-l.  16  gennaio  1995  n.  9  e,  in  subordine,  per
 l'archiviazione  del procedimento non essendo il fatto previsto dalla
 legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale;
   Premesso in fatto che dalle relazioni di analisi  dd.  26  novembre
 1992  del  Servizio  chimico  ambientale  del presidio multizonale di
 prevenzione presso la U.S.L. n. 7 "Udinese" emergeva  il  superamento
 alla data del campionamento (27 ottobre 1992) da parte delle acque di
 scarico  dell'impianto  di depurazione comunale di Flaibano, frazione
 Vidulis, dei limiti di accettabilita'  previsti  eccedenti  i  limiti
 posti  dalla  tabella  A  allegata  alla legge n. 319 cit. del limite
 della tabella C1 del Piano generale di risanamento delle acque  della
 regione Friuli-Venezia Giulia;
                             O s s e r v a
   La  condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato indirizzo
 giurisprudenziale interpretativo degli artt. 1,  9  e  14,  legge  n.
 319/1976,   appariva   suscettibile   di   integrare  la  fattispecie
 penalmente sanzionata dall'art. 21, terzo  comma,  legge  cit.  sulla
 base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi,
 da  insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura e
 derivanti  da   pubblica   fognatura)   devono   essere   autorizzati
 espressamente  e  specificamente ex art. 21, primo comma, legge cit.,
 con la generalizzata necessita', la cui omissione e'  punita  appunto
 dall'art.   21,   terzo   comma,  del  rispetto  degli  standards  di
 accettabilita legislativi, una volta cessato il regime transitorio di
 adeguamento graduale degli scarichi nei tempi e nei modi fissati  dai
 singoli  P.G.R.A., limiti gia' integrabili dalla disciplina regionale
 ai sensi dell'art. 14, legge cit.  solo  in  senso  piu'  restrittivo
 (cfr.  Cass.  2  febbraio 1994 n. 1215,  ric.  p.m. contro Vannicola;
 Cass. 25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m.  contro  Bruschini;  Cass.  25
 giugno  1993  n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass. 3 marzo  1992 n.
 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate in  materia
 di scarichi di pubbliche fognature).
   Il   sistema   e'  stato  profondamente  alterato  dalle  modifiche
 successivamente apportate da una serie di norme che,  a  partire  dal
 d.-l.  15 novembre 1993 n. 454 perpetuato sino al d.-l. 17 marzo 1995
 n. 79, finalmente convertito in legge 17 maggio 1995  n.  172,  erano
 primariamente  dirette  a  ridisciplinare  proprio gli scarichi delle
 pubbliche fognature (e degli insediamenti civili che  non  recapitano
 in  pubbliche  fognature),  pur  essendosi  ampliate, nel corso delle
 varie novellazioni, ad introdurre sostanziose immutazioni  pure  agli
 scarichi da insediamenti produttivi.
   In  particolare,  per quanto qui rileva, da un lato l'art. 1, d.-l.
 n. 79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n.  319/1976,
 ha  mantenuto  l'attribuzione  in  capo  alle  Regioni  del potere di
 disciplinare gli  scarichi  delle  pubbliche  fognature  in  sede  di
 redazione   dei   rispettivi   piani   di  risanamento  delle  acque,
 conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del
 21  maggio  1991  (escluso  il  potere  di  incidere  sui  limiti  di
 accettabilita'  definiti  "inderogabili",  per  i parametri di natura
 tossica, persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita',  in
 via  transitoria e nelle more di tale definizione, delle prescrizioni
 gia' adottate e,  in  particolare,  delle  direttive  presenti  nella
 delibera  30  dicembre  1980  del Comitato Interministeriale (art. 1,
 terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in
 esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976,
 ha  depenalizzato    l'inosservanza  dei  limiti  di   accettabilita'
 stabiliti  dalle Regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo comma,
 per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria
 da lire tre milioni a  lire  trenta  milioni,  inapplicabile  secondo
 quanto  stabilito  dalla  legge  di  conversione  "nei  confronti dei
 pubblici  amministratori  che  alla  data   di   accertamento   della
 violazione  dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati
 alla depurazione delle acque".
   Trattasi  di  disposizione  che,  per  quest'ultima  parte,  pareva
 affetta  da  gravi e plurimi vizi di legittimita' costituzionale, per
 violazione degli artt. 3, 9,  secondo  comma,  32,  10,  25,  secondo
 comma, e 77 della Costituzione, gia' sottoposti al vaglio della Corte
 costituzionale  con  ordinanza  di  questo  ufficio  dd. 2 marzo 1995
 (iscritta al n.  284 r.o.) in relazione all'allora  vigente  art.  3,
 primo comma, d.-l.  16 gennaio 1995 n. 9, recentemente restituita per
 un   nuovo   esame  della  rilevanza  della  questione  nel  giudizio
 principale (Corte costituzionale ord. 15/29  dicembre  1995  n.  535)
 attesa  la mancata conversione in legge nei termini del decreto-legge
 n. 9/1995  e  le  modifiche  introdotte,  appunto,  alla  complessiva
 disciplina  dal  sopravvenuto decreto-legge n. 79/1995, convertito in
 legge n. 172/1995.
   Rileva  sul  punto  questo  ufficio  che il tenore della norma gia'
 precedentemente   impugnata   per   vizio   di   legittimita'    pare
 identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, prima comma,
 d.-l.  17  marzo 1995 n. 79 convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172
 che, salvo alcune modifiche ininfluenti ai fini  in  esame  ("...  e'
 punita  con  la  sanzione  amministrativa  da lire tre milioni a lire
 trenta milioni" anziche'    "...  e'  punita  con  la  sola  sanzione
 ammistrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni, salvo diversa
 disposizione   della  legge  regionale")  ha  ribadito  l'intervenuta
 depenalizzazione del superamento dei limiti fissati dalle Regioni  (e
 nelle  more  di  tale  fissazione  di  quelli  sinora vigenti), fatta
 eccezione  per  i  parametri  di  natura   tossica,   persistente   e
 bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in rilievo nella presente
 vicenda)   e   l'applicabilita'   a   tali  condotte  della  sanzione
 amininistrativa nella misura su indicata:    scelta  che,  in  virtu'
 dell'autorevole orientamento interpretativo della Corte di cassazione
 (S.U.  27  giugno  1994  n.  7394),  comporta altresi' l'esenzione da
 qualsiasi sanzione (sia di natura penale che  amministrativa)  per  i
 fatti  di violazione dei limiti tabellari da parte dei titolari delle
 pubbliche fognature consumati sino al 17 marzo 1995 (data di scadenza
 dell'ultimo decreto-legge non convertito) atteso il tenore  dell'art.
 1,  legge  n. 689/1981 e   l'assenza di ogni disposizione transitoria
 nella legge n. 172/1995 tale da  rendere  applicabile  anche  per  il
 passato,   ai   fatti  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  del
 decreto-legge n. 79/1995, la nuova sanzione  amministrativa  prevista
 dall'art. 3, primo comma, sicche' le condotte di tal natura mantenute
 sino  al  17 marzo 1995 resteranno indenni da ogni sanzione, sia essa
 penale sia amministrativa.
   Alla luce, pertanto, delle modifiche solo  formali  presenti  nella
 legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la
 questione    di    costituzionalita',    qui   reputata   ininfluente
 l'introduzione nell'art.  3,  primo  comma,  ultima  parte  legge  n.
 172/1995 in sede di conversione della causa di inapplicabilita' della
 sanzione  "nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di
 accertamento  della  violazione  dispongano  di  progetti   esecutivi
 cantierabili  finalizzati  alla  depurazione  delle  acque",  (la cui
 presenza, infatti, nel caso non  si  e'  accertata)  riferendosi,  la
 stessa  a  parere  della  scrivente, all'inapplicabilita' della nuova
 sanzione amministrativa sulla quale l'Autorita'  giudiziarla  non  ha
 alcuna  competenza  e  non gia' di una sanzione penale (che non viene
 piu' in rilievo per i fatti pregressi ai sensi dell'art.  2,  secondo
 comma,  cod.  pen.), qui contestandosi la scelta legislativa di fondo
 di degradare ad illecito amministrativo  la  condotta,  sicche'  solo
 nell'eventualita'  di  una preliminare declaratoria di illegittimita'
 della norma  la  questione  della  cantierabilita'  dei  progetti  di
 depurazione   potra'  assumere  attualita'  nel  giudizio  penale;  e
 reputata  altresi'  irrilevante  la  questione  dell'inammissibilita'
 dell'apparente impugnazione di una norma penale di favore, atteso che
 l'intervento  domandato  alla  Corte  non  mira alla creazione di una
 nuova fattispecie penale ma all'eliminazione di un (supposto)  regime
 di  favore  per  una categoria di persone - pubblici amministratori -
 introdotto in deroga alla disciplina generale, ripristinando pure per
 essi un reato previsto dalla norma previgente di cui qui si  denuncia
 l'irrazionale  abrogazione e modifica, sotto il vigore della quale la
 condotta  era stata tenuta (comunque ante 15 settembre 1993), sicche'
 neppure puo' porsi un problema di  assenza  dell'elemento  soggettivo
 del reato e di buona fede in capo alle persone sottoposte ad indagni.
   La  questione  di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, prima
 parte, d.-l. 17 marzo 1995, n. 79 convertito in legge 17 maggio  1995
 n. 172 si ripropone, pertanto, per i seguenti motivi.
   Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente uguale a
 quello dell'ordinanza pubblica in precedenza (Reg. ord. n. 377/1996).
 96C0538