N. 458 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1995
N. 458 Ordinanza emessa il 30 novembre 1995 dal tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Turcato Anna Maria ed altro contro l'E.N.P.A.S. ed altri Impiego pubblico - Insegnanti - Computo della indennita' integrativa speciale nella determinazione dell'indennita' di buonuscita - Riliquidazione della buonuscita in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 243/1993 - Esclusione per i dipendenti cessati dal servizio prima del 30 novembre 1984 - Fissazione di un limite temporale arbitrario alla retroattivita' della pronuncia della Corte in quanto collegato al momento della cessazione del servizio anziche' a quello della liquidazione dell'indennita' di buonuscita in cui il credito stesso diventa liquido ed esigibile - Deteriore trattamento degli insegnanti rispetto agli altri pubblici dipendenti in conseguenza dell'obbligatorio collocamento in quiescenza dei primi a decorrere dal primo settembre di ogni anno. (Legge 29 gennaio 1994, n. 87, art. 3, primo comma). (Cost., art. 3).(GU n.21 del 22-5-1996 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2227/94, proposto da Anna Maria Turcato, Bianchin Eliana, Pozza Franco, Pianaro Giuseppina, Giacometti Maria, Lazzarato Adriana, Costantini Giovanna, Pochintesta Anna Maria, Mantese Marianna, Busa Margherita, Bertaglia Bianca e Salani Adriana, rappresentati e difesi dall'avv. Angelo Foletto, con elezione di domicilio presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell'art. 35 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054; contro l'E.N.P.A.S., in persona del suo legale rappresentante protempore, l'I.N.P.D.A.P., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, il Ministero della pubblica istruzione, in persona del Ministro pro-tempore il Provveditorato agli studi di Vicenza, in persona del Provveditore agli studi pro-tempore, la Direzione provinciale del tesoro di Vicenza, in persona del direttore pro-tempore, non costituiti in giudizio; per l'annullamento della mancata riliquidazione della buonuscita E.N.P.A.S., comprensiva di indennita' integrativa speciale, con rivalutazione e interessi al saldo, nonche' per il relativo riconoscimento del diritto ad ottenere la riliquidazione stessa; Visto il ricorso, notificato il 23 giugno 1994 e depositato presso la segreteria il 29 giugno 1994, con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Udito all'udienza pubblica del 30 novembre 1995 (relatore il consigliere Depiero) l'avv.to Foletto per i ricorrenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti rappresentano di essere stati dipendenti del Ministero della pubblica istruzione, cessati dal servizio in periodi diversi (dettagliatamente specificati), ricompresi tra il 1982 e il 1986, e di aver ricevuto, al momento della cessazione dal servizio, l'indennita' di buonuscita' E.N.P.A.S. senza il computo dell'I.I.S. (indennita' integrativa speciale) maturata con l'ultiino stipendio. Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 243 del 19 maggio 1993, e la conseguente legge 29 gennaio 1994 n. 87, essi hanno ottenuto solo una parziale liquidazione delle proprie spettanze; pertanto, col presente ricorso, chiedono l'accertamento del proprio diritto al computo totale dell'I.I.S. A sostegno delle proprie pretese propongono i seguenti motivi di doglianza: 1) violazione degli artt. 3 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1972, n. 1032, art. 1, lett. b) e d) della legge 27 maggio 1959, n. 324, e degli artt. 13 e 26 della legge 20 marzo 1975, n. 70. Motivazione illogica. Ai ricorrenti tutti sicuramente spetta l'inclusione dell'I.I.S. nel computo dell'indennita' di buonuscita, stante la sua indiscutibile natura di retribuzione differita, cosi' come l'analoga indennita' di contingenza corrisposta ai privati; 2) applicabilita' della sentenza n. 243/93 della Corte costituzionale che ha riconosciuto detta natura retributiva e la sua conseguente obbligatoria inclusione nell'indennita' di buonuscita, ancorche' non sia stata disposta l'integrale caducazione della norma impugnata, suggerendo, invece, al legislatore criteri per un'organica determinazione dell'indennita' di fine rapporto che faccia cessare qualsiasi sperequazione tra i lavoratori; 3) prescrizione quinquennale del credito e diritto alla rivalutazione monetaria e a interessi legali. Posta l'oramai indiscutibile natura di retribuzione differita della buonuscita E.N.P.A.S., ne consegue il diritto ad ottenere la rivalutazione monetaria e i relativi interessi dalla data in cui le somme dovevano essere corrisposte, e cioe', a tenore dell'art. 7 legge n. 75/1980 e 26, secondo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 1032/1975, dal centoseiesimo giorno dalla data della cessazione dal servizio. I ricorrenti hanno, successivamente, notificato, per ben due volte, motivi aggiunti. Con i primi lamentano: 1) computo dell'I.I.S. al 60%, quale acconto di quanto dovuto in sede di rideterminazione della buonuscita. Assumono i ricorrenti che, non essendosi, in quel momento, ancora verificata la globale revisione normativa, secondo i principi indicati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 243/1992, la legge n. 87/1994, con cui e' stato incluso nel computo dell'indennita' di liquidazione solo il 60% dell'I.I.S., non puo' essere considerato che come statuente un acconto sul dovuto; e anche l'art. 4 della legge in questione, che prevede l'estinzione d'ufficio delle cause pendenti alla data di entrata in vigore della legge non puo' essere applicato, se non limitatamente alla parte che sara' liquidata e dopo l'avvenuta liquidazione; 2) illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma primo, lett. b) della legge 29 gennaio 1994, n. 87, per contrasto colle prescrizioni della Corte costituzionale e con i principi di cui agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione. La legge non rispetta, infatti, gli orientamenti della Corte costituzionale, essendo rimasta ferma, per i lavoratori pubblici considerati (statali), l'inclusione nel computo della riliquidazione dell'I.I.S. solo in ragione del 60%, laddove i dipendenti degli enti locali si vedono corrisposta l'intera somma percepita a titolo di I.I.S. Residua, quindi, una disparita' di trattamento ancora piu' evidente da quando e' stato istituito un unico ente (l'I.N.P.D.A.P.) per la liquidazione del trattamento di fine rapporto a tutti i dipendenti pubblici; 3) illegittimita' costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge n. 87/1994 con riferimento all'esclusione della corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria, che contrasta, stante la natura pacificamente retributiva del trattamento di fine rapporto, con gli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione. In particolare, la lesione dell'art. 38 sarebbe evidente con riferimento ai dipendenti statali andati in pensione nell'ultimo decennio, che hanno avuto una liquidazione di buonuscita molto minore di quelli dell'ultimo anno, in rapporto all'I.I.S. che era molto modesta nel 1984 ed e' diventata sempre maggiore. La riliquidazione della buonuscita senza rivalutazione e interessi vedrebbe i pensionati del 1984 in condizione ulteriormente sperequata, posto che hanno dovuto attendere oltre un decennio per il riconoscimento del proprio diritto; 4) illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma terzo, e 3 della legge n. 87/1994, per contrasto con gli artt. 3, 36, e 97 della Costituzione. L'art. 2 prevede che il nuovo trattamento si applichi ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984, cosi' attuando una sperequazione ai danni del personale della scuola il quale, a differenza di altri dipendenti statali, cessa obbligatoriamente dal servizio dal 1 settembre dell'anno scolastico successivo all'ultimo anno di prestazione del servizio. I pensionati del settore scuola, quindi, sono necessariamente cessati dal servizio il 1 settembre 1984, ma hanno poi ricevuto la liquidazione nel dicembre 1984 o anche dopo. Per loro, pertanto, si avrebbe l'anomalo caso di una prescrizione novennale, anziche' decennale; 5) applicabilita' limitata dall'art. 4 della legge n. 87/1994, con riferimento ai giudizi pendenti, ed illegittimita' costituzionale ai sensi degli artt. 124 e 113 della Costituzione. Per non ledere i citati principi costituzionali, l'art. 4 deve essere interpretato nel senso di determinare l'estinzione delle cause pendenti solo dopo che si sia ottenuta la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita e limitatamente alla somma liquidata, dovendo le cause continuare per il residuo 40%. Col secondo atto recante ulteriori motivi aggiunti i ricorrenti lamentano, ancora: 1) illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge n. 87/1994, per contrasto con gli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione. I ricorrenti rilevano che la disparita' di trattamento nei confronti di soggetti posti in quiescenza prima del 30 novembre 1994, in altri analoghi ricorsi radicati innanzi a codesto tribunale, in esito ai quali sono stati rimessi alla Corte costituzionale alcuni articoli della legge n. 87/1994, non era stata ritenuta rilevante, posto che nessuno dei ricorrenti si trovava in siffatta situazione. Viceversa, nel ricorso oggi in esame, vi sono soggetti cessati dal servizio prima di tale data, per cui la sollevata eccezione appare rilevante. Affermano, poi, gli istanti che, per una razionale applicazione dei principi posti dalla Corte costituzionale, non si doveva prendere come limite ultimo per la riliquidazione la data di cessazione dal servizio, bensi quella di effettiva percezione della buonuscita. Inoltre, il legislatore ha male interpretato la sentenza della Corte, che non ha affatto posto un limite alla retroattivita', essendosi limitata a dichiarare incostituzionali alcune disposizioni di legge risalenti agli anni '70. Conseguentemente e' dalla data delle norme dichiarate incostituzionali che sorge il diritto alla riliquidazione; 2) ulteriori illegittimita' costituzionali sorte a seguito dell'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335. La legge n. 87/1994 si riprometteva di procedere, gradualmente, alla omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i dipendenti pubblici, per intanto riconoscendo un acconto del 60% dell'I.I.S. E, infatti, la stessa Corte costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittima la legge n. 87/1994 proprio perche' il legislatore si era riservato di provvedere in un secondo tempo a completare, anche sotto il profilo della riliquidazione dell'I.I.S., il processo di perequazione tra il settore privato e pubblico. L'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha completato il quadro, regolamentando in modo omogeneo il trattamento di fine rapporto per i privati come per i pubblici dipendenti, prevedendo che, a partire dal 1 gennaio 1996, per tutti si applichi l'art. 2120 c.c. Tuttavia, nulla viene previsto per il periodo precedente al 1 gennaio 1996, con la conseguenza che i criteri di liquidazione della buonuscita E.N.P.A.S. per i dipendenti statali, anteriormente a tale data, restano quelli di cui alla legge n. 87/1994, cioe' col limite del 60% delle spettanze. D i r i t t o Va, preliminarmente, rilevato che alcune delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate, in questa sede, dai ricorrenti sono gia' state ritenute dal tribunale adito (in altri consimili giudizi) rilevanti e non manifestamente infondate, e rimesse alla Corte costituzionale. Si veda, per tutte, l'ord. n. 131/95. Esse riguardavano, esattamente, la previsione dell'automatica estinzione dei giudizi in corso, l'obbligo di presentazione della domanda anche per coloro che avessero gia' proposto ricorso avverso il computo dell'indennita' di liquidazione, l'omessa previsione di corresponsione di rivalutazione e interessi, la determinazione del limite del 60%. Pertanto, si ritiene, per ragioni di economia processuale, di non sollevarle ulteriormente in questa sede. Gli istanti, peraltro, assumono che le norme da applicare al presente giudizio, sarebbero costituzionalmente illegittime anche sotto altri aspetti: in particolare, contrasterebbe con i principi posti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 243 del 5-19 maggio 1993, e col principio di parita', la perdurante disposizione di cui all'art. 1, lettera b) della 29 gennaio 1994, n. 87, che limita al 60% il computo dell'I.I.S. nella riliquidazione, pur dopo l'entrata in vigore della legge n. 335 dell'8 agosto 1995 che realizza la prevista omogeneizzazione, in materia, dei settori pubblico e privato; nonche' la omessa valutazione, da parte del legislatore, della peculiarita' del settore scolastico, ai fini dell'indicazione del limite temporale di applicazione della riliquidazione dell'indennita' di buonuscita. Nell'udienza di discussione, i ricorrenti hanno, anche, adombrato l'illegittimita', per irragionevolezza, della stessa data di riferimento del 31 ottobre 1983, non ancorata ad alcun comprensibile parametro. Quanto alla prima questione, relativa al limite del 60% dell'I.I.S., il collegio ritiene che essa non vada ulteriormente riproposta, sia perche', come precisato, e' stata sollevata in simili giudizi; sia perche', sulla stessa, la Corte si e' gia' pronunciata. E, invero, la Corte costituzionale (si veda, da ultimo, l'ord. n. 19 del 22-29 febbraio 1996; e, in principalita', la sentenza n. 103 del 22-31 marzo 1995) ha ribadito che la ricordata sentenza n. 243/1993 affidava al legislatore "modi e tempi" di un "adeguato" computo dell'I.I.S., sottolineando come la concreta realizzabilita' del diritto in questione ben potesse improntarsi al principio di gradualita' (nel tempo e nell'entita' delle somme da corrispondere), tenuto conto, anche, delle scelte di politica economica necessarie al reperimento delle risorse finanziarie. La Corte, cioe', pur dichiarando il principio che, per il futuro, si dovra' procedere alla omogeneizzazione del trattamento di fine rapporto sino a renderlo uguale per tutti i lavoratori senza distinzione di settore, ha disposto che, per quanto riguarda il passato, in ragione anche della non facile congiuntura economica che lo Stato attraversa, sia giusto riconoscere ai dipendenti pubblici, cui, prima, nulla era dovuto, non la totalita' del valore dell'I.I.S., bensi' una sorta di equo ristoro. L'entita' dello stesso, comunque, e' stata rimessa al prudente apprezzamento del legislatore, il quale, per i dipendenti oggi in causa, ha fissato il tetto del 60% dell'intera I.I.S. La Corte costituzionale e' stata varie volte investita del problema della rispondenza ai principi generali, cosi' come esplicitati nella sentenza n. 243/93, di tale limitazione, e si e' sempre espressa nel senso della sua ragionevolezza. I ricorrenti affermano che dette pronunce non hanno tenuto conto (ne', ovviamente, avrebbero potuto) della sopravvenuta legge n. 335 dell'8 agosto 1995, che definitivamente preclude la possibilita' di ottenere, per il periodo pregresso, la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita col computo dell'intera I.I.S. All'evidenza, la sopravvenienza di una norma che, implicitamente, conferma, la disposizione gia' dichiarata costituzionalmente corretta dalla Corte, non apporta elementi di novita' tali da indurre a riproporre la medesima questione. Diverso discorso va fatto per i profili relativi alla data ultima di riliquidazione e alla mancata considerazione, da parte del legislatore, delle peculiarita' del settore scolastico. Entrambe le questioni prospettate appaiono rilevanti e non manifestamente infondate. Quanto alla rilevanza, basti dire che i ricorrenti sono tutti dipendenti del settore scuola, e, per la maggior parte, cessati dal servizio prima del 30 novembre 1984. Per quanto concerne la non manifesta infondatezza, valgano le seguenti considerazioni. Preliminarmente, va detto che il collegio non ignora la ferma giurisprudenza della Corte costituzionale, in merito all'ampia discrezionalita' di cui gode il legislatore nel fissare il momento da cui far decorrere determinati benefici in favore dei dipendenti pubblici. Tuttavia, non si puo' non rilevare che la fattispecie all'esame presenta aspetti del tutto peculiari. Infatti, con la ricordata sentenza n. 243/93, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni che non prevedevano "meccanismi legislativi di computo dell'I.I.S., secondo criteri di riequilibro, di compensazione e di omogeneizzazione dei trattamenti di fine rapporto che devono essere stabiliti dal legislatore". Le norme limitative, in altre parole, cessano di avere efficacia, e il legislatore deve provvedere a emanare le nuove regole. L'art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, espressamente prescrive che "le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione". E', quindi, da tale data che deve farsi decorrere ogni termine connesso all'applicazione della sentenza e, in particolare, quello di prescrizione dei relativi diritti. Affermano i ricorrenti che, risalendo le disposizioni dichiarate incostituzionali agli anni '70, la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita deve riguardare tutto il successivo periodo. Questa radicale prospettazione non puo' essere condivisa, ancorche' l'effetto retroattivo della sentenza non sia disponibile per il legislatore, ma sia in re ipsa e trovi il suo solo limite nei rapporti gia' regolati in via definitiva dalla legge dichiarata incostituzionale, quali sono quelli disciplinati da sentenza avente autorita' di cosa giudicata (con la sola eccezione di cui all'art. 30, comma quarto, della legge n. 87/1953), o da atti amministrativi definitivi e inoppugnabili, ovvero per cui siano decorsi i termini di prescrizione o decadenza. Il che e' quanto esprime, sostanzialmente, l'art. 3 della legge n. 87/1994. Va, tuttavia, rilevato che se e' del tutto pacifico che "il trattamento di cui alla presente legge" si applica alle fattispecie relativamente alle quali "non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporii attinenti alla liquidazione dell'I.I.S.", non sembra trovi eguale ragionevole spiegazione la indicazione della data del 30 novembre 1993. Essa e', pare di capire, da collegarsi al termine decennale di prescrizione del relativo diritto. Orbene, la perdita di efficacia della norma dichiarata costituzionalmente illegittima avviene, come noto, a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione della sentenza: quindi e' da tale data che si retroagira' per porre i limiti della prescrizione. Con questa peculiarita': che detto effetto si verifica dal giorno successivo alla pubblicazione tramite deposito in cancelleria, per quanto riguarda il giudizio cui si riferisce la pronuncia della Corte costituzionale, laddove, erga omnes, esso viene fatto decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (ex art. 30 della legge n. 87/1953). La sentenza di cui trattasi e' stata depositata in cancelleria in data 19 maggio 1993, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 maggio 1993. Ne consegue che il termine decennale di prescrizione del diritto, nel nostro caso, andava computato retroagendo di un decennio dal giorno di cessazione di efficacia, erg omnes, della disposizione ritenuta incostituzionale, e cioe' dal 27 maggio 1993. Il legislatore, per contro, ha stabilito - non e' chiaro in base a quale logica o principio - che restano esclusi dall'applicazione del beneficio della rideterminazione (sia pure limitata), di cui all'art. 1, tutti i soggetti che siano cessati dal servizio "prima del 30 novembre 1984". Inoltre, nello stabilire tale limite, che appare del tutto arbitrario, non ha tenuto conto del fatto che, normalmente, il momento di cessazione dal servizio e quello della materiale liquidazione dell'indennita' integrativa speciale non coincidono affatto. E, all'evidenza, i termini di prescrizione di un diritto (di contenuto esclusivamente economico) non possono certo iniziare a decorrere se esso non e' certo, liquido ed esigibile; e, a questi fini, solo l'atto di pagamento della somma liquidata e' momento veramente qualificante e significativo ai fini della prescrizione. Pertanto risulta sicuramente irrazionale aver collegato la perdita del diritto alla riliquidazione, in primis, ad una data priva di giuridico significato, secondariamente ad un evento (cessazione dal servizio), in se' inidoneo ai fini della prescrizione del diritto al corretto computo dell'I.I.S. Da ultimo, sarebbe ravvisabile un ulteriore profilo di irrazionalita' e di disparita' di trattamento. Il legislatore ha fissato un limite alla retroattivita' degli effetti della sentenza della Corte costituzionale che non tiene, ingiustificatamente, conto delle peculiarita' del rapporto di lavoro degli insegnanti, i quali non sono affatto liberi di scegliere il momento che essi reputano piu' conveniente per lasciare il servizio, ma sono vincolati da ben precise norme settoriali che li pongono peraltro giustamente) obbligatoriamente in quiescenza a decorrere dal 1 settembre di ogni anno, cioe' dall'inizio dell'anno scolastico. Laddove il legislatore avesse ritenuto di poter, a sua discrezione, determinare il momento limite per l'attribuzione dei benefici di cui alla legge n. 87/1994, non avrebbe, tuttavia, pena l'illegittimita' della norma per palese disparita' di trattamento, dovuto omettere di porsi (almeno) il problema della rilevanza della obbligatoria decorrenza della cessazione del servizio degli insegnanti al 1 settembre, e, conseguentemente, apportare, per questo particolare settore, ogni necessario correttivo atto a garantire agli insegnanti un trattamento pari (e non deteriore) rispetto a quello di tutti gli altri dipendenti del comparto statale. Sul punto, correttamente i ricorrenti fanno presente che, in questo modo, la regola generale della prescrizione decennale dei diritti, per gli insegnanti, risulterebbe violata, posto che, solo per loro, si verificherebbe un caso di prescrizione novennale. Inoltre, come regola generale, il legislatore avrebbe certo potuto determinarsi in senso piu' favorevole, per i destinatari della sentenza della Corte costituzionale (ad esempio, stabilendo di farne retroagire gli effetti per 15 anni), ma non poteva, senza violare il limite di ragionevolezza, porre limiti piu' restrittivi di quelli fisiologicamente connessi alle pronunce di incostituzionalita' delle norme. Conclusivamente, valutata la rilevanza delle questioni prospettate, posto che le disposizioni sospettate di incostituzionalita' debbono necessariamente applicarsi al caso in oggetto, e la loro non manifesta infondatezza, per le ragioni esposte, si deve disporre la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q .M Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 29 gennaio 1994, n. 87, per violazione del principio di ragionevolezza e dell'art. 3 della Costituzione, sotto un duplice profilo, ed esattamente: per aver fissata la data del 31 ottobre 1983 senza tener conto dei principi generali in tema di efficacia retroattiva delle sentenze della Corte costituzionale e per non aver tenuto in considerazione la peculiarita' delle modalita' di cessazione dal servizio degli isegnanti, con cio' trattando in modo eguale situazioni sostanzialmente diverse; Sospende il giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione delle prospettate questioni di legittimita' costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Venezia, il 30 novembre 1995. Il presidente: Trivellato L'esternsore: Depiero 96C0663