N. 495 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 1996
N. 495 Ordinanza emessa il 5 marzo 1996 dalla corte d'appello di Venezia nel procedimento civile vertente tra il comune di Venezia e Noli Vittoria Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive - Ingiustificata deroga al principio civilistico dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'autore dell'illecito - Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo nonche' delle espropriazioni di aree edificabili e aree agricole - Incidenza sul principio della tutela del diritto di proprieta', sul diritto di difesa, per atti illeciti, e sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. e della responsabilita' dei funzionari e dipendenti della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 188/1995 e 442/1993. (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo comma; legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis). (Cost., artt. 3 e 42).(GU n.23 del 5-6-1996 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa in appello con citazione di appello notificata in data 17 e 19 luglio 1993 dal comune di Venezia, in persona del sindaco pro-tempore, con i proc. dom. in Venezia avv.ti Giulio Gidoni e M. Maddalena Morino, dr. proc. Maurizio Ballarin, per mandato in margine della citazione di appello, appellante, contro Vittoria Noli, in qualita' di erede dell'avv. Carlo Buttaro, col proc. dom. in Venezia avv. Ivone Cacciavillani e col patrocinio dell'avv. Primo Michielan del foro di Treviso per mandato in margine della comparsa di risposta in appello, appellata, appellante incidentale. Oggetto: riforma della sentenza n. 638/1992, emessa in data 13 febbraio 1992-18 giugno 1992 dal tribunale di Venezia. In punto: Risarcimento danni da accessione invertita. Causa trattata all'udienza del 5 marzo 1996. Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 1 agosto 1984 Carlo Buttaro esponeva: di essere proprietario di beni immobili siti nel comune di Pellestrina; che una parte di tali beni era stata occupata - per la costuzione di alloggi di edilizia pubblica - e il comune di Venezia su di essi aveva attuato opere, cosi' che si erano verificati gli estremi dell'accessione invertita; che gli atti amministrativi, a seguito dei quali erano state eseguite le opere, erano stati annullati dal Consiglio di Stato con decisione n. 202/1984, emessa in data 5 luglio 1983-2 aprile 1984, della quale depositava copia; che non tutta la superficie occupata era necessaria alla costruzione delle opere, cosi' che egli aveva interesse all'accertamento dell'area che poteva essere lasciata nella sua disponibilita'; che dall'avvenuta occupazione erano derivati danni dei quali intendeva essere risarcito. Chiedeva, pertanto, che l'adito tribunale di Venezia - determinata l'area di proprieta' di esso attore di cui il comune di Venezia avesse acquistato la proprieta' per effetto dell'occupazione - condannasse detto ente sia a lasciare nella disponibilita' di lui l'area non oggetto del trasferimento di proprieta' sia al risarcimento dei danni. Si costituiva il comune di Venezia e sosteneva che essendo state gia' realizzate le opere pubbliche, si era verificata l'"accessione invertita" della proprieta'; chiedeva che fosse accertato il danno subito dall'attore e che fosse respinta la domanda di restituzione di una parte dell'area. Con sentenza non definitiva in data 27 ottobre 1988 il tribunale di Venezia accertava l'irreversibile trasformazione di mq. 438 del mappale 242 del foglio n. 4, comune di Venezia-Pellestrina, per effetto dell'esecuzione di opera pubblica e il corrispondente diritto dell'attore al risarcimento del danno nei confronti del comune di Venezia per la perdita delle proprieta' della predetta porzione immobiliare; con separata ordinanza disponeva c.t.u.. Espletato l'accertamento tecnico, con sentenza n. 638/1992, emessa in data 13 febbraio-18 giugno 1992, il tribunale di Venezia cosi' statuiva: 1) il mappale 242 del foglio n. 4, comune di Venezia-Pellestrina risultava essere stato occupato dal comune - su complessivi mq. 530 - per mq. 438, destinati a impianti tecnologici e a zona di rispetto e pertinenza di un fabbricato; 2) all'attore spettava il risarcimento del danno per la perdita di proprieta' della porzione occupata e per la perdita di valore della residua porzione di mq. 92; 3) nulla era dovuto per l'asserita perdita di panoramicita'; 4) per la liquidazione dovevasi tener conto dei valori come individuati nell'elaborato tecnico depositato in data 22 dicembre 1989 e cioe' L. 108.616.000 per la porzione di mq. 438 e L. 3.866.000 per la perdita di valore della residua porzione: tali valori corrispondevano al prezzo di mercato dell'area "in base alla classificazione urbanistica valida al tempo dell'occupazione, che in virtu' del piano particolareggiato la definiva destinata in parte ad edilizia residenziale e in parte a pensioni e piccoli alberghi". Conseguentemente il primo giudice condannava il comune di Venezia a risarcire al Buttaro il danno nella misura di L. 112.482.000 rivalutata alla data della sentenza in L. 127.000.000. Avverso tale decisione ha proposto appello principale il comune di Venezia, censurando: a) il riconoscimento della diminuzione di valore della porzione residua; b) il recepimento, da parte del primo giudice, dei valori indicati dal c.t.u., senza compiere alcuna verifica sulla loro fondatezza, quantunque l'esperto abbia operato una stima sintetico-comparativa fondata non su dati obiettivi (contratti di compravendita di immobili aventi caratteristiche simili), ma su personali conoscenze e su "voci" raccolte nell'isola, pervenendo a determinare prezzi di mercato eccessivi, come se si trattasse degli "... unici metri quadrati edificabili"; c) il fatto che il tribunale non abbia tenuto conto che l'area di cui e' causa "... non possedeva capacita' autonoma di edificazione, anche se era collocata in una zona destinata alla nuova edificazione, perche' gli interventi erano, e sono subordinati alla formazione di progetti planovolumetrici unitari, d'iniziativa comunale". A sua volta l'appellata Vittoria Noli, erede del Buttaro, ha chiesto il rigetto dell'appello principale e ha svolto appello incidentale, lamentando che il tribunale abbia negato sia il danno per diminuita "panoramicita'" sia la natura di "reliquato" dell'area di mq. 92. La causa e' stata trattenuta per la decisione nell'udienza del 5 marzo 1996. Motivi della decisione Nell'impugnata sentenza il tribunale come si e' sopra esposto, ha recepito e fatto proprio il rilievo contenuto nella relazione redatta dall'ing. Mondelli, cioe' che l'area oggetto dell'occupazione acquisitiva della proprieta' era stata destinata in parte a edilizia residenziale in parte a pensioni e piccoli alberghi. Tale statuizione del tribunale non e' stata oggetto di gravame: invero sia nella citazione di appello sia nella comparsa di risposta redatta nell'interesse dell'appellata le parti hanno dato pacificamente atto che l'area oggetto dell'illegittima occupazione da parte della p.a. e' edificabile; il comune in particolare, nel passo della citazione di appello sopra riportato sub c) ha dato atto che l'area, del cui valore si controverte, era collocata in una zona destinata all'edificazione, contestando i valori espressi dal c.t.u. non in considerazione della natura dell'area, bensi' sotto il profilo della non corretta applicazione del metodo sintetico comparativo. Le parti hanno poi ribadito tale valutazione, riguardante la destinazione edificatoria del bene, nelle rispettive comparse conclusionali, richiamando entrambe norme pacificamente applicabili solo alle "aree edificabili" (cfr. il primo comma dell'art. 5-bis, legge n. 359/1992): infatti, mentre l'appellante ha chiesto che venga disposta c.t.u. per la rideterminazione dell'ammontare del risarcimento ai sensi del combinato disposto degli artt. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995 n. 549 e 5-bis della legge 8 agosto 1992 n. 359, l'appellata ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale del predetto comma 65. Conseguentemente puo' essere ritenuto che formi giudicato tra le parti l'accertamento, compiuto dal tribunale, sulla qualita' edificabile dell'area di cui e' causa. E' altrettanto pacifico tra le parti e risulta dalla c.t.u redatta dall'ing Mondelli che mq. 438, facenti parte di un mappale di 530 mq, in quanto area di rispetto di un insieme di costruzioni eseguite nell'ambito di un piano per l'edilizia economica e popolare, per la cui attuazione sono stati emessi atti amministrativi annullati dal giudice amministrativo, sono stati oggetto di accessione invertita. Tale fattispecie viene definita - da costante giurisprudenza - fatto illecito: si vedano, per tutte, Cass. 13 settembre 1993 n. 9487, Cass. 10 luglio 1991 n. 7645 e Cass. 4 giugno 1991 n. 6322; anche la Corte costituzionale, nella sentenza 17-23 maggio 1995 n. 188, cosi' si esprime: "...questa "perdita" e' l'evento che, in quella ricostruzione, si pone in rapporto di causalita' diretta con l'illecito della pubblica amministrazione (la sottolineatura e' stata aggiunta). Pertanto, ai fini della misura del risarcimento e ferme tutte le altre questioni tra le parti, appare evidente la rilevanza della verifica di costituzionalita' delle disposizioni sopra indicate: infatti, mentre prima dell'entrata in vigore del predetto art. 1, comma 65, il risarcimento doveva essere quantificato in misura pari al valore venale del bene oggetto dell'accessione invertita, attualmente quest'ultimo va fissato nella piu' ridotta misura derivante dall'applicazione dei parametri indicati nell'art. 5-bis, legge n. 359/1992. Cio' premesso, ritiene il collegio che le disposizioni citate sembrano porsi in violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo. In primo luogo, infatti, esse introducono una disparita' di trattamento tra il titolare della proprieta' o di altro diritto reale che subisca la privazione o una limitazione dello stesso per effetto di un fatto illecito compiuto da altro soggetto privato, da un lato, e altro titolare che debba sopportare le conseguenze della c.d. accessione invertita, della cui natura di illecito si e' sopra detto, solo perche' compiuto dalla pubblica amministrazione, dall'altro. Va, in secondo luogo, osservato quanto segue. L'art. 5-bis della legge n. 359/1992 dispone, nel primo comma, che l'importo dell'indennita' di espropriazione - determinato nella media tra valore venale del bene e reddito dominicale rivalutato - debba essere ridotto nella misura del 40 per cento; nel successivo secondo comma e' previsto che qualora, in ogni fase del procedimento espropriativo, il soggetto espropriato convenga la cessione volontaria del bene, tale riduzione del 40% non si applica. Ora e' noto che la cessione volontaria e' regolata dall'art. 12 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, nell'ambito del procedimento disciplinato da tale legge, e presuppone - tra l'altro - sia la previa determinazione dell'indennita' provvisoria, alla cui misura va riportato il prezzo della cessione volontaria, sia la comunicazione di tale indennita' da parte del presidente della Giunta regionale: in conclusione la cessione volontaria e' possibile solo nell'ambito di un legittimo procedimento di espropriazione. Per converso la cessione volontaria non appare attuabile in caso di accessione invertita, poiche' tale fattispecie si verifica quando gli atti amministrativi, che come si e' detto costituiscono i presupposti logico-giuridici della cessione volontaria, non siano stati emessi, ovvero quando siano stati annullati. Premesso quanto sopra, pare a questo collegio che la previsione della determinazione del danno, ai sensi dell'art. 5-bis, anche nel caso di fatto illecito della p.a., comporti, in assenza della possibilita' della cessione volontaria, l'inapplicabilita' in ogni caso della riduzione del 40%. Il proprietario che subisce l'accessione invertita, quindi, a differenza di quanto accade in caso di espropriazione, non puo' compiere alcuna attivita' per evitare la riduzione del 40% e, quindi, si trova in una situazione piu' sfavorevole rispetto a chi subisce un legittimo procedimento di esproprio, senza che la disparita' di trattamento tragga giustificazione da un criterio di ragionevolezza, essendo causata - al contrario - da un fatto illecito della p.a. Sotto un ulteriore profilo le disposizioni dell'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 e dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992 si pongono in violazione del diritto di proprieta' nei limiti della tutela apprestata dall'art. 42 Cost. Al riguardo va ricordato che la Corte costituzionale, con sentenza 16 giugno 1993 n. 203, ha dichiarato legittimo l'art. 5-bis citato, osservando tra l'altro che il bilanciamento tra interesse pubblico e interesse privato non puo' fissarsi in un rigido criterio quantitativo, ma risente "dello specifico che connota il procedimento espopriativo, non essendo il legislatore vincolato ad individuare un unico criterio di determinazione dell'indennita', valido in ogni fattispecie espropriativa". La Corte ha ribadito che deve essere ritenuta la legittimita' dell'indennita' di esproprio, in misura non meramente simbolica o irrisoria, ma sufficiente e congrua, nel senso che tale indennita' deve esprimersi "il massimo di contributo e di ripartizione che nell'ambito degli scopi di generale interesse la pubblica amministrazione puo' garantire all'interesse privato". Esprimendo tali argomenti, la Corte ha ritenuto legittimo il citato art. 5-bis in considerazione degli interessi pubblici perseguiti con il procedimento espropriativo. Ora, poiche' un valido procedimento espropriativo presuppone, tra l'altro, l'esistenza della pubblica utilita', la quale a sua volta va individuata - nel caso concreto - in presenza di un atto amministrativo valido che l'abbia dichiarata, ne consegue che nel caso del fatto illecito costituito dall'accessione invertita, viene meno l'indicato presupposto che rende legittima - secondo gli argomenti espressi dalla Corte - la corresponsione di un ristoro non ragguagliato al valore che il bene aveva nel momento del verificarsi dell'illecito. L'erogazione dell'indennita' determinata ai sensi dell'art. 5-bis si risolve, pertanto, nel caso dell'accessione invertita, in un ulteriore sacrificio della proprieta' privata, al di fuori delle ipotesi di esproprio di cui al terzo comma dell'art. 42 Cost. e alla pronunzia della Corte costituzionale sopra richiamata. Gli argomenti sopra espressi sembrano al collegio sufficienti per ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni sopra richiamate, in relazione agli artt. 3 e 42 Cost. Gli atti vanno, pertanto, rimessi alla Corte costituzionale per le statuizioni di sua competenza, con i connessi adempimenti di cui in dispositivo.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma sessantacinquesimo, legge 28 dicembre 1995 n. 549 e dell'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992 n. 359, in relazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione, cosi' provvede: 1) sospende il giudizio in corso; 2) dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 3) ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notifica alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e che ne venga data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Venezia il 5 marzo 1996. Il presidente: Gui 96C0720