N. 383 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio 1996
N. 383 Ordinanza emessa il 19 gennaio 1996 dal giudice per le indagini prelimiari presso la pretura di Udine nel procedimento penale a carico di Nin Fabrizio ed altro Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi provenienti da pubbliche fognature che superino limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni, scarichi provenienti da insediamenti produttivi eccedenti i limiti di accettabilita' delle tabelle di cui alla legge n. 319/1976 o, se recapitano in pubbliche fognature, quelli fissati dall'art. 12, primo comma, n. 2, stessa legge, nonche' scarichi che superino i limiti di accettabilita' inderogabili per i parametri di natura tossica persistente e bioaccumulabile - Lamentata depenalizzazione per la prima ipotesi e riduzione della pena per le altre - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con maggior severita', nonche' tra regioni e rispetto alla disciplina dettata con altre leggi sempre sull'inquinamento delle acque - Lesione del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con le norme del diritto internazionale, in particolare con quelle CEE (direttiva n. 271/1991). (D.-L. 17 marzo 1995, n. 79, art. 3, primo comma, prima parte, convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172). (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 10, 25, secondo comma, 32 e 77).(GU n.19 del 8-5-1996 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rinvio degli atti alla Corte costituzionale letti gli atti del procedimento n. 1326/95 r.g.g.i.p. nei confronti di: 1) Nin Fabrizio nato l'11 ottobre 1959 a S. Maria La Longa (Udine), ivi residente, via Ellero n. 3/4; 2) Zuccolo Marco nato il 15 giugno 1957 a Udine e residente in Pavia di Udine, fraz. Lauzzacco, via Ippolito Nievo n. 64; persone sottoposte ad indagini in ordine al reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge 10 maggio 1976, n. 319 per avere, il primo nella sua qualita' di sindaco pro tempore del comune di Santa Maria La Longa e il secondo quale tecnico preposto alla gestione e manutenzione del depuratore, scaricato reflui dal depuratore fognario pubblico eccedenti i limiti di accettabilita' stabiliti dalla tabella A allegata alla legge n. 319/1976; in comune di S. Maria La Longa il 28 luglio 1994; Vista la richiesta del pubblico ministero pervenuta in data 18 febbraio 1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli artt. 3 e 6 d.-l. 16 gennaio 1995 n. 9 e, in subordine, per l'archiviazione del procedimento non essendo il fatto previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale; Premesso in fatto che dalla relazione di analisi dd. 4 agosto 1992 del Servizio chimico ambientale del presidio multizonale di prevenzione presso la U.S.L. n. 7 "Udinese" emergeva il superamento alla data del campionamento (28 luglio 1994) da parte delle acque di scarico dell'impianto di depurazione comunale di Santa Maria La Longa, loc. Mereto di Capitolo (autorizzato sin dal 18 ottobre 1985), dei limiti di accettabilita' previsti, segnatamente per cio' che concerne il parametro "tensioattivi" (eccedente i limiti posti dalle tabelle A e C allegate alla legge n. 319 cit. e il limite della tabella A1 del Piano generale di risanamento delle acque della regione Friuli-Venezia Giulia); il parametro "BOD 5" (eccedente i limiti della tabella A e quello della tabella A1 del p.g.r.a.); il parametro "azoto ammoniacale" (superiore ad entrambe le tabelle allegate alla legge n. 319 cit., e non contemplato dal p.g.r.a.); Premesso altresi' che gli accertamenti furono originati da una denuncia privata segnalante il visibile fenomeno di inquinamento idrico all'uscita del depuratore e hanno consentito di rinvenirne la causa nel cattivo funzionamento dell'impianto conseguente all'avaria di una turbina di ossigenazione intervenuta nella primavera dell'anno 1994 ed eliminata dall'amministrazione comunale, con la sua sostituzione, solo nel successivo mese di agosto. O s s e r v a La condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato indirizzo giurisprudenziale interpretativo degli artt. 1, 9 e 14, legge n. 319/1976, appariva suscettibile di integrare la fattispecie penalmente sanzionata dall'art. 21, terzo comma, legge cit. sulla base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi, da insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura e derivanti da pubblica fognatura) devono essere autorizzati espressamente e specificamente ex art. 21, primo comma, legge cit., con la generalizzata necessita', la cui omissione e' punita appunto dall'art. 21, terzo comma, del rispetto degli standards di accettabilita' legislativi, una volta cessato il regime transitorio di adeguamento graduale degli scarichi nei tempi e nei modi fissati dai singoli p.g.r.a. limiti gia' integrabili dalla disciplina regionale ai sensi dell'art. 14, legge cit. solo in senso piu' restrittivo (cfr. Cass. 2 febbraio 1994 n. 1215, ric. p.m. contro Vannicola; Cass. 25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m. contro Bruschini; Cass. 25 giugno 1993 n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass. 3 marzo 1992 n. 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate in materia di scarichi di pubbliche fognature). Il sistema e' stato profondamente alterato dalle modifiche successivamente apportate da una serie di norme che, a partire dal d.-l. 15 novembre 1993 n. 454, perpetuato sino al d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, finalmente convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, erano primariamente dirette a ridisciplinare proprio gli scarichi delle pubbliche fognature (e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), pur essendosi ampliate, nel corso delle varie novellazioni, ad introdurre sostanziose immutazioni pure agli scarichi da insediamenti produttivi. In particolare, per quanto qui rileva, da un lato l'art. 1, d.-l. n. 79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n. 319/1976, ha mantenuto l'attribuzione in capo alle Regioni del potere di disciplinare gli scarichi delle pubbliche fognature in sede di redazione dei rispettivi piani di risanamento delle acque, conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 (escluso il potere di incidere sui limiti di accettabilita' definiti "inderogabili", per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita', in via transitoria e nelle more di tale definizione, delle prescrizioni gia' adottate e, in particolare, delle direttive presenti nella delibera 30 dicembre 1980 del Comitato Interministeriale (art. 1, terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976, ha depenalizzato l'inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle Regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo comma, per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire trenta milioni, inapplicabile secondo quanto stabilito dalla legge di conversione "nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque". Trattasi di disposizione che, per quest'ultima parte, pareva affetta da gravi e plurimi vizi di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, gia' sottoposti al vaglio della Corte costituzionale con ordinanza di questo ufficio dd. 6 marzo 1995 (iscritta al n. 296 R.O.) in relazione all'allora vigente art. 3, primo comma, decreto-legge 16 gennaio 1995 n. 9, recentemente restituita per un nuovo esame della rilevanza della questione nel giudizio principale (Corte costituzionale ord. 15/29 dicembre 1995 n. 535) attesa la mancata conversione in legge nei termini del decreto-legge n. 9/1995 e le modifiche introdotte, appunto, alla complessiva disciplina dal sopravvenuto decreto-legge n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995. Rileva sul punto questo ufficio che il tenore della norma gia' precedentemente impugnata per vizio di legittimita' pare identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, prima comma, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172 che, salvo alcune modifiche ininfluenti ai fini in esame ("... e' punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni" anziche' "... e' punita con la sola sanzione ammistrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni, salvo diversa disposizione della legge regionale") ha ribadito l'intervenuta depenalizzazione del superamento dei limiti fissati dalle Regioni (e nelle more di tale fissazione di quelli sinora vigenti), fatta eccezione per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in rilievo nella presente vicenda) e l'applicabilita' a tali condotte della sanzione amininistrativa nella misura su indicata: scelta che, in virtu' dell'autorevole orientamento interpretativo della Corte di cassazione (S.U. 27 giugno 1994 n. 7394), comporta altresi' l'esenzione da qualsiasi sanzione (sia di natura penale che amministrativa) per i fatti di violazione dei limiti tabellari da parte dei titolari delle pubbliche fognature consumati sino al 17 marzo 1995 (data di scadenza dell'ultimo decreto-legge non convertito) atteso il tenore dell'art. 1, legge n. 689/1981 e l'assenza di ogni disposizione transitoria nella legge n. 172/1995, tale da rendere applicabile anche per il passato, ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 79/1995, la nuova sanzione amministrativa prevista dall'art. 3, primo comma, sicche' le condotte di tal natura mantenute tra il 15 novembre 1993 e il 17 marzo 1995 resteranno indenni da ogni sanzione, sia essa penale sia amministrativa. Alla luce, pertanto, delle modifiche solo formali presenti nella legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la questione di costituzionalita', qui reputata ininfluente l'introduzione nell'art. 3, primo comma, ultima parte, legge n. 172/1995, in sede di conversione della causa di inapplicabilita' della sanzione "nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque", (la cui presenza, infatti, nel caso non si e' accertata) riferendosi, la stessa a parere della scrivente, all'inapplicabilita' della nuova sanzione amministrativa sulla quale l'Autorita' giudiziarla non ha alcuna competenza e non gia' di una sanzione penale (che non viene piu' in rilievo per i fatti pregressi ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.), qui contestandosi la scelta legislativa di fondo di degradare ad illecito amministrativo la condotta, sicche' solo nell'eventualita' di una preliminare declaratoria di illegittimita' della norma la questione della cantierabilita' dei progetti di depurazione potra' assumere attualita' nel giudizio penale; e reputata altresi' irrilevante la questione dell'inammissibilita' dell'apparente impugnazione di una norma penale di favore, (essendo la condotta stata tenuta sotto la vigenza del d.-l. 15 luglio 1994 n. 449 che gia' prevedeva una sanzione amministrativa), atteso che l'intervento domandato alla Corte non mira alla creazione di una nuova fattispecie penale ma all'eliminazione di un (supposto) regime di favore per una categoria di persone - pubblici amministratori - introdotto in deroga alla disciplina generale, ripristinando pure per essi un reato previsto dalla norma previgente di cui qui si denuncia l'irrazionale abrogazione e modifica, si' che la Corte gia' ha accolto questioni di tal fatta (ad es. sent. n. 370/1989 - e successive conformi - dichiarativa dell'illegittimita' della norma della regione Friuli-Venezia Giulia che esonerava dalla necessita' penalmente sanzionata di conseguire specifica autorizzazione per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi); e comunque ne ha ammesso la rilevanza sotto il profilo delle possibili forme di proscioglimento adottabili da parte del giudice. La questione di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, prima parte, d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, si ripropone, pertanto, per i seguenti motivi.
Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblica in precedenza (Reg. ord. n. 377/1996). 96C0539