N. 444 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 1996

                                N. 444
  Ordinanza  emessa  il  28  gennaio  1996 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Rovigo nel procedimento  penale  a
 carico di Fimmano' Diego
 Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Giudice per le indagini
    preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei
    confronti dello stesso imputato - Incompatibilita'  ad  esercitare
    le  funzioni  giudicanti  nel  suddetto  rito  speciale  -  Omessa
    previsione  -   Ingiustificata   disparita'   di   trattamento   -
    Compressione  del  diritto  di  difesa  - Lesione del principio di
    imparzialita' del giudice - Richiamo ai  principi  espressi  dalla
    Corte costituzionale nella sentenza n. 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost.,  art.  3,  primo  comma,  24,  secondo  comma, e 101, secondo
 comma).
(GU n.21 del 22-5-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza   visti   gli   atti   del
 procedimento penale contro Fimmano' Diego, Bistone Claudio, De Giorgi
 Cristian, De Giorgi Salvatore, Scapecchi Andrea, imputati;
   Premesso  che  nell'attivita'  di indagine preliminare svolta dalla
 procura della Repubblica del tribunale di Rovigo  questo  giudice  ha
 emesso   misura  cautelari  personali  nei  confronti  degli  attuali
 imputati.
   In seguito veniva, dapprima, revocata quella relativa a  De  Giorgi
 Salvatore   e,   successivamente,   dopo  che  reiterate  istanze  di
 revoca/sostituzione delle misure venivano respinte, con ordinanza del
 19 gennaio 1996, disposta  la  rimessione  in  liberta'  di  Bistonte
 Claudio  ex art.   89 d.P. R. n. 309/1990 e, con provvedimento del 17
 gennaio 1996,  sostituita  la  misura  della  custodia  cautelare  in
 carcere  con  quella degli arresti domiciliari per Scapecchi Andrea e
 Fimmano' Diego.
   Nel  frattempo,  il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di tutti gli
 imputati e all'udienza preliminare del 31 gennaio 1996 i difensori di
 Bistonte Claudio e Scapecchi Andrea, unitamente  ai  loro  assistiti,
 chiedevano  che il procedimento fosse definito con il rito abbreviato
 e il p.m. prestava il suo consenso.
   Diversamente  i  difensori  di  De  Giorgi  Cristian,   De   Giorgi
 Salvatore,  e Fimmano' Diego non avanzavano analoga richiesta, con la
 conseguenza che veniva disposta la  separazione  della  posizione  di
 Scapecchi  Andrea e Bistonte Claudio e, ritenuta la completezza delle
 indagini effettuate, questo giudice accoglieva la richiesta  di  rito
 abbreviato   (per  gli  altri  imputati  veniva  disposto  il  rinvio
 dell'udienza preliminare per la discussione).
   A questo punto, i difensori  di  Scapecchi  Andrea  e  di  Bistonte
 Claudio  sollecitavano  la  proposizione di questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 34 c.p.p. invocando la  omogeneita'  tra  il
 caso deciso dalla Corte costituzionale con sentenza 15 settembre 1995
 n.  432 - e cioe' incompatibilita' del g.i.p. che abbia emesso misura
 cautelare personale, a partecipare al  giudizio  dibattimentale  -  e
 quello prospettato in questa sede.
   Questo  g.i.p.  ritenendo  di  accogliere  la questione prospettata
 sotto il profilo del contrasto dell'art. 34,  secondo  comma,  c.p.p.
 con  l'art.  3,  primo  comma,  24, secondo comma, 101, secondo comma
 della Costituzione  la  dichiarava  non  manifestamente  infondata  e
 disponeva  la separazione degli atti relativi agli imputati Scapecchi
 e Bistonte.
   All'odierna udienza anche il difensore di Fimmano'  Diego  chiedeva
 che  il  procedimento fosse definito con il rito abbreviato e, con il
 consenso del p.m. questo giudice riteneva  il  procedimento  relativo
 definibile sulla base dello stato degli atti.
   Lo   stesso   difensore  del  Fimmano',  peraltro,  sollecitava  la
 proposizione  della  questione  di  costituzionalita'  dell'art.  34,
 secondo   comma,  c.p.p.  che,  come  gia'  deciso  nella  precedente
 ordinanza di questo g.i.p. relativa a  Scapecchi  Andrea  e  Bistonte
 Claudio, deve essere ulteriormente disposta.
   Al  riguardo, va rilevato come con la sentenza n. 432/1995 la Corte
 costituzionale (sulla scia dei principi contenuti nelle decisioni  n.
 496  del  26  ottobre 1990 e n. 401 del 12 novembre 1991 con le quali
 era stata dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della  stessa
 norma  nella  parte  in  cui non prevede che non possa partecipare al
 giudizio con rito abbreviato il g.i.p. che abbiano  emesso  ordinanza
 ex  art.  544,  secondo  comma,  c.p.p.  e 509, quinto comma, c.p.p.)
 abbia ritenuto che la decisione emessa dal g.i.p. ai sensi  dell'art.
 273 c.p.p., riguardando un giudizio di merito (sia pure prognostico e
 allo  stato  degli atti) sulla colpevolezza dell'indagato - tanto che
 si spinge fino a prefigurare l'iter logico che portera' il giudicante
 a determinare l'entita' della pena e la sua eventuale  sospensione  -
 non  puo'  non  riflettersi  sulla  serenita'  ed  imparzialita'  del
 giudizio qualora il giudice sia chiamato a decidere  nel  merito  del
 processo.
   Secondo la Corte, vi e' il pericolo che "la valutazione complessiva
 sulla   responsabilita'   dell'imputato   sia,   o   possa   apparire
 condizionata dalla cosiddetta forza della  prevenzione,  e  cioe'  da
 quella  naturale  tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un
 atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello  stesso
 procedimento".
   I  principi  sui  quali  la Corte ha fondato tale decisione rendono
 inevitabile e doverosa la prospettazione alla stessa  del  dubbio  di
 costituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. con riferimento
 agli  artt.  3,  primo comma, e 24 della Costituzione, nella parte in
 cui non prevede che non possa procedere al rito abbreviato il  g.i.p.
 che  abbia  applicato  una  misura  cautelare personale nei confronti
 dell'imputato. E cio' tantopiu' a fronte  della  stessa  affermazione
 della  Corte  costituzionale contenuta nella sentenza n. 401 del 1991
 secondo la quale l'espressione  "giudizio"  contenuta  nell'art.  34,
 secondo comma, c.p.p. comprende qualunque tipo di giudizio e, quindi,
 anche  il  giudizio  abbreviato:  peraltro, l'influenza condizionante
 della precedente valutazione di merito operata dal g.i.p. in sede  di
 emissione di misure cautelari, appare ancor piu' evidente nel caso di
 giudizio abbreviato se solo si consideri che si tratta di un giudizio
 sulla  base  dello  stato  degli atti - gli stessi che almeno in gran
 parte sono stati posti a fondamento dell'emissione della misura  -  e
 senza   alcun   arricchimento  probatorio,  eventualmente  favorevole
 all'imputato, conseguente all'istruttoria dibattimentale.
   Invero, se vi e' incompatibilita' a partecipare al dibattimento del
 giudice che ha emesso le misure cautelari per  le  ragioni  enunciate
 dalla  Corte  nella  predetta  sentenza,  ad analoga conclusione deve
 giungersi nel caso in cui il processo si svolga nelle forme del  rito
 abbreviato,  dovendo  essere  garantito  all'imputato  la terzieta' e
 l'imparzialita' del giudice.
   Diversamente,  vi  sarebbe   una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento  e  conseguente violazione dell'art. 3, primo comma della
 Costituzione, tra l'imputato che, sottoposto a misura  cautelare,  il
 quale  al  dibattimento  non  puo'  essere  giudicato dal giudice che
 l'abbia disposta e l'imputato, che  nella  stessa  situazione,  viene
 giudicato  con  il rito abbreviato dallo stesso giudice che ha emesso
 la misura.
   Ne consegue che a causa della compressione del  diritto  di  difesa
 che   discende   inevitabilmente   dalla   situazione  suesposta,  e'
 ravvisabile  il  contrasto  dell'art.  34,  secondo   comma,   c.p.p.
 nell'attuale formulazione anche con l'art. 24 della Costituzione.
   Infine,   tenuto   conto  che  l'art.  101,  secondo  comma,  della
 Costituzione stabilisce che il giudice e'  sottoposto  soltanto  alla
 legge,  nella fattispecie delineata si ravvisa un contrasto anche con
 tale norma costituzionale, posto  che  essa  esclude  anche  solo  la
 possibilita'  che  il  giudice possa essere influenzato nelle proprie
 determinazioni da valutazioni gia' compiute.
   Con riferimento, quindi,  all'attuale  procedimento,  la  questione
 prospettatata e rilevante con riferimento all'imputato Fimmano' Diego
 nei  cui  confronti questo giudice ha emesso nel corso delle indagini
 preliminari la misura della custodia cautelare in carcere.
   Nei confronti anche di tale imputato, va  quindi  disposta,  previa
 separazione  degli  atti, la sospensione del procedimento ex art.  23
 legge n. 87/1953.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della  legge  9  febbraio
 1948  n.  1,  23 e 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, 18 n. 1, lett.
 b) del c.p.p.;
   Dichiara   con   riferimento   all'imputato   Fimmano'   Diego  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  34,  secondo comma, del c.p.p. per contrasto con gli artt.
 3, primo comma,  24,  secondo  comma  e  101,  secondo  comma,  della
 Costituzione nella parte in cui non prevede che non possa partecipare
 al  giudizio  abbreviato  il  giudice per le indagini preliminari che
 abbia applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato;
   Dispone la separazione degli atti  relativi  all'imputato  Fimmano'
 Diego  con  formazione  di nuovo fascicolo, trasmissione dello stesso
 alla Corte costituzionale e la sospensione del procedimento;
   Dispone che la presente  ordinanza  sia  notificata  a  cura  della
 cancelleria  al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
     Rovigo, addi' 28 gennaio 1996
             Il giudice delle indagini preliminari: Canova
 96C0646