N. 460 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 1996

                                N. 460
  Ordinanza emessa l'11  gennaio  1996  dal  tribunale  amministrativo
 regionae  per  l'Abruzzo,  sezione  staccata  di  Pescara sul ricorso
 proposto dall'Associazione della proprieta' edilizia della  provincia
 di Chieti ed altra contro il comune di Chieti ed altri.
 Tributi  in  genere - I.C.I. - Aliquota - Determinazione - Competenza
    attribuita alla giunta comunale - Lamentato eccesso  di  delega  -
    Lesione  del  riparto  di  competenza tra consiglio e giunta e del
    principio della riserva di legge in materia tributaria.
 (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 6 e 18).
 (Cost., artt. 23, 76, 77 e 128).
(GU n.21 del 22-5-1996 )
                      IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  474/1993,
 proposta dalla Associazione della proprieta' edilizia della provincia
 di  Chieti,  in  persona  del presidente pro-tempore, e da Sebastiani
 Daniela, entrambi rappresentati e  difesi  dall'avv.  Carlo  P.M.  de
 Cata,  elettivamente  domiciliati  presso  il  proprio  difensore  in
 Pescara, via Bramante, 7; contro il comune di Chieti, in persona  del
 sindaco  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso dagli avv.ti Giuliano
 Trifone, Patrizia  Tracanna  e  Marco  Morgione  dell'ufficio  legale
 dell'ente,  elettivamente  domiciliato  con  i  propri  difensori  in
 Pescara, presso la segreteria di questo  tribunale;  e  il  Ministero
 delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore, ed il prefetto di
 Chieti,  entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale
 dello Stato di  L'Aquila,  presso  cui  per  legge  domiciliano;  per
 l'annullamento  della deliberazione 26 febbraio 1993, n. 4382/cp, con
 la  quale  il  Commissario  prefettizio  del  comune  di  Chieti   ha
 determinato  per  l'anno  1993 l'aliquota dell'Imposta comunale sugli
 immobili  (I.C.I.),  nonche'  degli  atti  presupposti,  connessi   e
 conseguenti.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti  gli  atti  di costituzione in giudizio del comune di Chieti,
 del Ministero delle finanze e del prefetto di Chieti;
   Viste  le  memorie  prodotte  dalle  amministrazioni  resistenti  a
 sostegno delle proprie ragioni;
   Visti gli atti tutti del giudizio;
   Data per letta alla pubblica udienza dell'11 gennaio 1996 relazione
 del  consigliere  Michele  Eliantonio e uditi, altresi', l'avv. Carlo
 P.M. de Cata per i ricorrenti, l'avv. Giuliano Trifone per il  comune
 di  Chieti  e  l'avv.  dello  Stato Arturo Coccoli le amministrazioni
 statali resistenti;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Il commissario prefettizio del comune  di  Chieti  -  nominato  con
 decreto 8 febbraio 1993, n. 401/13 Gab., del prefetto della provincia
 di  Chieti  per  l'esercizio delle attribuzioni spettanti alla Giunta
 municipale - con deliberazione  26  febbraio  1993,  n.  4392/CP,  ha
 determinato  nella  misura del 7 per mille per l'anno 1993 l'aliquota
 dell'Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) e cio' sulla  base  del
 rilievo  che  nel  bilancio  di previsione dell'esercizio finanziario
 1993   dell'ente   era   iscritto   disavanzo   di    amministrazione
 dell'esercizio  1992  per l'importo di oltre dodici miliardi, per cui
 vi era necessita' di attivare "tutte le possibilita' di  entrare  per
 l'Ente  ai  piu'  alti  livelli  consentiti,  al  fine di assicurare,
 unitamente  a  tutte  le  previsioni  riportate   in   bilancio,   il
 riequilibrio  della  gestione  e la copertura finanziaria delle spese
 previste"   e   che   tale   necessita'   era   configurabile   quale
 "straordinaria esigenza di bilancio".
   Avverso   tale   atto  deliberativo  sono  insorti  dinanzi  questo
 Tribunale  sia  l'Associazione  della   proprieta'   edilizia   della
 provincia  di  Chieti,  aderente  alla  Confederazione italiana della
 proprieta' edilizia, che la signora Sebastiani Daniela,  proprietaria
 di un'unita' immobiliare in Chieti.
   Hanno  dedotto  a  tal  fine  le  censure  di eccesso di potere per
 carenza di motivazione, di incompetenza e di violazione dell'art.  6,
 secondo  comma, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dell'art. 19 del
 r.d.  3 marzo 1934, n. 383, e della legge  7  agosto  1990,  n.  241,
 osservando   che  la  deliberazione  impugnata  non  conterrebbe  una
 analitica motivazione in ordine alla effettiva situazione finanziaria
 del  comune  e  che  il  Prefetto  non  avrebbe  potuto  nominare  un
 Commissario  per l'esercizio delle attribuzioni spettanti alla Giunta
 municipale, atteso che il Consiglio comunale non era stato sciolto.
   In via subordinata, i ricorrenti hanno prospettato l'illegittimita'
 costituzionale delle seguenti  norme  poste  a  fondamento  dell'atto
 impugnato:
     a)  degli artt. 2, primo comma, del d.-l. 23 gennaio 1993, n. 16,
 e dell'art. 5, primo, secondo e quarto comma, del d.lgs. 30  dicembre
 1992,  n.  504,  per  contrasto  con  gli  artt.  24, 101 e 113 della
 Costituzione,   perche'   tali   norme    tenderebbero    a    sanare
 l'illegittimita'   del   d.m.   delle  finanze  20  gennaio  1990  di
 determinazione  degli  estimi  catastali  in  corso  di   definizione
 giudiziale;
     b)  degli artt. 2, primo comma, del d.-l. 23 gennaio 1993, n. 16,
 e dell'art. 5, primo, secondo e quarto comma del d.lgs.  30  dicembre
 1992,  n.  504,  per  contrasto con gli artt. 3 e 97 Costituzione, in
 quanto sanano ex post atti amministrativi illegittimi;
     c) dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e del  capo  I
 del  d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per contrasto con gli artt.  3,
 42, terzo comma, e 53 Costituzione, perche' tali  norme  istituiscono
 un'imposta   "patrimoniale",   in   violazione  del  principio  della
 "capacita' contributiva".
   Il comune di Chieti si e' costituito  in  giudizio  e  con  memoria
 depositata  il  18  ottobre  1995 ha difeso la legittimita' dell'atto
 deliberativo impugnato.
   Il Ministero delle  finanze  ed  il  prefetto  di  Chieti  si  sono
 costituiti  in  giudizio  a  mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello
 Stato  di  L'Aquila,  che  con  memoria  depositata  ha  diffusamente
 contestato il fondamento delle doglianze dedotte.
                             D i r i t t o
   Con  il  ricorso in esame - come sopra esposto - e' stata impugnata
 la deliberazione 26 febbraio  1993,  n.  4382/CP,  con  la  quale  il
 Commissario  prefettizio  del  comune  di Chieti ha determinato nella
 misura  del  7  per  mille  l'aliquota  dell'Imposta  comunale  sugli
 immobili  (I.C.I.)   per l'anno 1993; sono stati impugnati, altresi',
 tutti gli atti presupposti, tra cui il decreto 8  febbraio  1993,  n.
 401/13.Gab.,  del  prefetto  della  provincia di Chieti di nomina del
 predetto Commissario.
   Nei confronti di tale atto presupposto gli istanti - nel denunciare
 la dell'art. 19 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, e della legge 7 agosto
 1990, n. 241 - si lamentano del fatto che  il  prefetto  non  avrebbe
 potuto  nominare  un  Commissario  per l'esercizio delle attribuzioni
 spettanti alla giunta municipale, atteso che  il  consiglio  comunale
 non era stato sciolto.
   Ritiene  la  Sezione  che  tale  doglianza  sia priva di pregio, in
 quanto nel caso di specie il Prefetto  ha  fatto  specifico  uso  dei
 poteri  ad esso conferiti dal predetto art. 19 del r.d. 3 marzo 1934,
 n.  383, espressamente fatto salvo dall'art. 64,  lettera  c),  della
 legge 7 agosto 1990, n. 241.
   Nei  confronti, poi, dell'atto deliberativo di determinazione della
 aliquota  dell'I.C.I.  nella  misura  massima  del  7  per  mille   i
 ricorrenti  si  dolgono  nella  sostanza  del  fatto  che  tale  atto
 deliberativo sia privo di adeguata motivazione.
   Il Collegio ritiene che anche tale doglianza non abbia pregio.
   Prescindendo,  invero,  dall'esaminare  la  questione  se  un  atto
 normativo  quale  quello  impugnato  debba  -  alla luce del disposto
 dell'art. 3, secondo comma, della legge  7  agosto  1990,  n.  241  -
 essere  fornito  o  meno  di  specifica  motivazione (tale obbligo di
 motivazione non e' stato in generale ritenuto  sussistente  da  Cons.
 St.,  VI,  13 giugno 1995, n. 583, mentre una adeguata motivazione in
 relazione al fabbisogno finanziario  del  comune  e'  stata  ritenuta
 necessaria da T.A. R. Umbria, 11 maggio 1995, n. 163, con riferimento
 specifico  ad  una deliberazione comunale di fissazione dell'aliquota
 (I.C.I.), deve rilevarsi che l'atto deliberativo impugnato appare nel
 caso di specie - come sopra accennato  nell'esposizione  in  fatto  -
 sorretto da un'adeguata motivazione.
   Alla  luce  di  tali  considerazioni  il ricorso in esame dovrebbe,
 pertanto, essere respinto.
   Ritiene,  tuttavia,  il  Collegio   di   sollevare   questione   di
 legittimita' costituzionale degli artt. 6 e 18 del d.lgs. 30 dicembre
 1992,  n.    504,  nella parte in cui prevedono che la determinazione
 dell'aliquota  venga  stabilita  con  "deliberazione   della   giunta
 comunale",   in  quanto  tali  norme  sembrano  presentare  specifici
 elementi di contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione.
   Come e' noto,  invero,  tali  norme  costituzionali  prevedono  che
 l'esercizio  della  funzione  legislativa  possa  essere  delegata al
 Governo "se  non  con  determinazione  dei  principi  e  dei  criteri
 direttivi"  e per "oggetti definiti" e che il Governo "non puo' senza
 delegazione delle Camere emanare decreti che abbiano valore di  legge
 ordinaria".
   Cio'   posto,  sembra  al  Collegio  che  le  previsioni  normative
 contenute nei predetti artt. 6 e 18, nella parte in cui attribuiscono
 alla  giunta  comunale  la  competenza   a   determinare   l'aliquota
 dell'imposta comunale sugli immobili, abbiano inciso - pur in assenza
 di specifica delega in tal senso ed in violazione dell'art. 128 della
 Costituzione  -  sul  riparto delle competenze tra consiglio e giunta
 quale delineato dalla  normativa  vigente,  avente  valore  di  legge
 ordinaria.
   Infatti,  la  legge  8 giugno 1990, n. 142, dopo aver introdotto il
 principio generale della competenza  specifica  del  consiglio  (art.
 32)   e  residuale  della  giunta,  ha  disposto  che  tra  gli  atti
 fondamentali  che  il  consiglio  puo'  deliberare  rientrano  quelli
 inerenti  "l'istituzione  e  l'ordinamento  dei  tributi"  (art.  32,
 lettera g).
   La norma in parola, cioe', ha attribuito alla specifica  competenza
 del  consiglio,  ovverossia  all'organo  "di indirizzo e di controllo
 politico-amministrativo",  il  potere  di  adottare  tutti  gli  atti
 fondamentali  relativi alla disciplina dei tributi. E tale previsione
 normativa si pone, peraltro,  in  linea  con  tutta  la  legislazione
 vigente  relativa alla determinazione delle aliquote dei vari tributi
 locali, che ha espressamente attribuito tale competenza al  consiglio
 comunale.
   Giova,   inoltre,   in   merito   ulteriormente  puntualizzare  che
 l'attribuzione  al   consiglio   di   tale   competenza   in   ordine
 all'istituzione  ed  all'ordinamento  dei  tributi  si  pone anche in
 stretta  connessione  con  due  ulteriori  competenze   espressamente
 attribuite   dalla   legge   al  consiglio:  l'esercizio  del  potere
 regolamentare e l'approvazione del bilancio.
   Quanto  alla  prima  deve  osservarsi  che  -  con  riferimento  al
 principio  della  riserva  di  legge  in  materia  tributaria  di cui
 all'art. 23 della Costituzione - la potesta'  degli  enti  locali  di
 integrare   la  disciplina  legislativa  in  materia  tributaria  con
 disposizioni che  la  completano  appare  conforme  al  disposto  del
 predetto  art.  23  solo  ove disposta con atti generali ed astratti;
 mentre  in  relazione  alla  seconda  appare  evidente   la   stretta
 connessione  delle scelte relative alla materia tributaria con quelle
 effettuate in sede di approvazione del bilancio.
   In  definitiva,  sembra  al  Collegio  che  in  base  alla  vigente
 normativa  in materia di riparto di competenze tra consiglio e giunta
 comunale la determinazione dell'aliquota del tributo in parola doveva
 essere disposta dal consiglio.
   Con i predetti art. 6 e  18,  pero',  il  legislatore  delegato  ha
 inciso  su tale normativa vigente attribuendo alla giunta comunale la
 competenza  a  deteminare  l'aliquota  dell'imposta  comunale   sugli
 immobili  e cio' pure in assenza di specifica delega in tal senso. La
 legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, infatti, con l'art.  4  non  ha
 conferito  all'Esecutivo  espresso  mandato  in  tal  senso, ma si e'
 limitata  a  delegare  il  Governo  a  prevedere,  tra  l'altro,   la
 possibilita'   da   parte  del  "Comune"  di  determinare  l'aliquota
 dell'imposta (art. 4, n. 6), senza ovviamente incidere - nel silenzio
 della legge delega - sul vigente riparto di competenze tra gli organi
 comunali.
   In estrema sintesi non  sembra  che  il  Governo  avesse  avuto  in
 materia  quella  "delegazione  delle  Camere  ad  emanare decreti che
 abbiano valore di legge ordinaria" che richiede il predetto  art.  77
 della Carta costituzionale.
   Per  concludere,  in  base  alle  considerazioni  che  precedono il
 sospetto di illegittimita' costituzionale dei predetti artt. 6  e  18
 appare non manifestamente infondato.
   Circa  la  rilevanza  della  questione  ai  fini  del  decidere, va
 evidenziato che la sorte del ricorso  -  come  gia'  detto  -  appare
 indissolubilmente  legata all'esito del giudizio di costituzionalita'
 della norma predetta, dal momento che la domanda dei ricorrenti  puo'
 essere  accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione
 di legittimita' costituzionale.
   Questo Collegio ritiene, quindi, di  sollevare  nei  limiti  e  nei
 sensi  sopra  indicati  la  questione  di legittimita' costituzionale
 degli artt.  6  e  18  del  d.lgs.  30  dicembre  1992,  n.  504,  in
 riferimento  agli  artt.  76 e 77 della Costituzione, con contestuale
 sospensione  del  presente  giudizio   sino   all'esito   di   quello
 incidentale di legittimita' costituzionale.
                               P. Q. M.
   Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,   1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n.  87,  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,   in
 relazione  agli  artt.    23,  76,  77  e  128 della Costituzione, la
 questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  6  e  18  del
 d.lgs. 30 dicembre 1992, n.  504;
   Sospende  il  giudizio  instaurato  dai  ricorrenti  con il ricorso
 specificato  in  epigrafe  fino  alla  conclusione   della   deferita
 questione  di  legittimita'  costituzionale e dispone la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che a cura della Segreteria di questo tribunale la  presente
 ordinanza  sia  notificata  alle  parti in causa ed al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del Parlamento;
   Ordina   che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'Autorita'
 amministrativa.
   Cosi' deciso in Pescara l'11 gennaio 1996.
                        Il presidente: Magliulo
                                 Il consigliere, estensore: Eliantonio
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