N. 121 SENTENZA 15 - 18 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Locazione - Alloggi di edilizia residenziale pubblica -  Assegnazione
 con contratto disciplinato dalla legge sull'equo canone - Facolta' di
 far  cessare l'assegnazione dell'alloggio alla scadenza del contratto
 - Non  equiparabilita'  con  la  disciplina  dell'assegnazione  degli
 alloggi agli sfrattati per ragioni di emergenza - Non fondatezza.
 
 (D.-L.  15  dicembre  1979, n. 629, art. 7, nono comma, convertito in
 legge 15 febbraio 1980, n. 25).
 
 (Cost., artt. 2, 3 e 97)
 
(GU n.17 del 24-4-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. luigi mengoni, prof. enzo cheli, dott. renato granata,
 prof. giuliano  vassalli,  prof.  cesare  mirabelli,  prof.  fernando
 santosuosso,  avv. massimo vari, dott. cesare ruperto, dott. riccardo
 chieppa, prof. gustavo zagrebelsky, prof. valerio onida, prof.  carlo
 mezzanotte;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 9,
 della legge 15 febbraio 1980,  n.  25  recte:  del  decreto-legge  15
 dicembre 1979, n. 629 (Dilazione dell'esecuzione dei provvedimenti di
 rilascio   per   gli   immobili   adibiti  ad  uso  di  abitazione  e
 provvedimenti  urgenti  per  l'edilizia),  convertito  in  legge   15
 febbraio 1980, n. 25, promosso con ordinanza emessa il 28 luglio 1995
 dal  pretore  di Bologna nel procedimento civile vertente tra lo IACP
 di Bologna e Vrahulaki Costantia, iscritta al  n.  654  del  registro
 ordinanze  1995  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale n. 43, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 febbraio 1996 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                           RITENUTO IN FATTO
   1. - Nel corso di un giudizio promosso dallo IACP  di  Bologna  nei
 confronti di Vrahulaki Costantia avente ad oggetto la convalida dello
 sfratto  per  finita  locazione  relativa  ad un alloggio di edilizia
 residenziale pubblica, il pretore di Bologna, con ordinanza emessa il
 28 luglio 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt.  2,  3  e  97
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  7, comma 9, della legge 15 febbraio 1980, n. 25 recte: del
 decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 629 (Dilazione dell'esecuzione dei
 provvedimenti  di  rilascio  per  gli  immobili  adibiti  ad  uso  di
 abitazione  e  provvedimenti  urgenti  per l'edilizia), convertito in
 legge 15 febbraio 1980, n.   25, nella parte  in  cui  consente  alla
 pubblica  amministrazione  di  procedere  all'assegnazione di alloggi
 popolari a mezzo di contratto interamente disciplinato dalla legge 27
 luglio 1978, n. 392 con conseguente facolta' per il locatore  di  far
 cessare  l'assegnazione  dell'alloggio  ad  nutum  alla  scadenza del
 contratto senza attribuire alcuna rilevanza ai requisiti che, in base
 alla stessa legge, devono sussistere ai fini dell'assegnazione.
   A parere del giudice a quo  non  sembrerebbe  conciliabile  con  le
 finalita'  pubblicistiche  perseguite  dalla  normativa disciplinante
 l'assegnazione degli alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica  la
 prevista  liberta'  del  locatore  di recedere dal contratto alla sua
 scadenza.  Ne'  sarebbe  giustificabile,  in  assenza  di   qualsiasi
 mutamento   dei  requisiti  che  hanno  dato  luogo  all'assegnazione
 dell'alloggio, il rifiuto da  parte  del  locatore  di  rinnovare  il
 contratto  e  di  mantenere  cosi' in vita quell'assegnazione operata
 sulla scorta dei requisiti tuttora ricorrenti.
   La norma  impugnata,  pertanto,  creerebbe  ingiustificatamente  un
 diverso  e  piu'  penalizzante regime di assegnazione per determinate
 categorie di assegnatari; inoltre, la mancata previsione dell'obbligo
 per la pubblica amministrazione di considerare se alla  scadenza  del
 contratto  persistano  o  meno  le  ragioni  che avevano giustificato
 l'assegnazione dell'alloggio, comporterebbe il venir meno  al  dovere
 di  solidarieta'  di  cui  all'art.  2  della Costituzione nonche' al
 dovere di rimuovere gli ostacoli d'ordine economico  che  impediscono
 il  pieno  sviluppo  della  persona  umana,  di  cui all'art. 3 della
 Costituzione.
   Infine, la norma contrasterebbe con i canoni di buon andamento e di
 "razionalita'" imposti alla pubblica amministrazione, in quanto le si
 consente di sfrattare  persone  cui  l'alloggio  popolare  era  stato
 assegnato in base alla considerazione, legislativamente prevista, del
 fatto di essere state sfrattate da un alloggio privato.
   2.  -  Nel giudizio avanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura   generale   dello  Stato  che  ha  concluso  per  la
 infondatezza della questione.
   Ha osservato la difesa erariale che la finalita' della legge n.  25
 del 1980 e' quella di assicurare a chi ne abbia  urgente  bisogno  in
 vista   dell'imminente   perdita  dell'alloggio  attualmente  goduto,
 un'abitazione  del  patrimonio  immobiliare  comunale,  a  condizioni
 diverse a seconda del reddito percepito, senza che a cio' consegua la
 stabilita'  nel  tempo della assegnazione, rimanendo il comune libero
 di gestire gli immobili secondo le generali esigenze di mercato.
                        Considerato in diritto
   1. - La questione sottoposta all'esame di questa Corte e' se l'art.
 7, comma  9,  della  legge  15  dicembre  1980,  n.  25  (recte:  del
 decreto-legge  15  dicembre  1979,  n.  629, convertito in legge, con
 modificazioni, dall'art. 1 della legge  15  febbraio  1980,  n.  25),
 nella   parte  in  cui  consente  alla  pubblica  amministrazione  di
 procedere  all'assegnazione  di  alloggi  di  edilizia   residenziale
 pubblica a mezzo di contratto interamente disciplinato dalla legge 27
 luglio   1978,  n.  392  con  conseguente  facolta'  di  far  cessare
 l'assegnazione dell'alloggio alla  scadenza  del  contratto,  sia  in
 contrasto:  con  l'art.  2  della  Costituzione  per il venir meno al
 dovere di solidarieta'; con l'art. 3  della  Costituzione  in  quanto
 crea   per   alcune  categorie  di  assegnatari  un  diverso  e  piu'
 penalizzante regime di assegnazione; con  l'art.  3,  secondo  comma,
 della  Costituzione  per  il  venir  meno  al dovere di rimuovere gli
 ostacoli d'ordine economico che impediscono il pieno  sviluppo  della
 persona umana; con l'art. 97 della Costituzione in quanto si consente
 alla  pubblica amministrazione di sfrattare persone cui l'alloggio di
 proprieta' pubblica era stato assegnato perche'  sfrattate  da  altro
 alloggio di proprieta' privata.
   2. - La questione non e' fondata.
   Va  premesso  che  il  legislatore,  affrontando  i  vari  problemi
 relativi alla  esecuzione  degli  sfratti  con  il  decreto-legge  15
 dicembre 1979, n. 629 (Dilazioni dell'esecuzione dei provvedimenti di
 rilascio   per   gli   immobili   adibiti  ad  uso  di  abitazione  e
 provvedimenti  urgenti  per  l'edilizia),   dispose,   tra   l'altro,
 finanziamenti  ai  comuni per l'acquisto di immobili da assegnare "ai
 soggetti nei cui confronti sia stato emesso  provvedimento  esecutivo
 di  rilascio  di  immobili locati ad uso di abitazione". Si stabiliva
 anche che l'assegnazione "e' effettuata in  locazione  con  contratto
 interamente  disciplinato  dalla  legge  27  luglio  1978,  n.  392",
 fissandosi una serie di condizioni,  tra  le  quali  quella  che  gli
 assegnatari  avessero  un reddito non superiore ad una certa misura e
 che non avessero gia'  ottenuto  l'assegnazione  di  un  alloggio  di
 edilizia residenziale pubblica. Ai sensi del comma 11 del citato art.
 7  della  legge  medesima,  si  prevedeva  inoltre  che  "il  comune,
 stipulato il contratto di locazione,  puo'  cedere  gratuitamente  la
 proprieta'   dell'immobile   all'Istituto   autonomo   case  popolari
 competente per territorio".
   3. - Il giudice a quo, partendo dalla premessa  che  l'assegnazione
 degli   alloggi   operata   secondo   la   precedente  legge  sarebbe
 sostanzialmente  equiparabile  all'assegnazione  degli   alloggi   di
 edilizia    residenziale    pubblica,   dubita   della   legittimita'
 costituzionale della norma impugnata nella parte in cui  prevede  che
 il  contratto  resti  interamente  assoggettato  alle norme sull'equo
 canone. In particolare, osserva il giudice rimettente che, in assenza
 del mutamento di alcuni  requisiti  (in  capo  all'assegnatario)  per
 ottenere  l'assegnazione (reddito non superiore ad un certo livello e
 impossidenza di altri alloggi), sarebbe del tutto  ingiustificato  il
 rifiuto  da  parte  della  pubblica  amministrazione  di rinnovare il
 contratto.
   4. - Deve verificarsi preliminarmente se sia esatto il  presupposto
 da   cui   muove   l'ordinanza  di  rimessione,  quello  cioe'  della
 equiparazione dell'assegnazione dell'alloggio in questione  a  quella
 degli   alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica  e  quindi  del
 perseguimento delle stesse finalita' pubbliche.
   Questa Corte ritiene, al contrario, che le due predette  situazioni
 non  siano  equiparabili.  La  vera  e  propria edilizia residenziale
 pubblica e' caratterizzata  da  particolari  condizioni  relative  ai
 requisiti degli assegnatari (soprattutto il basso reddito familiare),
 al sistema del concorso per la selezione degli assegnatari stessi, ai
 criteri  speciali  e  dettagliatamente previsti per la determinazione
 del  "canone  sociale",  e  quindi  alla  stabilita'  del   rapporto,
 svincolato dalle norme sul c.d. equo canone.
   Viceversa  l'assegnazione  di  alloggi agli sfrattati risponde alla
 diversa ratio di fronteggiare una situazione di temporanea emergenza,
 ovviando alla  particolare  difficolta'  in  cui  puo'  trovarsi  una
 famiglia  che  non  dispone ancora di un altro alloggio al momento in
 cui si esegue lo sfratto.
   Questa diversa logica di fondo non resta  alterata  -  ma  anzi  e'
 confermata  -  dal  fatto che la legge preveda anche il requisito che
 gli interessati abbiano  un  determinato  reddito  (che  e'  comunque
 superiore  a quello previsto per l'edilizia pubblica) e che non siano
 gia' assegnatari di altri alloggi.
   Alla differenza di ratio  e  di  condizioni  delle  due  situazioni
 razionalmente  corrisponde  una differenziazione degli effetti: dalla
 assegnazione degli alloggi agli sfrattati per ragioni di emergenza  e
 dall'assoggettamento del rapporto di locazione alle norme della legge
 sull'equo  canone  deriva che questi contratti sono disdettabili alla
 normale scadenza prevista dalla legge avendo avuto il  conduttore  un
 congruo  tempo  per  trovarsi altro alloggio; e cio' anche al fine di
 destinare gli alloggi ad altre famiglie che si  trovino  in  analoghe
 difficolta' a seguito dell'esecuzione degli sfratti.
   Nella  specie,  al conduttore fu intimato lo sfratto nel 1989, allo
 stesso fu dato in locazione l'alloggio di  emergenza  dal  comune  di
 Bologna,  nel  quale tuttora si trova nonostante che l'IACP gli abbia
 notificato la disdetta nel 1994.
   Una volta riconosciuta la ragionevolezza della diversificazione  di
 disciplina,  per ritenere insussistente l'ulteriore denuncia circa la
 violazione dell'art. 2 della Costituzione, e'  sufficiente  ricordare
 che,  secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 252 del
 1989 e 404 del 1988),  il  diritto  all'abitazione  tende  ad  essere
 realizzato  in proporzione delle risorse della collettivita'; solo il
 legislatore, infatti, "misurando le effettive  disponibilita'  e  gli
 interessi  con  esse  gradualmente satisfattibili, puo' razionalmente
 provvedere  a  rapportare  mezzi  a  fini,   e   costruire   puntuali
 fattispecie  giustiziabili  espressive  di tali diritti fondamentali"
 (sentenza n. 252  del  1989).  In  particolare,  il  diritto  sociale
 all'abitazione  viene  in considerazione quale esigenza di conservare
 il tetto "fino alla normale consumazione  della  durata  quadriennale
 del rapporto, come stabilita ex lege".
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 7, comma 9, del decreto-legge  15  dicembre  1979,  n.  629
 (Dilazione  dell'esecuzione  dei  provvedimenti  di  rilascio per gli
 immobili adibiti ad uso di abitazione  e  provvedimenti  urgenti  per
 l'edilizia),  convertito in legge 15 febbraio 1980, n. 25, sollevata,
 in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione,  dal  pretore
 di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 aprile 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                       Il Redattore: Santosuosso
                       Il Cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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