N. 111 SENTENZA 28 marzo - 12 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Pena  - Differimento dell'esecuzione - Condannato affetto da malattia
 psichica di tipo depressivo peritalmente accertata e  sopravvenuta  -
 Trattamento  differenziato dell'infermita' psichica rispetto a quella
 fisica - Non consentita la valutazione  della  pericolosita'  sociale
 del  condannato  -  Richiamo  alla  giurisprudenza  della  Corte  (v.
 ordinanza  n.  333/1994)  -  Richiesta   di   sentenza   additiva   -
 Discrezionalita' legislativa - Inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 148).
 
 (Cost., artt. 3, 27 e 32).
 
(GU n.16 del 17-4-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
   Presidente: avv. Mauro FERRI;
   Giudici:    prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo CHELI, dott. Renato
 GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,    prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 148 del codice
 penale, promosso con ordinanza  emessa  il    22  novembre  1994  dal
 Tribunale   di  sorveglianza  di  Brescia  sull'istanza  proposta  da
 Fettolini Domenico, iscritta al n. 106 del registro ordinanze 1995  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 10, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 novembre 1995 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                            Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un procedimento instauratosi ai  sensi  dell'art.
 147 del codice penale per il differimento dell'esecuzione della pena,
 il  Tribunale di sorveglianza di Brescia ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, 27 e 32 della Costituzione, questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 148 del codice penale.
   Il  giudice  a  quo premette che il condannato, Fettolini Domenico,
 risulta  affetto  da  una  malattia  psichica  di  tipo   depressivo,
 accertata  da una perizia d'ufficio e considerata di tale gravita' da
 richiedere,  necessariamente,   somministrazioni   farmacologiche   e
 controlli   psicoterapeutici   non   eseguibili   in   una  struttura
 penitenziaria. In  proposito  osserva  il  Collegio  rimettente  che,
 mentre  l'ipotesi  della  infermita'  fisica, prevista dall'art. 147,
 primo  comma,  numero  2,  del  codice   penale,   comporterebbe   il
 differimento   dell'esecuzione  senza  condizioni  ne'  prescrizioni,
 determinando come conseguenza il provvisorio ritorno in liberta'  del
 condannato,  la  infermita'  psichica implicherebbe, al contrario, il
 ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (vale a dire in  una
 struttura che, nella sostanza, e' penitenziaria).  Perche' in seguito
 all'abolizione  degli  ospedali  psichiatrici  civili  ad opera della
 legge 13 maggio 1978, n. 180, il giudice non potrebbe piu'  ricorrere
 a  siffatte  strutture  e  sarebbe  costretto  a disporre il ricovero
 dell'infermo nell'ospedale psichiatrico giudiziario.
   2. - Tra le persone affette da infermita' fisica  grave  e  persone
 affette  da  infermita'  psichica si sarebbe accentuata, pertanto, la
 disparita' di trattamento preesistente, che non appare  giustificata.
 Il  bene  della  salute,  tutelato dall'art. 32 della Costituzione, e
 definito  dalla  legge  23  dicembre  1978,  n.  833 (Istituzione del
 servizio sanitario nazionale), come "fondamentale diritto del singolo
 ed interesse della  collettivita'",  non  distinguerebbe  fra  salute
 fisica  e  psichica.    Esso  consisterebbe  in un concetto unitario,
 onnicomprensivo, che non potrebbe ridondare in danno del solo  malato
 di  mente.  Del resto, gia' nella Relazione al codice Rocco, prosegue
 l'ordinanza di rimessione, si legge che il malato psichico non e'  in
 condizione  di  avvertire  gli  effetti afflittivi e correttivi della
 pena, si' che risulterebbe giustificato l'istituto della  sospensione
 dell'esecuzione  della pena - quantunque in attesa della guarigione -
 attraverso il ricovero in una struttura psichiatrica.
   Imponendo per il computo complessivo della pena  la  considerazione
 del  periodo di ricovero nella struttura psichiatrica, questa Corte -
 secondo il giudice a quo - con  la  sentenza  n.  146  del  1975,  si
 sarebbe  fermata a meta' strada. Per conformare l'art. 148 del codice
 penale ai  principi  costituzionali,  andrebbe  infatti  valutata  la
 pericolosita'   sociale   del   condannato  (nei  cui  confronti  sia
 sopravvenuta la malattia psichica) allo scopo di porlo  in  liberta',
 quando  essa  difetti,  ovvero  di adottare una misura cautelare meno
 rigida  di  quella,  unica  e  obbligatoria,   qual   e'   l'ospedale
 psichiatrico giudiziario, quando sussista.
   Della  inadeguatezza  di un servizio intramurario per la cura della
 salute  mentale  del  detenuto  si  sarebbe  reso  conto   anche   il
 legislatore  che,  con  alcune disposizioni contenute nel regolamento
 dell'amministrazione penitenziaria di cui al d.P.R. 29  aprile  1976,
 n.  431,  ha  cercato  di  ovviare  ai  problemi che pone la malattia
 mentale (in proposito il Collegio rimettente cita l'art.  17,  quinto
 comma,  ove  si prevede il ricorso a specialisti esterni, e l'art. 99
 che consente al magistrato di  disporre  accertamenti  attraverso  il
 ricovero  in  un  ospedale  psichiatrico giudiziario). D'altronde, il
 rilievo conferito alla pericolosita' sociale  potrebbe  estendersi  a
 tutti  gli  imputati ai quali sia stata applicata in via provvisoria,
 ai sensi degli articoli 312 e 313 del codice di procedura penale,  la
 misura   di   sicurezza   del   ricovero  nell'ospedale  psichiatrico
 giudiziario; ne' la Corte costituzionale  potrebbe  richiamarsi  alla
 sentenza  n.  24  del  1985  e affermare la sua incompetenza circa la
 previsione d'una nuova disciplina degli  istituti  di  ricovero  che,
 certo, risolverebbe il problema.
   In  ordine  alla  infermita' psichica grave - questa la conclusione
 del giudice a quo - l'art. 148 del codice penale sarebbe in contrasto
 con  i  principi  costituzionali  di  uguaglianza,  della   finalita'
 rieducativa  della  pena e della tutela della salute. In particolare,
 quando la malattia mentale e' grave, ma priva di incidenza sul  piano
 fisico  e, percio', al di fuori della statuizione di cui all'art. 147
 del codice penale, il  condannato  dovrebbe  essere  liberato  oppure
 custodito  in  una struttura meno rigida di quella prevista dall'art.
 148, non essendo in grado di avvertire gli effetti  afflittivi  della
 pena  e  della  sua  finalita'  rieducativa. Di qui, l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 148, in riferimento agli artt. 3,  27  e  32
 della  Costituzione,  nella  parte in cui non consente la valutazione
 della  pericolosita'  sociale  del  condannato  colpito  da  malattia
 psichica  (sopravvenuta  o  preesistente) e, dunque, non considera la
 possibilita'  di  un  suo  ricovero  attraverso  misure  cautelari  e
 curative meno rigide.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo per l'inammissibilita' della questione sollevata.
   Il  giudice a quo chiede una pronuncia che esula dalle attribuzioni
 della Corte, qual e' la modifica dell'art. 148 del codice penale  con
 la  previsione di misure alternative rispetto al ricovero in ospedale
 psichiatrico giudiziario. Ne'  il  riferimento  all'art.  147,  primo
 comma,  numero 2, del codice penale appare pertinente, trattandosi di
 una norma derogatoria della disciplina  dell'esecuzione  della  pena,
 che  non puo' essere assunta quale metro di legittimita' della regola
 (generale) dettata in materia. Le  due  fattispecie  -  quella  della
 grave  infermita'  fisica  e  quella della infermita' psichica - sono
 differenti e percio' si giustifica, conclude  l'Avvocatura,  il  loro
 diverso trattamento.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Viene  all'esame  della  Corte,  in  riferimento ai principi
 costituzionali di eguaglianza, ragionevolezza, tutela della salute in
 ogni suo aspetto e rieducazione del condannato, di cui agli artt.  3,
 32  e  27  della  Costituzione,  la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art. 148 del codice penale, ove si prescinde  dalla  valutazione
 della   pericolosita'   sociale,  nel  caso  di  infermita'  psichica
 sopravvenuta, e non si prevede  la  liberazione  del  condannato,  in
 attesa  della  eventuale  guarigione, come invece dispone l'art. 147,
 primo comma, numero 2, per il condannato affetto  da  grave  malattia
 fisica.
   2. - La questione e' inammissibile.
   Con   l'ordinanza   di   rimessione  si  solleva  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  in  ragione  dell'accostamento  di  due
 diverse  situazioni di fatto accomunate dal ricovero in una struttura
 custodiale: l'ospedale psichiatrico giudiziario (un  tempo  manicomio
 giudiziario).  L'applicazione  della misura di sicurezza detentiva in
 seguito al  proscioglimento  dell'imputato  per  infermita'  psichica
 risponde, nel sistema penale, all'esigenza di assicurare una forma di
 custodia  soltanto  per  le  persone  socialmente pericolose, secondo
 l'indirizzo con cui questa Corte  ha  ripetutamente  affermato,  come
 indispensabile,  l'accertamento della pericolosita' sociale di coloro
 che sono sottoposti alla misura di sicurezza (v.  sentenze  nn.  1102
 del  1988,  249  e  139  del 1982).   Tale misura riguarda, tuttavia,
 esclusivamente chi e' autore del reato  nello  stato  di  incapacita'
 d'intendere  e  di volere: colui, cioe', che al momento del fatto non
 era, totalmente o parzialmente, imputabile.
   Nel caso in esame, invece, il condannato ha commesso il fatto-reato
 con piena colpevolezza, si' che la malattia e' un  posterius  non  un
 prius, rispetto al fatto penalmente rilevante.
   3. - La malattia psichica, per quanto sopravvenuta, e' comunque una
 realta'  che  a  un certo punto delle due diverse vicende umane viene
 pur sempre ad unificarle.  Ragion  per  cui  il  Collegio  rimettente
 ritiene  che  sottoporre  a  due  distinti  trattamenti il caso della
 malattia mentale sopravvenuta e quello della infermita'  preesistente
 al   fatto   comporti   la  violazione  dei  principi  costituzionali
 menzionati, giacche' identica e' la struttura custodiale che eroga il
 trattamento.
   Dubbi   di   legittimita'  costituzionale  si  estendono  altresi',
 nell'ordinanza, anche con riferimento al caso della  malattia  fisica
 grave  che  obbliga  il  giudice a sospendere l'esecuzione della pena
 sino alla (poco  probabile)  guarigione.  Prevedendo  un  trattamento
 umanitario  per  l'autore  del  fatto, quest'ultima ipotesi - al pari
 dell'altra riguardante la persona prosciolta per infermita'  psichica
 non  socialmente  pericolosa - renderebbe evidente la disumanita' del
 trattamento riservato al condannato cui sia diagnosticata, durante la
 detenzione, una malattia psichica grave.
   4. -  Questa  Corte  ha  piu'  volte  dichiarato  inammissibili  le
 richieste d'interventi additivi su disposizioni concernenti una nuova
 disciplina  delle  misure  applicabili in seguito al proscioglimento,
 per totale infermita'  psichica,  con  particolare  riferimento  alle
 misure  alternative  al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario
 (v. da ultimo l'ordinanza n. 333 del 1994).
   Il giudice a quo ritiene di non aver formulato un'analoga  domanda,
 non intendendo modificare l'istituto custodiale nel suo complesso; e'
 tuttavia evidente che l'ordinanza di rimessione non fuoriesce da quel
 solco.   L'alternativa  fra  il  ricovero  in  ospedale  psichiatrico
 giudiziario e  la  sospensione  della  misura  proposta  nel  petitum
 additivo   e'   infatti   solo  apparente,  come  gia'  emerge  dalla
 considerazione  della  causa  petendi  che  oscilla   fra   l'estremo
 dell'assimilazione  del  caso  in  esame alla malattia fisica grave e
 quello dell'omogeneizzazione del trattamento alla infermita' psichica
 preesistente  (in  funzione  dell'applicazione  del  criterio   della
 pericolosita'  sociale).  Si'  che  occorre  scegliere fra le diverse
 opzioni che, invero, hanno un comune  denominatore,  condiviso  dalla
 Corte,    circa    il   non   soddisfacente   trattamento   riservato
 all'infermita'  psichica  grave,  sopravvenuta,  specie   quando   e'
 incompatibile con l'unico tipo di struttura custodiale oggi prevista.
 Tuttavia, spetta al legislatore trovare una equilibrata soluzione che
 garantisca  anche  a questi condannati la cura della salute mentale -
 tutelata dall'art. 32 della Costituzione - senza  che  sia  eluso  il
 trattamento penale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 148  del  codice  penale  sollevata,  in  riferimento  agli
 articoli 3, 27 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza
 di Brescia, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 palazzo della Consulta, il 28 marzo 1996.
                         Il Presidente:  Ferri
                         Il redattore:  Guizzi
                       Il cancelliere:  Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria:  Di Paola
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