N. 138 ORDINANZA 18 - 29 aprile 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Mendicita' - Trattamento sanzionatorio penale -
 Criteri  di  applicazione  di  un  identico  trattamento  punitivo  a
 soggetti  che  si  trovino  in  condizioni  diverse  - Questione gia'
 dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 519/1995  -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 670, primo comma).
 
 (Cost., artt. 2, 3 e 27, terzo comma).
 
(GU n.19 del 8-5-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare
 MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott.
 Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY,
 prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  670, primo
 comma, del codice penale, promossi con ordinanza emessa il  28  marzo
 1995  dal  Pretore di Firenze e con due ordinanze emesse il 17 giugno
 1995 dal giudice per le indagini preliminari  presso  la  Pretura  di
 Firenze,  rispettivamente iscritte ai nn. 481, 692 e 693 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn.  37 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20  marzo 1996 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso di tre distinti procedimenti penali a carico
 di Achleitner Reimhard, Bekir Fetie' e Ramadani  Femi,  imputati  del
 reato di cui all'art. 670, primo comma, del codice penale, il Pretore
 di  Firenze  ha sollevato, una volta quale giudice del dibattimento e
 altre due quale giudice  per  le  indagini  preliminari,  altrettante
 questioni di costituzionalita' della suddetta norma incriminatrice;
     che la contravvenzione punitiva della mendicita', come osserva il
 giudice   a   quo,  e'  posta  a  tutela  dei  beni  giuridici  della
 tranquillita' e del decoro della civile convivenza;
     che  tali  offese  sussisterebbero  sia nel caso della mendicita'
 aggravata da forme particolari (vessatorie, ripugnanti,  petulanti  o
 fraudolente:   art.  670,  secondo  comma),  sia  in  quello  in  cui
 s'impieghino minori (art. 671);
     che  non  vi  sarebbe,  invece,  offesa  della  morale  e   della
 tranquillita'  pubblica  ogni  qual  volta  l'accusato  versi  in una
 situazione di bisogno non riconducibile a sua colpa;
     che in tali ipotesi la mendicita' si  risolverebbe,  infatti,  in
 una semplice e legittima richiesta della solidarieta' altrui, fondata
 sul sentimento della carita';
     che  ben  diversa  sarebbe  la  situazione  di coloro che abbiano
 volontariamente   rifiutato   i   mezzi   predisposti   dallo   Stato
 nell'assolvimento dei suoi compiti istituzionali;
     che  la  previsione  incriminatrice  di  cui  all'art. 670, primo
 comma, del codice penale sarebbe  in  contrasto,  pertanto,  con  gli
 artt. 2, 3, e 27, terzo comma, della Costituzione, perche' violerebbe
 i  principi  costituzionali  di  solidarieta', di uguaglianza e della
 finalita' rieducativa della pena;
     che la fattispecie riserverebbe lo stesso trattamento punitivo  a
 soggetti  che  si trovino in condizioni del tutto diverse senza tener
 conto della peculiare situazione di coloro che manchino dei mezzi  di
 sostentamento per ragioni non imputabili alla propria condotta;
     che  siffatto  trattamento  non  sarebbe  adeguato,  perche'  non
 finalizzato a rieducare quanti, loro malgrado, sono in una condizione
 d'indigenza superabile soltanto attraverso l'altrui solidarieta';
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per la non fondatezza della questione sollevata;
   Considerato che, concernendo identica questione,  i  giudizi  vanno
 riuniti e decisi congiuntamente;
     che  questa  Corte, con sentenza n. 519 del 1995, successiva alla
 pronuncia   delle   ordinanze   di    rimessione,    ha    dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  670,  primo  comma,  del
 codice penale;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 670, primo  comma,
 del  codice  penale,  sollevata  in riferimento agli artt. 2, 3 e 27,
 terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze e dal giudice
 per le indagini preliminari presso  la  Pretura  di  Fienze,  con  le
 ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 aprile 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 29 aprile 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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