N. 135 SENTENZA 18 - 29 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Elezioni  -  Comuni  con  popolazione  superiore  a 15.000 abitanti -
 Assegnazione del seggio di consigliere comunale al candidato  sindaco
 non  eletto a tale carica - Criteri - Erroneita' dell'interpretazione
 della norma cosi' come prospettata nell'ordinanza di rimessione - Non
 fondatezza.
 
 (Legge 25 marzo 1993, n. 81, art. 7, settimo comma).
 
 (Cost., artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49 e 51,  primo
 comma).
 
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare
 MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott.
 Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY,
 prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 7,
 della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del  sindaco,  del
 presidente  della  provincia,  del consiglio comunale e del consiglio
 provinciale) promosso con  ordinanza  emessa  il  1  marzo  1995  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Lombardia  sul ricorso
 proposto da Salvatore Rizzo contro il comune di Trezzano sul Naviglio
 ed altra, iscritta al n. 328 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  24,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 21  febbraio  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio, promosso da una candidata alle
 elezioni del 20 novembre-4 dicembre 1994 per il rinnovo del consiglio
 comunale di Trezzano sul Naviglio, diretto ad ottenere l'annullamento
 delle operazioni compiute dall'Ufficio  elettorale  centrale  per  il
 riparto   dei   seggi  e  per  la  loro  attribuzione,  il  Tribunale
 amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, con ordinanza
 emessa il 1 marzo  1995,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.    7,  comma  7, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione
 diretta del sindaco, del presidente della  provincia,  del  consiglio
 comunale  e del consiglio provinciale), nella parte in cui prevede la
 detrazione, dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di  liste
 collegate,  del  seggio  spettante  al  candidato sindaco non eletto,
 anche nel caso di liste collegate con detto candidato solo nel  primo
 turno  e che nel turno di ballottaggio abbiano aderito ad una diversa
 coalizione.
   L'Ufficio  centrale  elettorale  aveva   assegnato   i   seggi   in
 applicazione  dell'art. 7 della legge n. 81 del 1993: il sessanta per
 cento alle liste collegate con  il  sindaco  eletto  ed  il  restante
 quaranta  per  cento  alle  liste  di  minoranza  (art.  7, comma 6).
 Nell'ambito di queste ultime i seggi erano stati  ripartiti  in  base
 alla  graduatoria dei quozienti elettorali ottenuti da ciascuna lista
 o gruppo di liste collegate e, all'interno di ciascun gruppo, in base
 ai quozienti piu' alti ottenuti  dividendo  la  cifra  elettorale  di
 ciascuna lista, corrispondente ai voti riportati al primo turno (art.
 7, commi 4 e 5).
   L'Ufficio  centrale  elettorale  aveva quindi detratto il seggio di
 consigliere da assegnare al candidato alla carica di sindaco  ammesso
 al ballottaggio, ma non eletto, dai seggi complessivamente attribuiti
 al  gruppo  di  liste  con  lui  collegate  (art. 7, comma 7). Aveva,
 inoltre, ritenuto di applicare la stessa disposizione  per  detrarre,
 dai  seggi  complessivamente  spettanti  al medesimo gruppo di liste,
 anche il seggio da attribuire al candidato alla carica di sindaco non
 ammesso al ballottaggio, che al primo turno  era  collegato  con  una
 lista,  collegata poi, al secondo turno, con il candidato alla carica
 di sindaco ammesso al ballottaggio.
   Proprio questa seconda  prededuzione  era  stata  contestata  dalla
 ricorrente   dinanzi   al   giudice  amministrativo,  sostenendo  che
 l'Ufficio centrale elettorale aveva erroneamente applicato l'art.  7,
 comma  7,  della  legge  n.  81 del 1993: al candidato alla carica di
 sindaco non eletto al primo  turno  e  non  ammesso  al  ballottaggio
 avrebbe dovuto essere assegnato un seggio spettante alla lista con la
 quale questi era collegato al primo turno.
   Il   Tribunale   amministrativo   regionale   per   la   Lombardia,
 condividendo  l'interpretazione  dell'Ufficio  centrale   elettorale,
 ritiene  che  il collegamento di piu' liste con il medesimo candidato
 alla  carica  di  sindaco  sussista  sia  per  il  candidato  sindaco
 collegato  con  l'intero  gruppo  di  liste  coalizzate  nel turno di
 ballottaggio, sia per il candidato  sindaco  che  era  collegato  nel
 primo  turno  con  una  sola lista, acceduta alla coalizione solo nel
 secondo turno. Ma, cosi' interpretato l'art. 7, comma 7, della  legge
 n.  81  del  1993, il giudice rimettente ne denuncia il contrasto con
 gli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo  comma,  49  e  51,  primo
 comma,   della  Costituzione.  Il  Tribunale  amministrativo  ritiene
 ragionevole  che  il  seggio  da  attribuire  al  candidato   sindaco
 sostenuto  in  entrambi  i  turni  dall'apporto  di  piu' liste venga
 dedotto dai seggi dell'intero  raggruppamento,  evitando  di  gravare
 sulla  lista  che ha avuto maggiori consensi; ma considera che non si
 possa dire altrettanto per il candidato sindaco collegato  nel  primo
 turno  con  liste  che  entrano  nella  coalizione  solo nel turno di
 ballottaggio. Le due situazioni,  oggettivamente  diverse,  sarebbero
 state  trattate dalla legge in modo identico, violando l'art. 3 della
 Costituzione. Inoltre sarebbe stato leso il principio di  uguaglianza
 del  voto  (art.  48, secondo comma, Cost.), che non solo comporta il
 divieto di attribuire al voto stesso un peso diverso a seconda  delle
 qualita'  personali dell'elettore, ma richiede, ad avviso del giudice
 rimettente, anche l'applicazione di  un  criterio  di  maggioranza  e
 proporzionalita', perche' sia eletto chi ha piu' voti, in rispondenza
 al principio di sovranita' popolare (art. 1, secondo comma, Cost.).
   Il giudice rimettente prospetta, inoltre, il dubbio di legittimita'
 costituzionale  sia  in relazione alla garanzia per tutti i cittadini
 di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza  (art.
 51,   primo  comma,  Cost.),  sia  in  relazione  all'art.  49  della
 Costituzione, dal quale desume la regola del pari  trattamento  delle
 liste  elettorali,  considerate  come  partiti  politici  nel momento
 elettorale.
   2.  -  E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  sostenendo  una interpretazione della disposizione denunciata
 diversa  da  quella  prospettata  dall'ordinanza  di  rimessione.  La
 detrazione  del  seggio  di  consigliere  da  attribuire al candidato
 sindaco  non  eletto  a   tale   carica   dovrebbe   essere   operata
 esclusivamente  dai  seggi  spettanti  alle  liste  collegate  con  i
 medesimi candidati. Difatti l'art. 7, comma 7, della legge n. 81  del
 1993  consente  la  detrazione,  dal  totale dei seggi spettanti alla
 coalizione, del seggio del candidato a sindaco collegato con l'intero
 gruppo,  ma  non  del  seggio  da  attribuire  al  candidato  sindaco
 collegato  al primo turno con una delle liste, seggio che deve essere
 detratto esclusivamente dai seggi da assegnare a tale lista.
   Ad  avviso  dell'Avvocatura  la  disposizione   denunciata,   cosi'
 interpretata,    sfuggirebbe    del    tutto    alle    censure    di
 incostituzionalita'.
                        Considerato in diritto
   1. - La questione di legittimita' costituzionale concerne i criteri
 stabiliti dall'art. 7, comma 7, della legge 25 marzo 1993 n. 81,  per
 l'assegnazione  del  seggio  di  consigliere  comunale  al  candidato
 sindaco non eletto a tale carica. Questa disposizione,  nel  contesto
 della  disciplina  dell'elezione  diretta del sindaco e del consiglio
 comunale nei comuni con  popolazione  superiore  a  15.000  abitanti,
 stabilisce che, una volta determinato il numero dei seggi spettanti a
 ciascuna  lista  o  gruppo  di  liste  collegate, sono in primo luogo
 proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla  carica
 di  sindaco,  non  risultati eletti, collegati con ciascuna lista che
 abbia ottenuto almeno un seggio. In caso  di  collegamento  con  piu'
 liste,  il  seggio  attribuito  al  candidato  non  eletto sindaco e'
 detratto dai seggi complessivamente attribuiti  al  gruppo  di  liste
 collegate.
   Il  Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ritiene che
 la prededuzione dai seggi da  attribuire  in  consiglio  comunale  al
 raggruppamento  di liste collegate nel secondo turno operi sia per il
 candidato sindaco con esse collegato nel  ballottaggio,  sia  per  il
 candidato  sindaco che non ha partecipato al ballottaggio, ma che era
 collegato nel primo turno con una lista acceduta alla coalizione  per
 il ballottaggio.
   Cosi'  interpretata, la disposizione avrebbe l'effetto di sottrarre
 all'intera coalizione un seggio  di  consigliere  che,  non  gravando
 sulla  sola  lista  collegata  al  candidato  sindaco  non ammesso al
 ballottaggio,   avvantaggerebbe   quest'ultima   lista,   la   quale,
 partecipando   egualmente   alla   ripartizione  degli  altri  seggi,
 otterrebbe una rappresentanza non proporzionata ai  voti  conseguiti.
 La  norma  sarebbe in contrasto con diversi parametri costituzionali:
 con l'art. 3, perche' sarebbe irragionevole trattare in modo identico
 fattispecie oggettivamente diverse; con l'art. 48, secondo comma,  in
 relazione  al  principio  di  sovranita'  popolare  (art.  1, secondo
 comma),  perche'  l'eguaglianza  del  voto  non  riguarderebbe   solo
 l'irrilevanza   delle  qualita'  personali  di  chi  lo  esprime,  ma
 implicherebbe anche l'adozione di un criterio  di  maggioranza  e  di
 proporzionalita',  per concretare la regola che e' eletto chi ha piu'
 voti; con l'art. 51,  primo  comma,  che  garantisce  l'accesso  alle
 cariche  elettive  in  condizioni  di eguaglianza; con l'art. 49, che
 implica il pari  trattamento  delle  liste,  da  considerare  come  i
 partiti politici nel momento elettorale.
   2. - La questione non e' fondata.
   Il   Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Lombardia,  nel
 prospettare il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale,  muove  dal
 presupposto  che il collegamento tra candidato alla carica di sindaco
 e liste per l'elezione del consiglio comunale non solo rimanga  fermo
 tra  primo  e  secondo  turno  anche  per il candidato non ammesso al
 ballottaggio, ma comporti  inoltre  la  prededuzione  del  seggio  da
 attribuire  a  quest'ultimo  dal  numero  complessivo  dei  seggi  di
 consigliere conseguiti dal gruppo di liste al quale si e'  aggregata,
 al  secondo  turno,  la  lista con lui collegata al primo e, per lui,
 unico turno di votazione. Con la conseguenza che la prededuzione  del
 seggio  di  consigliere  per  il  candidato  alla  carica  di sindaco
 opererebbe sullo stesso raggruppamento per due diversi candidati: sia
 per quello che ha partecipato al  ballottaggio  in  collegamento  con
 tutte  le  liste  del  suo  raggruppamento, sia per quello che non ha
 partecipato al ballottaggio, ma che era collegato al primo turno  con
 una   lista   acceduta  ad  altro  raggruppamento  per  il  turno  di
 ballottaggio. Sicche' la prededuzione del seggio inciderebbe non solo
 sulla lista, o sulle liste, collegate con il  candidato  sindaco  non
 eletto, ma anche su liste mai collegate con tale candidato.
   Questo esito - denunziato come lesivo del principio di eguaglianza,
 irrazionale  e  distorsivo  della  espressione  del  voto  e del pari
 trattamento dei candidati e delle liste elettorali  -  e'  del  tutto
 estraneo  al  sistema  delineato  dalla  legge  n.  81  del 1993, che
 configura il collegamento tra lista e candidato sindaco come  effetto
 di una dichiarazione bilaterale e convergente del candidato sindaco e
 del  rappresentante  di ciascuna lista. Pur consentendo ad una lista,
 collegata con un candidato sindaco non ammesso  al  ballottaggio,  di
 collegarsi  al  secondo  turno  con  uno dei due candidati ammessi al
 ballottaggio, in modo da favorire l'aggregazione  di  liste  in  base
 all'affinita'   di  programma  politico-amministrativo  unitariamente
 rappresentata dal comune ed unico candidato  sindaco,  la  legge  non
 prevede  affatto  il  trascinamento  nell'ambito  del  raggruppamento
 ammesso al ballottaggio anche del candidato sindaco  non  ammesso  al
 ballottaggio,  per  il  quale  le  altre liste del raggruppamento non
 hanno espresso, ne' potrebbero  esprimere,  alcuna  dichiarazione  di
 collegamento.
   La  lettura del sistema delineato dalla legge, in ordine alla quale
 non si e' formata una interpretazione consolidata,  non  e',  dunque,
 quella prospettata dall'ordinanza di rimessione.
   Se  pur  si  ritiene,  seguendo l'interpretazione piu' diffusamente
 proposta, che debba permanere l'effetto del  collegamento  dichiarato
 per  il  primo  turno  tra  candidato  sindaco  e lista, anche quando
 quest'ultima modifichi la propria posizione  e  si  colleghi  per  il
 secondo  turno  con altro candidato sindaco, ammesso al ballottaggio,
 la prededuzione del seggio di consigliere da assegnare  al  candidato
 sindaco  non ammesso al ballottaggio non puo' che operare nell'ambito
 dei seggi da attribuire alla lista, o alle liste, collegate con  tale
 candidato al primo turno.
   Possono  essere,  dunque,  agevolmente  configurate interpretazioni
 diverse da quella  presupposta  dal  giudice  rimettente,  le  quali,
 escludendo  la partecipazione di liste non collegate con il candidato
 sindaco, non eletto a tale carica,  all'onere  per  l'attribuzione  a
 questi  di  un  seggio di consigliere, individuano un contenuto della
 disposizione   privo    di    quegli    effetti    denunciati    come
 irragionevolmente  distorsivi  dell'espressione  del  voto e del pari
 trattamento dei candidati e delle liste elettorali.
   Rientra, poi, nei compiti del  giudice  del  merito  preferire  una
 interpretazione,  tra  quelle  possibili,  che consenta di attribuire
 alla  disposizione  un  significato  compatibile   con   i   principi
 costituzionali.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la  questione di legittimita' dell'art.  7,
 comma 7, della legge 25 marzo  1993,  n.  81  (Elezione  diretta  del
 sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del
 consiglio  provinciale),  sollevata,  in  riferimento agli artt.   1,
 secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49  e  51,  primo  comma,  della
 Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 aprile 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositato in cancelleria il 29 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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