N. 493 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 1996
N. 493 Ordinanza emessa il 24 gennaio 1996 dal tribunale di Napoli nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Como Bianca ed altra e Consorzio per l'area di sviluppo industriale (A.S.I.) di Napoli Espropriazione per pubblica attivita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive - Ingiustificata deroga al principio civilistico dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'autore dell'illecito - Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo - Incidenza sul principio della tutela del diritto di proprieta' - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 442/1993. (D.-L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, convertito, con modificazioni, della legge 8 agosto 1992, n. 359, modificato dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo comma). (Cost., artt. 3 e 42).(GU n.23 del 5-6-1996 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause civili riunite n. 8413/73 r.g., n. 12124/79 e n. 13976/86 r.g. tra Como Bianca e Como Clelia, rappresentate e difese dall'avv. Giovanni Leone (con studio in Napoli, corso Umberto n. 22) e il Consorzio per l'area di sviluppo industriale (A.S.I.) di Napoli, in persona del legale rappresentante pro-tempore,rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Allodi (con studio in Napoli, via Cesaro Console, 3). M o t i v i Con sentenza non definitiva del 27 agosto 1991, il tribunale ha condannato il Consorzio A.S.I. al risarcimento dei danni, in favore delle attrici, per l'illegittima occupazione di un suolo di loro proprieta' eseguita per la realizzazione di un'opera dichiarata di pubblica utilita', previa disapplicazione del decreto di esproprio, emesso senza che fosse stato in precedenza fissato il termine di compimento della espropriazione. Poiche' la deliberazione di una sentenza non definitiva, anche se non passata in giudicato, vincola il giudice che l'ha pronunciata nella prosecuzione del giudizio davanti a se', in ordine alle questioni definite e a quelle da queste dipendenti che debbono essere esaminate e decise sulla base dell'intervenuta pronuncia (cfr. Cass. 25 febbraio 1986 n. 1196, Cass. 30 gennaio 1985 n. 546), resta nella presente sede preclusa ogni indagine sulla fondatezza di eccezioni che, se accolte, condurrebbero all'affermazione dell'inesistenza del diritto delle attrici al risarcimento dei danni, su cui ha gia' statuito la sentenza non definitiva sopra menzionata. Avendo inoltre l'occupante eseguito l'opera di pubblica utilita' sul suolo appartenente all'attrice, per il carattere definitivo e con effetto di ablazione di fatto dell'occupazione, alle attrici, se e' preclusa la restituzione del fondo (per giurisprudenza pacifica: cfr. per tutte Cass. sez. un. 10 giugno 1988 n. 3940), compete il risarcimento per l'illecita sottrazione della proprieta' del bene. In materia e' di recente intervenuta la legge 28 dicembre 1995 n. 449 ("Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"), in vigore dal 1 gennaio 1996, che, all'art. 1 comma sessantacinquesimo, ha esteso l'applicazione del criterio legale di determinazione dell'indennita' espropriativa di cui all'art. 5-bis della legge n. 359 del 1992 anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive. Per effetto di tale innovazione, le disposizioni dettate dall'art. 5-bis si applicano in tutti i casi in cui non siano stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno alla data di conversione del d.-l. n. 333 del 1992. Non dovendo, nel caso in esame, (relativo ad un fondo a destinazione industriale e percio' edificatoria) applicarsi alcuna disciplina speciale derogatoria, quanto alla determinazione dell'indennita', alla regola generale posta dall'art. 5-bis (si' da doversi escludere la concreta operativita' di tale norma anche in ipotesi di risarcimento per l'occupazione appropriativa), non v'e' dubbio che la decisione della causa, ossia la quantificazione del risarcimento spettante alle attrici si fondi sull'applicazione della norma in esame, cosi' come modificata dalla legge n. 449 del 1995, che fa salve solo le determinazioni divenute inoppugnabili in sede amministrativa o per effetto di giudicato. Certamente, infatti, il legislatore del 1995, nell'estendere al risarcimento del danno il criterio liquidativo dettato dall'art. 5-bis, non ha voluto riferirsi solo alla cosidetta responsabilita' della pubblica amministrazione per fatti leciti, di cui all'art. 46 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, ovvero all'espropriazione parziale (art. 40 della stessa legge del 1865) o ancora all'indennita' di occupazione temporanea di urgenza. La "responsabilita' della p.a. per fatto lecito", sussistente nei confronti dei proprietari di fondi che dall'esecuzione dell'opera di pubblica utilita' vengono gravati di servitu' o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto, presuppone la liceita' del comportamento della pubblica amministrazione (Cfr. Cass. 10 giugno 1977 n. 2420), e da' vita ad un'obbligazione che l'art. 46 citato qualifica esplicitamente come di natura indennitaria. Di risarcimento puo' invece parlarsi solo in presenza di un danno provocato da un fatto illecito, ex art. 2043 c.c. Non puo' percio' ipotizzarsi che il legislatore abbia parlato di risarcimento del danno per disciplinare una obbligazione che, in altra disposizione, qualifica espressamente come "indennita'". Lo stesso vale per l'espropriazione parziale e per l'occupazione temporanea e di urgenza, da cui non deriva un debito di natura risarcitoria. Non puo' invece dirsi manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata in subordine dalle attrici, per essere l'art. 5-bis (come modificato dall'art. 1, comma sessantacinquesimo della legge n. 549 del 1995) in contrasto cogli artt. 3 e 42, comma secondo, della Costituzione. Si assume, da parte delle attrici, la violazione dell'art. 3, per l'irragionevole equiparazione di due situazioni del tutto differenti (l'indennita' dovuta per un'espropriazione disposta secundum ius e il risarcimento per fatto ingiusto), per l'ingiustificato privilegio accordato dalla pubblica amministrazione che, diversamente da ogni altro soggetto giuridico, sarebbe esentata dall'obbligo di risarcire integralmente il danno ingiusto provocato ai terzi, per l'ingiustificata equiparazione delle pubbliche amministrazioni che agiscono secondo diritto e quelle che invece realizzano condotte illecite, arrecando un beneficio a quegli amministratori che dovrebbero essere perseguiti dalla Corte dei conti, nonche' la violazione dell'art. 42, comma secondo per la violazione della riserva di legge in tema di espropriazione per pubblica utilita'. Ritiene sul punto il tribunale che, in relazione al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, si pongono dubbi non manifestamente infondati sotto i seguenti profili: 1) innanzitutto, vengono ingiustificatamente discriminati i soggetti che, proprietari di immobili, subiscono per la condotta illecita della p.a., la privazione del loro diritto, rispetto ad ogni altro danneggiato da fatti illeciti (anche ad opera della poiche', solo per i primi e' introdotta una deroga al principio generale (sancito in tema di responsabilita' aquiliana mediante il richiamo dell'art. 2056 c.c. all'art. 1223 c.c.) per il quale il danneggiato ha diritto all'integrale ricostituzione del proprio patrimonio. La disparita' di trattamento, peraltro, risulta ancor piu' stridente rispetto alle espropriazioni regolate, quanto alla determinazione dell'indennita', da norme speciali, in deroga all'art. 5-bis (ad esempio, quelle previste dalla legge n. 219 del 1981; cfr. Cass; Sez. Un. 6 novembre 1993 n. 10998 e 10 novembre 1993 n. 11078), per le quali la norma in esame, se e' inapplicabile nella stima dell'indennita', lo e' anche per la quantificazione dell'eventuale risarcimento, che, resta dovuto al danneggiato in misura pari al valore venale del bene espropriato contro legge (ossia piu' che doppia rispetto al risarcimento conseguibile dal danneggiato ex art. 5-bis). Inoltre, i danneggiati dall'espropriazione di fatto godono anche di un regime deteriore, rispetto ai proprietari legalmente espropriati in ordine alla prescrizione che, per i primi, matura in termine piu' breve (ex art. 2946 c.c.); 2) appare ingiustificata l'equiparazione sul piano delle conseguenze patrimoniali delle espropriazioni di fatto eseguite in violazione di legge, a quelle condotte nel rispetto delle regole ad esse preordinate, sia perche' l'esigenza di contenimento della spesa pubblica (cui potrebbe ovviarsi facendo valere la responsabilita' di coloro che, esponendo l'amministrazione ad un'obbligazione risarcitoria verso i terzi, abbiano in tal modo causato danno alla stessa amministrazione: v. ad esempio l'art. 82 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2240) non potrebbe, in un ordinamento fondato sul principio di legalita', attuarsi mediante avallo di attivita' illecite, facendo quindi venir meno ogni possibile remora al rispetto del procedimento ablatorio previsto dalla legge. In rapporto al dettato dell'art. 42, comma terzo, Cost., con l'equiparazione sul piano delle conseguenze patrimoniali, dell'espropriazione di fatto, realizzata mediante una condotta illecita, alle espropriazioni legalmente pronunciate, la norma in esame sembra svincolare la materia delle espropriazioni per pubblica utilita', dal principio della riserva di legge che deve invece informarla, occorrendo infatti che la legge descriva con sufficiente specificazione l'entita' e i limiti del potere di espropriazione (e, quindi, tra l'altro, anche le modalita' con cui esso puo essere esercitato). Peraltro, la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 442 del 16 dicembre 1993 (ricordata dalle attrici), ha affermato l'assoluta incomparabilita' tra l'espropriazione attuata secundumlegem, per la quale vengono in rilievo le opzioni (discrezionali) del legislatore in ordine al criterio di calcolo dell'indennita', e l'espropriazione di fatto, mediante la realizzazione dell'opera pubblica sull'area occupata, ma non legalmente espropriata, che impedisce la retrocessione e comporta l'effetto traslativo della proprieta' del suolo per accessione all'opera stessa, in cui vale il diverso principio della piena ristorabilita' del danno. Appare invece non pertinente il richiamo delle attrici agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, poiche' la non convenienza per il privato, sul piano pratico, di far valere l'eventuale illegittimita' dell'espropriazione, non preclude comunque il ricorso alla tutela giurisdizionale, pur sempre necessario ove si contesti l'entita' dell'indennizzo del risarcimento quantificato dall'amministrazione, ovvero si intenda conseguire la condanna di questa, ove manchi l'adempimento spontaneo dell'obbligazione.
P. Q. M. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' questa dichiari se e' costituzionalmente legittimo l'art. 5-bis del d.-l. n. 333 del 1992 convertito con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, nella parte modificata dall'art. 1, comma sessantacinquesimo, della legge n. 549 del 1995, in relazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione; Dispone inoltre che la presente ordinanza sia a cura della cancelleria notificata alle parti, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende il giudizio. Cosi' deciso in Napoli il 24 gennaio 1996. Il presidente: Annunziata 96C0718