N. 464 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 1995

                                N. 464
  Ordinanza  emessa  il  12  dicembre  1995  e  il 7 febbraio 1996 dal
 tribunale amministrativo regionale per la Puglia sui ricorsi  riuniti
 proposti da Guido Licio contro la regione Puglia
 Pensioni - Regione Puglia - Dirigenti - Limite massimo della pensione
    - Previsione del computo degli anni richiesti per il massimo della
    pensione  dei  servizi  riscattabili e ricongiungibili anziche' di
    quelli riscattati e ricongiunti con atto formale,  come  stabilito
    per  i  dipendenti  statali - Deteriore trattamento dei dipendenti
    della regione Puglia rispetto agli statali - Invasione della sfera
    di competenza statale in materia di pensioni.
 (Legge regione Puglia 31 dicembre 1991, n. 16, art. 1).
 (Cost., artt. 3 e 117; d.-l. 27  dicembre  1989,  n.  417;  legge  28
 febbraio 1990, n. 37).
(GU n.21 del 22-5-1996 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 1757 e
 2006  del  1995,  proposti  da  Guido  Licio,  rappresentato e difeso
 dall'avv.  Nicolo'  Gesmundo  e  presso  il  medesimo   elettivamente
 domiciliato in Bari, via A. da Bari, 35, contro la regione Puglia, in
 persona   del   presidente   pro-tempore   della   Giunta  regionale,
 rappresentata e difesa dall'avv. Ida Maria Dentamaro, e con domicilio
 eletto presso il medesimo, in Bari, piazza Garibaldi n. 23;
   Per l'annullamento col ricorso n. 1757/1995:
     A) del provvedimento della regione  Puglia,  Assessorato  riforme
 istituzionali,  settore personale, Ufficio stato giuridico, prot.  n.
 30/11627/P, a firma del dirigente del settore (dott.  A.  Di  Summa),
 con  il  quale  e'  stata  rigettata  l'istanza del ricorrente per il
 trattenimento in servizio fino al 70 anno di eta', previa revoca  del
 riscatto degli anni di Universita', presentata in data 6 marzo 1995;
     B) del provvedimento della regione Puglia, Settore organizzazione
 e  gestione  delle  risorse  umane,  comunicato con nota del 6 luglio
 1995, prot. n. 30/1420/P, con cui e' stato disposto il collocamento a
 riposo del ricorrente a far data dal 31 agosto 1995;
   Col  ricorso  n.  2006/1995:  della  deliberazione   della   Giunta
 regionale  della  Puglia  n.  3686 dell'8 agosto 1995 con la quale si
 respinge l'istanza del ricorrente volta al trattenimento in  servizio
 fino  al  settantesimo anno di eta' e si conferma che lo stesso sara'
 collocato  in  quiescenza  dal  1  settembre  1995,  con  conseguente
 cancellazione, in pari data, dai ruoli regionali;
   Visti i sopra menzionati ricorsi, con i relativi allegati;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti delle cause;
   Relatore alla pubblica udienza del 12 dicembre 1995 il cons. Renato
 Fiandaca e uditi altresi' l'avv. Nicolo' Gesmundo per il ricorrente e
 l'avv. Vito Aurelio Pappalepore in sostituzione  dell'avv.  Dentamaro
 per la resistente regione Puglia;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.
                               F a t t o
   Il  ricorrente,  dirigente  regionale in servizio presso la regione
 Puglia, con qualifica di coordinatore dell'Ufficio del  genio  civile
 di Bari, espone di aver presentato domanda, in data 6 marzo 1995, con
 la   quale   chiedeva  di  essere  trattenuto  in  servizio  fino  al
 settantesimo anno di eta'.
   Assumeva esso  istante  di  aver  maturato  alla  detta  data,  una
 anzianita'  di  servizio utile a pensione di anni 42 (essendo entrato
 in ruolo in data 1 ottobre 1959), comprensivi pero' di  cinque  anni,
 pari  al  corso legale degli studi di laurea in ingegneria, ammessi a
 riscatto con decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 7787 del 18
 febbraio 1981. Esso istante infatti proveniva dai ruoli  statali  del
 detto ministero, ed era di poi transitato in quelli della regione.
   Con la detta domanda l'ing. Guido dichiarava di revocare la domanda
 relativa  all'ammissibilita'  a  riscatto del detto periodo del corso
 legale degli studi universitari, di  talche',  non  raggiungendo  col
 solo  servizio  effettivo  il  tetto  massimo  di anni 40, egli aveva
 diritto a permanere in servizio  fino  al  raggiungimento  del  detto
 tetto massimo, e, comunque, non oltre i settanta anni di eta'.
   Nel senso della revocabilita' della domanda di riscatto dei periodi
 utili  a pensione si era infatti da tempo attestata la giurisprudenza
 della Corte dei conti, che  aveva  considerato  tale  domanda  sempre
 revocabile,  fino  a  che  la  domanda  stessa  non avesse conseguito
 effetti  concreti  con  la  effettiva  liquidazione  del  trattamento
 pensionistico.
   La  domanda  veniva  tuttavia  rigettata  con   provvedimento   del
 responsbile  del  settore personale della regione del 19 aprile 1995,
 prot. n.  30/11627/P, e con successivo fonogramma del 6 giugno  1995,
 si confermava che alla data del 31 agosto 1995 il dirigente in parola
 doveva cessare dal servizio attivo.
   Per  l'annullamento  dei detti provvedimenti insorgeva, col ricorso
 n. 1757/1995, l'ing. Licio Guido, che li impugnava per violazione dei
 principi in materia di riscatto dei periodi utili a pensione ex  art.
 13  del  d.P. R. n. 1092/1973, violazione della legge regionale della
 Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (art. 1) che consentiva la  permanenza
 in  servizio  dei  dirigenti  regionali ai fini del conseguimento del
 massimo della pensione.
   Essendo infatti in facolta' del dipendente riscattare i periodi  di
 servizio, l'istanza di riscatto poteva esser legittimamente revocata,
 almeno fino al momento di conseguimento effettivo della pensione, con
 diritto anche alla restituzione dei contributi versati.
   Venuta   meno   la  considerabilita'  dei  detti  periodi  ai  fini
 pensionistici,  che  legittimamente  esso   istante   doveva   essere
 trattenuto  in  servizio  fino  al  raggiungimento  del massimo della
 pensione calcolando il servizio effettivo e, comunque, non  oltre  il
 settantesimo anno di eta'.
   Con  motivata  ordinanza  n.  368 del 26 luglio 1995 questa Sezione
 accoglieva la richiesta di sospeniva proposta in via incidentale  dal
 ricorrente  e,  attesa la necessita' di una sollecita definizione del
 ricorso nel merito, fissava direttamente l'udienza di  merito  al  15
 novembre 1995, non essendosi costituita l'Amministrazione regionale.
   Con  successivo  ricorso,  notificato  in  data  11  agosto  1995 e
 rubricato al n. 2006/1995 l'ing. Guido ha impugnato  la  delibera  di
 g.r.  n.    3686 dell'8 agosto 1995 con la quale la Giunta regionale,
 prendendo nuovamente ed autonomamente in  considerazione  la  domanda
 del   Guido   "nell'ambito   delle   proprie  competenze  esclusive",
 successivamente all'intervento dell'ordinanza cautelare  n.  368/1995
 di  questo tribunale, la ha definitivamente rigettata, confermando il
 collocamento a riposo del Guido alla data del 1 settembre  1995,  con
 conseguente cancellazione, in pari data, dal ruolo regionale.
   Il Guido ripeteva sostanzialmente, arricchendole, le considerazioni
 e  le  doglianze  gia'  espresse  col  precedente gravame, lamentando
 altresi' l'elusione del provvedimento  cautelare  gia'  ottenuto  nel
 ricorso n. 1757/1995.
   Si  costituiva  in  giudizio  la  regione  Puglia  (che  si  e' poi
 costituita anche nel precedente  ricorso)  resistendo  al  gravame  e
 sostenendone  la  totale  infondatezza  alla  luce della legislazione
 vigente.
   Con ordinanza n. 397 del 30 agosto 1995 questo tribunale ha sospeso
 l'efficacia del nuovo  provvedimento  di  reiezione  dell'istanza  di
 revoca  del  provvedimento  di  riscatto  degli  anni di laurea e del
 contestuale collocamento a riposo.
   Entrambi i ricorsi sono stati chiamati all'udienza del 15  novembre
 1995.
   La  regione  Puglia  ha  insistito  per  l'infondatezza dei ricorsi
 proposti (dei quali  ha  chiesto  in  via  preliminare  la  riunione)
 attesto che la lettera dell'art. 1 della legge regionale n. 16 del 31
 dicembre  1991 (volta a disciplinare il trattenimento in servizio dei
 dirigenti regionali che non raggiungano il  massimo  della  pensione)
 parla  espressamente  di  servizi  "riscattabili  e ricongiungibili",
 quale base  di  computo  per  gli  anni  utili  a  pensione  ai  fini
 dell'eventuale trattenimento in servizio.
   Parte  ricorrente  ha  replicato  insistendo per l'accoglimento del
 ricorso e sottolineando che all'atto della pubblicazione della  legge
 regionale,  il  Commissario  di Governo, a nome del Governo centrale,
 aveva aggiunto la seguente clausola "Il Governo ha peraltro osservato
 che le disposizioni  dell'art.  1  devono  trovare  applicazione  nel
 rispetto   delle   condizioni   di  cui  alla  normativa  statale  di
 riferimento, in relazione anche  ai  principi  riferiti  dalla  Corte
 costituzionale con sentenza n. 186/1990".
   Orbene  i  principi  della  legislazione  statale in riferimento, e
 cioe' il d.-l. n. 413/1989, convertito in legge n. 37/1990 erano  nel
 senso  della  computabilita' solo dei servizi formalmente riscattati,
 non gia' di quelli comunque "riscattabili". E nella specie la domanda
 di riscatto era stata formalmente revocata,  il  che  doveva  rendere
 privi  di effetti la domanda a suo tempo presentata da esso istante e
 lo stesso decreto ministeriale che il riscatto aveva concesso.    Ove
 poi  la  norma  regionale fosse da interpretarsi in maniera restritti
 va, la stessa veniva censurata per illegittimita' costituzionale,  in
 quanto confliggente con parametri costituzionali di ragionevolezza ed
 eguaglianza,  che  imponevano  un  eguale  trattamento  di situazioni
 consimili.   Entrambi  i  ricorsi  sono  stati  discussi  all'udienza
 pubblica  del  12 dicembre 1995 nella quale i procuratori delle parti
 hanno insistito nelle rispettive posizioni.
   Indi in pari data il Collegio ha riservato entrambe le cause per la
 decisione.
                             D i r i t t o
   Il ricorrente impugna, con il primo ricorso, la  nota  in  data  19
 aprile  1995  dell'Assessorato regionale al personale con la quale e'
 stata respinta la sua istanza volta  alla  revoca  della  domanda  di
 riscatto  del  corso  legale  degli studi di laurea ed il susseguente
 fonogramma in data 6 luglio 1995 con il quale il  medesimo  Dirigente
 del  settore  personale  confermava  che  -  a  sensi  della legge n.
 421/1992 - esso ing. Guido doveva cessare dal servizio a far data dal
 31 agosto 1995.   Con il successivo  gravame,  avente  n.  2006/1995,
 l'ing.  Guido  ha poi impugnato la delibera della Giunta regionale n.
 3686 dell'8 agosto 1995 con la quale  la  Giunta,  dopo  l'intervento
 dell'ordinanza  cautelare  di  questo  tribunale  di  sospensiva  dei
 summenzionati provvedimenti, ha confermato, con sua  motivazione,  il
 provvedimento  del  dirigente  del  settore personale, confermando la
 reiezione della domanda presentata dal Guido e il suo collocamento  a
 riposo  per raggiunti limiti di eta' a far data dal 1 settembre 1995,
 dandone altresi' atto che il  Guido  aveva  beneficiato  del  biennio
 della permanenza in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta'
 ai  sensi  del  d.-l.  n.  503/1992 applicativo della legge delega n.
 421/1991.
   Il ricorrente fonda la sua domanda giudiziale sul presupposto della
 revocabilita' della domanda  di  riscatto  e/o  ricongiungimento  dei
 servizi  pre-ruolo  e,  nella specie, del corso legale degli studi di
 laurea, a suo tempo presentata  all'Amministrazione  di  appartenenza
 (il  Ministero  dei lavori pubblici) a sensi dell'art. 13 del d.P. R.
 29 dicembre 1973, n. 1092 ed accolta dal predetto Ministero con  d.m.
 18  febbraio  1981,  prodotto  in atti.   A sostegno della fondatezza
 dell'istanza    avanzata,    e    della    conseguente    impugnativa
 giurisdizionale   il   ricorrente   richiama   il   recente  e  fermo
 orientamento della Corte dei conti, sezione Controllo Stato e Sezioni
 giurisdizionali  pensionistiche  a  star  del  quale  la  domanda  di
 riscatto di periodi di servizio pre-ruolo ovvero dei periodi comunque
 ammissibili  a riscatto, quali quelli afferenti la durata complessiva
 del  corso  degli  studi  di  laurea,  sia  sempre   revocabile   dal
 dipendente, ancorche' sia stato emanato il provvedimento di riscatto,
 fino  a  quando,  con  il provvedimento effettivo di erogazione della
 pensione, la  domanda  stessa  abbia  sortito  effetti  concreti  sul
 trattamento  pensionistico  del  dipendente (in tali sensi, Corte dei
 conti, Sezione Controllo Stato, 30 gennaio 1991, n. 12; id.  6  marzo
 1991,  n.  27,  Corte  Conti  Sezione IV Pens. Mil. 6 aprile 1992, n.
 78863).
   La  regione  Puglia  si  oppone  all'accoglimento   della   domanda
 proposta,  rilevando  da  un canto la tardivita' dell'impugnativa, in
 quanto sarebbe fuori termine rispetto alla  nota  del  dirigente  del
 settore  personale  di comunicazione del rigetto dell'istanza (del 19
 aprile 1995)  e  dall'altro  la  sua  infondatezza  nel  merito,  non
 potendosi  procedere  alla  revoca  della domanda di riscatto dopo il
 formale provvedimento di ammissione a riscatto dei periodi richiesti,
 periodi nella specie riconosciuti valutabili  al  dipendente  con  il
 ridetto decreto ministeriale del 18 febbraio 1981.
   Comunque  la  questione della revocabilita' o meno della domanda di
 riscatto sarebbe inconferente, in quanto la specifica legge regionale
 della Puglia n. 16 del 31 dicembre 1991 nel prevedere la possibilita'
 di permanenza in  servizio  del  personale  regionale  con  qualifica
 dirigenziale  che  non  abbia  maturato  il  massimo  della pensione,
 considera espressamente,  al  fine  del  raggiungimento  del  massimo
 pensionabile,  tutti  i periodi "ricongiungibili e riscattabili", con
 conseguente irrilevanza della domanda  di  revoca  presentata,  nella
 fattispecie, dal dipendente.
   Parte  istante  ha  controdedotto  alle  affermazioni  della difesa
 regionale, considerando  che  alcuna  prova  vi  era  in  atti  della
 notifica  della nota regionale del 19 aprile 1995, solo essendo stata
 apposta sulla  copia  prodotta  dall'Ente  una  "annotazione",  circa
 l'avvenuto  inoltro  della  nota stessa in data 21 aprile 1995, e che
 dall'altro l'espressione  "servizi  riscattabili  e  ricongiungibili"
 dovesse  essere  interpretato  nel senso coerente con le disposizioni
 della  legge  statale  disciplinante   la   materia,   anche   attesa
 l'annotazione apposta in calce al provvedimento legislativo regionale
 per  volonta'  del  Commissario  del  Governo della regione Puglia, e
 pubblicata  di  seguito  alla  legge  regionale  sia  nel  Bollettino
 ufficiale  della  regione  Puglia  n.  1 del 2 gennaio 1992 che nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica (3 serie speciale) n. 20  del  23
 maggio 1992.
   In  caso  di  diversa  interpretazione,  parte istante ha formulato
 eccezione di incostituzionalita' della speciale normativa  regionale,
 non  coerente  con  quella  statale e fonte di evidente disparita' di
 trattamento fra dirigenti regionali e dirigenti  statali,  come  tale
 confliggente con l'art. 3 della carta costituzionale.
   Orbene rileva il Collegio in via preliminare che le due impugnative
 vadano riunite al fine di essere decise con unica sentenza.
   Esse  infatti, proposte dallo stesso ricorrente avverso la medesima
 amministrazione   regionale,   riguardano   la   stessa   fattispecie
 sostanziale  avendo  la  Giunta regionale, per vero unica competente,
 confermato,  con  nuova  ed  autonoma  valutazione  e   con   propria
 motivazione  il  provvedimento di dinego gia' formulato dal dirigente
 del settore con la nota 19 aprile 1995 e con il successivo fonogramma
 del 6 luglio 1995.
   Ne' puo' dubitarsi nella specie dell'ammissibilita' e tempestivita'
 dell'impugnativa, posto che  da  un  canto  nessuna  prova  e'  stata
 fornita  della  notifica e/o della data di piena conoscenza, da parte
 del ricorrente, della nota 19 aprile 1995 (che l'amministrazione,  in
 virtu'  di  una  mera annotazione sulla minuta, assume "trasmessa" in
 data 21 aprile 1995), e che dall'altro, il primo  vero  provvedimento
 che  ha  disposto  il  collocamento  a  riposo - sia pure da parte di
 organo non competente - e' stato il succinto fonogramma del 6  luglio
 1995,  atto  con  il  quale  il  dirigente  regionale  in  parola  ha
 comunicato all'istante che la cessazione dalla permanenza in servizio
 attivo sarebbe avvenuta in data 31 agosto 1995.
   Ma altri argomenti soccorrono a fondamento  della  reiezione  delle
 eccezioni regionali.
   E'  infatti  da ricordare che un recente orientamento del Consiglio
 di Stato, espresso dalla VI Sezione, sent. 15 luglio 1993, n. 537, ha
 affermanto che "le determinazioni  che  l'amministrazione  adotti  in
 tema  di esercizio della facolta' da parte del pubblico dipendente di
 protrarre il proprio lavoro fino al raggiungimento del massimo  della
 pensione  ...  non  si  configurano  come provvedimenti autoritativi,
 assunti nell'eserzizio della potesta' di organizzazione  del  proprio
 operato,  alla  quale  corrisponda  una  condizione di soggezione del
 dipendente, ma concretano atti relativi ad un mero obbligo di  legge,
 cosicche'  alla  predetta  facolta'  va riconosciuta natura di vero e
 proprio diritto soggettivo perfetto, cme tale azionabile nel  termine
 di prescrizione".
   Sulla   base  di  tale  orientamento  autorevole  e  condivisibile,
 pertanto  sarebbe  del   tutto   ininfluente   la   questione   della
 tempestivita'   dell'impugnativa  della  nota  19  aprile  1995,  non
 configurabile come  atto  autoritativo  necessitante  di  impugnativa
 nell'ordinario termine decadenziale.
   Del  resto, a prescindere anche dalle considerazioni dianzi esposte
 e dalla per se' sola assorbente considerazione che  alcuna  prova  e'
 stata  fornita della notifica della detta nota del 19 aprile 1995, va
 considerato che il primo atto che ha  disposto,  dopo  l'istanza  del
 dipendente  volta al suo trattenimento in servizio, il suo definitivo
 congedamento e' stato il fonogramma del detto dirigente regionale, in
 data 6 luglio 1995,  e  nei  confronti  del  quale  l'impugnativa  e'
 sicuramente tempestiva.
   Va infine ed inoltre considerato che la regione Puglia, a mezzo del
 suo  organo  di  governo (la Giunta) unico competente a deliberare in
 materia di  cessazione  dal  servizio  dei  dipendenti  (e  nel  caso
 specifico, trattavasi di provvedimento avente margini di opinabilita'
 e  discrezionalita',  attesa  la connessione con la domanda di revoca
 del riscatto del corso legale degli studi), ha nuovamente disposto in
 ordine  alla  materia  con  il deliberato n. 3686 dell'8 agosto 1995,
 tempestivamente impugnato dal Guido.
   Nel medesimo atto infatti, dopo la premessa dedicata  alla  domanda
 del  Guido  ed  alla  nota  del dirigente del Settore (che, per vero,
 aveva rigettato la domanda sulla diversa ed errata considerazione che
 non fosse applicabile la legge regionale n. 16/1991  bensi'  solo  la
 legge n. 421/1991) si legge testualmente: "Dovendo tuttavia la G. R.,
 nell'ambito  delle  competenze  proprie ed esclusive, pronunciarsi in
 ordine  all'accoglimento  o  meno  dell'istanza  dell'ing.  Guido  di
 trattenimento  in  servizio,  va preliminarmente individuata la norma
 che, sulla base dell'ordinamento giuridico  regionale,  consentirebbe
 tale trattenimento".
   Trattasi  di  nuovo  atto che, con nuova ed autonoma motivazione, e
 per vero fondandosi su nuovi  e  diversi  presupposti  normativi  (la
 legge  regionale  n.  16/1991  e non la legge statale n. 421/1991) ha
 nuovamente (e in  via  definitiva)  disposto  e  la  reiezione  della
 domanda  di  permanenza  in  servizio  del  Guido e la sua definitiva
 cessazione dal servizio a far data dal 1 settembre 1995.
   Tale atto e' stato  tempestivamente  impugnato  dal  Guido  con  il
 ricorso  n.  2006/1995, notificato, a pochissimi giorni dall'adozione
 dell'atto stesso, in data 11 agosto 1995.
   Ne'  puo'  dirsi,  con  la  difesa  regionale,  che   entrambe   le
 impugantive   proposte  siano  inammissibli  in  quanto  la  data  di
 cessazione dal servizio sarebbe stata fissata in precedente  delibera
 della  Giunta  regionale  n. 2059 del 21 giugno 1993) con la quale al
 Guido era stata gia' accordata la permanenza in servizio per due anni
 oltre il sessantacinquesimo anno di eta', e quindi fino al 31  agosto
 1995  sulla  base  della sua domanda di avvalersi dei benefici di cui
 all'art. 16 del d.P. R. n.   503/1992,  applicativo  della  legge  n.
 421/1991.
   E'   evidente   infatti   che   quella   delibera   si  pronunciava
 (favorevolmente) in ordine ad altra istanza del  dipendente,  che  si
 prescindeva  del  tutto  dalla  domanda  di  revoca  della domanda di
 riscatto del periodo legale del corso degli studi universitari.
   Impugnare una siffata delibera, favorevole  all'istante  (al  quale
 concedeva  due  anni di proroga del servizio), sarebbe stata cosa del
 tutto irrazionale.
   Solo i provvedimenti impugnati con il presente ricorso hanno  preso
 in  esame  la  detta  domanda  (inoltrata  in  data 6 marzo 1995) per
 respingerla   e   determinando   cosi',   con    nuova    valutazione
 amministrativa   sulla  base  di  un  diverso  diritto  azionato  dal
 ricorrente e, quindi, sulla base di nuovi presupposti di fatto  e  di
 diritto,  il  collocamento  a  riposo  del  Guido  a  far  data dal 1
 settembre 1995.
   Nel merito va considerato che in effetti  la  giurisprudenza  della
 Corte  dei  conti  si  e'  recentemente attestata sulla revocabilita'
 delle domande di riscatto dei servizi comunque ammissibili, ai  sensi
 del  t.u.  sulle  pensioni  civili dei dipendenti dello Stato, e tale
 giurisprudenza si fonda sulla basiliare considerazione che quello  al
 riscatto  e'  un  beneficio  accordato  al dipendente su sua espressa
 richiesta, come tale sempre revocabile fin tanto che non soggiunga il
 provvedimento definitivo di concessione della pensione, provvedimento
 che,   determinando   in   concreto   l'entita'    del    trattamento
 pensionistico,  rende  irrevocabile  la  domanda dal dipendente a suo
 tempo presentata.
   L'orientamento della Corte dei conti, espresso sia dalla Sezione di
 controllo Stato, sia dalle Sezioni giurisdizionali pensionistiche, e'
 stato fatto proprio dal Consiglio di Stato, nel parere della II  Sez.
 n.  186  del  30  gennaio  1991, ove si ammette la facolta' di revoca
 della domanda di riscatto "nei limiti in cui detta revoca sia ammessa
 secondo la giurisprudenza della Corte  dei  conti".  Tale  parere  e'
 stato   reso   proprio  in  tema  di  interpretazione  di  norme  che
 consentivano il trattenimento  in  servizio  del  dipendente  per  il
 raggiungimento  del  massimo  della  pensione  (ex  art.  15 legge n.
 477/1973 secondo le norme interpretative di cui al d.-l. 27  dicembre
 1989,  n. 417), ancorche' nella specie l'istanza del dipendente fosse
 stata respinta proprio per la mancanza di una domanda di  revoca  dei
 servizi gia' riscattati.
   Del  resto, posto che il riscatto di servizi pre-ruolo e di periodi
 di studi necessari per il conseguimento dell'impiego e' un  beneficio
 che  la  legge  accorda  all'interessato al fine di prolungare la sua
 anzianita'  figurativa  di  servizio  e  dietro   pagamento   di   un
 determinato  contributo,  non  avrebbe  senso logico non ammettere la
 revocabilita' della  domanda  per  quei  dipendenti  che,  re  melius
 perpensa  e valutate le successive necessita' previdenziali, a quella
 domanda vogliano di poi rinunciare.
   Essendo il riscatto volontario ed oneroso, al  medesimo  dipendente
 non  e'  affatto  obbligato,  come  del resto sapientemente osservato
 dalla sovrana Corte costituzionale  nella  sentenza  n.  208  del  24
 luglio  1986, ove si e' affermata la incostituzionalita' dell'art. 9,
 comma 4, del  d.-l.C.p.S.  n.  207/1947  in  tema  di  indennita'  di
 anzianita' riferita ai periodi pre-ruolo non riscattati.
   Ebbe  ad  osservare  in quell'occasione la Corte: "Ne' e' possibile
 opporre  al  diritto  del  dipendente  non  di  ruolo  di   percepire
 l'indennita'  per  cessazione  dal  servizio, in caso di passaggio in
 ruolo, il fatto che gli sia consentito  -  per  l'art.  12  legge  n.
 152/1968  -  di  riscattare  ai  fini  del diritto alla indennita' di
 premio di servizio (acquisito col passaggio in ruolo) il  periodo  di
 servizio  prestato  prima del passaggio in ruolo e in ogni caso prima
 dell'entrata in vigore della citata legge del 1968... Il  legislatore
 non  ha  cioe'  inteso  sostituire  l'indennita'  per  cessazione dal
 servizio di cui all'art. 9  del  d.-l.C.p.S.    n.  207/1947  con  il
 beneficio  accordato  dall'art.  12  di riscattare, con contributo ad
 esclusivo carico del dipendente non di ruolo. Una  tale  sostituzione
 puo'  in  determinati  casi  comportare un netto peggioramento per il
 dipendente, tenuto conto dell'entita' dei  contributi  a  suo  carico
 connessi  all'esercizio  del  riscatto  e  quindi  contrasterebbe con
 l'intento  perseguito  dal  legislatore  di  migliorare  e   non   di
 peggiorare il trattamento di fine rapporto".
   Tali considerazioni, rese dalla Corte in quella sede in riferimento
 alla indennita' di anzianita' spettante al dipendente di ruolo per il
 precedente  periodo  non  di  ruolo,  per  avventura  non riscattato,
 possono valere come guida anche nella fattispecie in  esame,  valendo
 esse  ad  evidenziare  la  giurisprudenza  del giudice delle leggi in
 materia di servizi ammessi a riscatto.
   La   riscattabilita'   dei  medesimi  non  incide  in  fatti  sulla
 circostanza che il dipendente non e' affatto tenuto ad avvalersi  del
 relativo  beneficio.    Nella  legislazione  statale il beneficio del
 trattenimento in servizio e' per  vero  collegato  al  fatto  che  il
 dipendente  non  raggiunga  il  massimo della pensione, ed a tal fine
 vanno computati tutti i servizi utili, compresi quelli  riscattati  o
 ricongiunti  con provvedimento formale (art. 4-quinquies del d.-l. n.
 413/1989, convertito in legge n. 37/1990, in riferimento all'art. 10,
 sesto  comma,  del  d.-l.    n.  357/1989,  convertito  in  legge  n.
 417/1989).
   Tuttavia, secondo l'interpretazione della Corte dei conti che si e'
 sopra  riportata, la circostanza che il dipendente si sia avvalso del
 beneficio del riscatto non esclude che il dipendente  medesimo  possa
 rinunciarvi,   fino  al  momento  in  cui  il  riscatto  non  si  sia
 attualizzato nel provvedimento di liquidazione della pensione.
   Del resto non si vede quale potrebbe essere il  concreto  interesse
 dello Stato ad opporsi alla rinuncia al beneficio del riscatto, posto
 che  dal prolungamento della vita lavorativa del dipendente deriva in
 effetti allo Stato  un  onere  assai  minore  connesso  alla  mancata
 erogazione dei corrispondenti ratei di pensione.
   Nella  specie  e'  evidente  che  si  e'  creato  uno hiatus fra la
 legislazione statale, che ha inteso innalzare per i dirigenti statali
 l'eta' massima per il pensionamento onde consentire ai  dirigenti  di
 conseguire il massimo della pensione, e potendo peraltro il dirigente
 rinunciare  alla  domanda di riscatto gia' presentata (secondo quello
 che e' il diritto vivente determinato dall'interpretazione data  alla
 normativa dalla Corte dei conti) e i dipendenti della regione Puglia,
 cui tale facolta' non e' consentita, sol che abbiano periodi di studi
 o  di servizio "riscattabili o ricongiungibili" da far valere ai fini
 pensionistici.
   E'  evidente  infatti   che   in   questa   chiave   si   obbligano
 indirettamente  i  dipendenti interessati ad avvalersi del riscatto o
 del  ricongiungimento  oneroso,  penalizzandoli,   con   la   mancata
 attribuzione  del  beneficio  del  trattenimento  in  servizio  ove i
 medesimi di tale norma non intendano avvalersi.
   Ed e' notorio che attualmente le norme che regolano il riscatto dei
 servizi prevedono contributi molto onerosi, di talche'  ben  potrebbe
 il  dipendente  trovare  conveniente  non avvalersi del beneficio del
 riscatto oneroso, ma  continuare  a  prestare  servizio  al  fine  di
 incrementare, senza ulteriori oneri, la sua base contributiva.
   E'  ben vero che - come piu' volte statuito dal giudice delle leggi
 - il legislatore in materia di determinazione  dell'eta'  massima  di
 servizio  gode  di ampia discrezionalita' - ma non puo' disconoscersi
 come oramai il  sistema  si  sia  evoluto  nel  senso  di  consentire
 l'innalzamento  dell'eta'  massima  del  servizio in correlazione con
 l'endamento  demografico  della  popolazione,  consentendo,  se   non
 addirittura  obbligando  il  dipendente  a  prestar  servizio  per il
 maggior tempo possibile, al fine di  contenere  gli  altissimo  costi
 della previdenza.
   In  tali  le  norme cosiddette catenaccio sul blocco delle pensioni
 (d.-l. 26 novembre 1994 n. 654, legge 23 dicembre 1994 n. 724)  e  in
 tali  sensi e' il recente sistema delineato dalla legge 8 agosto 1995
 n. 335,  la  quale  all'art.  1,  comma  secondo,  sancisce  che  "le
 disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali
 di riforma economico-sociale della Repubblica".
   Nella   specie   all'esame,   comunque,   la  discrezionalita'  del
 legislatore regionale non era illimitata, ma era tenuta alla coerenza
 con i principi cardini  della  legislazione  statale  a  sensi  degli
 articoli 117 e 118 della Costituzione.
   Va  anzi  osservato  come  nella  specie il Governo centrale, forse
 convinto della coerenza della  legge  regionale  con  il  sistema  in
 vigore  per i dipendenti statali, abbia apposto una espressa riserva,
 apponendo in calce alla  pubblicazione  della  legge  (per  mano  del
 commissario di Governo) la seguente clausola: "Il Governo ha peraltro
 osservato  che  le  disposizioni  di  cui  all'art.  1 devono trovare
 applicazione nel rispetto delle  condizioni  di  cui  alla  normativa
 statale di riferimento, in relazione anche ai principi riferiti dalla
 Corte costituzionale con sentenza n. 186/1990".
   Orbene   e'  difficile  valutare  quale  possa  essere  la  portata
 normativa e precettiva di una "osservazione" siffatta.
   Essa e' orientata ovviamente nel senso di assicurare  una  perfetta
 consonanza  delle disposizioni della legge regionale con la normativa
 statale di riferimento, che e'  quella,  chiaramente  indicata  nella
 rubrica   legis   dell'"adeguamento   alle  disposizioni  di  cui  al
 decreto-legge 27  dicembre  1989  n.  413,  convertito  in  legge  28
 febbraio  1990  n.    37.  Elevazione  dei  limiti  di  eta'  per  il
 collocamento a riposo dei dirigenti della regione Puglia".
   Si e' visto tuttavia come la legge regionale, nel prendere  a  base
 del  computo tutti i servizi non ha riprodotto la lettera della legge
 statale, che si riferisce a tutti i servizi riscattati o  ricongiunti
 con   provvedimento  formale  (ammettendo  quindi  che,  in  caso  di
 tempestiva revoca della domanda di riscatto, tali servizi non  vadano
 computati), ma ha fatto riferimento a tutti i servizi "riscattabili e
 ricongiungibili",  cosi'  prevedendo  una  base  computabile  che  la
 legislazione statale di certo non prevedeva.
   Si e' sopra osservato che, peraltro, non  e'  chiara  la  effettiva
 portata  normativa ed interpretativa della "osservazione" apposta dal
 Governo.
   Posto che il sindacato  dello  Stato  sulle  leggi  regionali  deve
 esercitarsi  nella  forma dell'eventuale rinvio motivato al consiglio
 regionale  (art.  127,  terzo   comma,   della   Costituzione),   con
 possibilita' di impugnativa della legge riapprovata dalla regione per
 conflitto  di  attribuzione innanzi alla Corte costituzionale (ovvero
 per conflitto di merito innanzi alle Camere, art. 127, quarto  comma,
 della  Costituzione),  ogni  diversa  "osservazione"  non  puo' avere
 valore  precettivo  ne'  eversivo   del   testo   della   legge,   da
 interpretarsi secondo i normali canoni ermeneutici (artt. 12-15 disp.
 prel. al codice civile).
   Il  che  ovviamente non toglie che una "osservazione" formulata dal
 Governo, ma non tradotta in ricorso per conflitto di attribuzione  in
 via  principale,  possa  essere  presa  a  base  di  un  incidente di
 costituzionalita' qualora la difforme portata normativa postulata dal
 Governo sia rilevata e fatta propria  dal  "giudice  a  quo"  in  una
 controversia  che  veda  in  questione la interpretazione della norma
 regionale.
   Nella specie, come si e' piu'  volte  evidenziato  e  ribadito,  la
 lettera  della  norma regionale e' piu' restrittiva di quella statale
 di riferimento (d.-l. n. 413/1989 convertito in legge n. 37/1990)  in
 quanto  pone  a  base  del  computo degli anni utili a pensione anche
 quelli  "riscattabili  e  ricongiungibili"  e  non  gia'  solo quelli
 "riscattati e ricongiunti con atto formale" (art.  10,  sesto  comma,
 del  d.-l.   n. 357/1989, convertito in legge n. 417/1990, richiamato
 dall'art.  4-quinquies del d.-l. n. 413/1989, convertito in legge  n.
 37/1990)  e  per i quali, secondo l'orientamento costante della Corte
 dei conti (pienamente condiviso  da  questo  giudice  remittente)  la
 domanda  di  riscatto  puo'  essere  revocata  anche  successivamente
 all'emanazione del formale provvedimento di ammissione a riscatto.
   Ragioni di opportunita' possono infatti consigliare il dipendente a
 chiedere il riscatto dei servizi fin dal principio della carriera,  e
 cio'  proprio  per  incrementare  da  subito quella base contributiva
 necessaria al conseguimento della  pensione,  e  che  puo'  avvenire,
 oltre  che  per  l'esaurimento del normale periodo di servizio ovvero
 per il raggiungimento del limite massimo di eta',  anche  per  eventi
 non  dipendenti  dalla  sua  volonta'  (morte, malattia inabilitante,
 destituzione, ecc.).
   E' peraltro indubbio che nel corso del servizio il dipendente possa
 valutare differentemente  le  proprie  esigenze  e,  ancorche'  abbia
 ricevuto  un  provvedimento  favorevole  di  ammissione a riscatto ed
 abbia anche pagato i contributi figurativi, piu'  non  abbia  bisogno
 del  computo  degli  anni riscattati, vuoi perche' il prolungarsi del
 suo servizio in relazione alla sua eta' anagrafica piu' non gli rende
 necessario il computo dei servizi  o  degli  studi  riscattati,  vuoi
 perche'  nuove  norme  successive  abbiano determinato in senso a lui
 piu' favorevole l'eta' massima del pensionamento, rendendo quindi non
 piu' necessario il  ricongiungimento  di  quegli  anni  di  servizio,
 ricongiungimento o riscatto che sono stati onerosi per il dipendente.
   Si  e'  quindi  creata  fra  dirigenti  regionali  della  Puglia  e
 dirigenti statali una disparita' di trattamento normativo tanto  piu'
 grava  quanto immotivata ed irrazionale, posto che nessuna ragione e'
 stata fornita della diversita' della disciplina fra le due  categorie
 (che  invero  nelle  intenzioni della legge regionale dovevano essere
 completamente uniformate) con evidente violazione dell'art.  3  della
 Carta costituzionale.
   D'altro canto appare violato il limite della competenza legislativa
 regionale che deve attuarsi secondo le linee guida della legislazione
 statuale  e  non  porsi in contrasto con la stessa, a sensi dell'art.
 117 della Costituzione.
   Nella specie lo stesso Governo centrale aveva per vero intuito  che
 la legge regionale si poneva non in linea con la legislazione statale
 di  riferimento, ma ha adoperato un rimedio, quello dell'osservazione
 scritta in calce alla legge, non previsto dalla  Costituzione  e  non
 avente   valore   normativo,  e  nemmeno  interpretativo,  posto  che
 l'interpretazione non puo' essere effettuata in palese contrasto  con
 la lettera della legge.
   Tutto  questo  in  un  momento  in cui, per l'allungarsi della vita
 media pensionati e per arginare la rilevantissima spesa  pubblica  in
 materia  previdenziale  lo  Stato  italiano ha dettato una disciplina
 severa  dei  pensionamenti,  volta  a  scoraggiare  il  pensionamento
 anticipato  e  ad  incoraggiare,  di  converso,  il  mantenimento  in
 servizio dei pubblici dipendenti fino all'eta' massima consentita dal
 sistema.
   E  poiche'  l'erogazione  dei  trattamenti pensionistici non spetta
 alle Regioni  ma  allo  Stato,  direttamente  (pensioni  erogate  dal
 Tesoro)  o  tramite  i  suoi  organi  previdenziali (nella specie, la
 C.P.D.E.L.), mentre l'erogazione del  trattamento  di  attivita'  dei
 dipendenti  regionali  spetta alla Regione, si e' avuta una indiretta
 compromissione degli interessi finanziari dello Stato, il quale,  dal
 prolungamento  dell'attivita'  del dipendente, avrebbe risparmiato le
 corrispondenti somme  dovute  a  titolo  di  pensione,  mentre  alcun
 beneficio  ne  risentirebbe  la  Regione,  tenuta,  nella  specie, ad
 occupare comunque il posto (apicale) che  si  renda  vacante  con  la
 preposizione  di  altro  dipendente  cui  dovrebbe  corrispondere  il
 trattamento retributivo relativo.
   La  questione   di   costituzionalita'   innanzi   riportata,   non
 manifestamente infondata secondo quanto sopra si e' osservato, e' poi
 intuitivamente  rilevante  ai  fini  della  decisione, in quanto, ove
 risolta  dalla  Corte  nel  senso  della  incostituzionalita'   della
 normativa regionale per contrasto con quella statale, essa imporrebbe
 l'accoglimento  dell'impugnativa per il principio della revocabilita'
 della domanda di riscatto. Il ricorso, invece, ove  fosse  confermata
 la  legittimita' della previsione regionale, dovrebbe essere respinto
 nel merito, rimanendo  ininfluente  l'operata  revoca  da  parte  del
 ricorrente,  del riscatto degli anni di laurea e dovendosi a tal fine
 computare  tutti  i  servizi  (anche  figurativi)  ricongiungibili  e
 riscattabili,  indipendentemente dall'esercizio del riscatto e quindi
 da qualsivoglia revoca del medesimo.
   Vanno quindi sospesi i due giudizi come sopra riuniti e va  rimessa
 alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' dell'art.
 1  della  legge  regionale  della  Puglia  31  dicembre  1991  n.  16
 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione Puglia n. 1 del  2
 gennaio  1992)  nella  parte in cui prevede che nella base di computo
 degli anni di servizio attualmente richiesti  per  il  massimo  della
 pensione vadano compresi "i servizi riscattabili e ricongiungibili" e
 non   gia'   quelli  effettivamente  "riscattati  e  ricongiunti  con
 provvedimento formale", per violazione degli  artt.  117  e  3  della
 Costituzione, in quanto in palese contrasto con la disciplina dettata
 dal d.-l.  n. 417/1989 convertito in legge n. 37/1990 per i dirigenti
 statali   e   in   contrasto  con  i  principi  cardini  del  sistema
 pensionistico  statale   espressi   dalla   successiva   legislazione
 statuale.
                               P. Q. M.
   Riuniti  in  via  preliminare i ricorsi indicati in epigrafe, visti
 gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo  1953,  n.
 87,  dichiara  rilevante e non manifestamente infondata ai fini della
 decisione la questione di costituzionalita' dell'art. 1  della  legge
 regionale  della Puglia n. 16 del 31 dicembre 1991 nella parte in cui
 prevede che il servizio utile e  per  il  conseguimento  del  massimo
 della   pensione   debba  ricomprendere  i  "servizi  riscattabili  e
 ricongiungibili" e non gia' i "servizi riscattati e  ricongiunti  con
 atto  formale",  secondo la disciplina della normativa statale di cui
 al d.-l. n.  413/1989 convertito in legge n. 37/1990;
   Dispone, per l'effetto la sospensione  del  giudizio  in  corso  ed
 ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della  segreteria  la  presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti  della  Camera  dei deputati e del Senato della Repubblica
 nonche' al Presidente della Giunta regionale  ed  al  Presidente  del
 Consiglio regionale della Puglia.
   Cosi'  deciso  in  Bari,  nella camera di consiglio del 12 dicembre
 1995 e del 7 febbraio 1996.
 Il presidente: Morea
                     Il consigliere est.: Fiandaca
 96C0669