N. 403 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 febbraio 1996

                               N. 403
  Ordinanza emessa il 2 febbraio 1996 dalla corte d'appello di Catania
 nel  procedimento  civile  vertente tra il comune di Nicolosi e Monte
 Nero S.p.a. (ora curatela fallimento Monte Nero S.r.l.)
 Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione
    delle indennita' espropriative per la realizzazione  di  opere  da
    parte  o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra
    il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con  la
    riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) -
    Estensione  di detto criterio di valutazione anche alla misura dei
    risarcimenti dovuti  in  conseguenza  di  illegittime  occupazioni
    acquisitive  -  Ingiustificata  deroga  al  principio  civilistico
    dell'integrale  risarcimento  del  danno  da   parte   dell'autore
    dell'illecito  -  Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle
    espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo -  Incidenza
    sul principio della tutela del diritto di proprieta' - Riferimento
    alle sentenze della Corte costituzionale nn. 283 e 442 del 1993.
 (D.-L.  11  luglio  1992, n. 333, art. 5-bis, sesto comma, convertito
    con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n.  359,  modificato
    dalla  legge  28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo
    comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 42, secondo e terzo comma).
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza nel procedimento iscritto al n.
 975 r.g. affari contenziosi  civili  anno  1994,  tra  il  comune  di
 Nicolosi in persona del sindaco signor Ascenzio Borzi', rappresentato
 e  difeso  dall'avv.  Giuseppe Sangiorgio, appellante e la Monte Nero
 S.p.a.  (ora curatela fallimento Monte Nero S.r.l.)  in  persona  del
 legale  rappresentante  pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
 Nicolo' D'Alessandro, appellata.
   La causa e' stata posta in decisione all'udienza di discussione del
 19 gennaio 1996.
   Letti gli atti di causa e sentito il relatore;
   Rilevato  che  la  presente  controversia   ha   per   oggetto   il
 risarcimento  del  danno  da  illegittima occupazione di un tratto di
 terreno  di  proprieta'  della  societa'  appellata,  e  che,   prima
 dell'udienza di discussione del 19 gennaio 1996, e' entrato in vigore
 il  comma  65  dell'art.  1  della  legge  28  dicembre  1995 n. 549,
 contenente "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica";
   Considerato che la nuova  normativa  sembra  voler  incidere  sulla
 determinazione  della  misura  del  risarcimento  nelle ipotesi, come
 quella  in  esame,  di  occupazione  appropriativa,  sostituendo   al
 criterio  del  valore  venale  pieno, fin qui pacificamente adottato,
 quello di cui all'art. 5-bis  del  decreto-legge  n.  333  del  1992,
 introdotto  dalla  legge  di  conversione 8 agosto 1992 n. 359 per la
 determinazione  dell'indennita'  di  espropriazione   per   le   aree
 edificabili   "in  tutti  i  casi  in  cui  non  siano  stati  ancora
 determinati in via definitiva il  prezzo,  l'entita'  dell'indennizzo
 e/o del risarcimento del danno";
   Ritenuto  che  il  significato  della  nuova legge, anche alla luce
 delle finalita' perseguite e delle espressioni adoperate,  non  puo',
 ad  avviso del collegio, essere vanificato in via interpretativa, pur
 tenendo conto del tenore complessivo dell'articolo 5-bis (che  appare
 tuttora rivolto alla determinazione dell'indennita' di espropriazione
 per   le   aree   edificabili  "fino  all'emanazione  di  un'organica
 disciplina di tutte  le  espropriazioni"),  e  della  difficolta'  di
 adattare  la  procedura  di  cui  al  secondo  comma  alle ipotesi di
 risarcimento del danno  da  accessione  invertita,  nelle  quali  non
 appare  ipotizzabile  una  cessione  volontaria  del bene, tanto meno
 prima del giudizio;
   Valutato che, anche con riferimento ai giudizi in corso, l'immutato
 tenore del comma 7 dell'art. 5-bis (per il quale nella determinazione
 dell'indennita' di espropriazione per  i  procedimenti  in  corso  si
 applicano  le  disposizioni  di cui al presente articolo) non esclude
 l'immediata applicabilita' della nuova normativa "in tutti i casi  in
 cui  non  sono  stati ancora determinati in via definitiva il prezzo,
 l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno", e  quindi,
 attesa  la latitudine delle espressioni adoperate, in tutti i casi di
 giudizio non ancora concluso con sentenza passata in giudicato;
   Ritenuto  che  la  nuova  normativa,  cosi'  interpretata,   sembra
 collidere con alcuni principi costituzionali, e segnatamente:
     a)  con l'articolo 3 della Carta fondamentale, in quanto non solo
 parifica  irragionevolmente   fattispecie   che   la   stessa   Corte
 costituzionale   ha  riconosciuto  "assolutamente  divaricate  e  non
 compatibili" (sentenza n. 442 del 16 diocembre 1993)  ma  addirittura
 pone   il   proprietario   vittima  dell'illecita  ablazione  in  una
 condizione  deteriore  rispetto  a  quello  nei  cui   confronti   e'
 intervenuta  una  corretta  procedura  espropriativa; cio' perche' la
 misura "normale" dell'indennita', prevista dal primo comma,  e'  data
 dalla   semisomma   del   valore  venale  e  dei  redditi  dominicali
 dell'ultimo decennio, ridotta del quaranta per cento, e la  riduzione
 puo'  essere  evitata,  in  ogni fase del procedimento espropriativo,
 solo  con  la  cessione  volontaria  del  bene  (o  comunque  con  la
 accettazione  dell'indennita'  determinata  secondo  i nuovi criteri,
 anche nei giudizi in corso, secondo quanto stabilito con la  sentenza
 n.  283  del  16  giugno  1993)  ma  tale  cessione non e' facilmente
 ipotizzabile (oltre che per ragioni processuali, nel caso di  specie,
 essendo  la  nuova  legge  intervenuta  poco  prima  dell'udienza  di
 discussione) nella ipotesi di occupazione appropriativa, in  cui  non
 vi  e'  una  indennita' da accettare e neppure una corretta procedura
 espropriativa,  con  offerta  e   determinazione   preventiva   della
 indennita';
     b) ancora, sotto lo stesso profilo, sembra venire in rilevo anche
 l'articolo  42  della  Costituzione,  che  garantisce  la  proprieta'
 privata e ne prevede l'espropriazione "nei casi previsti dalla  legge
 e  salvo  indennizzo",  in  quanto  ben  diverso  e'  il  caso  di un
 procedimento espropriativo secundum legem  (ossia  nel  rispetto  dei
 presupposti  formali  e  sostanziali  che  rappresentano  altrettante
 garanzie per il proprietario espropriato), nel quale "quindi  vengono
 in  rilevo  le  opzioni  (discrezionali) del legislatore in ordine al
 criterio di calcolo dell'indennita' di espropriazione"  (sentenza  n.
 442/1993),  da  quello  di  una  fattispecie  che  si  colloca,  come
 riconosce la stessa Corte di  legittimita'  delle  leggi,  fuori  dai
 canoni  di  legalita',  e  nella  quale  quindi opera il principio di
 carattere assolutamente generale (qui  ingiustificatamente  derogato)
 per  cui  ha subito un danno per effetto di una attivita' illecita ha
 diritto ad un pieno ristoro. Oltretutto, come osservato sempre  dalla
 citata  sentenza  della  Corte,  appare  pienamente  giustificato che
 (salve  le  eventuali  responsabilita'  dei   suoi   organi)   l'ente
 espropriante,   il   quale   non   faccia  ricorso  ad  un  legittimo
 procedimento espropriativo per acquisire l'area edificabile, "subisca
 conseguenze piu' gravose di quelle previste ove invece sia rispettoso
 dei presupposti formali e sostanziali prescritti dalla legge  perche'
 si determini  l'effetto di ablazione dell'area";
   Considerato  che  la  questione prospettata appare rilevante per il
 giudizio in corso, che non  puo'  essere  definito  indipendentemente
 dalla sua decisione, e deve quindi essere sollevata d'ufficio;
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale  del  comma sesto dell'art. 5-bis del decreto-legge n.
 333 del 1992, introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1992  n.
 359,  nel  testo  modificato  dall'art.  1,  comma 65, della legge 28
 dicembre 1995 n. 549, con riferimento agli artt. 3,  primo  comma,  e
 42, secondo e terzo comma, della Costituzione;
   Dispone   la   sospensione  del  presente  giudizio  e  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in causa e comunicata in copia ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Catania, nella camera di  consiglio  della  sezione
 civile, il 2 febbraio 1996.
                         Il presidente: Giunta
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