N. 455 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 1996

                                N. 455
  Ordinanza  emessa  l'11  gennaio  1996  dal  tribunale di Milano nel
 procedimnto civile vertente tra Anversa Stefano ed altro e  la  ditta
 Edscha Italia ed altri
 Processo  civile  -  Mancata  comparizione  delle  parti  nella prima
    udienza  -  Previsione  di  fissazione  di  udienza  successiva  -
    Cancellazione  della  causa  dal ruolo soltanto in caso di mancata
    comparizione alla nuova udienza - Violazione del principio di buon
    andamento dell'amminisrazione della giustizia.
 (C.P.C., art. 181, sostituito dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534).
 (Cost., art. 97).
(GU n.21 del 22-5-1996 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  civile,  iscritta
 al  numero  di  ruolo generale sopra riportato, discussa alla udienza
 collegiale del giorno 11 gennaio 1996, promossa con atto di citazione
 notificato  in  data  7  febbraio  1991  a  ministero   dell'aiutante
 ufficiale giudiziario addetto all'Ufficio unico notifiche della corte
 d'appello   di   Milano,   da   Anversa   Stefano  e  Anversa  Davide
 rappresentati e difesi dall'avv.  Luigi  Ratti,  come  da  mandato  a
 margine dell'atto di citazione, con domicilio eletto presso lo studio
 dello  stesso,  attore,  contro  Edscha Italia, Mautone Giuseppe, MAA
 Ass.ni s.p.a., rappresentati e difesi dall'avv. Cesare Triberti, come
 da procura in calce alla citazione notificata, con  domicilio  eletto
 presso   lo  studio  dello  stesso,  convenuti,  all'odierna  udienza
 collegiale, nessuna delle parti e' comparsa, ed il  tribunale  si  e'
 riservato di provvedere.
                                Diritto
   Il collegio solleva d'ufficio la questione di costituzionalita' del
 primo  comma  dell'art.  181  c.p.c.  quale  novellato dalla legge 20
 dicembre 1995, n. 534,  che, nel convertire in legge  il  d.-l.    18
 ottobre  1995,  n.  432,  ha aggiunto all'art. 4 del decreto, dopo il
 primo comma, il seguente:
    "Il primo comma dell'art. 181 del codice di  procedura  civile  e'
 sostituito  dal  seguente:  "Se  nessuna della parti comparisce nella
 prima udienza, il giudice fissa una udienza  successiva,  di  cui  il
 cancelliere da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle
 parti  comparisce  alla  nuova udienza, il giudice, con ordinanza non
 impugnabile dispone la cancellazione della causa dal ruolo"".
                       Rilevanza della questione
   La rilevanza della questione nel giudizio a quo risiede  nel  fatto
 che,  per effetto del richiamo operato dall'art. 309 c.p.c.  al primo
 comma dell'art. 181 c.p.c., la mancata comparizione delle  parti  nel
 corso del giudizio e, dunque, anche all'udienza collegiale, determina
 in  base  al  novellato  art. 181 non piu' la cancellazione immediata
 della causa dal ruolo, ma la fissazione di nuova udienza  di  cui  il
 cancelliere  deve  dare  notizia  alle  parti  non  comparse.   Dalla
 costituzionalita' o meno della norma in oggetto, dunque,  dipende  la
 necessita'  o meno per il giudice remittente di fissare nuova udienza
 ovvero di cancellare la causa dal ruolo.
   Come e' noto, la legge n. 353 del 26 novembre  1990,  all'art.  16,
 modificando  il precedente testo del primo comma dell'art. 181 c.p.c.
 (di  tenore  identico  a  quello  attualmente  reintrodotto),   aveva
 previsto  che  "se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza
 davanti al giudice istruttore, questi, con ordinanza non impugnabile,
 dispone la cancellazione della causa dal ruolo".
   Anche  questa  disposizione, al pari delle altre della legge n. 353
 recante "Provvedimenti urgenti per il processo civile", ha poi subito
 il noto iter per effetto del quale l'entrata  in  vigore  complessiva
 della  legge,  prevista originariamente per il 1  gennaio 1992, venne
 via via posposta e frammentata.
   Per quanto qui interessa, deve ricordarsi che per effetto dell'art.
 2, comma 5, della legge 4 dicembre 1992, n. 477, recante disposizioni
 sull'efficacia di  norme  della  legge  21  novembre  1991,  n.  374,
 istitutiva  del  giudice  di  pace e della legge 26 novembre 1990, n.
 353, contenente provvedimenti urgenti  per  il  processo  civile,  il
 novellato  testo  dell'art. 181 fu applicabile sin dal 1 gennaio 1993
 ai giudizi instaurati dopo tale data; per effetto del  d.-l.  n.  121
 del  1995,  recante  modificazioni  al previgente testo relativo alla
 disciplina transitoria prevista nella legge n. 353 del 1990, la nuova
 formulazione dell'art.181 c.p.c.  e' stata estesa a tutti  i  giudizi
 pendenti ancorche' radicati prima del 1 gennaio 1993, quale e' quello
 in esame.
              Non manifesta infondatezza della questione
   La   questione  di  legittimita'  costituzionale  del  primo  comma
 dell'art.  181 c.p.c. quale novellato dalla legge 20  dicembre  1995,
 n.  534, e' da valutarsi, a giudizio del Collegio, non manifestamente
 infondata con riguardo all'art. 97 della Costituzione.
   Alla luce dell'insegnamento  di  codesta  Corte,  l'art.  97  della
 Costituzione,  nello stabilire che i pubblici uffici sono organizzati
 secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati  il  buon
 andamento  e  l'imparzialita'  dell'amministrazione,  non  ha  inteso
 riferirsi ai soli organi della  pubblica  amministrazione,  ma  anche
 agli    organi    dell'amministrazione    della    giustizia   (Corte
 costituzionale 7 maggio 1982, n. 86; 19 gennaio 1989, n. 18).
   Il nuovo testo dell'art. 181 c.p.c. ripropone, dopo un  periodo  di
 diversa  disciplina,  l'originario  testo,  volto  ad  assicurare  ai
 procuratori costituiti l'avviso a cura della cancelleria di una nuova
 udienza  in  caso  di  mancata  comparizione  degli  stessi  ad   una
 precedente udienza.
   Come  si  evince  dalla  relazione  al  Senato  della Repubblica al
 progetto della legge n. 353/1990, l'innovazione all'art.  181  c.p.c.
 in   quella   sede   prevista   fu   determinata  da  un  intento  di
 "concentrazione del giudizio" che,  peraltro,  non  implicava  alcuna
 compromissione   delle  garanzie  difensive,  atteso  che,  comunque,
 integra  rimaneva  la  possibilita'  per  le  parti,   in   caso   di
 cancellazione  della  causa  dal ruolo, di riassumere il giudizio nel
 termine perentorio di un anno, ai sensi dell'art. 307 c.p.c.
   Al contrario, come emerge dai lavori  preparatori  della  legge  n.
 534/1995,  la  reintroduzione  dell'originario  testo  dell'art.  181
 c.p.c.  non e' stata il frutto  di  un'attenta  e  ragionata  analisi
 delle conseguenze cui aveva dato luogo il mutamento precedente, ma ha
 costituito   un   sostanzialmente  immotivato  cambiamento  di  rotta
 rispetto    all'obiettivo    della     concentrazione     processuale
 originariamente   auspicato  (cfr.     in  particolare  le  generiche
 affermazioni del rappresentante  del  Governo  -  sottosegratario  di
 stato,  avv.  Edilberto Ricciardi che, nella seduta della Commissione
 giustizia  della  Camera  dei  deputati  del  6  dicembre  1995  alle
 perplessita'  avanzate  dai  deputati Soda e Reale rispondeva che una
 richiesta in tal senso  era  "pervenuta  al  Governo  da  molte  sedi
 giudiziarie";  si  veda  anche  la  non  maggiore attenzione prestata
 all'innovazione  del  dibattito  in  aula  al  Senato   ove   l'unico
 intervento  che  si  segnala  e'  quello  del sen. Andreotti il quale
 mostrava perplessita' sull'uso lessicale del termine "comparisce"  in
 luogo di "compare").
   E'  ben  vero  che  l'attuale  testo di legge reintroduce quello in
 vigore  sin  dal  1940,   della   cui   compatibilita'   alla   Corte
 costituzionale, per quanto e' dato sapere, non si era mai dubitato.
   Ma,  a  giudizio del tribunale, la discrezionalita' del legislatore
 nel momento della codificazione e' ben diversa da quella da cui  puo'
 e  deve  essere  guidato  nel  momento  in  cui,  dopo  una  modifica
 legislativa, reintroduce il sistema anteriormente vigente, ritornando
 sui propri passi.
   A parere del tribunale, infatti, la  reintroduzione  di  una  norma
 (specie  se di natura processuale, atteso il carattere di tendenziale
 stabilita' e certezza che queste dovrebbero rivestire) dopo un  breve
 periodo  di  mutamento  dovrebbe  essere  il  frutto  di un ragionato
 ripensamento dopo  una  verifica  "sul  campo"  di  effetti  negativi
 dell'originaria  modifica; al contrario, nel caso che occupa, pare di
 poter dire che, dopo aver sperimentato gli opportuni e fausti effetti
 della  modifica  originariamente  apportata,  che   contribuivano   a
 conseguire un obiettivo di concentrazione processuale quale auspicato
 dalla  citata relazione al Senato della Repubblica, il legislatore e'
 irragionevolmente ed immotivatamente tornato  al  sistema  anteriore,
 pur  potendo, dal confronto dei due sistemi, chiaramente intendere la
 contrarieta' al buon andamento degli uffici della norma che si andava
 a ripristinare.
   Ed  infatti,   sulla   base   dell'esperienza   (di   quest'ufficio
 giudiziario,  che non puo' su tale punto non essere identica a quella
 degli altri uffici del Paese) relativa  all'applicazione  del  regime
 dell'immediata cancellazione della causa dal ruolo in caso di mancata
 comparizione delle parti, il tribunale puo' serenamente affermare che
 la  percentuale  di riassunzioni (originate, dunque, da cancellazioni
 non frutto di un definitivo  intento  di  abbandono  della  lite,  ma
 causate  da  disguidi dei procuratori, non comparsi per mero errore o
 per impedimenti in udienza) e' stata  del  tutto  marginale  e  quasi
 irrilevante (tale da poter essere indicata, sia pure con il timore di
 formulare cifre in mancanza di dati verificabili, orientativamente in
 misura  non  superiore all'1%). Per questi sporadici casi, il modesto
 disagio per i procuratori di  proporre  e  notificare  un'istanza  di
 riassunzione   (disagio,  peraltro,  generalmente  -  salvo  il  caso
 assolutamente marginale della mancata  comparizione  di  entrambe  le
 parti  per  forza  maggiore  -  "sanzionatorio"  di  una  carenza  di
 diligenza), appariva di gran lunga  superato  dal  vantaggio  per  il
 complessivo andamento dell' amministrazione.
   I  vantaggi  per  il corretto fluire degli uffici giudiziari che la
 reintroduzione dell'originario testo dell'art. 181  cancella  possono
 cosi sommariamente indicarsi:
     a)  notevoli  risparmi  di  tempo ed energie lavorative, connessi
 all'eliminazione dell'attivita' di  comunicazione  dell'ordinanza  di
 fissazione della nuova udienza.
   Nella   vigenza  del  sistema  cancellato  dalla  norma  della  cui
 costituzionalita' si dubita, in ogni caso di mancata comparizione  il
 Giudice poteva immediatamente cancellare la causa dal ruolo. Oggi, al
 contrario,  dovra' fissare nuova udienza; della stessa il Cancelliere
 dovra'  dare  comunicazione  alle  parti costituite, predisponendo un
 biglietto di cancelleria per  gli  avvisi;  la  comunicazione  dovra'
 essere  consegnata agli ufficiali giudiziari che, per ciascuna causa,
 dovranno curarne la notificazione a tutti i  procuratori  costituiti;
 il  fascicolo  relativo  alla causa rinviata ai sensi dell'art. 181 o
 309  c.p.c.,  anziche'  essere  riposto  tra   quelli   delle   cause
 cancellate,  dovra' essere nuovamente inserito tra quelli della nuova
 udienza, annotato sul ruolo di udienza, portato nuovamente al giudice
 nel giorno stabilito per la stessa,  e  solo  all'esito  della  nuova
 mancata  comparizione,  e  per il caso di rituale notificazione della
 precedente ordinanza, potra' dar luogo alla cancellazione;
     b) maggiore concentrazione del processo, non esposto, almeno  per
 quanto  riguarda le cause per le quali non si applichino le modifiche
 di cui alla legge n. 353 (cause "vecchio rito"), come  troppo  spesso
 accade,  allo  stillicidio di rinvii ai sensi dell'art. 309 c.p.c.  e
 successive istanze di differimento dei procuratori;
     c) maggiore certezza sui dati statistici degli uffici giudiziari,
 troppo spesso "gonfiati" dalla pendenza di cause in realta'  definite
 ed  in attesa solo del formale provvedimento di cancellazione, il che
 impedisce una seria  attivita'  organizzativa,  di  programmazione  e
 razionalizzazione delle forze disponibili.
   Cio',  a  giudizio  del  Tribunale,  "implica un intralcio costante
 all'attivita'  giudiziaria,  incompatibile  col  principio  del  buon
 andamento  dell'amministrazione  della  giustizia  e non giustificato
 dalle  finalita'  che  la  norma  intende  realizzare"  (cfr.   Corte
 costituzionale 19 gennaio 1989, n. 18).
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenuta  rilevante  e  non manifestamente infondata in riferimento
 all'art.  97  della  Costituzione  la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  del  primo comma dell'art. 181 c.p.c. quale novellato
 dalla legge  20  dicembre  1995,  n.  534,  nella  parte  di  seguito
 riportata  in  carattere  corsivo: "Se nessuna delle parti comparisce
 nella prima udienza davanti al giudice istruttore, questi  fissa  una
 udienza successiva, di cui
  il  cancelliere  da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna
 delle parti comparisce alla nuova udienza, il giudice  con  ordinanza
 non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo";
   Ordina  la sospensione del giudizio fino alla decisione della Corte
 cstituzionale;
   Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla cancelleria  della
 Corte costituzionale;
   Dispone  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata alle parti, al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Milano, addi' 11 gennaio 1996
                    Il presidente relatore: Fabiani
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