N. 137 ORDINANZA 18 - 29 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia e urbanistica - Abusivismo - Condono edilizio - Applicazione
 - Esclusione nei casi in cui il manufatto  sia  stato  spontaneamente
 demolito  dall'imputato  prima  di  ogni provvedimento dell'autorita'
 comunale - Richiamo alla giurisprudenza della Corte  in  materia  (v.
 ordinanze  nn.  80  e  34  del 1990, 539 e 415 del 1989 e sentenza n.
 167/1989) - Discrezionalita' legislativa  nello  stabilire  i  limiti
 temporali  a  taluni  effetti  di  non  perseguibilita'  -  Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.   Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare
 MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.
 Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge
 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione  della  finanza
 pubblica),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  12  aprile 1995 dal
 Pretore di Bassano del Grappa nel procedimento  penale  a  carico  di
 Poli  Gio  Batta,  iscritta  al  n. 355 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  25,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  10  gennaio  1996  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di
 Gio Batta Poli, imputato del reato di cui all'art.  20,  lettera  b),
 della  legge  28  febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
 dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero  e  sanatoria
 delle opere edilizie) per avere edificato un fabbricato ad uso garage
 in  assenza  della  prescritta  concessione  edilizia,  il Pretore di
 Bassano del Grappa, con ordinanza del 12 aprile 1995 (r.o. n. 355 del
 1995) ha sollevato, in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge 23
 dicembre 1994, n. 724, che ha introdotto la possibilita' di  ottenere
 il  c.d.    "condono  edilizio"  per  le  opere  ultimate entro il 31
 dicembre 1993, con termine ultimo per la presentazione della  domanda
 sino  al  31 marzo 1995, nella parte in cui ne esclude l'applicazione
 nei casi in  cui  il  manufatto  sia  stato  spontaneamente  demolito
 dall'imputato prima di ogni provvedimento dell'autorita' comunale;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  cio'  determinerebbe una
 ingiustificata disparita' di trattamento rispetto  al  caso  di  chi,
 avendo  edificato  in  assenza  di  concessione,  puo'  richiedere ed
 ottenere  la  concessione  in  sanatoria,  usufruendo   della   causa
 estintiva del reato di cui all'art. 38, secondo comma, della legge n.
 47  del  1985, della quale non potrebbe godere chi abbia eliminato le
 conseguenze del reato, evitando, tra l'altro, all'amministrazione  la
 necessita'  di far fronte alle incombenze conseguenti alla domanda in
 sanatoria;
     che,  al  riguardo,  il  rimettente  sottolinea  che,  mentre  in
 occasione  del  condono  disposto  con  la  legge  n. 47 del 1985, il
 legislatore  provvide  ad  eliminare  tale   disparita'   prevedendo,
 all'art.   8-quater   del  decreto-legge  23  aprile  1985,  n.  146,
 convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 1985, n. 298, la
 non perseguibilita' in qualunque sede di coloro che avessero demolito
 o eliminato le opere abusive entro la data di entrata in vigore della
 legge di conversione, analoga previsione non risulta introdotta dalla
 legge n. 724 del 1994;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri  con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la rimessione degli atti al pretore perche' valuti la
 rilevanza della  questione  sollevata  alla  luce  della  circostanza
 dell'avvenuto pagamento (o meno), da parte dell'imputato, della somma
 dovuta  a  titolo  di  oblazione,  ovvero  per  la infondatezza della
 questione;
   Considerato che questa Corte ha avuto occasione di affermare che le
 disposizioni relative alla c.d. "sanatoria edilizia" in via ordinaria
 (accertamento di conformita': artt. 13 e 22 della legge  28  febbraio
 1985,  n.  47)  devono  essere interpretate nel senso che la avvenuta
 demolizione del manufatto  non  impedisca  la  estinzione  del  reato
 sempre  che  si  tratti  di costruzione che, se non demolita, avrebbe
 potuto ottenere la concessione in sanatoria  ai  sensi  dell'art.  13
 citato  (ordinanze  nn.  80  e  34 del 1990; nn. 539 e 415 del 1989 e
 sentenza n. 167 del 1989);
     che con sentenza n. 369 del 1988 e' stato chiarito che  non  puo'
 essere   accolta  l'interpretazione  che  la  demolizione  dell'opera
 abusiva precluda al responsabile dell'abuso  edilizio  di  presentare
 domanda  di condono-sanatoria e che, nonostante, di regola, sanatoria
 e contributo  di  concessione  (e,  si  puo'  aggiungere,  oblazione)
 attengano  alla costruzione realizzata, cio' peraltro non esclude che
 possa estinguersi il reato  edilizio  anche  a  demolizione  avvenuta
 (conforme sentenza n. 167 del 1989);
     che   l'art.  39  della  legge  23  dicembre  1994,  n.  724,  e'
 caratterizzato sostanzialmente dalla "riapertura dei termini  per  la
 presentazione   delle   domande,   con   spostamento  della  data  di
 ultimazione  delle  opere  abusive,  ai  fini  dell'applicazione  del
 condono  edilizio  di  cui alla legge n. 47 del 1985, accompagnata da
 taluni nuovi obblighi e restrizioni soggettive ed oggettive", dirette
 "a  circoscrivere  l'ambito   della   definizione   agevolata   o   a
 riequilibrare  situazioni  di  eccessivo vantaggio, nella valutazione
 del legislatore di preminenti interessi pubblici"  (sentenza  n.  427
 del 1995);
     che   nessuna   innovazione   e'  stata  introdotta  nella  nuova
 disciplina del condono edilizio del  1994  per  quanto  attiene  agli
 effetti   della   presentazione   della   domanda   e  del  pagamento
 dell'oblazione, ne' vi e' alcuna disposizione specifica o  innovativa
 (rispetto   al   precedente   condono-sanatoria)   sulla  intervenuta
 demolizione o eliminazione delle opere abusive;
     che, pertanto, anche in base al  condono  edilizio  riaperto  con
 l'art.  39  citato,  non  esiste  alcuna  disparita'  di  trattamento
 rispetto a chi non abbia  tempestivamente  demolito,  continuando  la
 demolizione  a  non  essere  un  elemento  discriminativo  e ostativo
 rispetto alla domanda di condono con pagamento della oblazione con  i
 normali effetti dell'immutato art. 38 della legge n. 47 del 1985;
     che  -  a  prescindere  da ogni interpretazione sull'ampiezza del
 rinvio contenuto nel combinato disposto dell'art. 39, commi 1  e  18,
 della  legge  n. 724 del 1994 alle disposizioni di cui ai Capi IV e V
 della legge 28 febbraio 1985, n. 47,  e  successive  modificazioni  e
 integrazioni - con riferimento all'art. 8-quater del decreto-legge 23
 aprile  1985,  n.  146,  deve  essere  riaffermato  che rientra nella
 discrezionalita' del legislatore stabilire limiti temporali a  taluni
 effetti  di "non perseguibilita'" come conseguenza di non punibilita'
 per ragioni di politica criminale e  non  certo  come  effetto  della
 caduta  di antigiuridicita' per cause intrinseche attinenti al nucleo
 sostanziale dell'illecito, che  permane  anche  dopo  la  demolizione
 (sentenza n. 167 del 1989);
     che    pertanto    la   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 39 della legge  23  dicembre  1994,  n.  724
 (Misure  di  razionalizzazione  della finanza pubblica) sollevata, in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Bassano del
 Grappa con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 aprile 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 29 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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