N. 145 SENTENZA 2 - 7 maggio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza -  Personale  degli  enti  locali  -  Assegno
 vitalizio INADEL - Riconoscimento del diritto - Limitazioni - Criteri
 e   requisiti  -  Fattori  appartenenti  ad  un  meccanismo  di  tipo
 assicurativo  la  cui  fruibilita'   non   puo'   prescindere   dalla
 contemporanea  sussistenza  di  altri  fattori ritenuti necessari dal
 legislatore - Non fondatezza.
 
 (Legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 5, primo comma, lett. a)).
 
 (Cost., art. 36).
(GU n.20 del 15-5-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare
 MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott.
 Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY,
 prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, primo comma,
 lettera  a), della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
 previdenziale per il  personale  degli  Enti  locali),  promosso  con
 ordinanza  emessa  l'8 aprile 1994 dalla Corte dei conti, sezione III
 giurisdizionale,  sul  ricorso  proposto  da  Sanna  Filippa   contro
 l'INADEL,   iscritta  al  n.  738  del  registro  ordinanze  1995,  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  di Sanna Filippa nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei  Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 5 marzo 1996  il  giudice  relatore
 Fernando Santosuosso;
   Udito  l'avv.  Franco Agostini per Sanna Filippa e l'avvocato dello
 Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - La Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, con ordinanza
 emessa l'8 aprile 1994 e pervenuta alla Corte il 6 ottobre  1995,  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, primo
 comma,  lettera  a), della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in
 materia previdenziale per il  personale  degli  Enti  locali),  nella
 parte  in  cui  limita  il  riconoscimento  del  diritto  all'assegno
 vitalizio dell'INADEL ai soli dipendenti cessati dal servizio in eta'
 superiore  ad  anni  sessanta,  o  in  quella  minore  prevista   dal
 regolamento  organico,  oppure per sopraggiunta inabilita' assoluta e
 permanente comprovata con visita medico-collegiale da richiedersi nel
 termine perentorio di un anno dalla data di cessazione.
   Il giudice rimettente, dopo aver premesso in fatto che motivo della
 controversia e' una deliberazione dell'INADEL con la quale  e'  stata
 negata  alla ricorrente, Filippa Sanna, gia' infermiera professionale
 cessata dal servizio per dimissioni volontarie dopo 4 anni e  9  mesi
 di  iscrizione, l'assegno vitalizio di cui alla legge n. 152 del 1968
 per assenza del requisito di cui all'art. 5 di tale legge,  richiama,
 in diritto, la sentenza n. 204 del 1972 di questa Corte, con la quale
 era   stata   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale  di  una
 disposizione  (regolatrice  della  materia  degli  assegni   vitalizi
 dell'INADEL  prima  della  legge n. 152 del 1968), nella parte in cui
 escludeva la concessione di detto assegno qualora il dipendente fosse
 cessato dal servizio per motivi dipendenti dalla sua volonta', ovvero
 fosse in godimento di pensione ad altro titolo. La Corte ravviso'  in
 quella  circostanza  il  contrasto  con l'art. 36 della Costituzione,
 dovendosi  ritenere  l'assegno  vitalizio  parte  della  retribuzione
 differita.
   Le  stesse  ragioni  poste a fondamento di quella decisione rendono
 evidente, a giudizio del giudice rimettente, il contrasto della norma
 impugnata in questa sede con l'art. 36 della Costituzione.
   2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si e'  costituita  Filippa
 Sanna,  concludendo  per l'accoglimento della questione per le stesse
 ragioni  gia'  esposte  dal  giudice  rimettente  nell'ordinanza   di
 rimessione.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo  che  la  questione  di  costituzionalita'  sia  dichiarata
 inammissibile o comunque infondata.
   Rileva la difesa erariale che, a differenza della norma  dichiarata
 costituzionalmente illegittima, la disposizione in esame non riguarda
 la  perdita di un diritto di cui era prevista la maturazione e che di
 fatto era gia' maturato, quanto invece un trattamento eccezionale per
 il quale, piu' che al concetto  di  retribuzione  differita,  occorre
 fare  ricorso  a quello di assistenza sociale, in ragione dell'eta' o
 dello stato di salute del beneficiario. In virtu' di tali  differenti
 ragioni,   la   corresponsione  dell'assegno  non  troverebbe  valida
 giustificazione,   non   potendosi   essa   ricondurre   al    regime
 pensionistico,   al   quale   attiene  il  concetto  di  retribuzione
 differita.
   Si  ritiene  pertanto  che  al  legislatore  correva  l'obbligo  di
 stabilire le condizioni minime per dar luogo a retribuzione differita
 ovvero   ad  intervento  assistenziale:  condizioni  delle  quali  il
 dipendente era o doveva comunque essere a conoscenza.
   4. - In prossimita' dell'udienza ha presentato  memoria  la  difesa
 della parte privata insistendo per le gia' formulate conclusioni.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il giudice a quo ritiene che la disposizione di cui all'art.
 5, primo comma, lettera a), della legge 8 marzo 1968, n.  152  (Nuove
 norme  in  materia previdenziale per il personale degli Enti locali),
 relativa alle condizioni per la concessione  dell'assegno  vitalizio,
 sia  in  contrasto  con  l'art.  36  della Costituzione per le stesse
 ragioni che giustificarono la pronuncia n. 204 del 1972, con la quale
 questa Corte dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art.  11,
 primo  e terzo comma, della legge 13 marzo 1950, n. 120, che regolava
 la stessa materia  prima  della  disciplina  che  forma  oggetto  del
 presente giudizio.
   In  particolare,  l'ordinanza  di  rimessione  rileva che la citata
 sentenza n. 204 pronuncio' l'incostituzionalita' di quella precedente
 disposizione nella parte in cui  veniva  esclusa  la  concessione  di
 detto  assegno  qualora  il dipendente fosse cessato dal servizio per
 motivi dipendenti dalla sua volonta', in quanto  l'assegno  vitalizio
 era  da  ritenere  parte  della  retribuzione  differita e non poteva
 quindi essere negato al lavoratore, senza violare il principio  della
 giusta retribuzione previsto dall'art. 36 della Costituzione.
   2. - La questione non e' fondata.
   Va  premesso che nel caso di specie (dimissioni, 8 ottobre 1973) e'
 ancora applicabile la citata disposizione del 1968 sulla  concessione
 degli assegni vitalizi a carico dell'INADEL, dal momento che solo con
 la  legge  29  aprile  1976,  n.  177,  dette disposizioni sono state
 abrogate.
   Il precedente giurisprudenziale di questa Corte  (sentenza  n.  204
 del  1972),  sul  quale  fa  leva  l'ordinanza  di rimessione, non e'
 pertinente, dato che in  quel  caso  fu  dichiarata  l'illegittimita'
 costituzionale  della  disposizione del 1950, allora impugnata, nella
 parte in cui essa subordinava "la concessione dell'assegno  vitalizio
 alla  condizione  che il collocamento a riposo abbia luogo per motivi
 indipendenti dalla sua volonta'". Ed invero, nella  successiva  legge
 n.  152  del  1968,  che  forma  oggetto  del presente giudizio, tale
 condizione non fu ripetuta.
   L'ordinanza di rimessione implicitamente riconosce che l'INADEL  ha
 negato l'assegno non in quanto la cessazione dal servizio e' avvenuta
 per  dimissioni  volontarie, bensi' per l'assenza di altri requisiti:
 essa infatti rileva che  il  rifiuto  dell'assegno  e'  avvenuto  "in
 applicazione  del  disposto  dell'art.  5,  lettera a), che limita il
 riconoscimento di tale diritto al caso che il dipendente sia  cessato
 dopo  il compimento dell'eta' di anni 60, ovvero sia divenuto inabile
 al lavoro in modo assoluto e permanente".
   3. - Puo' dedursi dall'ordinanza che il giudice a  quo  ravvisi  la
 non  conformita' ai principi costituzionali per il fatto che la norma
 pone non consentite condizioni alla spettanza dell'assegno vitalizio;
 e cio' per il solo  motivo  che  questo  assegno  avrebbe  natura  di
 retribuzione differita.
   Ma anche tale prospettazione e' destituita di fondamento.
   Ed  invero,  a parte l'orientamento della Corte di cassazione circa
 la natura assistenziale di detto assegno vitalizio, e pur  ammettendo
 che  tale assegno abbia natura previdenziale o una concorrente natura
 di retribuzione differita, cio' non e' in ogni caso sufficiente a far
 ritenere illegittima qualsiasi condizione che la legge ponga alla sua
 concessione, dal momento che i contributi versati  dal  lavoratore  o
 trattenuti  dal  datore  di  lavoro  ai  fini di detto trattamento si
 innestano in un meccanismo di tipo assicurativo, la  cui  fruibilita'
 non puo' prescindere dalla contemporanea sussistenza di altri fattori
 (di eta', di lavoro o economici) ritenuti necessari.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 5, primo comma, lettera a), della legge 8  marzo  1968,  n.
 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli Enti
 locali),  sollevata,  in  riferimento all'art. 36 della Costituzione,
 dalla Corte dei conti, sezione III giurisdizionale,  con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 7 maggio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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