N. 386 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 1996

                                N. 386
  Ordinanza emessa il 22 gennaio 1996  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari   presso   la   pretura  di  Torino  atti  relativi  alla
 denuncia-querela proposta da Mancuso Clorinda
 Processo penale - Procedimento pretorile  -  Incidente  probatorio  -
    Richiesta  della  persona  offesa  -  Preclusione  del  diritto di
    investire  direttamente  il  giudice  -  Asserita   ingiustificata
    disparita'  di trattamento rispetto alla disciplina prevista per i
    procedimenti dinanzi al tribunale - Lesione del diritto di  difesa
    -   Violazione   dell'obbligo  di  motivazione  dei  provvedimenti
    giurisdizionali.
 (C.P.P. 1988, artt. 393, 394, secondo comma, e 551, terzo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 111).
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza di promozione di  giudizio  di
 leggittimita'  costituzionale  nel procedimento di atti relativi alle
 lesioni patite da Cazzetta Luca, art. 590 c.p., denuncia-querela  del
 19 dicembre 1992;
                              E s p o n e
   Il  19  dicembre 1992 veniva presentata denuncia-querela da Mancuso
 Clorinda, madre esercente la  patria  potesta'  sul  minore  Cazzetta
 Luca, per il reato di cui all'art. 590 c.p., nei confronti dei medici
 che  avevano  avuto in cura il figlio Cazzetta Luca dopo un incidente
 stradale del 16 luglio 1992.
   Veniva allegata consulenza medica di parte in cui si rilevava come,
 in presenza del politrauma,  non  fosse  stata  somministrata  idonea
 efficacia   terapia   antibiotica   (penicillina)  tale  da  impedire
 l'insorgere di cancrena gassosa  che  portava  all'amputazione  della
 gamba, ponendo a rischio la stessa vita della parte lesa.
   In   base   a  consulenza  medica  di  parte,  il  p.m.  richiedeva
 l'archiviazione il 12 novembre 1993.
   La persona offesa si opponeva con rituale opposizione il 4 dicembre
 1993.  Il  g.i.p.  respingeva  l'archiviazione  il  18  gennaio  1994
 chiedendo ulteriori indagini.
   Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione il 2 marzo 1994.
   La persona offesa si opponeva il 28 marzo 1994.
   Il g.i.p. respingeva la richiesta di archiviazione l'8 aprile  1994
 chiedendo ulteriori specifiche indagini.
   Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione il 21 giugno 1994.
   La   persona  offesa  si  opponeva  facendo  istanza  di  incidente
 probatorio.
   Il g.i.p. respingeva la richiesta di  archiviazione  il  19  luglio
 1994  chiedendo  al  p.m.  di  valutare  l'opportunita'  di incidente
 probatorio, come richiesto dalla parte offesa.
   Il p.m. rinnovava la richiesta  di  archiviazione,  richiamando  le
 conclusioni della propria consulenza, il 15 novembre 1994.
   La  parte offesa si opponeva all'archiviazione il 26 novembre 1994,
 rinnovando la richiesta di perizia in sede di incidente probatorio.
   Il g.i.p. respingeva la richiesta  di  archiviazione,  riproponendo
 l'opportunita'  di  incidente  probatorio  "per una completa disamina
 della  questione  medica",  il  16  gennaio  1995,  alla  luce  della
 consulenza di parte e delle sue ulteriori deduzioni.
   Il   p.m.  riproponeva  la  richiesta  di  archiviazione  rilevando
 testualmente che "in tale contesto ogni consulenza a largo raggio  ex
 art.  359  e  360 c.p.p. non puo' sortire alcun effetto", il 28 marzo
 1995.
   La parte offesa, il 28 aprile 1995, si opponeva alla  richiesta  di
 archiviazione   chiedendo   formalmente  una  perizia  con  incidente
 probatorio ex art. 551, terzo comma, c.p.p.
   Il g.i.p. respingeva la richiesta di  archiviazione  chiedendo  una
 specifica   indagine   tecnica,   il   6   luglio   1995,  di  fronte
 all'insanabile divergenza tecnica delle consulenze del p.m.  e  della
 persona offesa.
   Il  p.m.  rinnovava  la  richiesta  di  archiviazione, in base alle
 proprie consulenze svolte, il 22 novembre 1995.
   La parte offesa si opponeva alla richiesta  di  archiviazione  l'11
 dicembre  1995,  facendo  rilevare  che  il  p.m.  non aveva preso in
 considerazione la formale richiesta di incidente probatorio  ex  art.
 551  (terzo  comma)  c.p.p.  e  non  aveva  inoltre emesso il decreto
 motivato di cui all'art. 394 (secondo comma) c.p.p.
   Dalle risultanze dell'iter  procedimentale  non  appare,  a  questo
 punto,  manifestamente  infondata in relazione agli artt. 3, 24, 111,
 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli
 artt. 551, terzo comma, 394, secondo comma e 393 c.p.p., nella  parte
 in  cui  si  crea  una disparita' di trattamento fra imputato, p.m. e
 persona offesa e viene violato il diritto  al  contraddittorio  della
 parte  offesa  opponente,  in  quanto,  pur  essendole  attribuita la
 qualifica di parte, abilitata quindi ad esercitare in ogni  fase  del
 procedimento  tutti  i  diritti  e  facolta' che la legge le consente
 (art.  90  c.p.p.),  deve  mediare  la  sua  richiesta  di  incidente
 probatorio attraverso il pubblico ministero, senza poter ottenere dal
 giudice  per  le  indagini  preliminari la deliberazione circa le sue
 osservazioni e le sue richieste.   Per altro  verso,  al  giudice  e'
 impedito  del  pari  di  motivare  adeguatamente qualora ritenga che,
 dall'espletamento delle  indagini  proposte  anche  alla  luce  della
 consulenza  tecnica  della  parte  offesa  e  dal richiesto incidente
 probatorio,  possano  giungere  elementi essenziali per la scelta fra
 l'archiviazione e l'imputazione coatta. Pertanto  viene  coartato  il
 principio  dell'indipendenza  del  giudizio del giudice, che e' terzo
 fra le parti, ed e' infine leso il fondamentale principio di economia
 processuale come emerge chiaramente, nel caso di specie, dall'attuale
 situazione di stallo del procedimento, che ben poteva avere sollecita
 risoluzione   demandando   ad   una   perizia   tecnica    imparziale
 l'accertamento dell'effettivo stato dei fatti.
   Preliminarmente  e'  opportuno  sgombrare  il campo dal richiamo ad
 altri principi fondamentali presenti  nel  codice  di  procedura  che
 tuttavia,  nel  caso di specie, non vengono a spostare il termine del
 problema. Come  affermato  dalla  Cassazione,  non  e'  configurabile
 conflitto  di  competenza  fra  pubblico ministero e g.i.p. in ordine
 all'eventuale  difforme  oponione  sulla  necessita'   di   ulteriori
 indagini  (Cass.  I, sent. 953 del 7 giugno 1990). Per altro verso il
 potere di avocazione  e'  solo  una  garanzia  contro  l'inerzia  del
 pubblico  ministero,  ma  non  viene  in  alcun  modo a porre rimedio
 all'eventuale violazione  di  altri  principi  quale  il  diritto  di
 uguaglianza  e  di  contraddittorio, in quanto e' pur sempre affidato
 alla stessa parte attraverso il controllo della Procura  Generale  su
 organi  ad  essa funzionalmente connessi. La Cassazione evidenzia che
 l'avocazione e' un meccanismo di controllo che  si  articola,  da  un
 lato,  nell'obbligo  del g.i.p.   di comunicare la data di fissazione
 dell'udienza  al  Procuratore  Generale,  il  quale  potra'  disporre
 l'avocazione a norma dell'art. 412 secondo comma c.p.p. e compiere le
 indagini  indicate  e  dall'altro  attribuisce allo stesso g.i.p., in
 caso di inerzia del Procuratore  Generale  e  di  reiterazione  della
 richiesta di archiviazione, il potere di imporre al p.m. l'obbligo di
 formulare  l'imputazione, dando impulso ex ufficio alla procedura che
 condurra' alla fissazione dell'udienza  preliminare  (Sez.  I,  sent.
 4525  del  5  marzo  1991).  Mentre  per il procedimento pretorile di
 fronte all'inerzia del p.m. o del procuratore generale  avocante,  la
 Cassazione afferma che al g.i.p. non resta che aderire alla richiesta
 di archiviazione o disporre la restituzione degli atti al procuratore
 generale  per  la  formulazione dell'imputazione (Cass. I, sent. 3217
 del 25 luglio 1991), precisando tuttavia (Cass.  Sez. I,  sent.  3407
 del  28  ottobre  1991)  che la procedura deve sempre concludersi con
 un'ordinanza motivata.
   Il  controllo  apprestato  non  appare  efficace  nel  procedimento
 pretorile in quanto manca l'obbligo di fissare la camera di consiglio
 (Cass.    Sez. Un., sent. 10 del 3 luglio 1992, Cass. Sez. Un., sent.
 24 del 3 luglio 1995; contra, Cass. V,  sent.  1944  del  20  gennaio
 1993).
   La  possibilita'  per il g.i.p. presso la Pretura di non fissare la
 camera di consiglio e di decidere de plano non  lo  esime,  tuttavia,
 dal  concludere  la procedura, specificamente in caso di opposizione,
 con ordinanza motivata, che deve contenere la specifica  indicazione,
 in  concreto,  degli  elementi di fatto e delle ragioni giuridiche in
 base alle quali ha scelto l'archiviazione piuttosto che l'imputazione
 coatta. Nel caso di  opposizione  all'archiviazione,  il  g.i.p.  nel
 motivare   dovra'   anche   prendere  in  considerazione  le  istanze
 probatorie  dell'opponente,  dando  conto  della  superfluita'  delle
 indagini suppletive richieste dalla parte (Cass. II, sent. 315 del 15
 aprile  1992),  pertanto  al  momento di provvedere il giudice dovra'
 valutare     e     motivare     specificamente    sull'ammissibilita'
 dell'opposizione e sulla infondatezza della notizia di  reato  (Cass.
 VI,  sent.  253  del 12 febbraio 1991) mentre nel caso in cui ritenga
 debba essere iniziata l'azione penale, ugualmente, il  g.i.p.  dovra'
 concludere la procedura con ordinanza motivata che "deve contenere la
 specifica  indicazione  in  concreto  degli elementi di fatto e delle
 ragioni di diritto in base ai quali egli ritiene che l'azione  penale
 debba essere iniziata" (Cass. V, Sent. 1944 del 20 gennaio 1993), nel
 caso  di  carenza  di  tale  atto  il  provvedimento  viene  ritenuto
 illegittimo dalla Cassazione che "non puo' non annullare  con  rinvio
 in caso di ricorso".
   In  presenza di opposizione della parte offesa si e' dinnanzi ad un
 rapporto a tre soggetti: indagato, pubblico ministero e parte offesa.
   La persona offesa e' parte in quanto  ha  il  diritto  di  proporre
 opposizione (Cass. V, ord. 1517 del 28 gennaio 1992); e' destinataria
 obbligata   dell'avviso  della  camera  di  consiglio  a  seguito  di
 opposizione (Cass. V, ord. 166 del 24 marzo  1992)  e  puo'  proporre
 temi  e  mezzi  di  prova;  la  parte offesa e' titolare di un vero e
 proprio diritto  di  intervento  nel  procedimento  di  archiviazione
 (Cass. I, sent. 3247 del 5 luglo 1995).
   Il  g.i.p.  ha  il  dovere  di prendere in cosiderazione le istanze
 probatorie dell'opponente. Pertanto, di  fronte  all'opposizione,  il
 g.i.p.,   per   archiviare,   deve   verificare   e   delibare  circa
 l'inammissibilita' e infondatezza della notizia criminis  (Cass.  II,
 sent.  1011 del 4 marzo 1993); due sono pertanto le condizioni per il
 g.i.p. per archiviare (Cass. VI, sent. 253 del  12  febbraio  1991  e
 Cass.  I, sent.  774 del 9 marzo 1994), in difetto di tale condizione
 vi e'  violazione  del  principio  del  contraddittorio,  se  non  si
 esperisce  la  proceduta camerale (Cass. VI, sent. 1777 del 16 giugno
 1995). La Cassazione ha riconosciuto che il decreto di archiviazione,
 in quanto puo', avere conseguenze dannose  per  l'offeso  dal  reato,
 puo'  essere  da  questo impugnato (Cass. I, sent. 1542 del 14 maggio
 1991), pur affermando che, contro il provvedimento di  archiviazione,
 alla  persona offesa e' consentito il ricorso per Cassazione solo per
 violazione dei diritti di difesa  e  non  per  vizio  di  motivazione
 (Cass.  VI, sent. 2918 del 22 agosto 1994); resta fermo che il g.i.p.
 deve in ogni caso motivare adeguatamente (Cass. I, sent. 2986 del  26
 giugno  1995). Nel procedimento di tribunale, in caso di reiterazione
 della richiesta di archiviazione, il g.i.p. con il potere di  imporre
 al  p.m.  l'obbligo di formulare l'imputazione da' impulso ex ufficio
 alla   procedura   che   condurra'   alla   fissazione   dell'udienza
 preliminare,  nella quale lo stesso g.i.p.  potra' deliberare ex art.
 422 c.p.p. indicando alle parti temi nuovi o incompleti e,  terminata
 la  discussione, il g.i.p. ammette le prove indicate sia dal p.m. sia
 dalla parte civile quanto ne risulti manifesta la decisivita' ai fini
 dell'accoglimento  della  richiesta.    Appare  pertanto   pienamente
 attuato   non   solo   formalmente,   ma   in  concreto,  l'effettivo
 contradduttorio. Ne consegue che il g.i.p. presso il Tribunale non e'
 privato della  facolta'  di  decidere,  motivando  adeguatamente,  in
 quanto puo' egli stesso, in sede di udienza preliminare, ammettere le
 prove  richieste  dalle parti per formulare il suo motivato giudizio.
 Nel procedimento pretorile non e' obbligatoria la camera di consiglio
 ex art. 127 c.p.p., pertanto il  contraddittorio  e'  solo  cartolare
 senza una sua instaurazione effettiva con la comparizione delle parti
 e  loro  dibattito.  Non  e' prevista del pari l'udienza preliminare,
 onde viene ad essere previsto solo sulla carta e non in  concreto  un
 effettivo  contraddittorio,  con  violazione  del  diritto attribuito
 formalmente alla parte offesa,  le  cui  richieste  rimangono  sempre
 mediate attraverso l'impulso del p.m., senza possibilita', in nessuna
 fase,  di  deliberazione  diretta sulle richieste della parte offesa.
 In particolare, dopo  l'opposizione,  sulla  richiesta  di  incidente
 probatorio   della   parte  offesa  pur  se  il  giudice  lo  ritiene
 ammissibile,  necessario  e   indispensabile   per   la   valutazione
 dell'alternativa  fra  archiviazione e imputazione coatta, questo non
 e' previsto dall'attuale normativa, creando un'indubbia situazione di
 disparita' fra i soggetti del procedimento.
   Nella  disciplina  dell'incidente  probatorio   sono   numerosi   i
 riferimenti  ai riconosciuti diritti della parte offesa: la richiesta
 di incidente probatorio promossa dal p.m. deve  indicare  la  persona
 offesa  ed  il  suo  difensore  (art. 393, comma secondo, c.p.p.); il
 giudice  fa  notificare  l'avviso   dell'udienza   per   l'assunzione
 dell'atto probatorio alla persona offesa ed ai difensori; all'udienza
 in  camera  di consiglio e' chiamato a partecipare anche il difensore
 della parte offesa (art.   401 c.p.p.) e  la  persona  offesa  ha  il
 diritto   di   assistere   e  partecipare  attivamente  all'incidente
 probatorio come ha ritenuto la stessa  Corte  Costituzionale  con  la
 sentenza  n. 559 del 1990; in altri casi di espletamento di procedure
 incidentali, la parte offesa puo' assistere previa autorizzazione del
 giudice (art. 401, comma terzo, c.p.p.);  al  difensore  della  parte
 offesa  e'  sempre consentito di intervenire quando vi e' da assumere
 prove dichiarative, chiedendo al giudice  di  rivolgere  le  relative
 domande  (art. 401, comma quinto, c.p.p.); la persona offesa, al pari
 della persona sottoposta  alle  indagini,  ha  diritto  di  assistere
 all'incidente  probatorio  quando  riguarda l'audizione dei testimoni
 (art. 401, comma terzo, c.p.p.); l'eventuale sentenza pronunciata  in
 relazione ad un elemento probatorio assunto con incidente probatorio,
 durante  il quale il danneggiato dal reato o la persona offesa non e'
 stata messa in condizione  di  partecipare  all'incidente  probatorio
 stesso,  non  ha  efficacia  di  giudicato relativamente agli effetti
 previsti  dall'art.  652  c.p.  Appare  pertanto  evidente   che   il
 legislatore  ha  voluto  dare  ampio spazio alla tutela della persona
 offesa nel corso delle  indagini  preliminari,  per  cui  non  appare
 legittimo che i suoi diritti vengano limitati imponendo la mediazione
 del  p.m.  in  caso  di  richiesta  di  incidente probatorio ai sensi
 dell'art. 394, comma primo, c.p.p. Infatti il legislatore  garantisce
 il  diritto  di partecipare all'incidente probatorio negandogli pero'
 la  possibilita'  di  promuoverlo  al  pari  delle  altre  parti  del
 processo.  La Corte costituzionale con la sentenza n. 559 del 1990 ha
 dichiarato non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  401  c.p.p.  in riferimento agli artt. 23 e 24 della della
 Costituzione  con  il  riconoscimento  implicito  del  diritto  della
 persona   offesa   di   partecipare  all'incidente  probatorio  anche
 attraverso un consulente tecnico  in  base  alla  considerazione  che
 esiste  "un  rapporto di complementarieta' tra le garanzie apprestate
 alla persona offesa nella fase delle indagini  preliminari  e  quelle
 riconosciute  alla  parte  civile nella fase successiva all'esercizio
 dell'azione penale".  Infatti "dal momento che la parte  offesa  puo'
 poi  assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la
 partecipazione  all'assunzione  di  prove che, nell'ambito della fase
 delle indagini preliminari, e' dato riconoscerle,  va  funzionalmente
 considerata  come anticipazione di quanto ad essa spettera' una volta
 che la costituzione di  parte  civile  sia  stata  formalizzata".  Ne
 deriva  quindi  che  la  parte  offesa,  nelle  fasi  delle  indagini
 preliminari deve godere degli stessi  diritti  che  le  spetterebbero
 nell'eventuale fase processuale successiva.
   E'  stato ritenuto dal giudice di merito (Pretura Torino, sent.  16
 gennaio 1990, annotata da Giur. Italiana anno  1990,  pag.  161)  che
 l'espletamento  di  una  perizia  mediante  incidente  probatorio  va
 disposto quando la  perizia  appaia  prova  indispensabile  cosi'  da
 rendere altrimenti impossibile l'emissione del decreto di citazione a
 giudizio.
   Con  la  sentenza n. 77 del 1994 la Corte costituzionale ha inoltre
 dichiarato costituzionalmente illegittimita'  gli  artt.  392  e  393
 c.p.p. nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti dalla
 prima parte di tale disposizione, l'incidente probatorio possa essere
 richiesto  ed  eseguito  anche nella fase delle indagini preliminari.
 Ne deriva che nei procedimenti penali di competenza del tribunale  la
 parte  civile,  se  costituita all'udienza preliminare, nonostante si
 trovi ancora nella fase processuale delle indagini preliminari, ha il
 potere  di  chiedere  al  g.i.p.,  come  parte   civile   costituita,
 l'eventuale  incidente  probatorio. Invece nel procedimento pretorile
 la mancanza di tale udienza preliminare viene a creare una disporita'
 di trattamento evidente tra due situazioni identiche ma di competenza
 di due autorita' giudiziarie diverse, in quanto viene  in  ogni  caso
 negata  la  possibilita'  alla  parte offesa, futura parte civile, di
 proporre,  in  una  qualsiasi  fase  prima  del  rinvio  a  giudizio,
 l'incidente probatorio in via autonoma.
   Di  fronte alla possibilita' della parte offesa di fare opposizione
 e di richiedere l'incidente probatorio, dal combinato disposto  degli
 artt.  551,  terzo  comma,  e  394,  secondo comma, c.p.p. emerge che
 questa non ha in concreto la possibilita' di  ottenere,  pur  essendo
 parte,  una  decisione  del  giudice sulle proprie richieste, dovendo
 sempre  mediare  la  sua  posizione  attraverso  un'altra   parte   a
 differenza di quanto previsto per il pubblico ministero e l'indagato.
 Tale  disparita'  di trattamento non appare sanata dalla possibilita'
 del ricorso in cassazione che puo' essere fatto solo  per  violazioni
 formali  al  suo  diritto  di  intervento (la Cassazione ha affermato
 l'esistenza di un vero e proprio diritto di intervento della  persona
 offesa  nel  procedimento  di  archiviazione  quando  abbia  fatto la
 prevista dichiarazione di cui all'art. 408,  secondo  comma,  c.p.p.,
 Cass.  V,  sent.  155 del 1 aprile 1993) ne' dal decreto motivato del
 p.m. che respinge la sua istanza di incidente probatorio  che  assume
 forme  di  provvedimento  interno  di parte. La scarsa incisivita' di
 tale decreto appare evidente nel caso di specie in cui il p.m. non ha
 neppure  emesso  tale  provvedimento,  che  appare   peraltro   avere
 esclusivamente  i  caratteri  di  atto  formale  e non di sostanziale
 tutela della parte offesa.
   D'altro lato, il g.i.p. deve adeguatamente  motivare  nel  caso  di
 opposizione  all'archiviazione,  come  gli  e'  imposto  dai principi
 generali dell'ordinamento e dell'art. 111 della  Cost.  Nel  caso  di
 specie,   il  giudice  e'  privato  della  possibilita'  di  motivare
 adeguatamente, in quanto il p.m., con la sua inerzia nel prendere  in
 considerazione  le  ragioni  della  parte offesa, estrinsecate in una
 consulenza di parte in contrasto con la propria,  priva  di  elementi
 essenziali  di  giudizio  il  giudice.  Di fronte a due consulenze di
 parte, contrastanti ma pur sempre ammissibili per  l'ordinamento,  il
 giudice  non  puo'  ex  ufficio  assumere  gli  elementi  che ritiene
 essenziali  per  dirimere  la  controversia  tecnica.  Inoltre,   dal
 combinato  disposto  dalle norme appare evidente che si presuppone la
 concordanza di posizioni di pubblico ministero e parte  offesa,  cosa
 che  non  e'  sempre  vera, come nel caso di specie. Per di piu', nel
 caso   di   divergenza   di   opinioni,   viene    dato    un    peso
 ingiustificatamente  maggiore a quella del p.m.  rispetto a quella di
 un'altra parte, pur qualificata come tale. Si aggiunga poi  che,  non
 essendo stati identificati da parte del p.m.  indagati specifici dopo
 tre  anni  di accertamenti e consulenze, tutta la vicende si trova in
 ogni caso monca rispetto al diritto inalienabile di difesa di  coloro
 che  verrebbero  individuati,  solo  con  un'imputazione  coatta  del
 g.i.p., qualora si ritenesse che lo stesso non abbia la  possibilita'
 di  alternative  diverse dall'archiviazione e dall'imputazione coatta
 stessa. In tal modo, con la richiesta obbligata di rinvio a giudizio,
 sarebbe ulteriormente violato nei loro confronti il diritto di difesa
 e il diritto al contraddittorio.
   Come correttamente propone una delle attuali due  parti,  il  mezzo
 dell'incidente   probatorio   appare   idoneo  a  dare  una  risposta
 conclusiva sulla vicenda, in tempi tecnici accettabili e in  ossequio
 al  principio di economia processuale che ha ispirato il procedimento
 pretorile.  Si e' pertanto venuto a creare una situazione  di  stallo
 che  non  puo'  avere adeguata soluzione nell'archiviazione, che allo
 stato non appare ancora delineabile, o nell'imputazione  coatta  allo
 stato   non  praticabile  mancando  elementi  tecnici  essenziali  di
 giudizio  sugli  elementi  caratterizzanti  della  notizia  criminis.
 L'inattivita'  di  una  parte  che  impedisce  al giudice di motivare
 adeguatamente,    lede    il    principio    del     contraddittorio,
 dell'indipendenza   del  giudizio  del  giudice  ed  il  fondamentale
 principio di economia processuale.
   Infatti,  mentre  il  g.i.p.  del   Tribunale   puo'   nell'udienza
 preliminare,  che  si  svolge  in tempi brevi, dopo la chiusura delle
 indagini, ammettere le prove indicate dalle parti; mentre il  giudice
 dibattimentale  puo',  in carenza di elementi probatori forniti dalle
 parti, disporre ex ufficio le indagini  e  le  prove  necessarie  per
 formare,  in  piena  autonomia,  un giudizio motivato sulla questione
 proposta,   il   g.i.p.   presso   la   Pretura   viene    costretto,
 dall'atteggiamento  di  una  delle  parti,  a  non poter acquisire le
 indagini ritenute indispensabili da un'altra  parte,  che  e'  a  sua
 volta illegittimamente vincolata alle decisioni del p.m. nel concreto
 esercizio  del  diritto di contraddittorio, pur riconosciutole in via
 autonoma dall'ordinamento.
   Poiche' nel caso di incidente probatorio, nel quale  si  proceda  a
 perizia, la persona offesa ha interesse a far valere i diritti propri
 delle parti private mediante la nomina di un consulente di parte e la
 sua   partecipazione   configura   un   vero   e   proprio   diritto,
 l'impossibilita' per la persona  offesa  di  promuovere  direttamente
 l'incidente   probatorio,   costituisce   un'indebita  disparita'  di
 trattamento rispetto alle altre parti.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale del combinato
 disposto dagli artt. 393, 394 e 551  del  c.p.p.  che  preclude,  nel
 procedimento pretorile, per la persona offesa dal reato il diritto di
 investire   direttamente  il  g.i.p.  della  richiesta  di  incidente
 probatorio:
     ponendosi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto
 vi e' una disparita' irragionevole di trattamento del legislatore  la
 dove  detta  regole  diverse  relative  ai  procedimenti davanti alla
 procura della  Repubblica  presso  la  pretura  e  la  procura  della
 Repubblica   presso   il   tribunale,   ponendo   la   parte  offesa,
 relativamente  ai  soli  procedimenti  pretorili,  in  condizione  di
 inferiorita'  rispetto  alla  stessa  persona offesa nei procedimenti
 dinnanzi al  Tribunale,  ed  in  ogni  caso  viola  il  principio  di
 uguaglianza  delle  parti  private  nello stesso procedimento penale;
 ponendosi in contrasto con l'art.  24 della Costituzione in quanto la
 difesa del danneggiato appare menomata dalla privazione  del  diritto
 di  rivolgersi direttamente al giudice terzo, dovendo necessariamente
 attenersi dalla volonta'  del  p.m.  e  non  disponendo  in  caso  di
 decisione negativa, di nessuno strumento processuale che gli consenta
 di  vedere delibato il relativo provvedimento di fronte ad un giudice
 di merito;
     ponendosi in contrasto con l'art. 111 della Costituzione la' dove
 pur essendo previsto come obbigatorio il dovere  di  motivazione  per
 tutte  le  ordinanze  del  g.i.p.,  tale  motivazione  puo' risultare
 impossibile o in ogni  caso  inadeguata  od  impugnabile  qualora  al
 giudice  stesso  non  vengano  forniti  tutti gli elementi in base ai
 quali poter giudicare, di fronte ad un contrasto  di  interpretazione
 sui  fatti  a  seguito  di  opposizione  della parte offesa che abbia
 presentato consulenza di parte contrastante con quella  del  p.m.  ed
 abbia richiesto incidente probatorio;
   Ritenendo tale questione rilevante e non manifestamente infondata;
   Dispone  la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che la presente ordinanza sia notificata  alle  parti  e  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata al Presidente
 delle due camere del Parlamento.
     Torino, addi' 22 gennaio 1996
                         Il giudice: Cervetti
 96C0542